venerdì 30 gennaio 2015


Ci sono clienti che fanno apparire il nostro lavoro “bello”. Ma veramente. La soddisfazione di aiutare con piccoli gesti, minuscole attenzioni. Che non siamo solo quelli che vendono camere.
Aimè, non è sempre così. Ci sono anche i clienti che fanno apparire il lavoro come il nome del nuovo sito del ministero dei beni culturali: very bello. Che vorresti prendere da parte l'autore del sito e chiedergli “Senti, detto tra me e te, ma che ti diceva il cervello quando ti è venuto in mente questa cagata di nome?”
Tre episodi di questi giorni di lavoro, uno bello, e due very bello.

1.”Sapete perché sono salito quassù? Per vedere le cose da un’altra prospettiva”
Ma mica sempre, professor Kipling. Ci possono essere anche altre motivazioni. E se mi permette, ben più nobili.
Coppia italiana con passeggino e bimba di 10 mesi.
Check-out, pagamento camera e garage. Il marito va a caricare i bagagli in auto, la moglie mi chiede le forbici perché vuole staccare il palloncino dal passeggino della bimba. Mentre sono lì che cerco, la signora mi dice che non fa niente, è riuscita comunque a slegarlo. Solo che gli sfugge. E vola su in alto.
-Oh, accidenti. E vabbè, lo lasciamo lì, ok?- Dice rivolto alla piccola.
Lei, boccuccia aperta, occhi sgranati e fissi sul mondo. Ed in quel momento il mondo è un palloncino gonfiato ad elio che galleggia sul soffitto.
Non posso non fare qualcosa.
-Stia attento!- Potrebbero fare flic-floc, perché lo dicono all’unisono, la madre ed il padre appena rientrato a prendere un secondo bagaglio. Lui accenna anche a tenermi le gambe, perché sono appena salito in piedi sul bancone.
-Non c’è problema, ce la faccio bene- Allungo le braccia ed afferro il palloncino. La piccola osserva stupita l’operazione; effettivamente osserva tutto con stupore, come si conviene a quell’età.
-E’ la prima volta-
-Che prende un palloncino?-
-No, che salgo sul bancone-
La bellezza di una bambina che allunga le manine verso il suo gioco -Hai visto che gentile il signore?- Dopo di che ringraziamenti, strette di mano e partenza.
Ma mi mordo le mani per non aver avuto la prontezza di spirito di dire un “Oh capitano, mio capitano”
Ci stava tutto.

2.Sono sempre stato di sinistra, partito attualmente esistente solo in Grecia. Vengo da una famiglia che a casa ha la foto di Vladimir Ilic che arringa la folla, Palmiro a braccetto con la Nilde, Enrico in collo al nostro Roberto. Malgrado ciò, mi è sempre piaciuto giocare l’Italia a World in Flames, gioco di strategia da tavolo sulla IIGM. Un risiko all'ennesima potenza. Ci giocavo così tanto che i miei amici mi ribattezzarono “Benito Marcellini”. Ma a giocare l’Italia ti rendi conto che è dura, soprattutto se il giocatore tedesco non ti supporta con un numero adeguato di unità aeree: sono mazzate su mazzate. E’ un gioco brutalmente realistico, e l’Italia è veramente un’italietta. Basta dare una rapida occhiata alle 3600 pedine, i 2 metri quadri di mappe e leggere il regolamento di 80 pagine, per rendersi conto che trovarsi truppe anglo-americane in casa non è una possibilità: è un evento certo. Solo una questione di tempo. Pure se a manovrare inglese ed americano sono giocatori scarsi e molto sfortunati con i dadi.
Italiani, check-in. Quarantenni del nord in splendida forma. L’arrivo promette bene: grandi sorrisi e strette di mano. Una semplice coppia che, furbamente, arriva una domenica di Gennaio per godere della Firenze vuota di turisti, e conseguente facilità di visita.
Arrivano presto, ma poiché, purtroppo, non eravamo pieni il sabato sera (è pur sempre Gennaio), gli cerco una camera già pronta
–Vediamo che posso darvi-
-La migliore- Fa lui con un sorriso.
E’ simpatico, dai, lo accontento.
-Quinto piano, terrazza e vista-
Mostra il pollice alto –Bravissimo-
Mi danno di documenti per la registrazione, e lì, aprendo il portafoglio, mi mostra una foto:
-Questo sono io, la vita passata-
E mi appare il faccione duro del Benito originale; si, proprio lui, il duce, con l'espressione che “spacco il c*** a tutti”, ma era meglio se la guerra la giocava come faccio io: con i dadi. Perché a dichiarare guerra a mezzo mondo, specialmente ad una potenza come gli Usa, alla fine te li ritrovi in casa. Armati fino ai denti. Come puntualmente accadde.
-Ti piace?-
-Mah, un po’ pericoloso-
-Si, per gli altri-
-Non lo so- faccio io mentre prendo la chiave della camera –Il bungee-jumping non mi è mai piaciuto-
Sorride, ringrazia afferrando la chiave, ma non dice niente a riguardo. O ci sta riflettendo, o non l’ha capita. Oppure l’ha capita ma sta pensando a come far sparire il mio corpo. Solo che poi, tutto gonfio modello fiero alleaten, mi fa:
-Ce l’ho tatuato anche sul petto!-
Non ci tengo a vederlo, grazie. Ma bene non abbia capito la mia battuta. Bisogna impari a stare zitto, prima o poi qualcuno ci arriva e mi mena.
Poi, a causa dei miei turni, non li ho rivisti. Altrimenti gli avrei chiesto di salutarmi il gerarca Barbagli.

3.Turno di notte. Sono nell'altro albergo della ditta.
Aprono la porta.
Sul momento ho un coccolone, perchè è l'una e mezzo e significa che non mi sono chiuso dentro. Ed a quest'ora della notte barricarsi è fondamentale perchè, come dissi già una volta, non sia mai che a qualche simpatico pazzerello non sfrulli l'idea di penetrare nella struttura ed infiastidire il sottoscritto. Sperando che non voglia invertire verbi e sostantivi.
Ma per fortuna è un pazzerello, all'apparenza, innocuo.
Asiatico trentenne con classici occhialini di dotazione standard, palpebra a mezz'asta e cappottone da cui si intravede spuntare un pigiama.
E immancabili ciabatte.
Devo averci una calamita interna che li attira.
Soprattutto perchè se ne sta lì sull'ingresso, e lascia entrare tutto il frescuccio notturno del Gennaio fiorentino. Una meraviglia.
“Excuse me, 24 hour shop?”
“In Italy? No 24 hour shop. Everything closed. No way. Wanna eat? Mcdonald”
Occhi che si spalancano, boccuccia aperta, eccolo lì: Jackie Chan quando gli accade il fatto inaspettato.
“No 24 hour shop?”
Me lo chiede 3 volte.
Io, per 3 volte, a dirgli che non ci sono posti aperti 24 ore su 24 in Italia. Ok, vabbene, ci sono io nel mio albergo, il suddetto Mcdonald, ma altri posti proprio no. Non c'è nient'altro. Vai a nanna.
“I want beer, whisky”
Ok, era un tipetto, almeno all'apparenza, innocuo. Magari potevo pure venderglielo l'alcolico che desiderava e far fare cassa e profitto alla ditta, ma non si può mai sapere con chi si ha a che fare. Ed almeno in linea di massima il bar è a disposizione dei clienti dell'albergo, non di chi dorme altrove.E soprattutto non avevo nessuna voglia di dirgli dove poteva trovare un pub aperto. Perchè me lo avrebbe chiesto 3 o 4 volte, sempre sulla soglia e facendomi morire assiderato, perchè a differenza sua, non indossavo il cappotto. Non lo so, non so niente. Te ne vai?
Sta ancora qualche secondo lì sulla soglia, sempre con la mano appoggiata sulla maniglia del portone, occhi bassi e sguardo deluso del soldato nipponico trovato sull'isoletta del Pacifico nel '53 quando gli riferiscono che si erano arresi da 8 anni. Poi, finalmente, se ne va, mentre io chiudo subito a chiave e poi corro ad attaccarmi al fan-coil.
Se mi ammalo, sapete perchè.

venerdì 23 gennaio 2015

Leopardata.
Che non è un cappotto. E’ un vero leopardo, vivo, che lei porta appeso al collo e può risvegliare e sguinzagliare contro chi non è di suo gradimento.
Tacco talmente a spillo che, se usato come arma da punta, realizza 27 dadi da 8 di danno.
Un intero stick rossetto sulle labbra.
Sarebbe bella di suo. Ma gli piace cambiarsi un po'. In peggio. E’ un tipo modesto.
Ha in mano un’intera risma di fogli A4. Che sbatte sul bancone.
Nessun sismologo mi crederà mai.
Reservation” con l’indice che indica il pacco di fogli.
Esce. Io, leggermente impaurito, mi azzardo a spostare la testa sui fogli, con lentezza. Aguzzo la vista.
Cirillico.
Perché non sono sorpreso?
Entra anche lui, giacca-incravattato che potrebbe stare al bancone al mio posto, tanto è simile alla mia divisa di portiere. Ma con l’espressione serissima di un spetnaz in missione di guerra.
Si fermano davanti a me.
Indicano la risma A4.
Reservation”
Mi aspetto che facciano flic-floc. Invece se ne stanno lì zitti, e molto seri.
Mi azzardo ad assumere un’aria innocente, un po’ frivola, da “ok, lo scherzo è riuscito, dov’è la candid camera?”:
I don’t understand russian”
Si guardano con aria scocciata, e lei comincia a sfogliare la risma di foglia. Lui alza gli occhi, poi appoggia una mano al banco e gli parla in russo. Lei smette di sfogliare, alza le mani e dice qualcosa che traduco come un “Ora cerco il foglio in inglese, stai calmo e non ti agitare!” Ma effettivamente cominciano ad essere discretamente schizzatelli. Alla fine lei trova un foglio con scritte in inglese, che si trovava proprio in mezzo alla risma, e me lo passa, sempre dicendo la sua parolina magica: “reservation”.
Leggo attentamente.
Hotel xxxxxx
In linea d’aria, sono un 3-4 chilometri. C’è la stazione di mezzo, ed un bel po’ di strada.
C’è pure la foto.
Allungo la testa verso i fogli in cirillico, e pure lì c’è la foto dell’albergo in cui hanno prenotato.
Dire che è diverso dal nostro è poco. C’è di mezzo un intero mondo. E’ come affermare, alla vista dello skyline di Firenze, che ci si trovi davanti ad una foresta di mangrovie del Kenya. Come abbiano fatto, questi due russi, ad immaginare anche solo lontanamente che l’aspetto esteriore dell’albergo dove lavoro sia lo stesso di quello che avevano prenotato, rimane per me un mistero assoluto. E pure i nomi sono profondamente differenti.
Avrei la tentazione di farmi pagare e poi dargli una camera, ma effettivamente non sarebbe una cosa giusta. Se si rendono conto dell’errore che hanno combinato, poi se la rifanno con me, anche se meriterebbero un doppio pagamento. Apro internet e cerco la pagina web dell’albergo in questione.
Prendo una piantina e la stendo sul bancone.
Lei: “Passport” ed apre la borsa, ma la stoppo subito: “No”
No?”
Mie, letterali parole in italiano:
Ascoltate bene, che sennò vi scateno un fall blau che pure Rundsted si sognava. Voi, siete qui”
E cerchio sulla piantina la posizione del nostro albergo.
Ma l’albergo che avete prenotato è qui”
E indico la posizione dello stesso sulla piantina.
Si guardano confusi. Poi lei indica di nuovo la risma: “Reservation”
Sicuro, reservation. Lì. There” ed indico la pagina web dell’albergo “Non qui. Not here” puntando prima gli indici verso il basso, poi scuotendoli a destra-sinistra.
Cominciano a realizzare. Parlottano tra loro e gesticolano, forse si rendono conto che hanno decisamente toppato. Ma prima che comincino una piazzata moglie-marito urlata davanti al bancone, intervengo:
Look at me, stop litigare” (ve l’ho detto, letterali parole) Mimo il gesto di ruotare un volante “Car?”
Yes”
Oooook, now you are here, sooooo…. Go straight and…” e gli dò tutte le indicazioni con tragitto sulla piantina. Ed alla fine: “Ok?” ma stavolta gli piazzo un sorriso e pollice alto. Ripeto: “Ok?”
Ridacchiano, appare un sorriso, miracolo! “Sorry, sorry”
Gli passo la piantina, a cui seguono degli spasiba e strette di mano. Ma che vi ci vuole così tanto a rilassarvi? La volete far sparire la faccia musona? Ma siete in vacanza, godetevela! Mi scappa un “You can do it!”, e questo russone elegante ridendo annuisce e ripete “Yes, we can do it” e mentre escono trascinando i due vagoni ferroviari che gli fanno da bagagliaio, mi salutano con un “ciao!”, ed un sorriso sulla faccia di lei che se non fosse così pesantemente truccata avrebbe un viso stupendo, meraviglioso. Bah, io certi turisti proprio non li capisco.
Colonna sonora: “Look at me” Geri Halliwell
ps. ho raccontato di questi due russi perchè, benchè avessero esordito senza un buongiorno od un buonasera, alla fine sono riuscito a strappargli un sorriso. Ma non immaginate neanche quanta gente entra sicura di aver prenotato da noi quando invece hanno sbagliato, o solo a chiedere informazioni, e non saluta o neanche pronuncia un timido grazie. C'è a giro una maleducazione odiosa, da pretendere una rieducazione gulaghiana impellente. Ma la mia speranza è che la coppia russa sia arrivata sana e salva nell'albergo che avevano prenotato, e non abbiano sbattuto la risma a4 anche sul bancone di quell'albergo. Ed abbiano salutato il mio collega. E sorriso. Come si conviene. Sempre.

giovedì 15 gennaio 2015

Non so voi, ma io la moda non è che la capisca molto. Diciamo pure punto.
Adesso vanno forte i pantaloni corti alla caviglia.
Ora, per una donna hanno un suo perché, anche se con le dovute eccezioni. Se le indossa una ragazza magra e con scarpa col tacco, ok, ci sta. Pure molto bene, in certi casi. Se le mette, come mi è capitato di vedere, una ragazzona yankee sul quintale e con gli anfibi, si rasenta il divieto di uscire di casa.
E non è per il peso, anche perché molto di quel quintale stava nel seno.
E dal mio punto di vista, è un’ottima disposizione.
Non diciamolo troppo a giro.
Ok, non divaghiamo oltre.
Il problema è che si vestono così anche gli uomini:
pantalone alla caviglia;
calzini;
mocassini.

A Firenze c’è Pitti.
Il che spiega molto cose.
E diversi clienti sono giapponesi del mondo della moda.
Parlano inglese ed alcuni anche un buon italiano, ma si vestono che un alieno direbbe “questo pianeta non ha forme di vita intelligente. Proviamo su quello lì di colore rosso, promette bene”. Oltre a quel che ho scritto sopra, uno di loro l’altra notte rientro con un cappello in tutto e per tutto uguale a quello parlante di Harry Potter.
Ma si può fare di peggio.
Prima notte. Scende questo giapponese, con il seguente abbigliamento:
cappotto;
accappatoio. Ovviamente lo indossa sotto il cappotto, ma essendo più lungo di quest’ultimo, sembrava avesse una gonna bianca. Che lasciava scoperte le gambe sotto al ginocchio;
calzini
ciabatte.
Ok, va bene, scendi al ricevimento abbigliato così. Te ne freghi di quel che può pensare il portiere. Mi devi chiedere qualcosa? Mi pagano per questo.
Ma lui vuole uscire. Alle 2 di notte.
Non è che lasci molta fiducia sulle possibilità di un’uscita tranquilla per Firenze così agghindato ed ondeggiando a destra e sinistra che pare un peschereccio con Schettino al timone, ma tant’è, la scelta è sua.
Gli apro. E’ allarmato della chiave. Daijobu (ok), non rimarrai chiuso fuori, basta che mi suoni il campanello quando rientri.
Esce. Gli mostro il campanello.
“This?” E lo preme. Ovviamente il campanello suona.
“Yes”
“This?” E preme una seconda volta.

“I told you, just rin…”
Non riesco a finire la frase, perchè preme una terza volta.
Stavolta non riesco a dirgli niente, né in giapponese né in inglese. Penso seriamente sia il caso di riportalo dentro e posarlo a sedere su un divano. E chiamare la neuro.
“When you come back?” Magari vuole solo fumare sull’ingresso.
“10 minutes”
“Daijobu, I’m not going anywhere”
Chiudo. Lui sparisce nella notte fiorentina.
Tornerà dopo due ore.
Non finisce qui.
Martedì notte mi riappare. Stessa ora ma con un piccolo cambiamento nel vestiario.
Cappotto ed accappatoio sono gli stessi. Ma non ha calzini e ciabatte.
Ha gli anfibi.
Se possibile, ondeggia più della notte prima. Non è semplicemente ubriaco, è proprio fatto.
“Bar?”
Non mi pare il caso che stanotte tu esca. Meglio se rimani qui. Si, c’è il bar.
Si appoggia con i gomiti al bancone del bar.
Gli cade la testa sopra.
Si rialza di scatto, poco prima della botta.
Gli ricade di nuovo.
Mi giro e mi metto la mano sulla faccia. Facepalm totale.
“wine?”
Vuoi il vino? Ok, ecco una bottiglia.
La apro, e lui va al bancone. Ed ora cosa c’è?
Cerca un suo amico, ha bisogno di un compagno di libagioni.
Gli dico il numero di camera di questo amico, ma non riesce neanche a premere i tasti sul telefono di servizio. Devo farlo io, altrimenti si rischia che sbagli e chiami qualche altra camera, e dubito che l’occupante sarebbe contento di essere svegliato nel cuore della notte.
L’amico non risponde.
Riprova. Niente. Prova ancora ed ancora. Nessun risposta.
Mi dice che sale a bussargli. Provo a suggerirgli di lasciar fare, l’amico se la dorme della grossa, ma neanche mi risponde. Sale su per le scale. Sta a vedere che non riscende, e m’ha fatto pure aprire una bottiglia di vino.
Invece no, riscende dopo 10 minuti, pretende la sua bottiglia di vino. La prende e finalmente se ne va. Segno ed addebito. Scenderà dopo un'ora a prenderne un'altra.
Ho fatto il mio dovere, parte di quei soldi andranno anche nella mia busta paga, ma mi chiedo seriamente se ho fatto bene. Non dovevo chiamare la neuro, ma gli alcolisti anonimi. “Ciao, io sono Toshiro” “Ciao Toshiro” “Sono qui perchè ho un problema”.

Ho urgente bisogno di giapponesine. Vere turiste. Astemie.

venerdì 9 gennaio 2015

Ricordate cosa diceva Nanni Moretti sul sentirsi minoranza?
Bene, aveva torto.
Essere e sentirsi minoranza è un'esperienza che può avere del devastante. Altro che stare a proprio agio. Ti fa capire come sia pessimo sentirsi piccoli. Come il dottor Lemuel Gulliver quando arriva a Brobdingnag.
Cena di famiglia.
Per una volta, tutti e 4 a tavola.
Avere a giro per casa una bambina di 9 anni può comportare domande imbarazzanti. Cominciano a quell'età. Nel caso della Camilla, anche prima. E non è che la Gaia, 7 anni, sia da meno. Anzi.
Mamma, ma se tu e babbo vi lasciate, noi cosa facciamo?”
Gli spaghetti non volano, ma possono restare sospesi a mezz'aria. A metà strada tra il piatto e la bocca. Per un tempo che varia dai 2 secondi all'era geologica.
Due sguardi che si incrociano.
Un unico pensiero: bisogna smettere di fargli vedere sos tata. Queste bramano di avere la Lucia a giro per casa. Soprattutto da quando hanno visto la puntata con i genitori separati.
La più saggia di famiglia apre la bocca.
Beh, io mi risposerei con un altro uomo”
Quindi noi avremmo un altro babbo?”
No, il babbo sarebbe sempre lo stesso, sarei io che cambio marito”
E lì, ho la poca accortezza di affermare un minimo di propria, eventuale indipendenza e libertà di scelta:
Anche io mi risposerei con un'altra donna”
All'unisono, tutte e due. Neanche fossero un'unica entità.
No, tu no, babbo!”
Mezz'ora.
Mezz'ora di risata. Da parte della Sara. Non riusciva a smettere. Io lì, soggetto ad un pietrificus da fare invidia ad Hermione. Gli spaghetti ancora a mezz'aria. Lei che ride a più non posso.
Come diceva uno che conosco: le sfami, le cresci, e questo è il risultato.
I bambini non sono democratici. Sono totalizzatori. Il babbo deve credere, obbedire, combattere. E subire. La mamma è uber alles. Non si tocca. Non si cambia.

Visto che si parla di mia moglie, alcuni episodi avvenuti dove lavora. Cronaca di un normale turno pomeridiano.
1. Prenotazione internet, camera doppia, non rimborsabile. Causa sciopero generale (era di un mese fa), il centro prenotazioni, su richiesta del cliente, chiede la cancellazione senza penale. Trattandosi di un evento provato e dannatamente inevitabile, e della limpida impossibilità del cliente di arrivare a Firenze, la direzione da l'ok: cancellazione senza penale. Prontamente, il centro prenotazioni invia la conferma di cancellazione. Si allega alla pratica e finisce lì, archiviata tra tutte le altre cancellazioni.
Uno pensa che finisca lì.
Si ha a che fare con un centro prenotazioni internet. E' come costruire un'autostrada od un ponte nel sud Italia: non tutto riesce alla perfezione. Praticamente niente.
Mentre è a fare il resoconto commissioni di Dicembre, la Sara si rende conto che il centro prenotazioni in questione ha fatturato la commissione per quella prenotazione.
????
Li contatta con mail contestando il fatto. Se il cliente non è venuto, perchè mai dovrei pagarti una commissione?
E questi geni se ne vengono fuori che “la prenotazione non è mai stata riconciliata sul sistema”.
Ora, chi legge il mio blog, al 90%, è un collega. Sa cosa è una riconciliazione. Capisce di cosa si tratta. Starà strabuzzando gli occhi. Se tu, centro prenotazioni stesso, hai cancellato, che diamine dovrei riconciliarti? E' tutto a zero. Non pretenderai che io, banconista, debba fare un azzeramento di una prenotazione che TU hai cancellato. Fattelo da te, sul tuo sistema.
Ma il punto non è dover fare il lavoro di altri.
Il punto è che voi non avete mai visto la Sara arrabbiata.
Io si.
Credetemi se vi dico che preferirei di gran lunga avere a che fare con un battaglione di orchi di Sauron che carica a testa bassa. Me la immagino, china sulla tastiera, faccia rossa come il vecchio stendardo sovietico e fumo che sbuffa furioso dalle orecchie modello steampunk versione splatter mentre lancia maledizioni senza perdono a tutti i lavoratori del centro prenotazioni suddetto.
Io tremo, solo a pensarci.

2. Indiani.
Come sempre, quando si tratta di clienti di questa nazionalità, il/la banconista rischia di trascorrere interi turni di lavoro a rispondere alle loro domande. Ore ed ore a farsi spiegare dove si trovano TUTTI i musei della città, TUTTE le chiese, TUTTI gli orari di treni e/o pullman da Firenze per ogni paese della Toscana, TUTTI i centri commerciali della regione, che una visita adeguata comporterebbe un soggiorno alberghiero di 4 mesi. E nella maggior parte dei casi si tratta di clienti che restano solo una o due notti. Ma purtroppo hanno quest'idea retrograda per cui, poiché pagano, debbano usufruire del servizio nella piena totalità, e sanno benissimo che il 90% delle domande che pongono solo totalmente inutili perchè non avranno mai il tempo di visitare tutto. E la cosa peggiore è che insistono a restare lì al bancone anche quando dietro di loro hanno una fila di 12 clienti che attendono di fare cose ben più urgenti come un check-in od un check-out. Non mi stupisco che siano completamente privi di sistema giudiziario e/o investigativo.
La Sara, bontà sua, si salva da questo supplizio perchè gli indiani arrivano quando c'è in turno la Cecile, collega franco-lusitana con un carattere che è una via di mezzo tra un conquistadores portoghese e Robespierre. Un tipetto deciso, ecco. Che ovviamente, al cambio turno, informa mia moglie delle difficoltà di lavoro quando questi tipi gravitano attorno al bancone. Cioè molto spesso.
Ovviamente, a metà pomeriggio, chiamano dalla camera.
Wifi not working”
Se avete notato la mancanza del verbo essere inglese e del “Good evening, i'm calling from room xyz” non è un errore del sottoscritto. E' quel che riferiscono, letteralmente.
La Sara si attiva per verificare. Nella hall il wifi funziona perfettamente. Invita la cliente, se non è un problema, a scendere giù ed utilizzarlo giù, scusandosi per l'inconveniente al piano.
No. I want it in my room”
Richiesta legittima, il servizio va fornito. Ok, controlliamo subito. Mentre il facchino sorveglia il bancone, sale al secondo piano con il suo cellulare.
Il wifi va che è una scheggia.
E si trova davanti alla porta della camera degli indiani.
Com'è giusto che sia, non bussa, ma torna al banco e li richiama. Li informa che il wifi funziona benissimo.
No, it's not working”
Si passa al secondo controllo: il facchino sale con il suo apparecchio ed effettua pure una chiamata via skype ai parenti in Egitto. Scende a riferire alla collega del bancone, che informa i clienti in camera. Risposta:
Wifi is not working”
Io salgo su e ti spezzo le braccine! Io stacco i ditini e ci gioco a Shangai! Prendo un coltello dalla caffetteria ed alla tua fronte faccio quel che fa il tenente Raine ai nazi!
In quel momento scende la coppia italiana della camera xyz+1, accanto a quella degli indiani. Mentre riceve la chiave della camera, mia moglie gli chiede se hanno problemi con il wifi.
No, nessun problema. E' velocissimo”
La Sara, ormai in stato berserk, chiama gli indiani in camera e gli riferisce che il wifi funziona, senza alcun dubbio.
Yes, it's working but it's very slow. You must check”
Come abbia fatto a resistere dal saltare il bancone e trafiggerli con il tagliacarte quando sono scesi per andare a cena, non lo so. Un giorno lo farà, la metteranno in galera per duplice omicidio volontario. Ma forse un giudice comprensivo lo trova. Poi non potrei neanche trovare un'altra donna. Me lo vietano.
Come il Vesuvio prima del botto, che ribolle all'interno ma mostra un bell'aspetto rassicurante ai pompeiani, rassicura i clienti che chiamerà un tecnico per sistemare il wifi. Proprio due minuti dopo scendono anche i clienti della xyz-1, e dopo un po' anche la xyz+3. Tutte allo stesso piano. Prova a chiedere anche a loro, giusto per scrupolo.
Risposta: “Wifi is working great”
Ormai è palese: la signora indiana è una totale incapace nell'uso delle sue apparecchiature elettroniche, e non riesce a configurare cellulare e/o portatile col wifi della struttura che la alloggia. Ma non vorrà mai ammetterlo, e si sfoga incolpando l'albergo. Discutere con costei e farla ragionare è come la resistenza contro i Borg: futile. Quando gli indiani rientrano dalla cena, mia moglie gli conferma che il tecnico è venuto ed ha risistemato il wifi, ed ora funziona perfettamente.
Chiaramente, la Sara non ha chiamato proprio nessuno. Non ha neanche resettato la macchinetta dell'internet. Ma la cliente indiana si merita la balla colossale. Come diceva Wolinsky (sigh): “Se si è sicuri di avere ragione, non c'è bisogno di discutere con chi ha torto”. Anche se forse intendeva altro.
Ah, la mattina, alla partenza, la signora indiana ha ringraziato che “the wifi was working very well”.

3.おふろ .
L'ofuro non è un qualsiasi bagno in una vasca.
L'ofuro è un'esperienza mistica. Il relax supremo. Il piacere totale e definitivo.
Ho avuto l'altissimo e nobile piacere di provarlo, quando ero laggiù.
Prima occorre lavarsi in doccia, in maniera attenta e scrupolosa, rimuovendo ogni particella di sporco prima e di sapone poi.
Quindi si entra nella vasca, con l'h2o che ha la stessa temperatura a cui italiani la portiamo quando ci immergiamo gli spaghetti.
Ogni micron della pelle lotta contro l'ineluttabile destino di finire lessato come un pezzo di magro nel brodo. E non è una prova semplice, soprattutto quando arriva al livello dei genitali.
Ma una volta che si è dentro, con l'acqua che lambisce il mento, comincia un viaggio mistico che qualsiasi sostanza chimico-psicotropa non può neanche lontanamente eguagliare. Non si vorrebbe più uscire fuori.
Solo da questo si capisce come i giapponesi siano di molti livelli superiori a noi.
Ma purtroppo in Italia queste cose intelligenti non le abbiamo. Siamo italiani. Pessimi, per natura.
Disavventura finale per il portiere di notte. E non da poco.
Poco prima di andare via dopo il turno pomeridiano, arriva una non rimborsabile. La Sara lascia la consegna a Ben, turno di notte.
Alle 2 si presenta una coppia giapponese residente in Italia. E forse il problema è proprio questo.
Ai giapponesi, come ben sappiamo noi albergatori, piace la vasca.
Primo problema: la camera è fredda. Ben sale e verifica. In realtà sarebbe ben calda, ma il cliente insiste, perciò gliela cambia. Solo che questa nuova camera, li avverte, non ha la vasca, ma la doccia.
Ma a loro va bene uguale. Cambiano.
Ora, a parte che questa nuova camera è anche più fredda della precedente, va comunque detto che è più carina (le conosco, fidatevi). Probabilmente non gli piaceva quella prima. Ok, potevano dirlo, ma sono fortunati che l'albergo, aimè, non è completo.
Purtroppo non è finita qui.
Dopo mezz'ora chiamano al ricevimento.
Abbiamo un problema, il bagno è allagato”
?????
Bagno allagato?
Ben sale, ed effettivamente il pavimento del bagno è pieno d'acqua. Totalmente inondato. Ed il cliente giapponese, con tutta la tranquillità di questo mondo, come se fosse una cosa normalissima, gli mostra il motivo dell'inondazione:
-Abbiamo tappato la doccia per riempirla-
!!!!
Non avendo la vasca, hanno avuto la splendida e geniale pensata di tappare il buco della doccia per riempirla. Per provare l'esperienza mistica dell'ofuro stando in piedi. Erano sicuri che, una volta richiuso lo sportello, questo si sarebbe sigillato a tenuta ermetica modello portellone della stazione spaziale orbitante.
Chiaramente, ciò non è avvenuto. L'esperienza mistica l'ha provata il pavimento del bagno.
Hanno ricambiato camera. Sono tornati a quella di partenza.
Sapete che si deve fare in questi casi, vero?
Se avete gli occhiali, toglieteli.
Mano sulla faccia.
Facepalm.
Ineluttabile.

venerdì 2 gennaio 2015

Il problema del nord Italia non è la nebbia, densa e fitta quanto una ciotola di latte;

non sono una dozzina di leghisti che, tra stipendi di deputati, europarlamentari, assessori regionali o quant'altro, guadagnano quanto 3mila campi rom messi assieme;

non è il traffico, intenso quanto a Manhattan nell'ora di punta;

non è neanche il problema dei treni pendolari, lenti ed affollati quanto l'espresso Calcutta-Mombay;

Il problema del nord Italia è l'assenza totale e definitiva di qualsiasi tipo di verdura.

Mortara (ex Silvabella). Tavola della nonna di mia moglie, composizione del gruppo armate centro (tavola):

-Cappelletti in brodo. Un brodo con grado di viscosità di 100mila Poiseuille. Proteico che un cucchiaio fornisce l'apporto di proteine per 13 anni.

-Lasagne. La quantità minima. Per una compagnia di alpini.

-Polpettone. Quello americano, a confronto, è dietetico. Il che dice già tutto.

-Zampone. Dello zio grasso della famiglia Pig.

-Salame d'oca. Più grande dello zampone. Qui allevano oche del Triassico, quelle alte 2 metri al garrese.

-Ciccioli d'oca. Una ciotola di 45 centimetri. Di raggio. Colma fino all'orlo.

-Affettati. 3,45 chili. Di qualsiasi tipo d'insaccati di questo pianeta. E forse anche da fuori.

-Insalata russa. 7 quintali di maionese da cui spuntano, qua o là, pezzetti di patata od un paio di piselli.

-Sottoli. Che non sono morti quando sono stati colti, o lavati, od affettati. Sono morti affogati. Nell'olio.

-Gamberetti e totani fritti. La quantità presente nell'intero golfo di Follonica.

-27 chilogrammi di patate. Fritte. Ovviamente.

-Patè di prosciutto cotto con olive e ricoperti di gelatina. 985 calorie. Al grammo.

-Un Everest di tartine.

Ed osservo, a bocca aperta, la quantità di grassi annuale per l'intera popolazione del Michigan contenuta sul tavolo del salotto. E mollo, lì all'ingresso, la borsa contenente ricambi vestiari per un soggiorno di due sole notti. Per 4 persone. E due sono minori che mangiano il 5% del cibo presente. E la terza è a dieta da due mesi. E rimane un solo destinatario di tutto quel delirio alimentare.

Io.

E la Mariuccia mi fa:

-Mi go fai sigal pudiva, ti mangia sigal t'veu -

-Mariuccia, lo sa che non parlo la sua lingua, perchè tale è il lomellinese: una lingua a sé stante. Mi dica solo che quella tavola è per una pubblicità dell'ente del turismo della Lomellina destinata agli abitanti del Baden-Wurttenberg, e dopo le foto per il depliant il cibo viene dato alle mense dei poveri dell'intero hinterland milanese-

-eh, dai, t'è un umon grand e gros. Sic al sarà mai par ti mangià. Ta ghè da 'mpinid sat voeu stà drera a qui gran bei donn ca ta ghè in cà-

-Qualsiasi cosa abbia detto, l'alto consiglio Klingon approva. Ora però, seriamente, gradirei che dalla cucina arrivasse un'enorme zuppiera stracolma di lattuga e radicchio-

-Tag nè no sè da cul ca jeuo fai? Ad veou du bistichin ad vidlon. Ad t'ja prapara subit.

-Si, mi sento berlinese anch'io, ma Il suo tono premuroso mi angoscia e terrorizza. Comunque voglio fidarmi: se con l'insalatina ci fosse anche un po' di rucola? Due pomodorini? Sedano? Carote Julienne?

Ma ormai era già sparita in cucina, da cui emerse una decina di minuti dopo con un vassoio contenente un intero manzo tagliato a fette. Decisamente, tutto tranne l'insalata.

Il problema è che la nonna di mia moglie ha vissuto da bambina gli anni della guerra, durante i quali le proteine non erano semplicemente scarse: erano totalmente assenti. Perciò, quando riceve ospiti, le viene naturale e spontaneo cucinare qualsiasi tipo di carne animale, l'alimento considerato più prezioso. A maggior ragione quando a trovarla arrivano le bis-nipotine. Ed il problema è che cucina pure bene, ed io sono uno che mangia. Mi garba mangiare.

Due giorni dopo, al ritorno in terra toscana, come entrai in bagno la bilancia si animò: “Icchè tu voi fa te? 'un ti ci provare neanche, sai! Che 'un ti passi neanche per l'antihamera di'cervello!” Il che mi fece capire molto, sull'alimentazione lombarda. O forse sulle capacità del mio stomaco di ingerire grandi quantità di cibo.

Due giorni di vacanza natalizia, quel che insieme siamo riusciti ad avere quest'anno, da lavoratori di hotel aperti 24 ore su 24, 365 giorni l'anno. Qualcosa che un dipendente pubblico non riesce neanche a concepire. Ma comunque due giorni preziosi. Ovviamente c'è il contrappasso: entrambi abbiamo lavorato il 31 dicembre ed il 1 gennaio. E chiaramente io ero di notte.

Ora, se pensate che passare il capodanno al lavoro sia da sfigato, vi sbagliate di grosso. L'idea di dover fare festa ormai c'è passata da tempo. Mia moglie aveva lavorato la mattina ed era distrutta dalla stanchezza, mentre le bambine non sono ancora tipe da “31/12 party at any cost”, ed in questi giorni passano le giornate a divertirsi con i gadget natalizi, tutti vertenti i personaggi che mia moglie chiama affettuosamente “i surgelati”. Quindi alle 22 loro si sono messe sul divano a fare la “serata tra donne”; io me ne sono uscito per la mia passeggiata verso l'albergo. Ovviamente, pieno zeppo.

Stiamo parlando di passare la notte del 31 dicembre a Firenze, e di conseguenza le richieste, nei giorni precedenti, fioccavano.

E non tutte sono state richieste semplici:


1- Hotel xxxxx buonasera sono Marcello-

-Si, sto cercando una matrimoniale per la notte del 31-

-Certamente signore, ma devo avvertirla che per capodanno abbiamo un soggiorno minimo di 3 notti, non è possibile prenotare per una notte sola-

-Ah, no, allora non mi interessa, io a Firenze non ci voglio rimanere una notte di più!-

Fammi capire: il capodanno si perchè fa figo. Il resto dell'anno facciamo così schifo?

Poi magari vieni e la notte del 31 la passi a Piazza Batoni.


2- Hotel xxxxx buonasera sono Marcello-

-Buonasera, cercavo una camera per il 31-

.Mi spiace, ma per quella data siamo già al completo-

-Anche voi! Ma che ca**o c'è a Firenze, che non trovo niente?-

A parte il tono oxfordiano, c'è il capodanno, signora. Pare faccia figo, passarlo qui, perciò ci vogliono venire tutti.

In Piazza Batoni, chiaro.


3- Hotel xxxxx buonasera sono Marcello-

-Vorremmo una camera singola per le notti...-

-Signora, mi scusi un momento. Ha detto “Vorremmo?” Siete in due? In una singola ci può stare solo una persona..-

-Ah, ma noi siamo piccoli, ci stringiamo-

-Ehm... signora, se vuole possono offrirle un francesino, un letto che è un po' più grande di un singolo e più piccolo di un matrimoniale, ad una tariffa più conveniente di...-

-No, noi vogliamo un letto singolo, per risparmiare, sa-

Ovviamente non capiva che non si poteva fare. Mi ha richiuso il telefono in faccia affermando che “Da altre parti lo trovo di sicuro”.


4- Hotel xxxxxx buonasera, sono Sara-

-Buonasera, cercavo delle camere per capodanno-

-Certamente. Che tipo di camere le servivano precisamente? Matrimoniali? Triple?-

-Mah... siamo un po' di gente...-

-Ehm, avrei bisogno di sapere esattamente quanti siete e che tipo di camere volete, per potervi formulare un'offerta precisa-

-Ah... ecco... noi... siamo un piccolo gruppetto, ecco-

La precisione, questa sconosciuta.


E poi c'è la notte del 31 vera e propria.

Arrivo alle 22.30 ed ovviamente il bastardo di Murphy ha colpito ancora: caldaie in blocco. No h2o calda, no riscaldamento. Ma l'eroico Ettore riesce a far ripartire il sistema, e scende sacramentando a così tutto spiano che il diavolo gli sta preparando un posto speciale nell'ottavo cerchio. Per riattivare le caldaie è rimasto sul posto di lavoro anche dopo l'orario di fine turno, perso il treno e buttato via i soldi di una festa di capodanno a Prato, così lui e la sua ragazza sono rimasti qui. Mi spiace ragazzi, ma noi lavoratori d'albergo siamo soggetti a sfighe assurde: i guai si verificano sempre e comunque in questi momenti, mai durante le 10 di mattina di un feriale.

Prendo le consegne da “tempesta perfetta Katrina”, agitata come la barchetta di Clooney in mezzo alla burrasca, ma la situazione volgeva al meglio, l'h2o calda era tornata.

Da quel momento in poi, è stata una notte di capodanno come ne ho vissute altre nel centro di Firenze:

-lo scherzo telefonico, quel divertentissimo momento in cui si chiama per fare una finta prenotazione e simpaticamente chiedere informazioni assurde, perchè agli adolescenti piace spendere i soldi di papà in queste sciocchezze e disturbare chi sta lavorando; chiaramente chiamata con numero anonimo che non appare sul centralino (mi sono capitati anche furboni che chiamano con numero visibile, ma non ho mai richiamato per pietà);

-via vai di gente che sembra di essere in pieno giorno;

-urla belluine lanciate durante tutta la nottata, per far sapere al mondo un'esistenza di cui non frega niente a nessuno;

-cori da stadio che partono così, tanto per gradire, qualcuno che recita anche cose poco simpatiche verso la nostra squadra (ma se vi facciamo così schifo, perchè poi consumate lo stipendio mensile del vostro papà per donarlo a noi fiorentini in alberghi e/o ristoranti? Comunque continuate pure, eh!);

-ragazzo giovane con accento tirrenico che entra a chiedermi una camera per lui e la ragazza in piena mezzanotte, ed alla mia risposta di hotel al completo, si lascia andare a imprecazioni condite da una dozzina di “deh” che sembrava Ruffini quando fa il doppiaggio di Rambo;

-qualche minuto prima delle 24 parte l'operazione “Fall Blau”: una serie di botti che più che il capodanno 2015 a Firenze pare quello del 1943 a Stalingrado, mancava solo la neve dell'inverno russo (il freddo, in questi giorni, lo abbiamo già);

-un continuo di gente che entra a chiedermi dov'è l'hotel in cui sono alloggiati perchè si sono persi, e quasi tutti non ricordano il nome. Neanche l'indirizzo. Ma tesoro mio, come speri che sappia dove stai, con la sfera di cristallo? Ma mi hai preso per Sibilla Cooman e l'arte della divinazione? Ma perchè non chiedete un bigliettino al bancone, prima di uscire?

-ovviamente, l'immancabile ubriaco. Un ragazzo giovane, completamente fatto, che entra dentro, biascica roba che non capisco ma mi fa rendere conto che non è alloggiato nel mio albergo, e chiaramente non se ne vuole andare, perchè ha deciso che il suo pit-stop di lunga durata lo passerà lì. E meno male che avevo due amici venuti a trovarmi che mi dicono “lascia fare, ci rimetti te” perchè stavo per prenderlo a manate. Se ne va dopo mezz'ora, forse perchè cominciava a rendersi conto che lo stavamo perculando tutti e tre;

-dulcis in fundo, la perla delle perle: prenotazione di una camera singola, arrivano nel pomeriggio. Arrivano, verbo arrivare, modo indicativo, tempo presente, terza persona plurale. Sono in due. Prenotano una singola e sono in due. Ovviamente la Cate gli fa notare che non è possibile stare in due in quella camera, l'unica rimasta, e la tipa se ne esce fuori con questa genialata:

-Ma non potete accomodarci in qualche modo?-

Quando la Cate me lo riferì strabuzzai gli occhi, e lei si mise a ridere che -Avevo la tua stessa espressione- Chiaramente gli aveva detto di no, e questi se ne erano andati. Pure sdegnati ed offesi. Effettivamente, anche io sarei piuttosto risentito se prenotassi una camera con la mia carta di credito, con annesso pagamento, e non potessi usufruirne perchè pretendo che la stessa contenga più persone di quante ve ne possano stare a norma di legge. Diamine, siamo in Italia, un po' di flessibilità, no? (si nota il sarcasmo?)

Buon anno a tutti.