giovedì 26 marzo 2020

Ieri sono uscito.

Ho indossato la mia tuta da ginnastica, in naftalina da quando a Firenze giocava ancora Batistuta, perchè ogni primavera mi dicevo che quella era la volta buona per usarla, solo che poi non lo facevo mai. Sentivo che finalmente quello di ieri era il giorno giusto. Così ho impostato l'applicazione "runner che se ne frega delle ordinanze perchè è tutto un gomblottohh!!!1!" e ho aperto la porta di casa per farmi una salutare corsettinAHAHAH, CI SIETE CASCATI!

Però si, sono uscito.

I miei genitori abitano a mezzo chilometro da casa mia. Sono persone a cui piace stare fuori e ora si sentono entrambi come leoni in gabbia, mio padre in particolare che vivrebbe fisso nella casa di montagna; lassù, come esce, è già nell'orto o nel bosco. Senza contare la possibilità di sonnecchiare dolcemente sulla poltrona davanti al fuoco scoppiettante del camino. Ma hanno preferito proteggere i loro parenti che abitano là. Rimanendo a Firenze. Non sia mai che fossero asintomatici e portassero il morbo sui monti.

Dialogo tipico tra me e mia madre:

-Ciao, resto qui sul pianerottolo-

"Ma no, vieni dentro"

-E' meglio se resto qui con la mascherina, tieni la sporta-

"Ti dò qualcosa, ti vedo sciupato. Tieni, uno yogurt da bere con i fermenti civili"

-... fermenti lattici vivi...-

"Quelli. E un bicchiere d'acqua (mi passa una caraffa da un litro). E le carote lavate e pulite (mi piacciono le carote crude, e quando arrivo me ne fa trovare una dozzina. Minimo)"

Poi, nel sacchetto che gli ho dato, comincia a mettere:

-5 bottiglie d'acqua confezionate (secondo lei l'acqua della cannella, a Firenze, è carbonato di calcio allo stato purissimo con aggiunta di idrocarburi. Da evitare come il cibo preparato da Lucrezia Borgia);

-Un pane da un chilo e mezzo;

-12 kiwi;

-2 chili di arance;

-Una confezione di crostini di pane perchè "alle bambine piacciono" (non li hanno mai mangiati);

-Tre contenitori richiudibili extralarge contenenti a)arrosto di cinghiale b)fagioli all'uccelletto c)passato di verdura;

-Varie ed eventuali (dipende dalle offerte del supermercato).

Più un torrente di raccomandazioni per le "bambine" (14 e 12 anni, sono ormai due stanghe che hanno già superato la mamma e quasi raggiunto me, ma per la nonna saranno sempre i teneri cucciolette di femmine bipedi che stentavano muovendo i primi passi col ciuccio in bocca).

Lei è fatta così, gli voglio bene comunque.

Carico di un sacco grande e peso quanto quello di babbo Natale la sera del 24, torno a casa.

Per andare e tornare dai miei, passo sempre dalla stazione di Firenze Statuto. Lo faccio principalmente perchè così non devo attraversare piazza Muratori -per i non forentini: la stazione è su un grande ponte sopra la sede stradale- con il semaforo che dura un'era geologica; e poi perchè lassù non c'è mai nessuno. Così mi fermo qualche minuto su una panchina, mi levo la mascherina, i cui laccetti sono proprio sopra le orecchie dove già stanno le stanghette degli occhiali, quindi troppo affollamento, e soprattutto perchè respirando, mi si appannano le lenti.

Una volta lì, mi piazzo a sedere sulla panchina e osservo i treni passare. Si, mi dò al trainspotting.

Qui ci venivo anche quando la Camilla non aveva ancora un anno. Una tenera cucciolotta che osservava tutto con grande curiosità. E ogni volta che l'altoparlante dava l'annuncio "allontanarsi dalla linea gialla" -e che lei ripeteva pidessiquamente- mi saltava in braccio. Perchè si sentiva più sicura e protetta, specialmente se passava un treno veloce. Che nella piccola stazione dello Statuto, pur non fermandosi, teneva comunque una velocità ridotta, ma pur sempre discreta.

E ogni tanto i macchinisti suonavano la sirena, noi salutavamo e anche loro agitavano la mano. E sorridevano.

A me sono sempre piaciuti tanto, i treni. Hanno un che di "legale" in più, che non gli aerei, ostinati ribelli che pretendono di negare la legge di gravità. Adoro la frenesia delle stazioni, piuttosto della noiosa attesa degli aeroporti. I treni sono informali, specialmente i regionali, dove vai a sederti dove ti pare e puoi percollerlo da cima a fondo, gli aerei sono rigorosi spaccaballe nel rispetto delle regole d'imbarco e uso delle cinture di sicurezza. I treni ti permettono di vedere con una certa attenzione il mondo esterno -e anche lì i regionali sono epici perchè ti permettono brevi infitrazioni nei giardini o balconi affacciati sulla ferrovia- mentre gli aerei danno solo una visione delle nuvole e dei monti sottostanti. Per non parlare del grande vantaggio di poter leggere con serenità, impossibile da comparare con la stanchezza provocata dai lunghi viaggi in automobile, nel caso del confronto ferro-gomma.

In questi giorni va così: approfitto delle brevi camminate fino a casa dei miei per fermarmi un pò nella piccola stazione e sognare la fine della quarantena. Un bel viaggio in treno-cuccetta. Destinazione: Vienna. Ho sempre il avuto desiderio di visitare la capitale dell'impero asburgico: il Prater, Schonbrun, la casa di Freud, e di una visitina psichiatrica ne avrei anche bisogno.

Tutto questo riposo mi sta uccidendo. Non vedo l'ora che riapra l'albergo, così prendo ferie.

domenica 22 marzo 2020

Lavoravo in un albergo, ero un portiere.

Ora l'albergo è chiuso. Sono ufficialmente in cassa integrazione.

L'italia è spaccata in due: ci sono quelli che devono stare chiusi: alberghi, ristoranti, negozi... tutto fermo. Tutti a casa. Però siamo al sicuro. Relativamente, certo. Dobbiamo pur uscire a fare la spesa e gettare a spazzatura. Un solo viaggio e una volta a settimana. Poi ci sono quelli che lavorano perchè forniscono servizi essenziali. Gli ospedali, in primis. Alimentari e supermercati, i cui dipendenti, anche se forniti di protezione, sono comunque a maggior rischio. Però è così, siamo divisi in due fasce: non si lavora ma si sta tappati in casa, al sicuro, oppure si lavora e si rischia.

Non saprei dire cosa è meglio o peggio. Dobbiamo resistere e sopravvivere. Perchè di vita abbiamo questa, e tutti i soldi del mondo non basteranno a comprarne un'altra. Neanche disegnando un pentacolo, circondarlo di candele e prounciando parole estratte dal Necronomicon (anche se potrebbe essere interessante provarci).

In settimana sono stato in albergo.

la proprierà ha chiesto di avere qualcuno a fare da guardiano. Per il timore di intrusioni notturne. Martedì ci sono stato io.

Perchè ho detto di si?

Perchè a Giugno avrei fatto 20 anni di servizio in quell'azienda, e mi sentivo in dovere di farlo. Per la possibilità di uscire e farmi la mia solita passeggiata serale di andata e mattutina di ritorno -c'è solo un chilometro e mezzo da casa mia all'albergo, e l'ho quasi sempre fatto a piedi, in un mese faccio più di 100 chilometri di camminate- e infatti sono stato fermato dalla guardia di finanza, a cui ho dato il modulo compilato e mi hanno lasciato andare. L'ho fatto per rivedere ancora il luogo dove ho lavorato così tanto tempo. E poi sono nato fesso, come canta Guccini.

Una volta arrivato, aperto -avevo le chiavi- e richiusomi dentro, mi ha fatto un pò strano essere lì e non dover lavorare. A parte un giro di controllo al piano terreno e in cantina, ho cazzeggiato al cellulare su board game arena e ascoltato il nuova lezione di Alessandro Barbero su youtube, per me particolarmente gustosa in quanto parla di Dante e delle lotte tra guelfi e ghibellini a Firenze.

Poi, verso mezzanotte, sono andato a dormire in una delle camere sopra la reception.

In 20 anni di servizio è la seconda volta che mi capitava di dormire qui dove lavoro. Per l'occasione ho pure scelto una delle camere più grandi, una tripla, anche se poi non ho dormito nel matrimoniale ma nel singolo -mi sembrava comunque uno spreco- e ormai che ero in ballo mi sono fatto un bel bagno. Bagno con vasca, tutta la manopola spostata a sinistra e via con l'acqua calda. Risultato: quando ho infilato il piedino, mi sono preso un'ustione di 3° grado e ho lanciato un urlo che mi devono aver sentito a Tokyo. Perchè a casa mia non ho la caldaia settata a questa temperatura, quindi ho dovuto rabboccare al vasca con quella fredda.

Finalmente dentro, mentre mi rilassavo a occhi chiusi e testa appaggiata sul bordo, pensavo che, stando alla reception non vedevo le camere come le cameriere o i facchini, che invece devono entrarci spesso. Non avevo modo di vedere a fondo certi piccoli particolari, e mi rendo conto solo ora che lavoravo davvero in un bel posto. Ok, non è che io, quando si trattava di viaggiare, abbia mai scelto luoghi lussiosi -dormivo in posti che i nas avrebbero chiuso immediatamente- ma in fin dei conti è un bell'hotel. La mattina mi ha svegliato direttamente la telefonata del direttore che attendeva all'ingresso, da quanto ho dormito bene, e gli ho consegnato le chiavi. In mattinata è venuto il fabbro che ha messo una cancellata all'ingresso. Ora è tutto sigillato. Ci ha mandato le foto -abbiamo il gruppo della portineria- e mi ha fatto ancora più strano. E tristezza.

Chissà se lo rivedremo ancora aperto. Chissà se tutti noi portieri -in tutto il pianeta, ormai- rivedremo ancora gli alberghi aperti, i clienti che partono e arrivano, con i loro desideri di visitare monumenti storici, partecipare a congressi scentifici, convegni modaioli sulla bellezza del risvoltino. E, perchè no, anche le loro fisime: quelli che vogliono la camera con vista anche se non l'hanno prenotata, chi vuole fare il check-in alle 3 del mattino, gli indiani che chiedono "hot uotaaaa".

Chissà.

lunedì 16 marzo 2020

Lavoravo in un albergo, ero un portiere.

Ora sono ridotto alle cronache della quarantena. Se qualcuno volesse farsi una vaga idea di come doveva essere stata questa città nel 1348, non ha che affacciarsi.

Ormai ci litighimo la spazzatura da portare fuori. Oggi mi sono accapigliato con la Camilla per l'umido, visto che plastica e indifferenziato erano già possesso delle altre due tipe che circolano in questa casa. Ovviamente ha vinto lei. Sto pensando di mettere un guinzaglio a Ray (il gatto) e fargli fare due passi.

In questi giorni si sentono tutti italiani, e a me questa retorica del nazionalismo è sempre piaciuta poco. Gli italiani sono un branco di egoisti fuori misura, gente che fa la fila di notte, in sacco a pelo fuori dai negozi e, all'apertura, fiondarsi dentro a comprare telefonini, console di gioco, scarpe alla moda. Provate a chiedergli di aiutarvi, invece di buttare soldi in tatuaggi e apparenza, e vi rideranno in faccia. Nazionalisti quando gli fa comodo.

L'albergo è chiuso. Tutti gli alberghi della città sono chiusi.

Questa pagina era nata con l'idea di parlare delle mie esperienze di portiere d'albergo, e ora dubito che lo farò mai più. Ho pensato per anni che il turismo fosse uno di quei settori vincenti, dopo essere passato per eventi come dagli attentati dell'11/9 e la crisi del 2008, fino a che non è arrivato questo virus a radere al suolo le nostre certezze. Tutti chiusi in casa per evitare un virus che sarà anche mortale solo nel 2% dei casi, ma NESSUNO vuole essere quel 2%.

Spero per voi che abbiate uno di quei lavori ancora esistenti, come portare schiacciapatate o luci di natale o altri oggetti inutili a persone annoiate che non sanno che altro fare, nella loro casa, che ordinare queste cose. Oggetti consegnati tramite corriere, da persone che rischiano e vivono con la mascherina perennemente attaccata alla faccia, ma lavorano. Io, finchè ho qualcosa da parte, me ne resto chiuso dentro. Perchè il prossimo D-Day arriverò al mezzo secolo, e ho due genitori di qualche anno in più. Ancora forti e in salute, ma comunque, come si dice a Firenze, "meglio avè paura che buscanne". La salute prima di tutto. Quando i soldi saranno finiti, qualcosa inventerò.

Lavoravo in albergo, ero un portiere. Come tanti di voi che leggono il mio blog. Portieri, facchini, cameriere ai piani. Turismo, commerciale, congressista. OTA, fit allotment, fit on request. Tutto finito.

Ora siamo a casa. Ma cerchiamo di essere ottimisti, dai:

Andrà tutto bene.

domenica 8 marzo 2020

Non darò nessun giudizio. Mi limiterò a elencare i fatti. 

La mia solita premessa: sono un portiere. Lavoro in albergo.

Non so ancora per quanto.

Stiamo vivendo un momento particolare. Probabilmente storico. Una malattia complessa è entrata nel nostro quotidiano, sconvolgendolo da capo a piedi. Non abbiamo il vaccino e, benchè non abbia una mortalità alta, non va preso alla leggera. E sta cambiando le nostre vite a una velocità impensabile.

Avrei voluto prlare della cliente giapponese che, nei commenti del questionario che diamo a tutti, aveva scritto di essere guardata male perchè asiatica. Di altri clienti di quel continente che, per posta elettronica, erano impauriti degli atti di discriminazione razziale ai danno di asiatici perpetrati dagli italiani, e complimenti ai leghisti, gente che io rinchiuderei in un gulag in bermuda a novembre. Avrei voluto scrivere di questi, poi, nel giro di pochissimi giorni, abbiamo scoperto che gli untori del mondo siamo noi. E i clienti sono, letteralmente, spariti.

Non so se il posto dove lavoro si salverà. Parecchi alberghi di Firenze hanno già chiuso, almeno per un pò di tempo. Andrà come andrà. Non mi piace scrivere che "non ci sarà un futuro". Un futuro ci sarà sempre. Per vivere vivremo. Si tratterà di vedere come. Ma sono molto combattuto tra la paura per il proprio posto di lavoro e la propria salute perchè il mio impiego è al pubblico, non lo si può delegare a distanza; dobbiamo essere sul posto, lì in portineria. Non so qual è meglio o peggio, ma a questo punto, che importanza avrà? Sta cambiando tutto così velocemente che neanche ce ne rendiamo conto.

Lo so, sono un pò come quelli che, agli angoli delle strade, urlano che sta arrivando l'apocalisse. Ma oggi va così. Peccato, perchè avevamo una bellissima famiglia con una bambina di poco più di un anno e quel tenero passo incerto di chi ha appena scoperto il bipedismo, che mi portava la chiave della camera e mi diceva un ciao dolce come solo i piccoli della loro età sanno fare.

E io, di tutto questo casino, voglio ricordare lei.

mercoledì 4 marzo 2020

A cosa serve la scuola?

La scuola è quel luogo atto a formare i cittadini. A fornirgli un'istruzione. A renderli maturi per convivere gli altri. Il mondo che li circonda. Umano, animale, vegetale, minerale.

La definizione è mia. Può non essere perfetta, ma è quel che mi è venuto sul momento. E' esatta? Probabilmente no. Ma d'altra parte la scuola italiana non è che abbia formato così bene i cittadini di questo paese. Altrimenti sarei una persona migliore di quel che sono oggi. Non ci sarebbero italiani che tentano, e riescono troppo spesso, a fregare gli altri italiani. Non ci sarebbero strunz che si lamentano di dover pagare una tassa di soggiorno in albergo, ma nello stesso albergo ci arrivano con suv che costano 10.000 volte tanto. E salvini vivrebbe servendo hamburger, invece che mangiarseli a nostre spese 5 volte al giorno (colesterolo, vogliamo darci una mossa?)

Ma in questi venti anni di lavoro d'albergo, con fine settimana passati al bancone e salti mortali nel gestire i turni di lavoro tra me, la consorte -anche lei portiera d'albergo- nonni e zii nell'accudire due figlie troppo spesso sballotate tra Firenze, Pistoia, Prato e la montagna casentinese, una cosa per certo posso dirla: LA SCUOLA ITALIANA NON E' UN PARCHEGGIO PER BAMBINI. I bambini sono sacrificio, impegno, dedizione. Non sono pacchi da movimentare tra casa-scuola-casa mentre noi adulti siamo impegnati a lavorare.

Ecco perchè mi danno profondamente fastidio le lamentele di chi obietta alla chiusure delle scuole perchè "dove mettiamo i bambini?" Non mi interessano le motivazioni di tale chiusura: è così, basta con questi piagnistei. Riboccarsi le maniche e provare ad andare avanti. Difficile? Certo che lo è. Lavoro in un albergo nel centro di Firenze, e un tale vuoto l'ho visto solo dopo l'11 Settembre e la crisi economica del 2008. Ma a quelli che lamentano problemi per l'emergenza sanitaria e la quarantena, io li manderei indietro nel tempo, nella Firenze del 1348.

Poi, molto probabilmente, stiamo esagerando. Ma intanto la situazione è questa. E poi sono arrivato a un'età per cui le lamentele sono veramente insopportabili. Quindi, a meno che non viviate entro la zona rossa, basta, per favore.

Sono vecchio, accidenti.