giovedì 21 settembre 2017

Strauss ed il bel Danubio blu.

Il primo strizzacervelli, il più grande di sempre.

I Lorena ed il loro Granducato.

D'Annunzio che getta volantini con su scritto "avete perso, gne gne gne"

Gli occhi e lo sguardo sognante di Romy Schneider

Ma soprattutto la delizia, il gusto, la dolcezza, il cololesterolo, della regina delle torte.

Tutti noi dobbiamo qualcosa a Vienna.


Turno pomeridiano di centrale.

Ci scrive un'agenzia di viaggio austriaca. Lì per lì mi commuovo quasi: con il dominio delle OTA, è bello vedere che ci sono ancora poche, piccole agenzie che resistono e vendono, a clientela affezionata, viaggi e soggiorni in altri luoghi. E si prendono profonda cura dei loro clienti.

L'agenzia mi scrive che devono arrivare da noi delle persone, e ci devono mandare dei pdf con informazioni, voucher per l'albergo compreso. Mi scrivono anche il cognome di una di queste persone.

Cerco, nel gestionale, una prenotazione a questo cognome, ma non la trovo. Scrivo all'agenzia e loro replicano che hanno quello. Ma continuo a non trovarla.

Mi scervello. Si tratta di una camera tripla. Ci sono buone, ottime probabilità che in realtà il cognome che hanno loro sia di uno dei componenti, ma la prenotazione, sul nostro gestionale, abbia il cognome di un'altra persona. Come trovarla?

Provo a guardare così, quasi distrattamente e senza grandi pretese, tra i futuri arrivi. E trovo un cognome che, come suono, mi appare decisamente austriaco. Cerco il cartaceo nello schedario e lo trovo. E lì, sulla pratica, ci sono nomi e cognomi delle componenti: 3 signore viennesi in visita a Firenze, camera tripla con 3 letti separati. Fosse stata una famiglia, ci sarebbe stato un cognome solo. Qui sono 3.

Riscrivo all'agenzia, in tono trionfante, che abbiamo trovato la prenotazione. Ci inviino pure i vari pdf, che poi li stampiamo e li consegneremo alle clienti al loro arrivo.

E l'agenzia mi risponde con questo ringraziamento.

In realtà non ho fatto niente di speciale. Sono stato anche un pò fortunato, non mi sono sbattuto neanche più di tanto. Ma in ogni caso, è bello sapere che, ovunque io sia, là a Vienna c'è ad aspettarmi una torta Sacher, tutta per me. Non si vive mica di sola schiacciata alla fiorentina.

Se sparisco qualche giorno, sapete dove sarò.

Tornerò più grasso.

Ma ne sarà valsa la pena.

ps. il nome di una delle agenti di viaggio dice tutto.


martedì 12 settembre 2017

La pelle ambrata tipica del subcontinente indiano

Le grinze e la magrezza che un Ghandi ne sarebbe ammirato e affermerebbe fiero che "così si comporta una brava e frugale femmina"

Lo sguardo spaventato di chi ha visto arrivare all'orizzonte i velieri di Sua Maestà britannica colmi di giubbe rosse, o in subordine i mercantili italiani zeppi di marò

Mi esordisce con un mix di inglese e francese, parole prese a prestito da entrambe le lingue e con altri termini a me perfettamente sconosciuti perchè non sono neanche italiano, spagnolo, giapponese o klingon. Lingua che mi vanto di conoscere a furia di seguire le lezioni di Sheldon Cooper.

Ma la traduzione di quel che colgo è qualcosa di strabiliante

-Non trovo più mio marito-

Rimango così, congelato nel il sorrisetto d'ordinanza di portiere d'albergo nell'esercizio delle sue funzioni a qualsiasi ora del giorno e della notte e con qualsiasi cliente mi si palesi di fronte, senza realizzare immediatamente quel che, in realtà, il mio subconscio ha perfettamente compreso.

Neuroni che schizzano all'impazzata all'interno della scatola cranica e che vanno tutti, immancabilmente, a cadere sui ricettori della parola "bischero" e "sveglia!!!11!1!"

-E' uscito due ore fa, lei non l'ha visto?-

Non ricordo indiani usciti da quando ho cominciato il turno, ore 23. Di solito fermo tutti quel che mi passano davanti, sia per farmi lasciare la chiave della camera sia per ricordargli che, dopo la mezzanotte, devono suonarmi il campanello perchè mi barrico all'interno dell'hotel neanche fossi Davy Crockett dentro Alamo.

Mi spiace signora, non l'ho proprio visto. Le aveva detto che usciva? Probabilmente lo ha fatto prima che cominciassi il turno di notte, alle 23. Ha provato a guardare sulla terrazza? Si, abbiamo una terrazza. Voi avete una camera al primo piano ma c'è una terrazza al terzo, magari è lì seduto a godersi il fresco della serata agostiana fiorentina.

La signora sale, con il cuore gonfio di speranza e futura gioia nel ritrovare l'amato consorte sperduto, ma dieci minuti dopo riscende più angosciata di prima. Stavolta in compagnia di una figlia adolescente con molti, troppi centimetri scoperti. Cosa che, nel sottoscritto, vista l'età e due figlie quasi sue coetanee, provoca non più eccitazione ma puro disagio.

-Ha provato a chiamarlo?-

Si, ma non risponde, mi dice lei con voce che tradisce una preoccupazione in vertiginoso aumento. Mi faccio dare il numero e provo anche io.

Suona

Risponde

Gli dico che la moglie è preoccupata della sua assenza e le passo la cornetta. Lei, freneticamente, domanda dozzine di volte, a raffica, dove si trovi. Lui, evidentemente, non pare intenzionato a rivelarle la sua geolocalizzazione.

Alla fine lei si blocca, ammutolita, e mi passa la cornetta lanciandomi questa incredibile, allucinante, pazzesca affermazione:

-E' ubriaco-

Mi sfugge, totalmente e senza remore di sorta, la motivazione per cui un uomo debba andare in vacanza con la famiglia in un altro continente e poi lasciare nottetempo la struttura che li ospita allo scopo, decisamente poco nobile, di ingurgitare alcolici in una città a lui totalmente sconosciuta.

Quel che noto maggiormente però è l'espressione della signora, passata in un nanosecondo dalla preoccupazione più profonda ad un qualcosa che tradurrei come "Fanculo, me lo aveva detto mia madre che dovevo sposare Hadendra il raccoglitore di sterco di vacca nelle strade, uomo posato con lavoro stabile", e schizza su per le scale con la figlia alle calcagna.

Mi scuoto dallo stupore di ciò che ho appena visto e, soprattutto, sentito. Riprendo il mio lavoro.

Ore 3 del mattino. Bussano alla porta.

Tralasciamo il solito, immancabile caso dell'ennesimo cliente che, a dispetto dell'evidente presenza di un campanello, si ostina a sbattere le nocche sulla vetrata, sorpreso di trovare un portone chiuso ad un'ora antelucana, signora mia dove andremo a finire. Accorro ed apro. Davanti ai miei occhi, un mastro lindo indiano quasi mi abbraccia e mi presenta i suoi nuovi amici: due ragazzi poco più che ventenni che mi salutano con sguardo imbarazzato: semplicemente, lui si era perso nei meandri del rinascimento fiorentino, e all'accorata richiesta di aiuto i due baldi giovani avevano volentieri prestato soccorso accompagnandolo fino alla magione: l'albergo dove lavoro, appunto. Chiede di offrirgli ettolitri di bevanda al luppolo ma, prima che possa dirgli che non posso (e non voglio) vendere alcolici a quell'ora, i due replicano, con un inglese particolarmente stentato, che non bevono alcolici. Il che è alquanto sorprendente e la cosa non può che farmi piacere. Ma lui insiste, vuole offrire per ringraziare dell'aiuto. I due mi osservano con sguardo interrogativo:

-Oh, beh, se ve lo offre, un succo di frutta prendetelo-

A quel punto, titubanti, accettano ed entrano nella hall. Si fanno offrire da bere (un succo in due, malgrado le insistenze del muscoloso indiano, che per sè chiede un caffè doppio) ed a quel punto mi spiegano, in italiano, tutto l'accaduto. Hanno accettato di aiutarlo anche se "sembra un tipo strano". In effetti l'indiano l'indiano saltella da una parte dall'altra come un grillo. Alla fine i due ragazzi decidono che è il caso di tornare a casa. L'indiano ringrazia sentitamente prendendogli la mano e baciandogliela, poi si salutano.

Non faccio a tempo a richiudere a chiave la porta dell'albergo che il tipo mi chiede un whisky doppio.

-Mi spiace, ma non posso vendere alcolici ora (traduzione: basta alcool, vai a nanna)-

-Ah, giusto giusto. Lei è un bravo lavoratore, i suoi capi devono essere fieri di lei (giuro, ha detto proprio così). Posso avere un altro caffè?-

Accetto di fargli un altro caffè, e glielo offro pure. Lui insiste affinchè prenda qualcosa anch'io, ma a quasi le 4 del mattino sono decisamente sul cotto andante ed ho ancora del lavoro da finire. Non mi va di cominciare una chiacchiera infinta, non lo farei neanche con Katherine Heigl . Ringrazio ma gli spiego la mia situazione. -Oh si, capisco capisco- Prende il suo caffè e va a berselo davanti al ricevimento invece che al bar. E se ne sta lì una buona mezz'ora prima di lasciare la tazzina sul bancone e, finalmente, salire in camera.

E mentre vado a riportare la tazzina nel bar, spero, molto perfidamente, che la moglie sia lì sveglia ad attenderlo.

E si sia portata in valigia, direttamente da Mumbay, il mattarello.

domenica 3 settembre 2017

I dialoghi in dialetto. 

Il fiorentino stretto, quello dei teatri in vernacolo, quello che declamavano, con grande soddisfazione di noi indigeni di qui, i Giancattivi, quello che puoi ascoltare ogni tanto (anzi, molto spesso, aimè) se vai sugli spalti di'Franchi all'indirizzo dell'ennesimo scarpone in maglia Viola che "se t'eri bono, 'un ti si pigliava noi!". 

Turno di notte, ore 3.50 del mattino.

Suonano alla porta.

Alle 3 e mezza non ci può essere che il fornitore dei sublimi, succulenti, saporiti prodotti delle colazioni. Quel prosciutto cotto dall'indimenticabile sapore di plastica ed antibiotico che, dalle 7 alle 10 del mattino, i clienti si strafogano come se non vi fosse un domani quando a casa loro un caffè e via. 

Sennonchè

E' il turno di notte del sabato, ergo sono le 3.50 di domenica mattina. Chi ca**o l'hai mai visto un fornitore la domenica mattina? Ho più probabilità di trovare i liocorni della canzoncina.

Difatti non è il fornitore.

Mi si palesa di fronte, con la barba e l'espressione corrucciata di un segretario della lega in procinto di sputare veleno ovunque, manco fosse una macchina del diserbante, un trasporter. Il Jason Stahtam del terzo millennio fiorentino.

Apro l'ingresso, e lui parte subito in quarta ma, per fortuna, ridacchiando:

-Oh, tu c'hai miha dei tipi indiani, Ghiavanscivili o qualcosa del genere, ma che ne so io? Son 6 persone-

-Ho capito di chi tu parli, due triple, sono armeni-

-Si, vabbè, di quelle parti, tu m'hai 'apito. Che tu me li 'hiami?-

-Diamine-

-Senti, io intanto mi fumo una sigaretta qui sull'ingresso, che ti scoccia?-

-Per me puoi anche andare a fuoco- (no, scherzo, non gliel'ho detto. Malgrado l'espressione iniziale, non delle migliori, era un tipo sorridente. E comunque, alle 3.50 del mattino, se non si scherza un pò, si è perduti)

Chiamo le camere di questi clienti, e dopo un tempo infinito finalmente una voce cavernosa che tradisce un sonno atavico mi risponde. Gli dico che c'è l'autista per l'aeroporto, e quello mi risponde, semplicemente, con un -Yes, yes- in tono piuttosto scocciato.

Torno sull'uscio.

-M'ha risposto con una voce dall'oltretomba-

Lui ridacchia

-Eh, tanto li 'onosco, i miei polli. E chiedono i'servizio alle 'uattro e poi dormono. Ma io mi domando e diho: se sono in vahanza, mica parto alle 'uattro del mattino, no? Me la prendo 'omoda e parto i'pomeriggio-

-Certo, un paio di giorni prima, così uno torna con calma, si rilassa a casa....-

-No, sieee, il giorno prima! Poi 'hiamo i'capo e ni diho "Oh, e c'ho la cacaiola, 'un vengo"-

Ridere come non vi fosse un domani.


Il portiere e l'autista, sulla soglia dell'albergo, che chiacchierano amabilmente di "evacuazioni" ed altri discorsi di *erda, perchè un pò di leggerezza ci vuole, in attesa di passarsi di mano i clienti turisti paganti ad un'ora antelucana ma che comunque si fa perchè sono lavori, e ci sono compiti da portare a termine, mutui da pagare, figlie da alimentare.

Finchè ce n'hai stai lì, cantava qualcuno.
 

-Lo vuoi un caffè?-

-Sta bono, altrimenti la cacaiola la mi vien sui'serio!-

Poi l'ascensore si apre, la famigliola caucasica mi consegna le chiavi, paga la tassa di soggiorno e carica i bagagli sul mega van 7 posti tipico degli NCC (nolleggio con conducente). Prima di salire sul suo possente mezzo, l'autista si volta verso di me:

-Oggi c'ho anche da andare a Orvieto. Tu m'ha a di' te!-

E parte.

E mentre riflettevo sul fatto che noi portieri e loro autisti abbiamo in comune l'essere pronti e scattanti a qualsiasi ora del giorno e della notte, pensavo anche che "quest'idea della cacaiola non è male. Potrei riutilizzarla"

ps. che poi, in 25 anni di lavoro, al rientro dalle ferie sono sempre tornato puntualissimo in turno. Ma 'ndove voglio andare?

pps. l'è così carina, Orvieto. La mi garba un monte.