martedì 27 maggio 2014

Il problema, negli alberghi, non è quando ti capita il vip. A parte che alcuni sono pure brave persone e hanno memore l'esperienza di quando non erano nessuno e quindi non fanno storie se la camera non è la suite imperiale, di solito i banconisti si premurano, e gli preassegnano una bella camera.

 

No, qui si parla d'altro.

 

Il problema sono gli amici dei vip.

 

Perchè “io sono amico di tizio/a”, e si cerca disperatamente di raccattare quel briciolo di fama da cucirsi addosso. Per sentirsi qualcuno, per attirare l'attenzione, per sperare nello stupore di chi ascolta che “Noooo, ma davvero??? Pensi che io una volta ho visto i'Ceccherini” (esperienza che ho vissuto: roba da andare dal dottor Shepard e chiedergli “mi lobotomizzi, devo dimenticare. E se non lo fa lei, lo chiedo alla Young”).

In un tranquillo 3 stelle (non dove sono io) arrivano due tipe americane.

 

Siamo qui per il matrimonio di Kim Kardashian”

 

Voi che pensereste?

 

La stessa cosa che circolava nella testa della banconista in turno: e sticazzi?

 

Si trova la prenotazione, ma alle signore interessa poco. Ehi, diamine, siamo qui per il matrimonio della nostra carissima amica! Ci ha invitato! Conosciamo tutto di lei! (Quando mi hanno riferito la storia mi sono chiesto: avranno anche il primo film della tipa, il pornazzo amatoriale? Magari lo tengono ben esposto in una teca di cristallo nel salotto, con la didscalia “La nostra Kim è più brava di Paris”). Insomma, due cagaca**i come poche se ne trovano.

 

La prima ed unica domanda non è sulla città, sui musei da visitare, sui ristoranti dove papparsi una bella bistecca... no, niente di tutto questo.

 

LA DOMANDA è: “quando arriva il nostro autista?”

 

La risposta che circola nella testa di chiunque riceva una domanda del genere è “masounasegaio!”

 

La banconista, professionista indefessa, cerca nella pratica, che ovviamente non riferisce niente di tutto ciò.

Le signore sono scandalizzate: ma come, non sa niente? Noi siamo amiche di KIM! Amiche carissime! Invitate al matrimonio! DEVE sapere quando arriva l'autista che ci porterà da LEI!

 

Ma la povera banconista non ne sa nulla. Effettivamente, e qui si sfora lo scandalo assoluto, ha appena sentito nominare questa Kardashian, senza avere la precisa idea se è una cantante, una protagonista di reality vari od attrice hard (la risposta è: tutte e 3 le cose). Il marito poi non ha proprio la più pallida idea di chi sia, ma vedrai è sul Rocco Standard. Ma tant'è, loro sono invitate, quindi il mondo sappia. A cominciare da lei, signorina.

 

Veramente sarei signora. Ma l'ascolto, da parte delle tipe in questione, è funzione al momento disabilitata. Effettivamente, manca proprio l'app. Probabilmente pure l'hardware.

 

Il mattino, che ha in turno la stessa banconista del pomeriggio precedente, vede le signore, bene in ghingheri modello “Santanchè che chiude la carriera in bellezza”, arrivare al bancone e chiedere quando arriva il loro autista.

 

Danno per scontato che la banconista si sia informata. Nottetempo. Peregrinando nei 3-4 superalberghi 5 stelle della città per cercare i futuri coniugi e premunirsi di mettere a conoscenza la sposa che le sue migliori amiche necessitano di sapere l'ora d'arrivo dello chouffeur. Con auto d'epoca e paggetti che lanciano petali di rosa.

 

Ed invece, orrore, scoprono che la pessima banconista non sa ancora niente! Qui siamo veramente allo scandalo, alla vergogna più totale, Diana che becca Carlo nudo con l'amante e lo rimprovera che “mi tradisci con quello scorfano lì?????”

 

Le amiche della sposa si piazzano nella hall, attendendo. Di tanto in tanto arriva un taxi od altro autista e quelle si alzano eccitate “Ci siamo, è per noi”. Invece deve portare il signor Smith al tour del Chianti. E quel taxi? E' del signor Pereira, va all'aeroporto. Ma insomma, signorina, quando viene il nostro autista? Dobbiamo aspettare ancora molto? (How long must we wait?)

 

Lo stracciamento di maroni è ormai a livelli ipergalattici, roba da “oh bischere, ma quando finisce questo scherzo?”. Il/la banconista in questi casi si attiva più per levarsi le persone di torno, che per un reale senso del dovere.

 

Ma non avete un numero da chiamare?”

 

Si, ma pensavamo lo sapeste”

 

No, non lo abbiamo, signora. Nella pratica della prenotazione c'è, appunto, solo questo: la prenotazione. Non ci dice dei suoi rapporti con vips od altra clientela talmente danarosa da potersi affittare Forte Belvedere per un ricevimento matrimoniale con 300 invitati (spero che i'Nardella si faccia pagare bene questo affitto ed altri simili, se proprio dobbiamo darli in esclusiva per tutta una giornata ad una coppia di vips ed i loro amichetti). Soprattutto non sappiamo il numero telefonico dell'organizzazione, visto che vi siete prenotate da sole l'hotel.

 

Così, grazie al numero gentilmente fornito dalle signore amiche della vip, si capisce come le stesse debbano andare davanti alla stazione SMN dove un bus apposito provvede a trasportare gli invitati al ricevimento con gli sposi. Una volta che le signore sono uscite dall'albergo, la banconista si stravacca sulla sedia e la speranza che il bus sbandi sul ponte e finisca in Arno. E ripeschino le signore dalla parti di Pontedera.

venerdì 23 maggio 2014

“Sbabbari! Imo a Roma!”

“Wir sind Deutsche soldaten!”

“Klingon tah! Mak'tal avat raktahhh!

Esiste solo una cosa, su questo quadrante stellare (ma pure sul quadrante delta) più rovinosa e distruttiva degli Unni, delle SS e dei Klingon. Messi assieme.

Il gruppo.

I gruppi, soprattutto i giovani adolescenti, e qui non c'è nazionalità che tenga, sono brivido, terrore e raccapriccio di qualsiasi dipendente alberghiero. E lo posso affermare da ex adolescente: non c'è niente che non attragga un 17enne più della combinazione letale boccale-di-qualsiasi-bibita-alcolica con qualsiasi-oggetto-presente-all'interno-della-struttura-alberghiera-che-lo-ospita: lampada abat-jour, specchio del bagno, muro intonso di recente verniciatura. Tutti elementi trovati letteralmente in frantumi (o macchiati di vino nel caso del muro).

In particolare i giovani hanno la devastante tendenza a riunirsi in una camera in numero superiore alla capacità della stessa di contenerne, in barba a qualsiasi legge fisica, dentro la quale urlano, ridono sguaiatamente, sbattono oggetti ovunque e provocano un fracasso che anche gli ultras del Napoli ne sarebbero scandalizzati. Poi si spostano in altra camera, correndo per i corridoi e sbatacchiando forte le porte, poi in altra camera, e così via per tutta la durata della notte. Noi portieri siamo costretti a salire ogni 3 nanosecondi e minacciarli di orribili ritorsioni fino alla 12^ generazione, senza il minimo effetto. Occorrerebbe ricorrere alla legge marziale e la fucilazione di un elemento ogni dieci, modello esercito italiano dopo Caporetto.

I giovani yankee hanno la tendenza a stare fuori fino alle 3 del mattino, orario durante il quale tornano alla spicciolata, uno studente ogni 10-12 minuti (e sono quasi sempre in numero superiore ai 20). Sempre completamente fatti, non ricordano neanche il nome proprio, figuriamoci il numero di camera. Le ragazze in particolare tracannano a più non posso. Non mi so assolutamente spiegare il motivo di tale cercata e voluta decadenza; forse perchè stette sotto rigidissima osservanza negli Usa, si sdanno completamente in Europa, a migliaia di chilometri di distanza dalla vista dei genitori, bevendo più alcool in una serata di un vinaio toscano in tutta la sua carriera.

Chiaramente chiamiamo subito in camera dei capogruppi, ma come sempre questa gente si fa di nebbia e sparisce.

Dove lavoro i gruppi vengono presi solo in periodi di bassa stagione. Il problema, ovviamente, sono i gruppi studenteschi. Ed i danni gi sono immediatamente addebitati. Ad esempio: gruppo francese che rientra nottetempo e nello spintonarsi gioiosamente l'un l'altro, sbattono contro la lampada del bancone facendola cadere ed andare in 27 milioni di minuscoli frammenti: addebito di 50 € di danno (sottratti alla caparra, ovviamente) e l'ardente desiderio del portiere di una nuova invasione della Francia da parte della Wermacht. Oppure: ragazze americane che saltellano sul letto provocandone ovviamente la rottura, nello specifico le gambe inferiori. Mi chiamarono al centralino che “the bad is broken”: saliì su e trovai quel capo di lavoro, con loro che balbettavano che si era rotto così, per conto suo, forse suicidatosi per non dover sopportare studentesse 'mbriache e con il grado di pulizia di un alpino dopo 300 chilometri di scarpinata nella steppa. “Do you have another room?” E sticazzi, no! (che potete liberamentre tradurre in “and this cocks, no way!”) Ormai te ne dormi lì e domani lo paghi! L'occupante dormì (poco) su un letto inclinato di 15 gradi, neanche la pettata dello Stelvio. Ed alla partenza, pagò il danno.

In un altro caso, alle 5 del mattino si presentò una coppia (americana anche questa) che doveva prendere il volo per casa presto. Si lamentarono furiosamente di non aver dormito per il fracasso degli studentelli; non dovreste prendere questi giovani, non dovrebbero viaggiare. Avrei voluto dirgli: ehi, sono i vostri figli, voi li mandate a giro per il mondo. Ovviamente lasciai questi pensieri nella mia testa. Gli porsi un foglio intestato dell'albergo e li esortai a scrivere la pessima esperienza. Poi li feci pagare per le notti precedenti ma non per l'ultima notte. Quella, ovviamente, la addebitai direttamente al gruppo.

Ma poi ebbi anche la mia vendetta. Questo è quel che postai un paio d'anni fa sulla mia bacheca:

Gruppo di giovani americani, 39 persone. Pauraaaaa!!! Invece alle 23.30 scende il capogruppo (del peso di un quintale) con una dozzina di giovani/e studentelli in pigiama ed una bottiglia di whisky in mano, si sistemano nelle sedie davanti al bar e li cazzia di brutto per averli beccati in camera a sbevazzare! Ovviamente mi sono messo nel retro a lavorare ma con l'orecchio ascoltavo: gli ha detto che se la direzione della scuola scopriva quel che facevano lo avrebbero licenziato e lui ha una famiglia a cui pensare. Dopo un po' sono apparse altre bottiglie, e gli studentelli in lacrime a piagnucolare che non ne avevano altre e non lo avrebbero fatto mai più. Sono risaliti solo 10 minuti fa e c'è il silenzio più assoluto. Premio “sergente Hartmann” all'insegnante, polso d'acciaio, durezza senza pietà! Il portiere ringrazia.

(comunque non so se degli studenti italiani si sarebbero comportati così, probabilmente gli avrebbero detto “prof, non rompere” poi sarebbero andati a dirlo ai genitori che avrebbero presentato una lamentela al consiglio d'istituto per l'eccessiva severità dell'insegnante).

giovedì 15 maggio 2014

Sono nato maschio, ovviamente lieto di esserlo, e come tale sono venuto su con i simboli maschili del periodo.


Robottoni giganteschi che combattono furiosamente nel centro di Tokyo, sfasciando e distruggendo tutto.

 

I modellini atlantic, con particolare rilievo per panzergrenadieren, marines, confederati e guardia imperiale napoleonica.

 

Giancarlo Antognoni, vincitore di una coppa del mondo ed uno scudetto, quest'ultimo in custodia momentanea altrove (se l'hanno reso all'inter, potrebbero ben renderlo anche a noi, tanto ne hanno altri 47, più o meno).

 

Clint Eastwood con sigaro e poncho e Steve McQueen a cavallo di una motocicletta.

 

Stallone e Schwalzenegger. Più il secondo del primo. Intanto perchè Sly sparava ai comunisti, ed io ho sempre avuto forte simpatia per i rossi, e poi perchè mi piaceva la battuta di Schwarzi: “sai, questo è il mio braccio più debole”.

 

Ma c'è chi ha altre idee riguardo al machismo.


Turno pomeridiano. Appena cominciato e subito delle grane, stavolta, incredibile a dirsi, da parte di clienti scandinavi. Due camere di norvegesi che arrivati da neanche 3 nanosecondi, scendono giù affermando che “the toilet is broken”.

 

Panico. Come broken? Ok, vedremo che fare a suo tempo. Prima si chiama il facchino che va su con loro a fargli vedere un'altra camera.

 

Ma nel frattempo arriva una coppia finnica di mezza età, con un paio di borse. Ho sempre avuto a che fare con i lapponi, fin dal 90enne che anni fa cadde e si ruppe la testa nella hall e si rialzò affermando che non s'era fatto niente, come Dertycia che diceva “dopodomani gioco” quando invece s'era rotto i legamenti. Ottimismo sovrano. Comunque: penso siano in arrivo, invece no, sono in partenza. Chiedono un taxi. Ok taxi. Ma non appena questi arriva, il marito viene al banco e dice “we need our bags”.

 

Oh, fantastico, ti servono i bagagli e me lo dici DOPO che il taxi è arrivato e gli tocca piazzarsi sulle strisce per attenderti. Di solito me ne accorgo, di questi furboni, e mi premunisco chiedendogli se avevano dei bagagli nel nostro deposito prima di chiamargli la macchina gialla. Questi mi erano sfuggiti. Bene, Luciano è su a far vedere un'altra camera ai nipotini di Quisling. Perciò ai bagagli ci penso io. Agguanto la chiave apposita. Ovviamente il deposito bagagli è stracolmo, ma per fortuna il finnico viene ad indicarmi quali sono le sue valigie. (normalmente non lo facciamo, abbiamo delle speciali targhette numerate per riconoscere i bagagli, ma sono talmente tanti che ci metterei un paio di ere geologiche per trovarli, perciò me li faccio indicare).

 

Il primo bagaglio è proprio dietro la porta dello stanzino, quindi ok, basta alzare la maniglia e trascinarla fuori.

 

Il secondo è ovviamente in fondo.

 

Dietro una caterva di valigioni.

 

Non ci sono dubbi, è proprio quello, la targhetta non mente. E poi c'è ancora sopra il biglietto attaccato all'andata all'aeroporto di Helsinki.

 

Non voglio e non posso mettermi a spostare 5 megatrolley di 12 quintali l'uno, anche se facile perchè hanno le rotelline, che poi dovrei comunque rimettere al loro posto nello stanzino. Il tempo stringe, il taxi aspetta. Perciò urge usare tutto il mio machismo, la mia forza bruta nel braccio più forte, i miei retaggi di passato come facchino, e sollevare la valigia sopra le altre.

 

Agguanto la maniglia. Solo al toccarla, si anima e mi dice il suo peso: appena un paio di grammi in meno di una delle pietre angolari della piramide di Cheope.

 

Sara, ti ho sempre amato. E non stiamo precipitando da un viadotto.

 

Bambine, ricordatevi che il babbo vi ha sempre voluto bene, e se sono andato avanti in mezzo a tutto lo schifo che ci circonda, l'ho fatto per voi.

 

Mamma, no, le camicie me le lavo e stiro da me. Si, mi sono lavato i denti. Si, ho bevuto. Si, mi sono messo la divisa pulita. Si, ho pulito le scarpe. Se muoio nello sforzo, morirò perfetto.

 

Seppellitemi, lassù in montagna sotto l'ombra di un bel fior, con i guanti da calcetto e le pedine di World in Flames.

 

Che lo sforzo sia con me ed il grande Yogurt mi assista. Sollevo.

 

La schiena mi maledice fino alla 27^ generazione, i muscoli fanno un tiro salvezza contro strappo imminente.

 

Il lappone mi guarda ammirato e scoppia a ridere osservando la sua valigia che si solleva un metro da terra per riporsi delicatamente ai suoi piedi.

 

Wow, you are so strong. You are Tarzan”

 

Tarzan?

 

Ma chi, quella fighetta leopardata che se la fa con uno scimpanzè e saltella da un albero all'altro?

 

Il cliente finnico, ridendo come un matto, trascina le valigie e va dalla moglie parlandogli nella sua lingua madre, di cui capisco solo “Tarzan”, e mi indica. Poi mi stringono la mano vigorosamente. Molto vigorosamente. Mi hanno praticamente staccato la mano e se la sono portata in Finlandia.

 

Escono dall'albergo con lui che continua a ridere sguaiatamente ed urla “Tarzan! This man is Tarzan!”.

Ogni paese, ogni persona, ogni generazione ha la sua idea di machismo e forza bruta. Ok, va bene anche così. Il cliente è andato via contento, il che, di questi tempi, non è poco.

 

Ma io credevo che fosse Schwarzy ad avere forza 18. Tarzan il 18 ce l'ha a destrezza.

 

Sono convinto che Gygax non sia stato tradotto bene, in Finlandia.


ps. il bagno che i norvegesi affermavano fosse “broken” aveva solo la seggetta del water che si muoveva un po'. In 5 minuti Luciano ha risolto il problema, e la camera riassegnata ad altri clienti. Che non hanno fatto una piega.


lunedì 12 maggio 2014



Un paio di sabati fa entrarono in albergo una coppia di tedeschi di mezza età. Parlavano solo crucco, e quello mi fa pentire di essermi scelto una lingua orientale in luogo dell'idioma di Goethe, ma i tedeschi da questo punto di vista hanno, nei confronti di noi portieri, uno svantaggio enorme: non si fanno prendere dal panico o dall'irritazione. Con calma, infarcendo il discorso di parole prese in prestito da altre lingue, ci si capisce. Sempre col sorriso, assorbono il costo della camera, la tassa di soggiorno e la tariffa del garage; ed una volta fatto ciò, carta di credito e voilà il pagamento. E mi fanno dimenticare quel che combinarono durante la IIGM, chiedendomi perchè non ne hanno vinta neanche una, di guerre (specialmente se il sottoscritto manovra il Reich quando gioco a World in Flames). Certo, mio zio non avrebbe approvato, dato che li dovette combattere, ma io mi ci trovo così bene. Come soldati sono sicuramente da evitare, ma come clienti è dura trovare di meglio.


Il problema, aimè, non sono i crucchi.


Perchè lavorare in albergo al ricevimento, significa spesso e malvolentieri dover ingoiare parecchia merda. Perchè purtroppo non tutti sono carini e gentili come quei tedeschi.
Ma ormai sono abituato, e passo sopra a tutto.


Passi che tu, cliente della mia età, entri in albergo senza un buonasera e mi chiedi di settare il cellulare tuo e di tua figlia sul wifi dell'albergo, e non dici grazie.

Passi che tu scendi dalla camera dopo 3 nanosecondi che ci sei andata e sbraiti, letteralmente sbraiti, che è orribile e pretendi che te la cambi.

Passi che tu mi infami se ti dico che non ci sono camere migliori; essendo già le 10 di sera di sabato, ed avendo già fatto il 99% dei check-in della giornata, è estremamente dura mettersi a fare il tetris con le camere in assegnazione per trovare qualcosa che ti aggradi.

Passi che tu non accetti di essere paziente mentre cerco una soluzione adeguata, e continui ad infamarmi. Mi tocca di sopportare e non arrabbiarmi, quando vorrei sbattere la mano sul tavolo ed urlarti in faccia “Nein! Nein! Nein! Nein! Nein!”. E poi lavorarti la fronte con un coltello.

Passi se aumenti le infamature quando ti dico che, no, se te ne vai non c'è rimborso. E' inutile che pretendi che ti dia i soldi della camera. A parte che qui non hai pagato niente (hai fatto tutto con agenzia), e passi anche la menzogna che hai pagato qui alla collega della mattina sperando che il sottoscritto ci caschi e ti smolli degli € dalla cassa, anche fosse il denaro non te lo renderei neanche avessi con me quello di Puerto Rico (e mi riferisco al gioco di Seyfarth, ovviamente). Hai pagato per una doppia ed hai avuto una doppia. Non siamo al Baglioni, siamo in un semplice 3 stelle, decoroso e pulito ma sempre semplice, proprio non comprendo perchè ti aspetti la suite imperiale, principessina sul ca**o. Tanto stai una notte sola, ma che problemi ti fai? Ma sei in vacanza, rilassati, che ca**o!

Passi che tu mi urli in faccia che internet in camera non fa e devi lavorare. Ma lavorare cosa, che sei a xxxx km di distanza da casa con una bambina al seguito? Ma chi vuoi prendere per il c**o? Ma se stai calma ti mando su il ragazzo e sistema il problema come te l'ho sistemato io qui al ricevimento. Che non avevo ancora finito che ti eri fiondata su un social network. Ah, ora si chiama lavorare. Ma passi anche questa merda.

Passi che tu chieda al ragazzo che ti ha appena fatto vedere un'altra camera di “dire al portiere che la luce qui non fa, così me ne fa vedere un'altra”. A parte che ti avevo detto, poco prima, che all'infuori di questa nuova camera non c'era nient'altro, tu pensi davvero che Niccolò direbbe una bugia per far contenta una che neanche conosce, ed ispira la stessa simpatia di una SS che entra nel ghetto di Varsavia? Oltre al fatto che insieme io e Nicco condividiamo anni di lavoro ed una sconfitta a calcetto. Non lo farebbe neanche se tu fossi Salma Hayek, e gliel'avessi appena data. E tra te e la Hayek ci sono diversi quadranti stellari di distanza.

Passi che tu non chieda per favore quando vieni a chiedere un adattatore, e ti metti a ridacchiare sarcastica che “in questo hotel non funziona niente”; se l'adattatore funziona col cellulare di tua figlia, e non col tuo, forse non è un problema di adattatore, ma del tuo cervello, che non si è mai acceso. E passi pure che dopo 20 minuti che sono lì che impazzisco con tutti gli adattatori dell'albergo, tu te ne esca fuori che “ah, ma il mio cellulare è un apple, la carica comincia con un ritardo di 30 secondi”. Ed ovviamente non ti scusi, è chiaro. Nella mia mente ti sto seviziando in un modo che neanche in un western di Sergio Questi, che la fantasia è l'unico modo per mandare giù questa merda. Ma passi anche tutto ciò.

Quel che mi sconvolge è ben altro.

Lì per lì non ci faccio caso perchè 1) hai provocato una cagnara che la curva del tifo partenopeo in confronto è il coro delle orsoline, e 2) tua figlia si faceva bellamente gli affari suoi, in particolare inviando la disinfestazione negli uffici del reparto olfattivo.

Solo che poi realizzo.

9 anni.

Cellulare ultimo modello e, non appena glielo setto sul wifi, si fionda sui social network.

Minchia, a 18 cosa fa, si sposa con il figlio di Genny la carogna? Esordisce nella scuderia di Rocco? Si fionda nella cabina di un comandante crocieristico? Diventa un'adoratrice di Manson? (e non mi riferisco al cantante)

Mia figlia grande ha la stessa età, ma non ha un cellulare. Nessuno di classe sua ha un cellulare. Ed anche internet non lo sa usare. Non l'abbiamo neanche, a casa.

No, non sono antiquato. E' che

Tu

Non

Sei

Una

Buona

madre.

E sei capitata qui, proprio quando ho un turno pomeridiano. Lo odio, il calcolo delle probabilità.

Scusami zio, ma Deutschland uber alles.


O, se preferite, aridateme li crucchi.

venerdì 9 maggio 2014


Certe soddisfazioni non hanno prezzo. Per tutto il resto c'ho solo il bancomat.

martedì 6 maggio 2014

Il punto chiave è sempre l'approccio.

Perchè come dice il proverbio “Chi ben comincia...” E su questo ho molte esperienze.

Ed un buon 90% è negativo.

Ma tralascimo


Arriva 'sto americano di mezza età.

Tenta di aprire la porta.

Il problema, come dicevo all'inizio, è l'approccio.

Perchè lui “pulla”,non “pusha”.

E la porta, com'è ovvio, non si apre.

Insiste. Sbam, sbam, ma niente.

Mi guarda dalla vetrata, lo guardo.

Simulo una mano che spinge. Gesto anche un tantino ardimentoso, se uno ci pensa. A meno di non chiamarsi Rocco.

Ma complice anche l'alcool che girella al suo intero, non capisce, ed insiste nel tirare.

A quel punto non posso non aiutarlo. Non è che non mi piacerebbe vedere fin dove può spingersi. E' che sembra anche un tantino forzuto, e non vorrei rompesse roba che ha l'obbligo morale di rimanere integra.

Quindi arrivo alla porta, ed io, si, tiro. Perchè dall'interno si tira, come dice la scritta “Pull”. Ma dall'altra parte c'è la scritta opposta.

-Why did you closed?- Con il tono Obama che chiede a Putino il perchè si è annesso la Guinea-Bissau.

-I didn't-

L'avessi mai detto. Qui esce fuori Genny la carogna che rimprovera il questore perchè non ha ancora fatto iniziare la partita:

-You did! I did not open this f****n' door!-

Ah, questi giovani Jedi, così impulsivi, pronti a gettarsi a capofitto nel lato oscuro. Specialmente se l'oscuro è il colore di un Chianti, e si spera a contorno di un fegato di quadrupede, anziché di bipede.

-I didn't. You have to push, not to pull.-

Socchiude gli occhi verso la porta. Mi aspetto che la chiami per nome. O dica “computer?” Meglio che lo anticipi.

-You see? Pull on this side. Push on the other-

Il risveglio del giovin signore.

-Ooooooohhhh... i seeeee... soooo... you was right-

No, un momento. Fermi tutti.

Qui capita uno di quei momenti rarissimi, quei casi eccezionali da “programmi pseduo-scentifici su eventi misteriosi perculati da Crozza” tipo alieni che, tra tutti i luoghi possibili, vanno a schiantarsi in un cazzo di deserto, partite di calcio vinte dai voi-sapete-chi senza l'aiutino dell'arbitro o 4 ore la settimana di servizi sociali. Roba che neanche il motore ad improbabilità infinita.

Il cliente ammette di aver sbagliato.

Ed a quel punto m'è venuto spontaneo. Forse perchè vero.

-Sometimes. There's no my wife around-

E l'americano fa partire una grassa risata liberatoria condita da abbondante alitata alcoolica, per poi congedarsi in direzione camera “Good man, good man”

Grazie, amico, troppo buono. Ma ricordati che il problema è l'approccio.

E magari leggere la targhetta alla porta. Quella che recita “push”. Ma ti sei dimostrato simpatico ed ironico, come a dire il vero fanno spesso gli yankee.

Just my 2 cents (che ci sta sempre bene).