giovedì 21 novembre 2019

Coppia francese, sui 40.

Alti, distinti, portamento signorile.

Alain Delon e Catherine Denevue a braccetto. Lavorare ad un bancone di un ricevimento alberghiero, a volte, rende mille volte meglio di un qualsiasi 3D.

Intendiamoci: non somigliavano per niente a loro, ma lo sguardo era uguale spiccicato: quell'espressione severa e passionale al tempo stesso, e che rivedi solo in una Marianne che guida i rivoltosi alla Bastiglia, un Bonaparte alla testa delle sue truppe, un De Gaulle che parla ai suoi concittadini da radio Londra e, appunto, i due attori in uno qualsiasi dei loro film. Ben vestiti e curati, che pensi siano lì per sbaglio, e la loro vera destinazione sia il Savoy in piazza della Repubblica, piuttosto che non un semplice 3 stelle nei pressi della Stazione. Pulito e dignitoso quanto si vuole, ma non un superlusso. E non avevano neanche una gran camera.

Ma a loro non importava. Si presentarono al bancone con un accuratissimo e dettagliato programma della loro tanto bramata vacanza toscana: un giorno intero dedicato a Siena ed il Chianti, un altro per Fiesole o Pisa, un altro per quell'altra cittadina... praticamente ogni angolo della Toscana. Un foglio a4 completamente riempito di scritte a penna con un carattere che anche una formica avrebbe faticato a decifrare, un particolare spiccava su tutti: un intero giorno dedicato ai principali musei fiorentini: gli Uffizi e l'Accademia.

Un giorno che noi italiani avevamo completamente dedicato ad uno degli sport nazionali, di cui siamo campioni mondiali.

Lo sciopero.

Come pronuncio la parola “Greve” (e non si riferisce al paesino del Chianti, ma al termine d'oltralpe per sciopero, che si pronuncia senza la e finale) il francese prima strabuzza gli occhi, poi se ne esce con una serie di “merde” che non si sentivano echeggiare sul pianeta dalla vittoria di Bartali sull'Izoard.

Parte in quarta con una serie di improperi verso di “noi”. Un anno intero a programmare questa tanto desiderata visita e “noi” scioperiamo.

E mentre è lì che si incazza come la classica iena a cui viene portata via la carcassa da sgranocchiare, lei gli tocca la mano.E lui si blocca.

E lei lo guarda, negli occhi.

Un phaser settato alla massima potenza non riuscirebbe a fondere l'acciaio meglio di quello sguardo.

-Ecoute moi, ascoltami. Siamo in vacanza. Sei qui con me. Ensamble. C'est pas grave, non è poi così importante-

Per qualche secondo magico, irreale, impossibile da descrivere, in quella hall alberghiera non si sentì volare la classica mosca. Il telefono dell'albergo non squillò. Non entrò, o scese dalle scale, nessun cliente. Nessuna auto passò davanti all'ingresso. C'erano solo lui e lei che si fissavano negli occhi, di quegli sguardi che si capiscono senza parlare, per un'intera vita. Un'eternità di silenzi complici, di comprensioni che solo le vere coppie hanno, e la Piaf che canta in sottofondo.

Ed io lì, con le pupille che voltano prima su di lei, poi lui, poi di nuovo lei.

Spettatore unico di un film che mai nessun altro avrà mai il privilegio di vedere.

Poi il momento magico ha termine, e si passa alla farsa da commediola con Depardieu; lui volta lo sguardo nuovamente verso il portiere e, alzando le spalle, pronuncia un “C'est la vie”. Ma purtroppo rovina tutto cominciando con un “Mais ce n'est pas possible” mentre sbuffa come un mantice, con quella boriosità così antipatica, quel voler a tutti i costi insegnare a noialtri come si vive e ci si comporta, antipatici cugini d'oltralpe, abbozzatela con questa prosopopea, ricordatevi di Berlino e di chi ha alzato la coppa, ed abbassate un po' la cresta di galletti spennati.

Vieni a me a dire che non è possibile? Io ci vivo qui; queste situazioni me le trovo tutti i giorni, bello. E non sono musei: sono scuole, mezzi pubblici, servizi ... Eh, dici bene te “Il faut changer...” a parole, tutti hanno cambiato tutto. Della dozzina di governi che abbiamo avuto negli ultimi vent'anni, il nuovo è già arrivato più e più volte. E non voglio pensare a quello che sta per arrivare, se una certa "bestia" dovesse vincere future elezioni: la merda totale e assoluta. In mezzo a connazionali egoisti a cui non importa niente del prossimo.

Allora intervenne nuovamente lei, che con una voce dolce e suadente in grado di ocnquistarmi lì, all'istante, dice che comunque sono in vacanza e vogliono stare bene, e mi chiede un posto per mangiare.

E poi dicono che siamo noi italiani, quelli che si godono la vita.

Quando rientrarono erano mano nella mano, con quel sorriso che hanno solo le coppie serene e felici, e dopo avermi chiesto la chiave, lui mi guarda e mi fa:

“Florence est magnifique. Bravò”

Bravò, come se fosse merito mio, di essere nato e cresciuto qui.

E mentre se ne salgono in camera, sempre mano nella mano, e sguardo fisso l'uno nell'altra in ascensore, penso che quando sono così, io li adoro, i francesi.

martedì 5 novembre 2019

Non so da dove cominciare, in questa vicenda. Quindi inizierò dalla parte più semplice e banale, per un portiere d'albergo: il check-in.

E' una tripla dall'isoletta che non si decide a staccarsi dall'Europa: nonna settantenne arzilla e scattante, figlia 45 enne dall'aspetto decisamente anonimo e sullo sciatto andante e ragazzino di 9 anni dall'espressione dolcissima e tenera. A cui piace parlare. Quello a cui dò le chiavi e le spiegazioni sulla mappa della città, a cui madre e nonna sembrano decisamente meno interessate. Perchè cercano ben altro, che non i monumenti fiorentini.

Il giorno dopo ho il turno di notte. Mezzanotte passata e, dalla cima delle scale, si palesa il ragazzino.

-Mia nonna è caduta. Sta male-

In un nanosecondo ho già chiuso il portone d'ingresso e sto correndo su per le scale, alle calcagna del piccolo inglese. Entro in camera e trovo la nonna distesa a terra. Bocca aperta, occhi chiusi, un rivolo violaceo sulla guancia. Dire che m'è preso male è poco. Temevo davvero il peggio. Tocco il collo della donna con due dita e sento il battito. Respira anche.

La figlia è davanti a lei con sguardo inebetito. Pronuncia improperi irriferibili, esortando la madre ad alzarsi. Mi rendo conto che è totalmente fuori di testa. L'unico sano sembra il ragazzino. Gli dico che la signora non deve assolutamente rialzarsi e muoversi. Quindi mi attacco al telefono e chiamo il 118. L'operatrice mi ordina di controllare che resipiri e far si che stia ferma nel caso si riprendesse. Cosa non facile da effettuare perchè devo tornare alla reception.

In pochi secondi arrivano i paramedici, auto e ambulanza. Salgono in camera. Una decina di minuti e scendono con la vecchia, che pare abbia ripreso conoscenza. L'hanno messa su una sedia apposita da usare per l'ascensore e poi, una volta nella hall, la poggiano sulla lettiga.

Durante questa operazione la paramedica mi chiede i dati della signora. Sono così agitato che gli dò quelli della figlia, la quale è lì e mi corregge. Mi rendo conto che, se poco prima ero lucido e fermo, con l'arrivo dei paramedici ho cominciato a tremare come una foglia.

Chiedo alla paramedica cosa ha avuto la signora, e lei se ne esce con un laconico -Niente che si possa riferire- che lì per lì non capisco. Il ragazzino invece, ancora spaventato ma lucido, mi chiede se cose del genere sono già successe. E a me viene da dare una risposta stupidissima e pure sbagliata -A me no, non era mai successo- di notte no, ma di giorno eccome.

La paramedica dice che se vogliono, figlia e nipote possono andare in ambulanza con la vecchia, e glielo traduco. Ovviamente accettano. Salgono su e vanno a Santa Maria Nuova, proprio qui dietro.

Un pò mi tranqullizzo, perchè ora la donna è sotto il controllo di professionisti della salute, ma una certa inquietudine resta. Solo che poi arriva una telefonata. Da un numero fisso. Uno 055.

-La chiamo dal pronto soccorso. Lo sa chi ci ha mandato lei?-

La domanda mi lascia interdetto. Io mandato chi? Cosa?

-Ma... perchè?-

-Perchè le signore sono ubriache-

Rimango così, a bocca aperta. Forse costei pensa che glielo abbia venduto io, il vino.

-Le donne hanno un minore. Adesso io che faccio? Chiamo la forza pubblica?-

Rimango basito.

-Allora? Che devo fare? Chiamo la polizia affinchè porti via il ragazzo alla madre ubriaca?-

-Va bene, la chiami-

Adesso è il suo turno di rimanere zitta. Ma poi riprende, più veemente di prima.

-Ma si rende conto che le donne sono ubriache e hanno con sè un ragazzino?-

-Senta, io sono un portiere. La paramedica mi ha detto che la figlia della donna e il nipote potevano andare con lei in ambulanza. Glielo ho riferito in inglese e queste sono salite sul mezzo. Dovevo impedirglielo? Ho in struttura una persona che sta male e chiamo voi, che altro posso fare? Non sono il loro tutore. Se bevono avendo con sè un ragazzo di 9 anni che posso farci? Da qualche parte l'hanno comprato perchè io di sicuro non lo vendo-

-E ora, di questi due, che ne faccio?-

-Li metta su un taxi e me li rimandi-

E così madre e figlio sono tornati in taxi. Ma rimane il mio stupore per la chiamata dell'addetta del pronto soccorso. Adesso è vietato chiamare l'ambulanza per gli ubriachi? Lasciamo che muoiano così imparano ad andare in coma etilico? Se non hai voglia di fare la paramedica e assistere a queste cose, cambia mestiere, diamine! Anche a me hanno dato fastidio due donne che si ubriacano avendo con sè un ragazzo di 9 anni, ma che posso farci? Chiamala dunque, questa forza pubblica con gli assistenti sociali.

La vecchia si riprese e il giorno dopo tornò in albergo. Ma i colleghi mi riferirono che sia lei che la figlia continuavano a darci dentro di rosso.

Una situazione a dir poco triste. Che lascia noi portieri interdetti. Che fare? Non certo fregarcene, perchè abbiamo delle responsabilità. Purtroppo non possiamo fare molto altro. Ma il ragazzo non veniva certo picchiato o costretto a bere. Li vedevo, dei gesti d'affetto tra lui e le due donne. Non era certo una situazione estrema. Penosa, si.

Ma se tu, addetta al pronto soccorso, non ha più voglia di vedere scene del genere -e sono sicuro ne vedi più di me portiere d'albergo- credo ti convenga cercarti un altro lavoro. O, in subordine, non chiamare me incolpandomi delle situazioni in cui vengono a trovarsi gli altri solo perchè miei clienti.

Che diamine.