venerdì 26 agosto 2016

Il risparmio è un fattore bello, importante, nobile. Risparmiare significa tenere da parte denaro da spendere per momenti, oggetti, cose e svaghi migliori; raccogliere soldini da utilizzare in qualcosa per cui valga davvero la pena di aprire i cordoni della borsa, e dia vera soddisfazione, piacere, godimento.

 

Sono fattori soggettivi, me ne rendo conto. Per me, ad esempio, risparmiare significa andare a lavoro a piedi per risparmiare sul biglietto dell'Ataf, e fa pure bene alla salute (poi, con il morbo tranviario che imperversa allo Statuto, ci metto lo stesso tempo). Mi sottopongo ad una dieta per cui un vegano mi abbraccerebbe chiamandomi "fratello", ma al solo scopo di gustarmi, minimo una volta a settimana, una bistecca del peso di un tir e del costo di uno di quei blocchi di oro che si appende al collo un trafficante colombiano. Non ho la tv a pagamento perchè preferisco enormemente il piacere di stare seduto in una sala cinematografica e godermi uno schermo vero, gigante ed avvolgente, fosse anche soltanto una volta ogni due mesi. Continuo ad usare t-shirt vecchie di vent'anni, con grande riprovazione da parte di mia moglie, o comprare calzature prodotte dai moderni neo schiavi in squallidi capannoni del Quandong, ma al solo scopo di dare alle mie figlie prodotti di qualità.

 

Quando viaggiavo da solo, in tempi che oggi verrebbero definiti "archeologia post-moderna", con sulle spalle uno zaino della grandezza (e peso) di un'utilitaria, ero solito soggiornare in strutture che i NAS non bollerebbero con il termine "chiusura" ma bensì "radere al suolo e bonificare con sale ed una colata di cemento": ostelli con materassi dove non avrebbe dormito neanche un rifugiato siriano, un albergo di Seoul dove le pantegane pagavano anche la tassa di soggiorno... non dico altro perchè mia madre legge il blog, e probabilmente sarà sul punto di svenire, quindi meglio non infierire e fermarsi qui. Comunque, devo dire una cosa: ero totalmente, sinceramente e seriamente consapevole dei luoghi dove soggiornavo, e che quei pochi soldi che spendevo valevano il soggiorno in quelle topaie. E' ovvio che ora, con una famiglia completa e ragazze ormai in dirittura preadolescenziale, spendo una cifra consona allo scopo di ottenere pulizia adeguata e numero sufficente di posti letto.

Se poi le ragazze, tra qualche anno, vorranno provare lo stesso brivido del soggiorno in luoghi che farebbero la felicità di un batteriologo, sarà una loro libera scelta. Basta che non lo scrivano su un blog dove abbia libero accesso di lettura, perchè so che ci svenirei. Ma al momento, quando la famiglia si sposta, la spesa è quella giusta: 4 persone = 4 posti letto. Così è; e così deve essere.

 
Quando trovi i clienti che non considerano minimamente questa semplice e banale equazione, e per i quali il risparmio deve avvenire sempre e comunque, anche sopportando incredibili disagi, rischi e patimenti, per noi portieri d'albergo sono sempre insormontabili problemi e solenni scocciature.

 

1. Quelli che te lo chiedono spudoratamente.

Mi capitano almeno una volta l'anno.

Entrano in albergo coperti di zaini, davanti e dietro. Abbigliati con indumenti che, a vederli, pensi stiano girando una fiction sui magnifici '70. Viaggiano per l'Europa con l'Europass, sopportando percorsi di ore su espressi lenti come lumache pur di risparmiare anche sui supplementi dei treni veloci.

E si presentano in albergo in alta stagione (perchè poi vogliono pure evitare la brutta stagione, 'sti furboni), e poichè trovano gli ostelli al totale completo, si ripassano tutti gli alberghi della zona a chiedere il costo di una camera doppia.

Io li guardo, con notevole stupore (ma senza tremori) perchè sono in 4. A volte anche in 5.

Provo ad obbiettare: in una doppia si sta in due, quindi chi di voi sta in albergo e chi altrove?

Ed il capofamiglia, nella sua lingua, che può essere inglese yankee, ma anche aussie, così come spagnolo sudamericano, inglese cinesizzato od indianizzato, o romulano o klingoniano, se ne esce fuori con questa stupefacente, pazzesca, assurda affermazione:

"Tutti e 4. Loro (ed indica i figli) possono dormire per terra, abbiamo il sacco a pelo"

E mentre io stubuzzo gli occhi (ed ogni anno strabuzzo gli occhi, perchè mi sembra così assurdo) lui ribatte "Va bene anche una singola".

E' ovvio che con costoro è inutile dire che no, quel che chiedete è assolutamente impossibile perchè in albergo ognuno deve avere il suo posto letto, quindi o vi comprate le camere adeguate e spendete la spesa necessaria o fuori di qui. Insistono e pretendono sia di sapere il prezzo che di stare in una doppia e far dormire i figli per terra. Specialmente gli indiani che si ostinano a non capire che un "no" non significa "trattiamo fino al si": è un no definitivo, punto. E' inutile che state lì a fare domande. Fuori. Andatevene. Sperdetevi a giro per Firenze, l'Italia ed il resto d'Europa.

Quando questo tipo di clienti stanno lì al banco per un'ora intera, come mi è successo, viene davvero da pensare che forse il mutuo non è poi una cosa così importante.

 

2. Quelli che ti mettono davanti al fatto compiuto.

Prenotano indirettamente. Via internet, chiaramente, perchè un agente di viaggio gli direbbe "Ma sei scemo? Che ti sei fumato?", domanda a cui si finisce per dare risposta affermativa. La preno è sempre di una camera per un numero x di persone. Solo che poi si presentano, immancabilmente, in numero x+1; oppure x+2.

Di solito si tratta di bambini. Con i cinesi è quasi la normalità, ma capitano tutte le nazionalità. Sul serio, tutte. Il che dà molte spiegazioni sulla considerazione che si hanno dei bambini. Tutti pronti a commuoversi per quelli bombardati in Siria, ma poi, quando arrivano in albergo con i loro, si stupiscono che "Eh, ma è solo un bambino, non occupa spazio!" (sul serio, l'ho sentito dire). E gli italiani non si portano mai le carte d'identità dei figli. "La tessera sanitaria va bene uguale? Tanto non dovevamo andare in aereo". Noi alberghi contiamo meno dell'aereo.

Ok, se sono piccoli piccoli, va bene, dormirà con voi nel matrimoniale. La culla è gratuita, bastava che ce lo diceva senza la paura di dover pagare un supplemento. C'è pure scritto, sui siti internet, se si fosse preso la briga di leggere. Ma se il bambino ha ormai dei brufoli grandi quanto un pallone medicinale, a questi bischeri si costringe a pagare un supplemento. Con l'x+1 si dà una camera con un letto in più. Oppure direttamente una nuova camera, ovviamente singola. Ma il punto focale è che devono pagare. Altrimenti la persona in più va fuori dall'albergo. La stessa cosa avviene quando capita l'x+2.

L'altra settimana, ai miei colleghi, è capitato un x+3. Una doppia, ma erano in 5.

Alle obiezioni dei miei colleghi, costoro se ne sono venuti fuori semplicemente che: eh, ma ci stiamo, che problema c'è? Tanto due di noi sono bambini (peraltro due biondini meravigliosi, un maschio ed una femmmina, che saltellavano allegramente da una parte all'altra, godendo di una discreta libertà, a tratti anche un pò eccessiva).

Il mio capo ricevimento, che io chiamo con l'eloquente soprannome di Eva Kant, se ne viene fuori furibonda come quando Ginko cattura Diabolik: ma come vi salta in mente una cosa del genere? Ma alla fine Eva è stata buona: gli ha dato una quadrupla con culla gratuita, e ci sono stati tutti e 5 con solo un supplemento. Discreto ma sempre supplemento. Ma alla fine ho fatto il calcolo, ed hanno pagato proprio come una quadrupla (con culla) prenotata direttamente come tale. Fave.

Ma c'è di peggio. Ci può essere davvero di peggio.

 

3.Quelli che tentano di farla sporca.

Capitata dove lavora mia moglie.

Prenotazione di due camere doppie, arrivano con auto a noleggio 5 brasiliani, che quando si impegnano sono medaglia d'oro nello stress alberghiero.

Quando la banconista fa notare che le camere sono per un totale di 4 persone e loro sono uno in più, ribattono tranquilli che uno di loro dorme altrove. Dove non si sa, ma non lì.

La banconista, al cambio turno, riferisce della cosa al portiere di notte, Fulvio. Ora, Fulvio, che conosco personalmente, ha il soprannome di "mastino napoletano". E non è affatto immeritato. A mezzanotte tempesta di chiamate la camera e costringe la quinta persona a scendere immediatamente al bancone, dopo di chè gli intima: o te ne vai o ti prendi un'altra camera.

Il brasileiro, intimorito ed ormai umiliato per essere stato colto in fragrante, prima chiede se può dormire in auto ("Sicuro! Apro il garage, esci e dormi. Ma fuori"), poi suggerisce se si possono spostare in tripla con un supplemento. Ma il mastino napoletano, da bravo mastino, ringhia: no, perchè la camera doppia l'avete usata tutto il giorno, ed ora, a mezzanotte, non ho la cameriera che la pulisce. Perciò lo costringe a prendere, e pagare, una camera singola. Che fave. Se costoro prenotavano direttamente una tripla non spendevano tanto di più e si risparmiavano una figuraccia.

Certo, è sempre possibile, se non altamente probabile, che il giochetto gli sia riuscito in strutture dove non c'era un portiere notturno dedito a meticolosa, furiosa, particolareggiata attenzione ai movimenti dei clienti, ma io mi chiedo, disperatamente me lo chiedo: ma perchè ti devi ridurre a questi giochetti e mezzucci per risparmiare qualche euro? Sei in vacanza, ma che problemi ti fai? Dov'è il relax del viaggio, della visita culturale, del trovarsi in un luogo diverso, nuovo eppure così storicamente rilevante, se poi passi quasi tutto il giorno a pensare a fregare il prossimo per pochi banali, miseri spiccioli?

Un ultimo episodio, uno dei più clamorosi, capitato alla Sara ormai da più di un anno, su cui volevo scrivere da tanto, ma poichè sono un cialtrone perditempo, l'avevo sempre rimandato:

camera doppia, spagnoli, si presentano in 3, ove il terzo è un ragazzone distante solo pochi mesi dalla maggiore età. Ma al check-in forniscono solo due passaporti, perchè dicono che il ragazzo dorme altrove, presso amici non ben identificati. La mia signora non ci fa poi tanto caso perchè queste cose possono avvenire, soprattutto in una città come questa dove tante persone aspirano a visitare in soggiorni di lunghezza molto maggiore di quelli riservati al semplice turismo: studenti di ogni età, dalle superiori alle più alte università, accorrono qui a vedere e studiare le glorie del Rinascimento; poi arrivano anche i genitori, per vedere dove si sono stabiliti i figli ed avere un'immaginario quanto futile tentativo di controllo della durata di qualche giorno; una volta ripartiti, i figli torneranno alle abitudini solite: feste e gite notturne nella Firenze by night, bevute esagerate, sballo, ogni tanto qualcuno studia pure.

Quindi, in occasioni come queste, non si fa molto caso se i figli salgono su in camera con i genitori, tanto dopo andranno a cena fuori per poi salutarsi: genitori in hotel, figli nei loro appartamenti fiorentini.

Invece, al turno di mattina del giorno dopo, la mia signora, confabulando con il portiere di notte, si rende conto che questo ragazzo non se ne è andato via, ed ovviamente diventa furente per l'imbrogliuccio da 4 soldi messo su da questi tipi. Quando il capofamiglia scende, si piazza nella hall facendo finta di niente, il che rende la Sara ancora più furibonda: solo a pensarci, mi provoca un leggero disagio.

Ovviamente lei lo mette davanti al problema: non potete stare in 3 in una camera doppia: perchè avete pagato per questo tipo di camera, perchè avete dato solo due documenti e durante la notte inviamo in dati dei presenti in questura -perciò suo figlio ha già creato un problema- e perchè se uno di voi cascava dal letto matrimoniale in cui domrivate in tre l'assicurazione non avrebbe coperto i danni.

E questo qui, come se fosse una cosa normalissima, agita la mano con fare annoiato e se ne viene fuori che "Es solo un chico". Come se non contasse, non esistesse, non avesse diritto -e dovere- ad esistenza e considerazione. Senza contare che era appena sceso al buffet delle colazioni, dove si era lanciato come farebbe un avvoltoio sulla carogna di gnu.

La Sara, infuriata, lo costringe a cambiare camera -una tripla- e pagare un supplemento. Senza avere neanche un ringrazimanto, perchè per queste persone il disagio di dormire in 3 -se non 4- persone in un letto da due è più accettabile che non avere un vero letto comodo, con una stanza delle dimensioni adeguate.

 
Ed ogni volta che, a me o ad altri colleghi, capitano queste persone, mi chiedo sempre, disperatamente: ma la gente... ma che problemi si fa?

venerdì 19 agosto 2016

Scrivo su due blog. Uno è il mio personale, Le Cronache del Bancone. L’altro è Vorrei una Camera, acronimizzato in VUC, reclutato a tale scopo dal socio, che mi ha praticamente catturato modello pokemon (“marce, ho scelto te!” “Piantala di tirarmi queste pokeball!”). Ora, chi legge questi due blog è, se non proprio un portiere d’albergo, qualcuno che lavora al pubblico, conscio quindi delle difficoltà che ne derivano. Per tutti gli altri lettori: sappiate che, nei gruppi facebook riservati a noi portieri, circolano spesso molte foto delle camere dopo che vi sono passati clienti unni: il regno del chaos e della devastazione. Quindi queste foto che seguono non sono poi peggio di altre che ho visto. C’è solo una piccola particolarità.

Turno di mattina. Telefonata da un interno. MI trovo al centralino e rispondo:

-Ricevimento, come poss…-

-TU SALE QUI VEDE!!-

….

-Betty, tesoro, adoro quando mi dai questi ordini perentori, mi ricordi mia moglie. E’ bello sapere che, italiana, nigeriana o coreana che sia, qualsiasi donna mi tratta sempre allo stesso modo-

-TU PARLA IO NO CAPISCE TU SALE QUI VEDE-

Mi guardo attorno: i colleghi mi osservano interdetti, chiedendosi il motivo delle urla della Betty, ben arrivati dalla cornetta. Non ricordo quale delle colleghe donne fosse con me al bancone (il fatto è di qualche mese fa), se Uragano Kathrina, la dolce Georgie o We are the Champions. Sicuramente non c’era la signorina Rottelmeier, perché lei fa solo pomeriggi. Comunque, le dico che la lascio un attimo sola al banco, e salgo con Ettore nella camera incriminata. La Betty, quando parte con tono deciso, intimorirebbe anche il leader di boko haram.

Lei è lì che ci aspetta, e constatato il disastro, scattiamo due foto, una io ed una Ettore. 
 Poi le diamo una mano a buttare tutto quello sporco nel sacco della spazzatura.

La particolarità è: questi clienti non erano in partenza. Erano un fermo. Ora, io capisco che tu cliente, abbia la necessità di buttare dei rifiuti, e può anche capitare che tu ne abbia tanti che non stanno nel cestino rifiuti del bagno. Ma perché butti tutto in terra? Perché, il pomeriggio prima, non sei sceso al bancone a chiedere un sacco dei rifiuti?

Uno potrebbe dire: beh, il compito della cameriera è pulire, è pagata per quello. Verissimo. Però, se voi avete dello sporco, immagino non vogliate buttarlo in terra, visto che in quella stanza ci state e la usate. Insomma, a me, se ho necessità di andare in bagno, scoccerebbe alquanto alzarmi dal letto e camminare sul sudicio, anche se sudicio prodotto da me. Questi clienti no. Hanno gettato ogni cosa in terra (era sparso tutto ovunque) e presumibilmente sono stati pomeriggio e sera con quella roba. Camminandoci in mezzo. Quando sarebbero rientrati in albergo, il pomeriggio, la collega gli avrebbe provato a chiedere il motivo del disastro, ma venne fuori che costoro parlavano solo la loro lingua, rendendo impossibile qualsiasi comunicazione.

Non è finita.

La Betty richiama, qualche minuto dopo. Se possibile, ancora più infuriata.

I clienti avevano usato il bagno e, per qualche motivo sconosciuto, gettato la carta igenica usata non nel wc, come fanno tutti, ma nel cestino rifiuti del bagno.

La Betty ha vomitato. Aveva un diavolo per capello, ed il suo soprannome è Bob Marley. E non credo ci sia altro da aggiungere.

Solidarietà. Anche a tutte le altre colleghe ai piani.



venerdì 12 agosto 2016

 
Sono un portiere, lavoro in albergo.

Mi considero un serio professionista. Mi piace scherzare con i clienti, parlare del più o del meno, raccontare, a chi me lo chiede, la storia della mia città, persino, con alcuni pochi, simpatici elementi, qualcosa di me. Ma su una cosa bisogna sempre tenere le distanze: il rapporto privato. Loro sono i clienti venuti a visitare la culla del Rinascimento. Io sono il portiere che fa la guardia al forte. Oltre, non si deve mai andare.

Bella.

Non bella così, per modo di dire. Bella sul serio. Bella che, se la portassero nella Fiirenze di ottocento anni fa, l'Alighieri se ne verrebbe fuori con un "Beatrice chi?" Un sorriso così abbagliante che mi sarebbero serviti gli occhiali da saldatore, un'espressione così serena che sembrava l'angelo venuto ad annunciare una maternità, un collo così lungo che pure Modigliani avrebbe esclamato "Boia deh, vabbene 'opiammi, ma qui s'esagera".

Ma sono un professionista, e devo stare al mio posto.

Ok, ci sono anche altri fattori: primo, sono sposato. Direi il più importante, il fondamentale. Secondo, ci sono venti anni di differenza. Terzo: mai e poi mai crearsi casini quando non c'è ragone che vi siano. Non ci ho mai provato con nessuna cliente, neanche quando ero single, loro erano mie coetanee e qualcuna faceva chiaramente capire che, se avessi solo osato un tantino di più, avrei avuto corsia libera. In particolare ricordo un'israeliana con una dotazione pettorale di 27° livello totalmente incurante dell'esistenza della forza di gravità, e che mi toccava la mano in continuazione, strizzando l'occhio che sembrava avesse un tic nervoso. Ma la risposta deve sempre essere no. Come disse quel tizio: resistere, resistere, resistere. Mettere la freccia, accostare e fermarsi in corsia d'emergenza. L'israeliana, quando capì che stava rimbalzando su un muro di gomma, avrà pensato le peggio cose dello stereotipo sui maschi italiani; mi spiace, ma posso solo dire che, anche dopo tanti anni, associo il nome Tel Aviv con "seno incredibilmente generoso". Per usare termini politicamente corretti.

Vabbè, andiamo avanti. Stavo dicendo di questa ragazza, francese con nome nordafricano, che ha una doppia; dovevano essere in due ma la seconda persona gli aveva dato buca. Non ha fatto una piega ed è comunque partita per la vacanza fiorentina. E' lei, ovviamente, a spararmi subito, al check-in, questi suoi fatti privati. Io non chiedo mai niente, e ci mancherebbe. Ma molti clienti sentono il bisogno, la necessità impellente e furiosa, di raccontare gli affari propri a perfetti sconosciuti. Ma lei, com dicevo prima, ha un'espressione così serena e felice che poteva anche raccontarmi che era una seguace di Chtulhu ed attendeva il suo prossimo risveglio, ed io non ci avrei fatto assolutamente caso.

Comunque

Messo a cuccia il mononeurone maschile e compiuto il mio dovere di banconista che fornisce le informazioni necessarie (orario di colazioni, wifi e piantina della città con monumenti da visitare), la ragazza sale in camera, dopo avermi abbagliato con un sorriso da pubblicità per dentifrici.

Poco dopo scendono due ragazze, anche loro giovani e carine ma del nord Eurpa, una di loro con una robustezza di fisico che i deficenti pseudo giornalisti di casa nostra definirebbero "cicciottella" ma che io trovavo sempicemente perfetta, e scese al ricevimento per chiedermi di prenotare un tour per le 5 terre. Con la grande efficenza che mi contraddistingue in questo lavoro (mode sboron on) chiamo l'agenzia per prenotare e dò il nominativo delle clienti. Indico alle ragazze la tariffa da pagare, ma loro puntano il dito, sul depliant dell'agenzia, su quella ridotta, per studenti 19-26 anni.
Rimango per un istante interdetto, quasi senza capire, sotto l'effetto di un lag modello modem 28k. Poi mi risveglio dal miniletargo e mi scuso profondamente per l'errore. Loro, per fortuna, la prendono a ridere. Sembrano quasi liete che gli abbia dato qualche anno in più, anche se di poco. Concludo la prenotazione e stampo il voucher che l'agenzia mi ha inviato via mail. Tra due giorni, alle 7 del mattino, le ragazze andranno in Piazza Adua (davanti a SMN) e prenderanno un pullman che le porterà fino alle 5 terre, e torneranno la sera per cena. 12 ore di tour, io schianterei già all'altezza dell'autogrill di Serravalle pistoiese. Loro ringraziano sentitamente ed escono per cenare. Comunque, l'idea della figuraccia mi rimane.

Telefono

-Hotel ****** buonasera, come posso aiut...-
-Sono io-
-Oh, buonasera moglie, come va?-
-Mmmmh... stanca.... manchi....-
-Oh, amore mio, anche a me mancano i tuoi baci, le tue carez...-
-Il caffè, a me manca uno che mi prepari il caffè e me lo porti mentre sono qui stesa sul divano-
-Ti pareva. Sono veramente desolato signorina, ma sono qui in turno fino alle 23-
-E' troppo, vieni via ora-
-Mutuo. Parolina magica che esplicita la tua capacità di alzarti dal divano e spostarti in direzione cucina. Come diceva Totò: arrangiatevi-
-Fatiiiiiicaaaa, uffa-
-Sono sicuro che la signoria vostra riuscirà a risolvere la situazione-
-Smettila. Mi manchi sul serio. Non ti voglio condividere con i clienti. Anzi, le clienti! Lo so che ti mettono gli occhi addosso-
-Uh, zitta, ho fatto una figuraccia con due ragazze, poco fa-
-Racconta, racconta-
-E niente... volevano un tour per le 5 terre. Ho chiamato per prenotare ed ho detto, a quello dell'agenzia, la tariffa adulti. In realtà hanno meno di 26 anni e quindi hanno diritto allo sconto. Meno male l'hanno presa bene-
-Ah, ma su quello non ti preoccupare, gli hai fatto un favore. A quell'età si vuole apparire più grandi di quello che si è. Aspetta che passino i 30, e vedrai che cambieranno. Uh, vedrai come cercheranno di apparire più giovani!-
-Dici?-
-Altrochè. Conosco i miei polli e....-
-Si? Perchè ti sei interrotta?-
Dalla cornetta arriva, direttamente nel timpano e su su fino al cervello, un ringhio lupesco. Mi immagino la Sara che, sul divano, sta subendo la trasformazione donna-lupo, come nel film di Landis.
-Come sono queste due!- Non è una domanda. E' un ordine.
-Ehm.... si, carine... -
-Ma carine cosa? Tu non devi osservare la bellezza, perchè poi devi guardarti dal pedatone nel sedere che ti arriva!-
-Uuuh, come sei. Sono due ragazze carine, ma non belle come quella della centoven.... eh.... ehm....-
-Cosacosacosa? Racconta un pò!-
Descrivo la ragazza franco-algerina. E lì, ovviamente, arrivano le conseguenze:
-Ti cavo le palle degli occhi e ci gioco a ping-pong!-
-Non sai giocare a pi...-
-Ti stacco le dita e gioco a shangai, e lì sono una campionessa!-
-Stai ripetendo le battute di quel comico di Zelig-
-La differenza è che io lo faccio, bello. Alle 23, non appena arriva Roberto, te ne vieni di corsa qui, chiaro?-
-Ci sono alcuni cuscini da portare ai cli...-
-Roberto chiude l'albergo e LUI sale su a portarli! Tu non sali da nessuna parte, tu non vai a giro per nessun corridoio, dove una porta può aprirsi, un braccio spuntarne fuori ed afferarti per trascinarti dentro-
-Come incipit per un horror è perfetto-
-E' perfetto anche per un porno. Tu sei qui per le 23.20. Categorico!-
-Sono a piedi, arriverò alle 23.40-
-Ataf-
-Con l'Ataf faccio anche la mezzanotte-
-Sia come sia, devi essere qui. Chiaro?!-
-Ok, ci sarò-
-Non ho sentito!-
-Ma chi sei, il sergente Hartmann, che vuole sentire urlare?-
-Tu vieni qui, punto. Ti devo preparare qualcosa da mangiare?-
-Diciamo che sarebbe carino, ecco-
-Tutto per il mio amore-
-Adoro questi tuoi istantanei cambiamenti. A dopo-

Qualche giorno dopo, mentre mi apprestavo a cominciare il turno di notte, trovo il commento lasciato dalla ragazza.
Ovviamente mi fa molto piacere che lei si sia trovata bene in albergo, ma forse meglio non lo faccia leggere alla Sara.

ps. Sara tiene a precisare che non è così arpia come la descrivo. Intendiamoci, non ho tolto una virgola al dialogo, ma è un gioco che facciamo tra noi. Insomma, dovete immaginarvi due bischeri che si divertono a parlarsi così.
Però cerco sempre di non rientrare troppo tardi. Meglio evitare possibili pedatoni. La Sara ha un sinistro che ho visto solo a Pepito.

 
 
 
 

venerdì 5 agosto 2016



Le opinioni non esistono. La gente è manipolabile ai massimi livelli. Già lo era prima di internet e facebook, figuriamoci adesso. E’ facile, basta poco. Inventarsi un blog con un nome accattivante (tipo “la VERITA’ che ci tengono NASCOSTA”) e sparare un po' di sciocchezze seguite da un CONDIVIDI!!11!!1. Ci cascano in migliaia. In poche ore si ottengono il triplo dei mi piace che ha il mio blogghetto.  A volte mi domando perché non l’ho fatto, gli italiani adorano questo sentirsi abbindolati, piace questo vittimismo universale, vivono nella sensazione di “siamo oppressi dal potente, e LORO ci libereranno” perché se ci pensano gli altri è meglio (in qualsiasi campo, se qualcun altro fa il lavoro sporco è meglio. Anzi il lavoro tout-court). 

C’è anche l’altro sistema, l’offesa a tutto spiano. La scimmia, i bastardi, la bambola gonfiabile, fino a “eliminiamola fisicamente”. Oh, dai, un bel revival degli anni di piombo è proprio quel che ci mancava, che genialità. Ma per fortuna, per ora la gente si limita al condividere. E si spera rimanga su questo livello.

C’è anche il metodo di far sentire in colpa, sistema che può riuscire benissimo con le persone giuste. Io, ad esempio, come successo una settimana fa, quando andai a giocare dai miei amici ai nostri amati giochi da tavolo, ed alla cui serata ludica era presente anche un ragazzo americano, Peter, che al mio arrivo mi squadra con sguardo accigliato e se ne esce, nel suo accento inglese, con “non so se posso accettare questo affronto!”. Perché in quel momento avevo indosso la maglia verde dei Celtics (numero 33, chiaramente). Per uno del New Jersey è, effettivamente, un atto grave. E non oso immaginare se mi presentavo con quella gialla dei Lakers: per Peter, dev’essere come a me vedere la maglia di colei-che-non-deve-essere-nominata.

Io sono rimasto alla vecchia scuola: ti convinco con la mia espressione simpatica ed accattivante. Poi a noi toscani riesce bene: pausa ad effetto, sorrisetto malizioso e ditino a rimprovero. Vi ricordo qualcuno, vero? Noi fiorentini, quando ci mettiamo d’impegno, siamo discretamente paraculi.

Due famiglie olandesi: abbastanza caciaroni, entrano nella hall portando un discreto casino e facendomi per un istante temere al ritorno dei tifosi del Feyenoord. Ma per fortuna non è così, sono solo tizi in vacanza.

Mi accingo quindi a fargli il check-in, a cui si prestano con molta educazione: non mi interrompono, mentre gli spiego l’orario del check-in, chiedendomi come funziona il wifi. Una cosa che mi dà terribilmente sui nervi. Loro no, ed infatti gli spiego anche come funziona il wifi. Poi, prendo due piantine per indicargli dove siamo, tra un giubilo generale e “grazzie” pronunciati con evidente accento fiammingo.

Ecco, lì, in ordine:

pausa ad effetto

sorrisetto malizioso

ditino a rimprovero

ditino che punta uno dei membri del gruppo, un bimbetto di 8 anni con la maglietta a strisce (soddisfo la vostra curiosità: l’altro colore era il rosso) e me ne esco fuori così:

-Questa maglietta però non va mica bene, eh-

Mancava solo che alle mie spalle apparisse una slide.

I maschi delle famiglie se ne escono con una risata generale, a cui seguono le richieste di sapere dove trovare le magliette della nostra squadra, “Fiorentinna!”, con palese accento dutch. Le donne adulte ridevano, ma probabilmente dentro di sé stavano pensando: “Maschi, dagli il pallone e diventano matti”

-Qui c’è il mercato di San Lorenzo. Sulle bancherelle ci sono le magliette tarocche. Dentro il mercato quelle originali-

-Ma quelle originale sono più care?-

-Chiaro-

-Allora tarocche!- E segue risata generale.

La mattina dopo, alle colazioni, il bambino aveva una maglietta monocolore. Tarocca, ma comunque di quel colore. Il più bello di tutti.

Come predicatore non mi batte nessuno. Quasi quasi mi candido anch’io in politica. Tanto, peggio di come siamo or… ah, non volete più fiorentini al governo?

Mannaggia Matte, m’hai rovinato la piazza.

lunedì 1 agosto 2016

La nostra idea di vacanza familiare è molto semplice:

campeggio a due passi dalla spiaggia

bungalow con tutti i confort, o quasi ("Sciocco uomo che vive in questa famiglia, cosa credi di stare facendo?" "Beh, avendo appena pranzato, mi appresterei a riprendere la mia lettura quotidiana, visto che sono solo a pagina 257 di un libro di 850 e..." "Inutile essere maschile! Pallida figura di bipede di sesso sbagliato! Tu osi dimenticarti dei tuoi sacri doveri verso la tua signora e padrona?" "Immagino tu non intenda doveri coniugali, visto che le bambine sono di là che giocano" "Ovvio che no, banale esempio di lapalissiano. Ci sono due cose fondamentali da fare: primo, il caffè per me, cosa di importanza unica. Vitale, oserei dire. Vitale per te, chiaro. Poi, rigovernare. Questa non è casa nostra, dove conviviamo con una lavastoviglie! Raus, los los!")

Ok, non divaghiamo

Che altro? Ah, si:

ristorante con doppio menù (carne e pesce) ad un prezzo che, nei locali del lato tirrenico della penisola, sarebbe a malapena sufficiente per il coperto

ma soprattutto, animazione discreta. Molto discreta.

Uno dei motivi per cui, ormai da un decennio, preferiamo questo luogo, non è solo per la posizione (tra il campeggio e la spiaggia c'è solo la pista ciclabile, non ci sono strade e pericolose auto, che a queste latitudini guardano ancora meno ai pedoni -e già a Firenze sono bestie ignoranti, meglio non dica altro-), ma proprio perchè l'animazione è più semplice e meno "urlata" che non nella struttura a fianco, dove già alle 9 del mattino un altoparlante spara, a tutta forza, un buongiorno seguito da qualcosa che assomiglia a "il lavoro rende liberi!", dopo di che una massa informe di bipedi si ritrova sul bagnasciuga e viene messa alla ginnastica forzata, e per 2 ore si sfiancano di fatiche ataviche e distruttive

Una banda di matti

Una roba che pativano solo gli antichi egizi mentre edificavano imponenti strutture funerarie. Probabilmente anche ai tempi dei faraoni c'erano gli altoparlanti che sparavano Alvaro Soler od altro pop latino a tutto volume.

Qui invece non è così. I 3 animatori qui presenti mettono un po' di musica e fanno giocare i bambini soprattutto la sera con la mitica baby dance, che permette a noi genitori di rilassarsi e godersi un gelato mentre i piccoli saltellano sulle note delle banali canzoncine dello zecchino d'oro. Basta. Tutto qui.

Cioè, poveretti, loro ci provano anche, a coinvolgere i grandi a fare qualche attività giornaliera sulla spiaggia che non sia solo la costruzione di castelli di sabbia, ma io e mia moglie, da quell'orecchio, proprio non ci sentiamo.

Relax assoluto, fancazzismo uber alles. 'un ti ci provare neanche, a chiedermi il risveglio muscolare. Non ti passi nemmeno per l'anticamera del cervello di avvicinarti al lettino a chiedermi di non godere di quel che dovrebbe essere lo scopo vero ed ultimo dell'uomo, cioè far passare il tempo senza fare una beata...un bel niente. In quelle due settimane che abbiamo di ferie i muscoli sono in letargo, dormienti assoluti, out of order, ed i giorni li passiamo, appunto, inchiodati sui lettini, io con tomi di 850 pagine sulla guerra mondiale (od in subordine, Bill Bryson. Oppure il regolamento di World in Flames, che sono solo un'ottantina), mia moglie alle prese con il Bartezzaghi & soci.

La prima sera del nostro arrivo, mentre ci godevamo un po' di frescura serale al bar del campeggio, si avvicina uno di questi ragazzi:

-Ciao, io mi chiamo Christian-

-Ciao Christian, io sono Marcello-

-Di dove sei, Marcè?-

Premesso che il ragazzo era simpatico di suo, io non sono il musone scontroso che mette subito muri su chi si avvicina ed attacca bottone. Lui fa il suo mestiere, è giusto abbia un riconoscimento. E poi mi dà del tu. Il che non mi capita spesso, con chi ha quasi 30 anni meno di me.

Però mostra subito ingenuità.

Perchè indosso, oltre ai soliti pantaloncini e sandali color kaki (senza calzini, tengo a precisare, non essendo teutonico), la maglietta dei Sanfrecce Hiroshima. Vincitori dell'ultima J-League e dal colore sociale così splendido, meraviglioso, fantasmagorico

il Viola.

Non posso, a quella banalissima e futile domanda, non agitare il colletto di quella maglietta acquistata anni ed anni orsono in Giappone e dirgli, con un certo tono di rimprovero ma anche sorridendo:

-Guarda il colore. Guarda il colore!-

Ha assunto un'espressione che recitava "che me tocca fa pe' campà". Ma poi abbiamo parlato un po' del calciomercato delle nostre squadre (è milanista), arrivando alla conclusione che, per entrambi, anche quest'anno si vince l'anno prossimo.

E' stata una vacanza rilassante, il che va sempre bene. Ed a parte le figlie che, avendo appreso l'arte dell'immersione, si prendono gioco del babbo (la cui capacità natatoria è pari a quella di un blocco di granito), gli unici altri momenti da ricordare sono stati:

1- Desirée, bionda da filmografia bondiana capace di far ruotare una dozzina di hula-hoop in svariate parti del corpo, e che aveva il magico potere di far tenere, per tutta la durata dello spettacolino, gli occhi fissi su di lei. Sia da parte dei piccoli (per come faceva girare i cerchi) che dei grandi (per come faceva girare.... ehm... parti del corpo), in particolare il sottoscritto e Luca, amico che vive a queste latitudini. A fine dello show, Virginia, moglie di Luca, rideva dell'espressione che avevamo noi due, espressione comune a tutti i maschi italiani alla vista di parti rotonde, sia quando sono attaccate a corpi femminili o quando sono calciati da piedi maschili. Virginia, appunto, rideva di noi.

Mia moglie, invece, non rideva affatto. E non dico altro.

2-Christian che, in pieno pomeriggio, mi fa "Tu sei proprio di Firenze: intellettuale sempre a leggere!" Che vi potrà sembrare banale, ma per uno come me, che non sopporta PIeraccioni e Ceccherini, ha fatto enormemente piacere. Ha fatto godere a palla.

3-La sagra del tartufo di Campovalano, presenti noi ed amici di Verona che frequentano lo stesso campeggio ogni anno. Arrivati alle 10 di sera di un giorno feriale, troviamo una fila che faceva impallidire quella degli Uffizi, o dell'inps quando erogano le pensioni. Proviamo a chiedere alla ragazza della cassa quanto ci vorrà, prima di avere i piatti e mettersi a sedere.

-Poco! 10 minuti, al massimo un quarto d'ora!-

40 minuti. Quaranta minuti di attesa prima di arrivare al bancone, e di badare che ragazzetti del posto più tatuati di un maori cerchino di saltare la fila (e con me, ci riescono benissimo tutti). Ad un certo punto, proprio davanti alla cassa, si pianta, con una decellerazione da 100 a 0 m/s, un pullmann che sembra arrivato direttamente dagli anni '60, e da cui si riversa una massa gigantesca di persone; una quantità che a mio parere riempirebbe tutta la Fiesole. Sopra, il nome di un circolo ricreativo di Teramo.

Una signora, dietro di me, guarda esterefatta quella fiumana di gente che si appresta a fare anch'essa la fila per mangiare e rivolta al marito dice:

-Pure con il pullmann da Teramo, vengono-

Mi guardano, accortisi che anche io ho lo sguardo fisso sul bus. Con la mia classica, solita ed immutabile bocca aperta. Poi mi riprendo:

-Oh, beh, se è per questo, c'è pure chi viene da Firenze- Ed indico il sottoscritto. Ridono. Al che, insisto:

-Ed a questo punto, non mi stupirei se arrivasse pure un pullmann da Dusseldorf-

E poi mi volto in avanti perchè qualcuno sta cercando di saltarmi nella fila, mentre i signori dietro di me ridono ed affermano che come si mangia da loro in Abruzzo, non si mangia da altre parti, visto che ci vengono da questi posti del nord.

Ed anche se, da bravo toscano, posso avanzare parecchie obiezioni, devo ammettere che si, ci si mangia dimorto bene.