lunedì 4 febbraio 2019

Solidarietà.

Robin Olsen, portiere della Roma e della nazionale svedese, ha 29 anni. Io 20 in più.

Lui gioca a calcio a 11, io ho giocato a calcio a 5.

Lui è nella massima serie professionistica, io ho militato a livello amatoriale.

Lui si butta su terreni in erba curati e morbidi, io mi lanciavo su vecchi campi in erba sintetica così consumata e sdrucita che in certi punti appariva il cemento sottostante.

Soprattutto, lui guadagna millanta di millanta volte più di me.

E tuttavia, abbiamo una cosa in comune.

Siamo entrambi portieri.

Lo so, non gioco più al pallone da diversi anni, ma è una cosa che non passa mai. Ti resta dentro. Ci si sente tali sempre. Portieri. Lì, due passi avanti dalla linea di porta, l'occhio vigile ai movimenti di quei 20 che vanno sempre di corsa, il braccio dritto di fronte a sè, col dito indice puntato, a chiamare il proprio terzino che "Attento al 9, taglia sulla sinistra, seguilo!". E ho ancora la borsa, nell'armadio, con tutto l'equipaggiamento al completo: maglia, pantaloncini, scarpe, guanti, tutto il cucuzzaro, pulito e profumato di ammorbidente. Perchè non si può mai sapere, magari una partitella tra amici ci scappa, chi lo sa. Anche se ormai siamo tutti 50enni maturi, stempiati e con una pancia più grande del pallone che rincorriamo trotterellando. E l'intera guardia medica di Torregalli a bordo campo con 3 defibrillatori, a vigilare.

Alcuni anni fa.

Non ricordo il contesto: una normale partita di calcio a cinque, in un anonimo campionato amatoriale. Nei dintorni di Firenze.

Giochiamo contro una squadra di giovanetti, poco più di vent'anni. Noi abbiamo quasi il doppio.

Normalmente ragazzetti di quell'età sono abbastanza immaturi sul gioco del pallone, calcetto specialmente. E li possiamo battere sull'esperienza.

Questi no.

Questi giocano forte. Sono in gran forma, corrono come matti in qualsiasi parte del campo, probabilmente se la sono fatta di corsa pure da casa. Questi sono Usain Bolt dello scatto. Piccoli Messi del passaggio, bordate da fuori che ricordano il Bati, tanta è la potenza che imprimono a quella maledetta sfera.

Soprattutto, sono strafottenti. Ci chiamano "vecchi".

Cominciano subito a segnare a raffica, e noi siamo tutti in giornata no. Attaccanti che non controllano un pallone, difensori che non azzeccano un anticipo, giocatori bolliti dall'età che non riescono neanche nel più elementare dei passaggi, in una regressione calcistica a dir poco imbarazzante.

E un portiere che prende gol vergognosi.

Palloni che una volta avrei fermato senza neanche buttarmi, senza il bisogno dell'intervento plastico, del colpo di reni che tanto dà allo spettacolo, stavolta passano senza colpo ferire. A volte neanche ci provo. La porta, larga 3 metri, mi sembra enorme, quasi quanto quella da calcio a 11. Vedo palloni lontanissimi da me che invece si infilano dentro a fil di palo.

Soprattutto, la cosa peggiore è l'esultanza esagitata dei nostri avversari, che ci prendono gusto e non accennano a tirare i remi in barca. Ci provano sempre e comunque perchè "oggi entra facile, c'è gloria per tutti". Quelli in panchina scalpitano per entrare perchè vogliono segnare anche loro. Persino il portiere avversario arriva fino a metà campo e i suoi compagni gli passano la palla affinchè tiri e ponga anche il suo nome nel ruolino dei marcatori (almeno lui non ci riuscirà, lo strunz).

Poi arriva il momento dove decido di svegliarmi e tentare di fare il mio mestiere: parare.

Perchè nel calcetto c'è una barriera che segna, inequivocabilmente, il baratro dall'abisso. Il punto di non ritorno. L'orizzonte degli eventi:

la doppia cifra.

Quando un portiere subisce più di 10 gol è un'umiliazione feroce, cocente, assoluta. Il passaggio delle decine da 0 a 1 è un varco tremendo, le forche caudine del portiere di calcio a cinque, il disonore del samurai coi guanti.

Provo a tenere alto l'onore in tutti i modi, sforzandomi, costringendomi anche a massacrarmi, se necessario, pur di non prenderne altri. Tutto inutile. Come becco il decimo gol, rimango lì, steso sull'erba sintetica. Totalmente annientato, incapace di rialzarmi. "Il portiere caduto alla difesa ultima vana bla bla bla" (accidenti a te, Umberto). Vorrei che il terreno si aprisse in una crepa da cui fuoriescono fiamme e mi fagocitasse dentro per sempre. E nel frattempo quelle *erde degli avversari esultano manco fossero alla finale di champions league, quando era solo un'anonima partita di calcio a cinque di cui non resta niente, negli annali della storia, se non un tabellino arbitrale probabilmente sepolto in un archivio se non addirittura ormai smaltito nel cassonetto della carta (e neanche ricordo quanto finì, se 10-2 o 3. Forse addirittura 4).

Quindi

Da fiorentino non posso non essere contento dell'incredibile risultato positivo contro una rivale storica. Sono pur sempre un abitante di questa città e tifoso della sua squadra, cercate di capirmi.

Ma da portiere no. Da portiere comprendo benissimo il sentimento che deve aver provato Olsen (e prima di lui Doni e De Sanctis, i romanisti sanno di chi sto parlando) a prendersi 7 gol. Non vorrei proprio essere stato al suo post...

Mmm, aspetta...

visto il conto in banca di un giocatore di serie A, ci potrei anche stare.

Forse.

venerdì 1 febbraio 2019

Roma

No, non mi fraintendete. Non ho intenzione di parlare della partita di ieri l'altro. Che peraltro mi sono perso perchè la moglie aveva la serata libera e andava con le amiche a vedere l'ultimo film di Jennifer Lopez. E io sono rimasto a casa a risentire storia alla Gaia, anni 11.

Così oltre al 7-1, mi sono pure perso il lato B di J.Lo.

Giù a ripetere arabi e bizantini.

La vita è ingiusta.

Che poi, da ex portiere, non potevo non pensare al povero Olsen, che ha dovuto raccattare 7 volte la palla in fondo al sacco. Che per un portiere è sempre una grande umiliazione, se i propri compagni non riescono a segnare altrettanto.

E a me è successo diverse volte.

No, intendevo altro.

Li romani chiacchieroni.

Quelli che gliè piace de cianà, de dì du' cose, de "se fa pe' scherzà". Quelli che vanno via da quella Roma, mamma Roma addio. Andiamo a trovare un portiere a Firenze.

Alle 3 di notte, preso a estrarre fatture, rientra un'allegra comitiva di amici. Due tipe sono in albergo da me, e salgono su con uno dei loro amici perchè nel pomeriggio aveva lasciato la valigia nella loro camera. Sono già preparato e dico di si. Gli altri aspettano lì in portineria: due donne sedute sul divano si mettono subito ad aggeggiare al cellulare, l'ultimo della compagnia si appoggia al bancone. Parlano del loro albergo, domandandosi più volte dove si trovi in questa città, è di quà, è di là, poi una delle due donne gli dice -C'avemo er navigatore, 'o trovamo, mettite pace-

Zittito così, il tipo appoggiato si gira verso di me:

-Che sei de Firenze?-

-Si-

-Ma Firenze Firenze? Cioè, proprio fiorentino?-

-Proprio fiorentino-

-Ma che lo lasci 'n pace? Sta a fa er su lavoro-

-Se fa pè fa du' chiacchiere. Te nun te la prendi mica?-

-E perchè mai?-

-O vedi? Er portiere nun se la prende. Quant'anni c'hai? Oh, ma che te possò da der tu?-

-Certo che si. Ne ho 48-

-Ao' li porti bene-

Sono decisamente lusingato. Mi viene solo da abbassare gli occhi e mormorare un grazie.

-T'annoi? Ma nun ce vai a dormì, un pochetto? Anche sur divano-

-No, qui c'è sempre un monte di roba da fare, i'tempo passa bene-

-Ma gnente gnente?-

-Per nulla-

-Ammazza ao', io nun ce la farei. Ma sei sposato?-

-A Fra, ma te fai un pò l'affari tua?-

-Nun gli ho mica chiesto nulla de che, solo se è sposato. Sei sposato?-
 
A quel punto mi sto già piegando dal ridere. Sia perchè mi garba er dialetto romanesco, sia perchè sono persone simpatiche. Non sono mai stato uno che si scompone alle domande personali. Come diceva un tipo "le domande non sono mai indiscrete" eccetera eccetera.

-Sono sposato e con prole: due femmine. Sono circondato dalle donne-

Ridono. Una battuta che fa sempre il suo effetto.

Ma il tipo insiste:

-Se nun eri sposato te presentavo questa ragazza qui, che è single e pure carina-

Le due donne sono visibilmente imbarazzate. Soprattutto la più giovane, che sembra quasi voler sprofondare nel divano e si chiude ancora di più sul telefono. Stavolta il tipo ha fatto una battuta un pò troppo seria, toccando un tasto che deve essere, si capisce bene, delicato. Provo a dire qualcosa, più che altro per non far cadere tutto nel tragico silenzio imbarazzante.

-Anche se non fossi sposato, io ho quasi 50 anni, lei mi pare parecchio più giovane-

Alza la testa e mi fissa, quasi per sfida:

-Perchè, quanti anni me dai?-

-Una trentina- e sono sincero. Benchè imbacuccata in vestiti pesanti per resistere al freddo, è davvero una bella ragazza, dai lineamenti dolci.

-Te ringrazio, ma ne ho una decina in più.

-Li porta benissimo-

Per fortuna, in quel momento appare il loro amico con la valigia -Annamo?- Salutano ed escono.
 
Quindi, amici romani: quando venite a Firenze, andateci piano coi'Chianti. 

Che poi rendete inquieto il portiere.