lunedì 24 febbraio 2014

Sono fermamente convinto che la legge sulla privacy sia fortemente sopravvalutata.

Intendiamoci: sono favorevole alla norma così com’è, solo che spesso non teniamo conto del fatto che è estremamente soggettiva. E’ un po’ come il fuorigioco nel mondo del calcio: ci sono squadre a cui viene fischiato sempre e comunque, altre per cui non esiste affatto. Ed io, che in quanto a sfiga non mi faccio mancare niente, tifo per una di quelle tra le più odiate dalla classe arbitrale.

Il punto è che ci sono persone a cui non pare vero di raccontare i fatti propri a perfetti sconosciuti.
Turno pomeridiano, di bassa stagione. Pochi (aimè) clienti e molte più chiacchiere con questi. Non che mi dispiaccia, due chiacchiere le scambio sempre volentieri, ma con il dovuto limite. Un po’ come Sheldon Cooper quando si trova ad affrontare un argomento che non sia la fisica quantistica, i trenini od i giochi di ruolo: per un po’ ci sta dietro, poi si stufa e si mette a leggere Hawkings.

Cliente spagnolo, ha quasi 70 anni e ne dimostra 50, capello lungo ed occhialini alla Briatore, ha prenotato una doppia uso singola, cioè una doppia per una persona sola, per stare più comodo. Scende al bancone perché attende una chiamata dall’assicurazione sanitaria in Spagna. Ha mal di denti e deve sapere a che dentista deve rivolgersi, od al limite quanto può spendere per una visita a Firenze per sapere fino a dove sarebbe rimborsato. Passa un’ora al bancone in attesa della chiamata, l’agenzia non lo considererà di un millimetro, evitando di chiamarlo sia al cellulare che direttamente all’albergo. Poi si stuferà di aspettare ed andrà agli Uffizi, perché non vuole perdersi la visita, visto che il giorno dopo torna a Barcellona, tanto ha preso un antidolorifico.

In quell’ora mi racconta ¾ della sua vita: parla 5 lingue, compreso l’yiddish perché il figlio ha sposato un’israeliana e vive a Tel Aviv, ha visitato tutta l’Europa e mi decanta le lodi di San Pietroburgo con mia somma invidia. Parla bene di Firenze “muy preciosa” e lì gongolo felice da bravo fiorentino schifosamente orgoglioso d’esserlo. A è uno di quei tipi che, come ti metti ad accennare che “si, anche io ho visitat..” sei interrotto da un “E poi sono stato qui e blablabla”. A quel punto molli e stai solo a sentire. Di solito sperando che se ne vada presto, solo che costui è simpatico e soprattutto spagnolo, quindi sto a sentirlo volentieri.

Poi però passa a lamentarsi della camera. Ora, io lavoro in un 3 stelle molto tranquillo. Chi viene qui non lo fa per stare in albergo, ma per vedere la città, anche se l’invenzione del wi-fi ha profondamente aggravato il problema, visto che ormai quasi tutti dedicano metà del soggiorno a stare al pc che non girare per i musei, e quindi pretendono anche belle camere. Il che, in un posto abbastanza modesto dove lavoro io, può significare anche qualche problema, se ci si trova davanti il cliente pretenzioso.

Vorrei spiegargli che l’albergo è un modesto 3 stelle, si spende poco e si trova il giusto, non si può pretendere il Grand Hotel, ma lui insiste, soprattutto sul bagno:

“La ducha es muy, muy pequeña, si llegava mi mujer no podia hacerla” E lì apre la mani come Sampei quando deve mostrare la grandezza dell’ultima carpa che ha pescato e fa:


“Ella tiene un culo asì”.

venerdì 21 febbraio 2014

L'altro giorno avevamo in albergo una camera con due signore russe, madre e figlia. Alte, distinte, un po' taciturne, ma comunque cortesi e sorridenti.

E mi domandavo:

Ma dove diamine le tengono nascoste i russi, queste persone così gentili e cordiali?

In una remota località al di là degli Urali nelle cui vicinanze eseguono test nucleari?

Chiuse a chiave in una dacia dentro una fitta foresta con la raccomandazione “non uscite assolutamente perchè ci sono ancora i tedeschi”.

Gli danno il visto per l'Europa solo una volta ogni 5 anni, per festeggiare il nuovo figlio illegittimo del loro capo avuto dall'ennesima ginnasta olimpionica?

Io ho una discreta ammirazione per i russi in quanto popolo. Hanno tentato per 70 anni un'idea folle e meravigliosa (e sono convito che in altri posti avrebbe funzionato alla grande. Qui, per esempio), per un po' hanno discretamente conteso agli Usa il primato, e le hanno suonate a tutti quelli che provavano ad invaderli seriamente.

Solo che come turisti, spesso sono il terremoto, l'alluvione e le cavallette tutto assieme, e quando ci si ha a che fare, viene la fortissima tentazione di riunire in Polonia una seconda Grande Armée, invaderli di nuovo per sconfiggerli sul serio e costringerli poi a seguire corsi di “L'educazione ed il bon-ton, come apprenderli”o “la vodka è il tuo nemico” o “la gentilezza, questa sconosciuta” e soprattutto “il cervello, come trovare l'interruttore e posizionarlo su on”.

Questa è la storia di quando ho mandato a quel paese un cliente. Il fatto che l'abbia fatto una volta in quasi 20 anni di portiere d'albergo vi dovrebbe far capire come a) sia buono d'animo e b) come questi l'abbiano fatta così grossa da farmi arrabbiare sul serio

(in realtà è successo due volte, ma si tratta di altri strnz)

Turno di notte (perchè? Perchè queste cose mi capitano solo di notte? Non me lo so spiegare). Gruppo di russi, svariate camere, parlano solo ed esclusivamente la lingua di Tolstoj. Hanno un capogruppo che parla italiano, ma gli altri neanche una misera parolina d'inglese. Niet. Presumo che, poiché sono tutti di mezza età, siano nati in un periodo durante il quale anche il saper dire “ok” potesse significare “collaborazione con il nemico”. Niente è più devastante, anche nel lavoro di portineria alberghiera, della paranoia del potere.

Rientrano a mezzanotte, dopo la cena al ristorante prenotato dall'agenzia ed una girata nella Florence by night, ma senza capogruppo. Ognuno di loro ha un bigliettino dell'hotel con il numero della camera, ma chi lo ha perso (l'80%) deve scrivermelo su un foglietto, altrimenti non avrei possibilità di sapere che diamine di chiave vuole.

Il problema è che, mentre sono lì a dare chiavi, non mi accorgo che alcuni cugini di Putino stanno facendo la ca**ata. Me ne rendo conto poco dopo, in maniera brutale.

Sirena dell'ascensore.

Voi non l'avete mai sentita, la sirena d'allarme dell'ascensore dell'hotel. Io si.

Immaginate le sirene che ad Amburgo nel '44, avvertivano la cittadinanza dell'imminente arrivo dei bombardieri alleati.

Ecco, in confronto quelle erano una suoneria del cellulare a livello 1.

Ed è piazzata proprio sopra il ricevimento.

Mentre maledico colui che ha avuto la brillante idea di mettere la sirena proprio sopra la testa dei portieri e di tararla a 427 decibel, apro la cassa, prendo la chiave dell'ascensore, chiudo la cassa, metto le chiavi in tasca e mi fiondo su al piano a cui si è fermata, il secondo. Tutto in 3 secondi e 5''. Appena arrivo, busso alla porta dell'ascensore, da cui provengono voci concitate in russo. Dico anche, in inglese, di smetterla di suonare, che ora li avrei liberati.
Niente, loro continuano a suonare.
Forzo l'apertura delle porte della macchina infernale, che fortunatamente non si è fermata a metà tra piano e l'altro, ma a soli 20 centimetri dal secondo piano. A quel punto la smettono di pigiare sul pulsante di allarme ed escono, scalando i 20 centimetri.

E lì rimango basito. Congelato dalla sorpresa.

Escono da dentro in 7. Sette. Sette russi/e belli corpulenti, come da regolamento redatto da Pietro il Grande secoli fa. Ed il limite è 4. Erano lì dentro pigiati come le classiche sardine, anche un deficiente capisce che, se non c'è posto per così tante persone in ascensore, probabilmente non è tarato per sopportarne così tante, e ce ne devono stare meno.

Ma quel che mi fa inca**are è altro.

Uno dei russi, un omone sicuramente figlio illegittimo di un guardiano di gulag con una prigioniera, unisce le dita, agita la mano davanti a sé e dice:

“Ittalia, ittalia”.

Milioni di formiche che si riuniscono in assemblea nelle mie mani, allo scopo di ballare il cha-cha-cha.

27 litri di sangue alla temperatura di fusione del basalto affluiscono nei miei centri nervosi.

Jack the Ripper che mi chiama dall'aldilà e mi esorta a seguire le sue orme.

Sono talmente inca**ato che parlo nella mia lingua madre.

“Ma siete in 7! L'ascensore non ne sopporta 7, ma 4. C'è pure scritto! Quattro! MA VA**AN*ULO!”

Il russo non conosce, se ne va agitando le mani, mentre gli/le altri/e amichetti/e ridono. Di tutti noi.

Io rimango lì, con desiderio di diventare il comandante Kong impegnato in un corpo a corpo nucleari coi russi, e cavalcare la bomba fino a distruggere l'obbiettivo finale.

Morte e distruzione!

Epilogo: ovviamente mi toccò riscendere al ricevimento, prendere le targhette “ascensore fuori uso / lift out of order” e piazzarle su tutte le porte della macchina infernale, una per piano (e ci sono 5 piani), e poi chiamare l'Otis affinchè venissero a fare la riparazione, ovviamente a metà mattina. Ma verso le 5 odo rumore di trolley sui corridoi. Salgo su ed una signora americana sta portando due mega valigie, ed ovviamente è contrariata del fatto che non può scendere con la comodità del trasporto verticale. I really apologize ma 7 stupidissimi figli di Berija hanno bloccato l'ascensore con il loro corpi sovralimentati a vodka e grasso animale. Le porto giù le valigie, 35 quintali l'una, le faccio un caffè, check.out e taxi per l'aeroporto. Mentre la signora sta per salire in taxi, mi tocca la mano e mi dice “Coraggio, tra poco vai a casa”.


Usa-Urss 73-0. Come li adoro, i lieti fine.

martedì 18 febbraio 2014

domenica 16 febbraio 2014

Domenica mattina di partenze, un fine settimana di San Valentino.

Italiani come se piovesse. Quasi tutte coppiette “escobantes” in fine settimana di “piacere”. Hotel pieno zeppo; direzione e portieri (e, soprattutto, i mutui dei portieri) sono contenti e ringraziano.

Ora, io con, i miei concittadini, non è che mi trovi male. Come dice anche Gioele Dix, non siamo noi ad essere maleducati e non dire “buongiorno”. Tutt’altro.

E’ che abbiamo dei comportamenti che definirli con il termine “libertinaggio” è a dir poco riduttivo. Pure Casanova e De Sade avrebbero da ridire.

1. due coppiette giovani. Escono dalla sala colazione, e le ragazze si fermano un attimo a guardare i depliant sull’espositore dei tour e delle mostre museali. Uno di loro abbraccia la sua lei da dietro.

Mano sulla tetta.

L’avessi fatto io, ai miei tempi, la Sara mi avrebbe staccato la mano con un morso.

Lei lo lascia fare.

Lui palpeggia vigorosamente. Rocco subito dopo il ciak, prima dell’azione vera e propria.

Lei non batte ciglio.

Si avviano verso l’ascensore, muovendosi all’unisono. Lui sempre con la mano sulla solita posizione. Rocco alza il pollice in segno di approvazione.

Quando scendono per fare il check-out, lei arriva al bancone.

“A’ camera a’ pago io, è ‘n regalo”

Poi si volta verso di lui

“Vedi d’annattene, amo’. Te nun devi vedè”

Torna a parlare al portiere.

“S’un me sbaglio c’ho da pagà xx, giusto?”

Ok, il prezzo è giusto.


2. Coppia del nord, più o meno della mia età. Attendono l’auto dal garage.

Lei si “stravacca” sul divano della hall.

Il termine è proprio questo: stravaccarsi.

Appoggiata con le terga nell’ultimo micron del bordo del divano. La nuca sul bordo della spalliera.
Lui, in piedi, si avvicina; allarga le gambe e si piazza davanti a lei. Beh, praticamente sopra di lei.

Poi comincia una lambada. Un balletto simil-erotico, a mi parere molto simil, a parere di lei, la seconda. Apre il suo giubbotto e ne agita i lati davanti a sé. Ancheggia vistosamente, prima di lato, poi avanti e dietro.

Proprio davanti alla sua faccia.

Lei mostra di gradire. Ennesimo pollice alto di Rocco.

Alcuni clienti, passando di lì, strabuzzano gli occhi.

Il Vostro portiere si inginocchia dietro al bancone e mi prodiga in un facepalm. Non potevo fare altrimenti.


3. Cliente anziano, ben vestito, curato.

Mi da la chiave, poi mi chiede se gli altri suoi amici, alloggiati in altre camere, sono scesi. Alla risposta negativa del portiere, apre il cellulare.

Parlata siciliana. Stretta. La versione ultra-burina di Montalbano. A 236 decibel.

“LUCA, DOVE CAZZO STAI, AH! IO SONO QUI.”

Luca risponde, non capisce dove è il “qui”

“QUI, ALLA RECEPTION!” (reception pronunciato all’italiana, con la c morbida e scandendo particolarmente bene la p e la t).

Luca risponde. Fine comunicazione.

Poi anche lui si stravacca sul divano. Apre le gambe ed appoggia le braccia sullo schienale. Lo occupa praticamente tutto.

Firenze, Italia, 2014. Monsignor Giovanni Della Casa, nell’aldilà, è chiamato “Gigi la trottola”

sabato 15 febbraio 2014

-Hotel xxxxxxx, buonasera, sono Marcello.

-' cammera, a quanto 'sta?

......

Ok, lo so che non sono un tipo sveglio; ma sorvoliamo un attimo sul fatto che non dicano buonasera o non si presentino o che si ostinino a parlare in maniera incomprensibile, sono pur sempre alla reception di un albergo. Vendo camere. Fino a qui ci arrivo abbastanza bene. Sono preparato a rispondere in 5 lingue, sfortunatamente 4 di queste da fuori della penisola. Di quelle dentro, solo una, la versione standard. Tanto per dire: quando mia moglie parla con sua madre e/o sua nonna in lomellinese-ostrogoto, potrebbero anche dire che sono un pirla su tutta la linea, e molto probabilmente (ed a ragione) lo dicono, ma non le capisco lo stesso.

-Per quando le serviva la camera?

-Pe' quando veng a Firenze!

Logico, no? Uno cerca una camera a Firenze perchè deve venire a Firenze! Ah, marce, dai, avevi detto che ci arrivavi!

-Benissimo signore, e quando ha intenzione di venire a Firenze?

-Mahhh... ecc.... poo' 23 (data a caso, ora non me la ricordo, nda)

-Per quante notti?

-Comme pe' quant notti? Pe' o' 23! 

-Una camera matrimoniale?

-Si... no, vabbuò anche 'na singol, sono con mia mogl. Ma si pò saper o prezz da' cammera?

E' chiaro, mi trovo a parlare con uno che non era presente all'assegnazione cervelli quando Dio (o chi per lui, o chi c'è insomma) era di turno alla distribuzione. A questo punto il portiere è combattuto: continuare a chiedere informazioni su ciò che cerca? Spiegargli che in una singola si dorme da soli, e non ci può stare una seconda persona anche se magari la sua intenzione è mollare la moglie da noi e lui scappare con la badante moldava della madre? Dirgli semplicemente che sono al completo, così me lo levo dalle scatole, ed evitare la trafila di dirgli che per prenotare ci vuole la carta di credito che molto probabilmente non sa neanche cos'è ed in mancanza della quale dovrebbe fare un vaglia postale? Pochi, maledetti nanosecondi per decidere....

-Benissimo signore, il costo della camera matrimoniale è xxxx, comprensiva di colazione a buffet e tassa di soggiorno.

-Ah... ben... noi partiam il 27

.....

-Ehm, signore, il prezzo è a notte. Se volete stare dal 23 al 27 sono 4 notti, il costo totale è yyyy (xxxx per 4).

-MA TU HA DETT CHE O PREZZ E' XXXX

-Si signore, xxx per una notte, lei mi ha detto il 23 ed io le ho fatto il prezzo per la notte del 23 partenza il 24. Comunque per 4 notti posso venirle incontro e far...

clic

Ha riattaccato.

Cari colleghi di altri alberghi a Firenze che il tipo avrà sicuramente chiamato per chiedervi informazioni, sappiate che vi penso e vi capisco. Cercherò di farvi arrivare il mio messaggio telepaticamente: siete al completo. Diteglielo. Non fate che arrivi a Firenze. Sarann problemme. Tant problemme....

giovedì 13 febbraio 2014


Fate conto che arrivino gli extraterrestri.

E dicessero, a tutti noi: “Cari terrestri, stiamo organizzando un concorso su Omicron Persei 8. Consiste nell'eleggere il più bel monumento dell'intera galassia, e so che voi avete realizzato dei begli oggettini; scegliete quello che più vi rappresenta e partecipate. Sarà una gara serratissima, ci saranno i lumaconi di Alpha Tauri con la loro montagna di muco alta 10mila metri, gli automi di Cefelis 12 con il loro gigante d'ottone, e le amazzoni guerriere di Themis 3 con il loro monumento all'organo sessuale maschile alto mezzo chilometro.”

Io sono convinto che ci sarebbe uno ed un solo monumento che noi terrestri sceglieremmo per una competizione del genere.

E lo dico da fiorentino, abbandonando tutti i pregiudizi campanilistici tipici di noi toscani. Alla faccia di Dante che ce l'aveva tanto coi pisani (Ahi, Pisa, vituperio delle genti). Siamo ni'dumila; l'unica cosa che mi sento di dire è: grazie Pisa.

Non esiste, non può esistere, su questo pianeta, un monumento così incredibile, così stupefacente, così unico come la Torre storta, che sta su in barba a qualsiasi legge fisica, alla faccia di Isaac Newton, Stephen Hawkins e Sheldon Cooper. Tant'è che lo conoscono in 6 miliardi, su questo pianeta.

Si, ho detto 6 miliardi, non 7.

Perchè si, il Taj Mahal sarà anche bello, per carità, ma non può competere. Non ce la può fare, a meno che non si inclini anche lui di una decina di gradi a babordo, come la Torre e la Concordia.

Ma loro – ed avete capito a chi mi riferisco – non conoscono altro. Non ci arrivano, non lo capiscono, non se ne rendono neanche conto. Certo, sono contento che si ostinino a viaggiare e pagarsi una camera d'albergo, ma un minimo di cultura nei paesi in cui si viaggia sarebbe alquanto necessario, anziché no. Almeno, questo è quel che mi hanno insegnato a scuola, ed è il motivo per cui noi italiani saremo sempre una lunghezza avanti a loro. Anche un 3-4. Alla faccia di chi denigra (anche se spesso a ragione, soprattutto quando c'è la Gelmini ministro) il sistema scolastico italiano

Cliente indiano, turno pomeridiano. Sta solo una notte. Sorriso d'ordinanza, check-in e piantina di Firenze. Noi siamo qui (disegno la X).

Mi chiede cosa c'è da vedere di monumenti.

Come prima cosa, vista la posizione dell'albergo, gli indico il Duomo. Uno dei più belli e grandiosi del mondo (anche se, a mio modestissimo parere, un pelino sotto quello di Milano e San Pietro).

-Is it nice?-

Certo che è nice, è wonderful, so great, so beautiful. Facci un giro intorno, sali in cima ai'cupolone e te n'accorgi. 5 minuti a piedi e ci arrivi.

-What else?-

L'Accademia, naturalmente, con la statua del David.

-Is it nice?-

Ecco, lì comincio a vacillare. Non conosce il David, una delle più stupefacenti statue del globo terraqueo, il simbolo per eccellenza alla fisicità maschile prima dell'arrivo di Swchalzenegger. Vabbè, tocca fare l'insegnante d'arte. Apro google images e glielo mostro. Bada che roba! Il museo è aperto dalle 8.15 fino alle 18, se ti sbrighi lo vedi prima che il chiuda.

Ma lui lo degna appena di uno sguardo e va avanti per la sua strada. What else?

Si va avanti. Gli Uffizi, con le opere del Botticelli. Ed anche lì faccio apparire sul pc le immagini della Primavera e della nascita di Venere. Stessi orari, se ti sbrighi entri.

-What else?-

Notare che, con Duomo, Accademia ed Uffizi, gli ho già indicato abbastanza posti per almeno 2 giorni di visita, e costui, arrivato nel primo pomeriggio, partiva la mattina dopo. Ma lui no, vuole sapere altri posti da visitare.

E quindi passo a sciorinargli tutto il possibile: Palazzo Pitti, il giardino di Boboli (eravamo in primavera ed era una bellissima giornata, quindi momento perfetto), il Bargello, il museo Archeologico ed almeno un'altra mezza dozzina di luoghi stracolmi di arte e storia, Stendhal che muore lì sul selciato, roba che una settimana di soggiorno basta a malapena. Nel frattempo ho risposto ad una mezza dozzina di chiamate telefoniche e fatto il check-in ad altri clienti (perchè almeno quello lo devo fare, non mi può tenere bloccato tutto il tempo a suo solo uso e consumo, neanche Parminder Nagra avrebbe questo privilegio). Passa almeno un'ora al bancone, faceva in tempo ad entrare in un museo ed uscirne.

-What else?-

Ho esaurito tutto. Virtualmente conosce Firenze alla perfezione, ma di vedere le cose dal vivo, ancora niente. Se te ne stavi a Calcutta ed usavi Wikipedia spendevi molto meno, ciccio.

Non mi rimane che provare fuori Firenze. E lì è chiaro che non posso non passare alla Torre, con la T maiuscola.

-Is it nice?-

Veramente, a questa domanda stava per cascarmi la mascella sul bancone. Ma come, non la conosci? E' il monumento per eccellenza, DEVI conoscerlo. DEVI vederlo. Che ti ci vuole? Un'ora di treno e sei a Pisa. Un'ora di treno per vedere il simbolo del pianeta Terra, ecco gli orari. Quando ti ricapita un momento del genere? Sei qui in Italia, migliaia di chilometri da casa tua. Parti subito! Guarda, eccolo qui (sempre google images).

Lo mostro quasi sia opera mia, farina del mio sacco. In un certo senso, dovrebbe esserlo per qualsiasi terrestre.

Lui osserva, stavolta abbastanza interessato. Halleluja, forse c'è speranza.

E lì mi fa la domanda.

Quello che mi fa capire come il sistema scolastico indiano, alla faccia di esperti di matematica o vincitori di quiz televisivi dozzinali, sia indietro anni luce rispetto a noi occidentali tutti.

-Is there an elevator to go up?-


India, vituperio delle genti (Oh Dante, e tu gli'ha tutto sbagliato. Gli'è tutto da rifare)


ps. ho la testimonianza di altri due colleghi di lavoro (tra cui una ragazza che lavorava con mia moglie) a cui hanno chiesto se per salire sulla Torre c'era l'ascensore. E' necessario che vi ripeta la nazionalità di questi clienti?

lunedì 10 febbraio 2014

Dobbiamo ammetterlo: le donne hanno una marcia in più.

Sono più sveglie, capaci, calcolatrici; noi maschi non possiamo farcela. La nostra mente è annebbiata, incapace di ragionare, risucchiata nel lato oscuro; nel buio incatenati, bramosi di tesssssoro, cediamo alle più bieche tentazioni.

Si, potete vederci un doppio senso.

Anzi, dovete.


Cinese. Giovane, vestito curato, elegante.

Uno di quelli che ce l'ha fatta, che è arrivato; proprietario di un paio di capannoni al macrolotto di Prato, ormai ridotta a zona industriale del Quandong; e dentro i capannoni, l'intera popolazione del Quandong: 15 al metro quadro. Perchè un cinese vestito elegante nel centro di Firenze la domenica è il proprietario dei capannoni, non c'è altra spiegazione. Perchè all'esterno del capannone i giorni scorrono normali, mentre all'interno sono sempre le 10 di lunedì mattina: massimo dell'impegno lavorativo. 24 ore su 24.

A scuola avevo studiato che i cinesi avevano realizzato scoperte incredibili secoli prima di noi occidentali: l'uso del petrolio, la polvere da sparo ed i fuochi artificiali, la macchina per misurare i terremoti, forse anche la briscola ed il tresette.

Ma oggi, nel duemila passato, si sono ridotti a ritirare fuori roba che noi occidentali non usiamo più da secoli: la servitù della gleba.

Secoli prima, in Europa, gli uomini dipendevano dalla terra, e passavano di proprietario quando veniva comprata la terra.

Oggi dipendono dal capannone.

Dicevo: il cinese ricco, il proprietario del capannone e dei servi della gleba che ci lavorano dentro, entra nell'albergo.

Si ferma davanti al bancone.

Mi guarda.

Io: “Buongiorno” + sorriso.

E' sorpreso. Non se l'aspetta. Non è abituato agli italiani sorridenti, non li ha mai visti, pensa che siano come gli unicorni: creature di fantasia. Per lui gli italiani hanno l'aspetto feroce e rancoroso dei pratesi di casa libbra (o se preferite, casa sterlina) alla vista di un cinese, la stessa dei soldati giapponesi che entrarono a Nanchino: odio profondo ansioso di massacro.

Poi si riprende. E' in un albergo, ed ha davanti a sé un portiere, il cui scopo è vendere camere a chiunque non sia vestito come uno straccione e sborsi il soldo. E lì torna sicuro di sé: ha il vestito elegante, e soprattutto il soldo. Ma prima la domanda topica:

C'è camela?”

Crdetemi, io non voglio assolutamente alimentare il mito del cinese che parla con la l al posto della r, ma è quel che ha detto, quel che mi ha chiesto. “C'è camela?”

Ma è ovvio che c'è, sono qui apposta. Sparo il prezzo, un buon prezzo. Perchè è una domenica di Febbraio, e non siamo al completo, purtroppo. Abbiamo molte camere libere, e sono già preparato sulle tariffe da applicare a chi passa a domandare al bancone.

Ecco, si rilassa, quasi appare un sorriso: ha trovato il posto giusto. Estrae dalle tasche un rotolo di banconote e le piazza sul bancone, assieme al documento d'identità (il permesso di soggiorno), poi esce e fa un cenno all'esterno. Come immaginavo entra lei.

Carina, giovane. Non vestita proprio curata, anzi. Probabilmente è una delle serve della gleba del capannone, nell'unica occasione per trasformare le 10 di lunedì nelle 14 di domenica. Ma è sorridente. Entra e dice buongiorno.

Io, ovviamente, contraccambio: poi aspetto.

Mi guardano.

Io attendo.

Lui guarda il denaro ed il documento, poi alza gli occhi verso di me. Il messaggio, neanche tanto sublimilane, è chiaro e lampante: “Tu, onolevole poltiere, plendele soldi e documento e dale noi chiave di camela per day usel”.

Non posso che rispondere in un solo modo:

Ho bisogno di avere anche il documento della signorina”.

Immaginate Jackie Chan quando fa la faccetta stupita quando gli capita un fatto inaspettato.

L'onorevole portiere italiano seguo la legge pidessiquamente: no document, no party.

Lei: “Pelmesso di soggiolno” ed indica il documento di lui.

Io: “Mi serve il documento di entrambi”

Lei: “Io no documento”

Jacki Chan lascia il posto all'occhio della madre.

La disperazione.

Lei non ha il documento.

E lì nostro maschio day user, come tutti i maschi ovunque nel pianeta, di fronte alla terribile prospettiva di andare in bianco, si fa prendere dal panico e dall'irrazionalità.

Ma io finile plesto, andale via subito”

E' qui che si vede come le donne siano meglio di noi uomini.

Perchè una donna a queste frasi, ci arriva. Lo capisce che non è il caso di dirle. Che non bisogna far prendere il sopravvento agli impulsi sessuali.

Quando l'ho detto a mia moglie, lei è scoppiata a ridere: “Se devi far presto, tu ci vai con un'altra!”

La ragazza cinese però non scoppia a ridere. Anzi, s'incacchia parecchio. Agguanta le banconote ed il documento e gliele sbatte addosso, urlandogli in cinese (non lo parlo, vado ad intuito) quel che ha detto mia moglie.

Però seriamente. Molto seriamente.

Lui replica, alzando la voce. Mi trovo davanti un'altra scena da Jackie Chan, lui che litiga con la protagonista femminile, con un volume di decibel appena un pelo sotto a quello di un airbus in fase di decollo.

Ma per fortuna escono. Chiacchierano a voce alta fuori dal portone, poi lui la abbraccia. Lei lo respinge per un po', poi ricambia l'abbraccio. Pace fatta. Se ne vanno.

Spero che tornino, domenica prossima, con entrambi i documenti.

Ma soprattutto spero che lui abbia imparato la lezione. Anche perchè, da uomo, un pomeriggio in bianco non lo auguro a nessuno.

sabato 8 febbraio 2014

Ore 3 di notte di qualche anno fa, telefono.

Quando arriva una chiamata alle 3 di notte, è sempre qualcuno che chiama dalle americhe. Nord o sud è uguale, o vogliono parlare con un cliente o devono riconfermare una prenotazione. Niente di strano in fondo: da loro è giorno, sono svegli e possono telefonare.

Il problema è che non tutti sono consapevoli che in Europa è notte fonda; ma sono fortunati: un albergo di una certa categoria come quelli dove lavoro io ha il portiere di notte, e quindi una persona che si suppone parli almeno inglese e sia in grado di passargli un cliente o dargli tutte le informazioni del caso. Ecco perchè anche il notturno deve avere un minimo di conoscenze alberghiere, a cominciare dalle tariffe: per poter fare un'offerta a chi cerca una camera e non dirgli “richiami domani”. Domani potrebbe essere tardi. Domani potrebbe aver già chiamato in un altro albergo, e noi perdiamo la prenotazione.

Comunque questo non voleva prenotare. Cercava... qualcuno.

Hotel ********** buonasera, sono marcello, come posso aiutarla?”

Parla ingles?”

E' ovvio che lo parlo. Lavoro in un albergo, sono un portiere, l'inglese è il primo punto, il più importante. Ma vabbè, non ci conosci, ti lascio il beneficio del dubbio.

Yes, of course”

I'm looking for mr Kevin”

Kevin. Mi sa tanto di nome proprio, ma per quel che ne so... quindi agguanto la lista dei clienti in casa, ordinata alfabeticamente per cognome, e vado alla k.

Kevin non c'è.

I'm sorry, i don't find any Kevin in the list. Is it the first name or the family name?”

The name”

..

Ok, sir, i need to know if Kevin is the first name or the family name”.

Kevin”

..

Un caso umano alle 3 del mattino è duro da reggere, ma è il mio lavoro. Mi tocca farlo. Potevo andare a fare il mercenario nel Congo modello farcry 2? Noooo, ma quando mai?

Cerco nella lista clienti se c'è un Kevin di nome, e dato che eravamo quasi pieni, significava guardare più di 150 nomi di una lista clienti ordinata per cognomi. Cerca, cerca, cerca... Kevin non c'è.

Poi una piccola illuminazione: vai di corsa al pc a cercare gli arrivi dei prossimi giorni. Cerco “kevin”... e kevin non c'è.

I'm very sorry sir, i don't find any Kevin”.

I know is there, in your hotel”

May i have the family name of Mr. Kevin, please?”

I don't know it”

..

E' chiaro, semplice, lampante. Quasi banale.

Questo tipo al telefono non è un caso umano; è IL caso umano.

Pazientemente gli spiego che mi è un po' difficile per me trovare un cliente solo sulla base del nome proprio, il first name. Mi ci vuole il cognome, il family name. Magari il suo amico è stato registrato nel computer con un altro nome (gli americani hanno tutti un secondo nome, come Homer Jay). E comunque, anche se lo trovo un Kevin, è chiaro che non te lo passo, perchè come faccio a sapere che è veramente lui? Magari è un altro Kevin, e giustamente si risentirebbe un pochetto se gli passo una telefonata alle 3 del mattino di uno che neanche conosce.

Ma poi, che diamine, è un tuo amico e non conosci il suo cognome?

Lui insiste, ma non la farò lunga. La conversazione potrebbe prendere una decina di pagine. Vi basti sapere che alla fine capisce che non posso aiutarlo finchè non mi dice questo benedetto cognome. Riattacca.

Mi rimetto a lavorare. Dopo un'oretta richiama.

Hotel ********** buonasera, sono marcello, come posso aiutarla?”

McKay”

Nessun buongiorno o buonasera, mi spara il cognome ed alla via così. Malgrado l'ora sono comunque abbastanza lucido (per quanto posso essere lucido di mio o comunque a quell'ora) e cerco il cognome nella lista clienti.

McKay non c'è.

A questo punto vado sul pc e cerco sulle prenotazioni a venire. 3 nanosecondi ed appare: in arrivo tra due giorni. Per essere sicuro al 724%, metto la chiamata in attesa e mi fiondo nell'ufficio per trovare la pratica cartacea. Quella è completa di primo nome, secondo nome e cognome: Kevin Asdrubale McKay (ovviamente me lo sto inventando, questo secondo nome. Non me lo ricordo).

Sir?”

Yes”

Mr McKay is schedule to arrive the day after tomorrow”

..

Io: “Sir?”

. ancora silenzio. Stai riflettendo su quanto sei pirla? Parecchio, amico mio, parecchio.

Sempre io: “Sir?”

Are you sure?”

Hundred % Sir. Today is day x. Mr. Kevin Asdrubale McKay will check-in day x + 2. “

. ancora silenzio.

Io: “Sir?”

Lui: “Thank you” e riattacca.

Non aggiungerò tanti ulteriori commenti.

Dirò solo che McKay, come Asdrubale, è inventato. Sempre un Mac-qualcosa, ma inventato.

Kevin invece era reale, ed arrivò regolarmente due giorni dopo.

Non chiese se qualcuno lo aveva cercato.

Ma ci sono buone probabilità che abbia cambiato amicizie.

martedì 4 febbraio 2014

Veramente, non saprei qual'è la scena più bella.
Se quando pigliano a schiaffi i passeggeri sul treno.
O la rievocazione della via crucis.
O l'alluvione dell'Arno.

L'alluvione del nostro fiume è rimasto un qualcosa di mitico, quasi mistico, oserei dire.
Io sono nato 4 anni dopo, ma è come se lo avessi vissuto.
Decisamente, la memoria, intesa come ricordo degli eventi, ha funzionato.
Ha funzionato per un sacco di gente, su questo pianeta.
La mail è di 12 anni fa, come potete leggere, ma la paura la si sente ancora.
Tutta.

ps. il collegamento con el nino è rimasto epico, tra noi colleghi.

ps2. non chiedetemi del cliente, non me lo ricordo più. Ma sono propenso a credere che se ne sia stato zitto ed abbia omesso la cosa, una volta arrivato da noi.


sabato 1 febbraio 2014

Ci sono persone che, a volte, arrivano nel mio albergo come se fossero Arthur Dent dentro un’astronave Vogon: spaesati e confusi.
L’unica cosa di cui si rendono conto è che sono stati strappati via dal loro mondo natale, ormai distrutto, e portati qui da un’entità aliena.
Credetemi: molto aliena.
Ora, io che sono un portiere di un albergo a Firenze, mi rattristo per loro e per me: perché quando non ho a che fare con clienti certi e sicuri di venire qui per vedere la città ed i monumenti, mi sento un po’ inutile. Voglio dire: che ci sto a fare qui?
Ok, d’accordo. Gli do la chiave della camera. Gli fornisco un sorriso, un buongiorno/buonasera, l’arrivederci e quant’altro. Ma a me piace dargli la piantina della città ed indicargli sopra dove siamo e dove stanno gli agognati musei che bramano di vedere da mesi. Altrimenti mi sento come un frammento di kriptonite senza superman accanto: un banale pezzo di roccia.

Cliente italiano, pressappoco della mia età. Entra con dei bagagli. Ha l’auto fuori (un suv, non una ford perfect) con il resto della famiglia all’interno.
Spaesato e confuso.
Non è qui per gli Uffizi. Glielo si legge in faccia.
Documento, chiave della camera, codice wi-fi… tutto ok.
-Il garage è quello più avanti nella via, giusto?-
-Certamente, basta dire che siete alloggiati da noi-

E poi la frase che mi ha pugnalato al cuore.

-Bene… poso i bagagli in camera e torneremo stasera… andiamo al concerto di Violetta-

E me lo ha detto con lo stesso tono che Dent avrebbe usato per dire che era l’ultimo terrestre rimasto nell’intero universo.


Altro piccolo fatto:

mamma li turchi. Sono 26. Meglio che non 42 (ormai che siamo a parlare di fantascienza, non potevo non infilarci la risposta) ma fanno casino per il triplo. Problema: parlano solo turco.
Urla indicibili. Bimbi che scorrazzano, uno di loro ha pure un fischietto e lo usa come un arbitro quando fischia contro la Viola: sempre e comunque.
Ma, incredibilmente, sorridono (ed un paio di figliole sono pure notevoli. Molto notevoli).
In compenso, senza chiedere se possono o meno, si piazzano dietro al bancone per farsi le foto, come se fossero loro i portieri.
Mi fregano perché mandano in avanscoperta le bimbe notevoli. A quel punto tutti e 26 vengono a farsi fare le foto. Probabilmente sono già su feisbuk punto tr.

Vabbè.

Ps. La Viola ha perso di suo, ed in tv c’è silvio.

Un turno pomeridiano come un altro.
Vorrei domandarmi perchè, ma la risposta la so già.