martedì 29 luglio 2014

Il turista, vacanziero e rilassato è, per definizione, persona decisamente svagata e perennemente con la testa tra le nuvole, che a volte può fare discorsi un po' assurdi e divertenti, a volte assumere atteggiamenti che rasentano, se non sono proprio, una palese mancanza di rispetto.

Due esempi capitati proprio questo fine settimana:

1.coppia argentina di mezza età, lui un omone alto, lei una donnina minuta. Il marito si presenta al bancone chiedendo come andare a Pisa. Come sempre, a chi mi pone questa domanda (una trentina di volte al giorno), propongo le 3 canoniche possibilità:

-treno

-bus turistico

-mezzo a noleggio.

L'argentino scarta subito l'idea di prendere l'auto a nolo perchè “muy caro”, oltre al fatto che guidare qui rasenta la pena eterna da girone dantesco. In base allo stesso criterio monetario si elimina il bus turistico.

Non rimane che il treno.

A dimostrazione che in vacanza ci si rilassa anche e soprattutto mentalmente, l'argentino mi lancia, senza pensarci un attimo, la sua domanda spiazzante:

-no hay otras opciones?-

Per un nanosecondo ci penso pure.

Trasporto su ferro: una opzione. Scartata.

Trasporto su gomma: due opzioni. Scartate.

Il nostro prode esercito se la fece a piedi, quando andò alla
conquista della Repubblica marinara nel 1406, ma dubito che volesse riprodurre la marcia della soldataglia fiorentina. E fiorentini e pisani si guardano ancora troppo in cagnesco perchè stabiliscano una tratta aerea tra il Vespucci ed il Galileo. Sempre ammesso che si possa fare.

Ma al di là di questi divertenti giochi di parole e fantasie sul trasporto delle persone, entrambi, trascorso quel nanosecondo, ci rendiamo conto che non ci sono altre opzioni percorribili. Il suo sguardo si posa su quello della moglie la quale, a dimostrazione che il cervello femminile sta a quello maschile come la bici di Nibali sta ad un triclico, non ha avuto esitazioni. Non ha fatto passare inutili nanosecondi, e si è resa subito conto che non c'erano opzioni. Abbassa la testa ed alza lo sguardo per osservarlo da sopra gli occhiali. L'espressione è quella di Carla Signoris.

Lui si defila, lei viene davanti al computer per avere la stampa degli orari andata-ritorno del treno per la città della torre pendente. Ma mentre salgono le scale, sento ridere entrambi. Un po' di ironia ci vuole.

2.Qui c'è un mio errore. Non trascendentale, ma c'è.

Due camere di colombiani, anche questi di mezza età. Uno ha pure la maglia da calcio della nazionale sudamericana, anche se non è quella di Cuardado.

Scendono per fare il check-out e rimangono un bel po' di tempo a chiacchiera nella hall. Mentre sono impegnato in una caterva di partenze ed arrivi (¾ dell'albergo), non mi rendo conto che loro non ci sono più. Ma poiché scendono persone in continuazione, penso che abbiano lasciato i bagagli in consegna qui, dato che Luciano non fa che prendere valigie e metterle nello stanzino apposito.

Verso le 14 arriva un ragazzo ben vestito. E' un transfer, deve accompagnare dei clienti alla stazione. Ed i clienti sono proprio i colombiani.

E lì sbaglio, perchè dò per certo che abbiano lasciati i bagagli in consegna a Luciano, ed invece non è così. Quindi gli dico di aspettare, che sarebbero rientrati.

Invece com'è ovvio, non rientrano.

Dopo una mezz'ora arriva pure un secondo transfer. Camicia blu aperta sul petto, entra ed appoggia il gomito sul bancone. Parlata napoletana. Mi dà del tu e mi chiede se ci sono i clienti xxx. Per l'appunto proprio loro.

Io ed i due autisti siamo un po' sorpresi. Non ci aspettavamo ci fossero due transfer. Ma d'altra parte se hanno dei servizi, significa che li hanno pagati.

Solo che i 4 tupi non si fanno vedere. L'autista napoletano scappa via perchè ha un altro servizio, ma l'altro deve rimanere, almeno fino all'orario di partenza del treno dei clienti, le 15.30.

Ad un certo punto, poco prima che stacchi il turno, chiamo Luciano e gli chiedo di questi clienti. Lui ricorda chi sono, ma mi dice che non gli hanno lasciato i bagagli. A quel punto mi scuso con l'autista perchè mi ero sbagliato: in realtà i clienti non hanno lasciato niente, se ne sono andati e non me ne sono accorto perchè ero oberato di clienti in partenza ed arrivo, e quindi non rientreranno. Ovviamente l'autista è abbastanza scocciato, perchè gli tocca aspettare almeno un'altra mezz'ora. E' chiaro che, malgrado avessero pagato per il transfer, i clienti si erano resi conto che l'albergo era davvero vicino alla stazione, e quindi non c'era bisogno che usufruissero del transfer. Solo che non si erano presi la briga di avvertire l'agenzia, costringendo i due autisti, uno dei due in particolare, ad attendere un'ora e mezzo sotto la pioggia.

Ed al di là del fatto che avessero deciso di non usufruire più di un servizio che comunque avevano pagato, la cosa brutta è proprio questa mancanza di rispetto nei confronti di chi lavora. Ma tendo a pensare bene: probabilmente erano così svagati che non se ne sono neanche accorti.

Turisti. Sempre con la testa tra le nuvole.

domenica 27 luglio 2014

C'è una cosa che accomuna tutti noi umani con qualsiasi altro elemento, animale, minerale e vegetale, di questo pianeta, anzi, di questo universo conosciuto.

La data di scadenza.

Perchè non vale solo per yogurt o quotidiani di satira, come diceva Michele Serra. Vale anche per tutti noi (e spero che quella di tutti noi sia il più in là possibile) e le cose che ci circondano.

Farò un esempio pratico:

Qualche mese fa ero in turno pomeridiano. Mentre mi accingevo ad arrivare all'albergo ero continuamente fermato da extracomunitari, in prevalenza indiani, che mi offrivano, alla modica cifra di 5 eurini, un mazzettino di mimosa, elegantemente avvolta in un cellophane trasparente con fiocchettino rosa allegato. Erano le 14.30 dell'8 Marzo.

Verso le 21, in un momento senza clienti al bancone, mi affaccio un attimo per aprire e far entrare un po' d'aria fresca, quando un altro indiano, lì sul marciapiede, si avvicina e mi offre anche lui un prodotto della festa delle donne: 1 euro. Approssimandosi la data di scadenza del prodotto, il suo costo subisce un crollo vertiginoso modello venerdì nero di wall street. Presumo che, all'uscita dall'albergo dopo il turno, verso le 23, avrei potuto trovarlo anche a 50 centesimi. Dopodichè alla mezzanotte l'invenduto avrebbe preso la via del cassonetto. Prodotto scaduto, fine della vendita.

Ora, chi legge il mio blog è in prevalenza un collega, cioè un albergatore, quindi uno che sa di cosa sto parlando. E confido nel fatto che chi non lo è capisca che una camera d'albergo ha la stessa data di scadenza delle mimose dell'8 Marzo: la mezzanotte. Magari il portiere di notte, se è fortunato e bravo, riesce anche a vendere una camera pure alle 4 del mattino a chi passa nottetempo, ma su internet, nelle varie piattaforme di vendita, il giorno finisce. Scaduto, stop, fine dei giochi; il prodotto (le camere invendute) è marcio e prende la via del cassonetto (virtuale). Si passa alla vendita del giorno successivo.

Ma il problema è che non tutti sono intelligenti come voi che leggete.

Certa gente non ci arriva proprio.

Telefono.

-Hotel xxxxxxxx buonasera, sono Marcello, come posso aiutarla?-

-Siiiii.... mmmhhhhh... ecco..... si, 'nsomma, se volemo fa un soggiorno a Firenze, che me sa dì er prezzo?-

Ora, voi capirete che una voce femminile, presumibilmente di mezza età, che esordisce così, non è proprio il massimo della clientela desiderata da un portiere. Mancano diversi e numerosi fattori fondamentali, in particolare:

-a) quante sono le persone che soggiornano;

-b) in che date volete soggiornare;

-c) un “buonasera”, elemento forse anche più gradito.

Ma il mutuo che grava sulle spalle di noi portieri esige che ci si comporti a modo per finalizzare la vendita, quindi cerco di sfruttare tutta la mia esperienza sul campo.

-Certamente signora. In che date volete venire a Firenze?-

-Dar 3 ar 5-

Dato che il 3 era già passato, presumo che si stesse riferendo al mese successivo. Perciò vado sul sistema ed imposto già il mese per far uscire le tariffe. io per fare ulteriore domanda alla persona dall'altro capo della linea:

-Camera matrimoniale presumo-

-Si certo, 'na matrimoniale, ma che se pensa, che vengo sola?-
Mi garberebbe risponderle “Sounasega te che vuoi fare della tua vita”, ma devo essere professionale. Palla avanti e pedalare, ecco le tariffe:

-Bene, signora, una camera matrimoniale arrivo il 3 partenza il 5, il costo, compresa la prima colazione, è xx € a notte, esclusa tassa di soggiorno di 3 € a persona a notte. Quindi il totale è... yyy €.-

La signora, senza neanche rispondermi ed abbassare la cornetta, si mette ad urlare.

-A Frà, a camera costa yyy euri, che ne pensi? A' prendemo?-

E da qualche altra parte di quella casa, che ho chiaramente definito trovarsi nella Capitale o quanto meno nei prossimi dintorni, il marito risponde anche lui con voce a 564 decibel, ben udibile anche dal sottoscritto:

-Daje!-

Frà è uno di poche parole. Ma concise.

Così agguanto un foglio per le prenotazioni e trascrivo tutti i dati necessari: data di arrivo e partenza, cognome dei clienti, tipologia e costo della camera, numero di cellulare del cliente. Quindi gli chiedo un prepagamento per la prima notte.

E questa cosa non gli torna affatto.

-Ma perchè dovemo pagà se nun semo ancora rivati?-

Così passai almeno 30 minuti 30 a spiegare alla signora che in alta stagione abbiamo bisogno di una garanzia per la vendita della camera. In bassa stagione possiamo anche prendere la prenotazione non garantita con tempo limite (se il cliente arriva entro quell'ora bene, altrimenti rivendiamo la camera) tanto abbiamo molte camere che rimangono vuote perchè è, appunto, bassa stagione. Ma che in alta stagione non è così, e se non la comprava lei la rivendevamo subito ad un altro signor Rossi, o Smith, o Yamasa, che voleva venire a visitare Firenze.

Non c'era verso, non lo accettava.

-Mi scusi, ma io nun ve pago. Nun la pago una cosa che ancora nun c'ho! Ho viaggiato in tutti l'alberghi der monno e nun m'hanno mai chiesto una cosa simile-

E' sempre così, quando a qualcuno c'è qualcosa che non va, noi siamo l'unico albergo del pianeta dove si chiede una carta di credito od un prepagamento.

Non lo fa nessun altro. Solo noi siamo i cattivi. Perchè il cliente ha sempre ragione, non è che è un deficiente; nooooo, quando mai?
La signora ha viaggiato “in tutti l'alberghi der monno”. Ormai è l'esperta mondiale in vendita alberghiera.

Alla fine, preso dallo sfinimento, le proposi un tempo limite per le 12. Venite qui, vedete la camera e la pagate. Ma se non siete qui entro mezzogiorno, io rimetto in vendita la camera.

-Ma perchè? Ma se noi se volemo facce un giro e venì la sera?-

-Signora, le ripeto: io devo avere la garanzia della vendita della camera. Se voi non venite la camera mi resta invenduta, per il 3-

E questa se ne esce con la dimostrazione che il suo cervello era posizionato su “off”. E soprattutto, che è bene non mangiare a casa sua, non sia mai che metta al fuoco una braciola scaduta il 22 novembre. Del 1992.

-Vabbè, si nun vendete la camera er 3 la rivendete er 4, che problema c'è?-

A quel punto lasciai perdere. Mi limitai a dirle che quelle erano le condizioni, e poteva solo prendere o lasciare. Lasciò.

La data di scadenza, per questa tipa, non esisteva.

Ne ho dedotto che a fare la spesa e preparare da mangiare, in quella casa, ci pensi Frà.

A' Frà, semo tutti con te.

Foppedittelo.

martedì 22 luglio 2014

Il mondo è pieno di cose inutili. Ad esempio:

  1. il codice etico nella nazionale italiana di calcio;

  2. l'accenno di trama dei pornazzi;

  3. Banderas quando tenta di convincerci che lavora in un mulino;

  4. la vendita dei giochi di ruolo dopo l'avvento di internet e del pdf;

  5. i servizi sui cuccioli d'orso nei tg. Effettivamente, in estate, il 90% del tg;

  6. Arizona Robbins dopo che ha perso una gamba. Ma anche prima.


Ma la cosa più inutile di tutti, almeno a livello di portineria alberghiera, è la legge della privacy, perchè non c'è niente di più bello che raccontare i ca**i propri ad un perfetto sconosciuto.


Estate torrida di qualche anno fa. Entro in turno ed il collega mi dice di tenere d'occhio la 307 perchè fanno casino la notte. Le camere accanto si sono lamentate, pare che “litighino” a voce alta.

 

Dopo qualche minuto rientrano, sono una coppia californiana:

 

Lei: trentenne bionda con capello sbarazzino a frangia sulla fronte e coda di cavallo dietro. Sorrisone da “Hi, i'm so blonde and i don't mind to be!” (traduzione romanesca: so' così bionda, ma così bionda che nun me ne po' fregà de meno che lo si noti). Scarpette da ginnastica, fuseaux coloratissimi ed una t-shirt di due misure sotto, da cui cercano di strabordare due palloni da football americano messi di punta, gentile concessione della NFL.

 

Con sforzo sovrumano, alzo lo sguardo verso quello della cliente, ricordando il cordiale ed amichevole avvertimento di mia moglie come sempre in questi casi: “ti cavo gli occhi e ci gioco sulla spiaggia al posto delle palline di Saronni e Moser!”

 

Lui: stesse scarpette da ginnastica, stessi fuseaux colorati, stessa t-shirt strettissima da ci escono discreti pettorali ed una discreta pancetta, stessi capelli biondi a frangetta sulla fronte e coda, in pratica un David Lee Roth con allegata California girl, solo vent'anni più di lei.

 

Sono discretamente abbarbicati l'uno all'altra e ridono sguaiatamente. Chiedono la chiave della camera e si avviano all'ascensore. E lì davanti si adoperano in un intensissimo scambio di fluidi orali.

 

L'ascensore scende al piano... si apre.... si richiude... resta chiuso. Loro sono sempre lì, con le lingue che scorrono da una cavità orale all'altra.

 

Si ode un “pop”, tipo quello del tappo di un Chianti che esce dal fiasco quando finalmente si staccano. Risata sguaiata, poi si decidono ad aprire l'ascensore per entrarci dentro.

 

Ed una volta dentro, ridaje di lingua. Non guardavo, giuro. Sentivo i mugolii.

 

Qualcosa mi dice che i rumori che fanno nottetempo costoro non sono litigi.

 

Ma me lo confermerà lui.

 

Un 3-4 ore dopo si apre l'ascensore e ne esce il tipo. Un po' sorpreso nel trovare tutto buio, mi nota nell'oscurità e si avvicina.

 

-Hey man, did you shut the door?-

 

-I locked, but i my unlock, if you wish-

 

-Yeah, please man... she wanna eat... she didn't eat enough, eheheheh-

 

Credo che i miei occhi siano strabuzzati di una decina di centimetri fuori dalle orbite.

 

Ho capito bene? Il mio inglese non è crollato di colpo?

 

Ho capito benissimo. Lui si accorge della mia espressione e solletico il suo ego di maschio alpha che deve rendere noto al mondo le sue performance sessuali. E comincia a condividere questa esperienza con il primo bischero trovato: un portiere notturno italiano.

 

-I never.. and i really say never, found a girl like her, man... you know.. she's crazy, she wanna f*** all the time, she pray to be boomed, she scream like C-R-A-Z-Y....-

 

Per un quarto d'ora circa, nel mio più completo silenzio e stupore, ho ricevuto una lezione sui termini inglesi più volgari e sconci su qualsiasi atto sessuale di questo pianeta. Una roba che se la traducessi in italiano ne rimarrebbe scandalizzato pure Rocco. Con tanto di gestualità evidentissima.

 

Poi, finito di descrivermi quel kamasutra che avveniva qualche piano sopra il bancone, mi saluta con un -I'll come back, man, don't lock me out- e se ne esce per tornare dopo una decina di minuti con hamburger, patatine e bibite -I need too refill my body, man- e mentre è lì davanti all'ascensore, un secondo prima di entrarci dentro, mi guarda, spalanca occhi e bocca proprio come David Lee Roth quando fa lo stupito e mima un evidentissimo atto sessuale, mancavano solo Eddie o Steve che ci davano dentro in un assolo di chitarra.

 

Una volta che lui se ne sparisce nell'ascensore, avrei voluto appoggiare i gomiti sul bancone e coprirmi la faccia con i palmi delle mani, ma non ce l'ho fatta.


Il pensiero di quella biondina e di tutto quel che combinava mi ha sconvolto per un discreto periodo di tempo.

giovedì 17 luglio 2014

Ci sono nella vita misteri talmente irrisolvibili che neanche mille puntate di kazzenger riusciranno a svelarli:
  1. Fabio Volo pubblica libri ed è citato su facebook; io no;
  2. non ci hanno ancora assegnato a tavolino l'ultima coppa italia;
  3. studio aperto che viene definito “telegiornale”;
  4. Rumiko Takahashi che non ha ancora ricevuto il nobel alla letteratura. Perchè Lamù, Maison Ikkoku e Ranma ½ sono capolavori artistici, poche storie;
  5. la mia nazionale preferita fuori dai mondiali. Con appena un misero punticino frutto di un tristissimo 0-0 coi greci, non hanno battuto neanche quelli;
  6. Kevin Costner in Italia per mangiare il tonno in scatola.


Ma il mistero più grande sono le follie di certi clienti.


Mia moglie.

Ultimamente ne racconto diverse, di storie capitate a mia moglie. C'ha preso gusto. Rilegge le bozze e mi corregge pure. Se mai mi capiterà di pubblicare qualcosa, gestirà tutto lei. A cominciare dagli incassi. Quindi, in ogni caso, scrivo gratis.

Turno di mattina. Camera tripla, clienti americani. Moglie, marito e figlia, maggiorenne. Hanno noleggiato un suv, una di quelle bestie d'auto a metà strada tra un'ambulanza ed un carro funebre. Il cliente arriva dalla banconista con una richiesta particolare:

-I need a bigger car-

Bigger? Più bigger di quella che hai ora? Per farci che, metterci sopra un 88 mm?
Il cliente spiega: domani arriva a Firenze un'amica della figlia, con relativo bagaglio, ed hanno bisogno di più spazio.

Uno si chiede: ma quante valigie hai, per riempire un suv? Parecchie, pare. Uno di quei clienti che viaggia con 14 colli. A testa. Comunque il tipo pare che non abbia problemi di soldi. Ok, via alla ricerca: del numero di telefono dell'autonoleggio a Firenze per sapere se hanno un auto più grande. Può anche darsi che abbiano un Hummer, nel loro parco macchine, basta chiedere ed avere a portata la carta di credito e quella, il cliente, ce l'ha. Pure più d'una. C'è solo da sperare che questo mezzo sia disponibile, perchè altrimenti bisognerebbe chiamare i militari e chiedergli un mezzo da sbarco.

Ma il problema è che all'autonoleggio non rispondono. La Sara prova e riprova ma non c'è verso. Quindi suggerisce, al cliente, due possibilità:

-vada a piedi all'autonoleggio, che tanto sono 10 minuti, è qui in centro. Gli espone il problema e vedrà che lo risolvono. Al limite gli montano sopra le sbarre portapacchi, vuoi che non ce le abbiano? Se paga, gliele trovano e montano in un batter d'occhio. I soldi risolvono qualsiasi problema, i romani catturavano quelli che consideravano terroristi corrompendo i loro presunti amici.

-oppure prende il suo suv e va all'ufficio autonoleggio dell'aeroporto, tanto deve comunque andarci a prendere l'amica della figlia. E parla con uno del personale.

Certo, occorre muoversi, ma se al telefono non risponde nessuno, che ci si può fare?

Solo che l'americano si mette in testa una follia.

E chiede alla banconista un telo. Un pezzo di stoffa da buttare, grande abbastanza da coprire il tettuccio dell'auto.

La Sara è perplessa: si ce l'abbiamo, glielo diamo volentieri, ma per farci che?

L'idea geniale, quella che gli fa dire: son drago, sono ganzo. Frego tutti.

Ci metto sopra i bagagli e li lego con delle corde.

La Sara strabuzza gli occhi neanche gli avessero appena detto che il portiere con cui se la fa la D'amico è suo marito e non quello della Seredova. E' chiaro che legare delle valigie senza adeguato supporto su un tettuccio di un'auto, per quanto questo tettuccio sia protetto da telo, non è che sia proprio una sicurezza al 100%.

Anche il facchino si rifiuta categoricamente di aiutarlo: -Questo tutto matto, io no voio sapere niente, se lui perde valigie su autostrada lui fa casino che piazza Tharir era scampagnata tra amici- millenni di saggezza egiziana condensati in una frase.

La Sara ha finito il turno che il tipo era lì ad armeggiare alla sua auto. Non sappiamo cosa sia successo dopo, occorrerebbe sentire la sua collega (Chiara?) ma se eravate nei dintorni di Firenze ed avete trovato valigie in mezzo ad una strada, ora sapete il perchè.

La follia, prima o poi, colpisce.

Tutti noi.


sabato 12 luglio 2014

Ci sono momenti durante i quali il destino ci si accanisce contro, e si sente il forte bisogno di fuggire via.

Ad esempio, quando si prende gol su gol da colei-che-non-deve-essere-nominata.
Quando pensi che più di 4 non saranno mai, si prende pure il quinto.
E da uno che avrebbe difficoltà a stare nella panchina del Chievo.

Oppure: sono lì a giocare a World in Flames in quel di Hofgeismar. Io contro Jose e Dominic. E non mi va un lancio di dado che sia uno. Ondate su ondate di bombardieri e panzer divisionen brutalmente respinte con forti perdite. Presi Parigi solo nel '41, Guderian mi avrebbe spedito nel battaglione di disciplina.

Oppure, peggio ancora, quando mi capitò questo evento, un 18 anni fa:

Telefono.

La tipa con cui stavo allora. 6 mesi di storia.

-Ciao. Noi storia finita-

Bocca aperta modello Fantozzi sul banco del pesce.

-Ma... perchè?-

-Perchè venuto trovarmi mio ragazzo, da Seoul. Lui fatto me sorpresa. Io no voglio che lui scopre che io ho ragazzo italiano-

-Ma... tu mi avevi detto che la storia con lui era finita proprio perchè venivi a studiare l'italiano a Firenze...-

-Io mentito. Scusa. Addio-


E' quel senso di frustrazione ed impotenza davanti ai quali non si sa come reagire, come una madre che si accorge di aver fallito quando entra in camera del figlio e gli trova un cd di Gigi D'Alessio.

Io, da toscano e proveniente da famiglia comunista, sparo quei termini che mi condanneranno da subito ad un'eternità tra le fiamme. Ma tant'è, io sono un caso a parte.

Il punto è che in quei momenti occorre staccare completamente la spina. Rilassarsi, spegnere la mente per un po', cercare pensieri felici.

L'altra domenica ho avuto un cliente che l'ha fatto.

Coppia australiana, mezza età. Sorridono felici della vacanza come solo gli australiani sanno fare. E parlano pure un buon inglese, non quell'assurdità masticata che si comprende solo a Sidney.

Hanno perso i bagagli. Non loro, la compagnia aerea, ovviamente. A me per fortuna non è mai successo, ma immaginate l'incacchiatura di chi arriva all'aeroporto di destinazione e scopre che la sua valigia, con mutande e calzini di ricambio, è stata spedita per sbaglio sul volo per Buenos Aires. E non arriverà prima di 3 giorni.

Qui capita abbastanza spesso. Almeno ogni settimana un caso c'è sempre.

Ora, a parte il fatto che c'è un'assicurazione su questi spiacevoli eventi, e che i clienti potrebbero nel frattempo comprare abiti di ricambio, conservare gli scontrini e farsi rimborsare, questi se ne restano 3 giorni 3 con gli stessi abiti. Perchè come tali io li vedo. Presumibilmente pure le mutande. E siamo in estate. Caldo torrido.

State vomitando?

Lo so, è disgustorama.

Perchè per quante docce uno possa fare, se si usano gli stessi abiti, non c'è verso, non ci si salva. Anche invertendo i fattori il risultato non cambia: si resta sudici. Si puzza.
Ovviamente, i clienti, dopo l'amara sorpresa che il loro bagaglio non appare sul nastro trasportatore dell'aeroporto, aver fatto la regolare denuncia all'ufficio smarrimenti, ed essersi poi recati nel centro di Firenze per prendere possesso della camera prenotata qui dove lavoro, devono sorbirsi la frustrazione di chiamare via telefono lo stesso ufficio. Ed è una frustrazione perchè non c'è nessuno che risponde. C'è una segreteria telefonica che ti dà solo due informazioni due:

-che il bagaglio è ancora smarrito o che

-il bagaglio è stato trovato.

Ed in quest'ultimo caso non c'è verso di sapere nient'altro. Perchè il bagaglio potrebbe essere stato rintracciato a Fiumicino, e nel qual caso potrebbe arrivare a Firenze il giorno stesso, ma potrebbe anche essere stato trovato a Narita, o Kinshasa, od Omicron Persei 8, e quindi sarà difficile che arrivi in giornata.

Perchè invece il cliente pensa: il bagaglio è stato trovato, adesso arriva. Dove adesso è un tempo che varia dai 3 ai 5. Nanosecondi. Si aspetta che da un momento all'altro arrivi in hotel un addetto dell'aeroporto con pettorina arancio fosforescente che gli porta le sue amatissime valigie con le mutande di ricambio. Mentre invece quelle valigie, in quel momento, fungono da appoggio per le chiappe di due annoiatissimi tizi che, in attesa di ficcare quelle stesse su un aereo per Firenze, discutono se la loro squadra ci mollerà 50 milioni di euri per Cuadrado. O di quant'è bona la commessa del bar.

Ed i clienti mi chiedono di chiamare il numero bagagli smarriti dell'aeroporto di Peretola. Ogni ora. Per 3 giorni. E la segreteria telefonica dall'altra parte ripete sempre e solo il suo messaggio “Your baggage has been found”. Ed il cliente, qualsiasi cliente, mi pone la stessa, banale, scontata, fottutissima domanda:

-So... where is my baggage?-

Non lo so. Non ne ho la più pallida idea. Ti posso seccare sul posto con un avada kedrava, ma non posseggo incantesimi per il bagaglius trovatus, e comunque ho lasciato a casa la bacchetta magica fatta con i peli del culo della fenice. Significa solo che ora gli addetti sanno dov'è il tuo bagaglio, ma non ti dicono dov'è. Io posso anche accontentarti e telefonare un'altra dozzina di volte, ma ci sarà sempre la solita macchinetta a risponderti. Nessun addetto ti risponderà mai per dirti a che ora esatta arriveranno le tue valigie.

-Shall i have to go to the airport?-

Per farci che, all'aeroporto? Se il bagaglio è in volo per Firenze non è ancora in aeroporto. Se il bagaglio è già sul corriere non è più all'aeroporto. Dovresti beccare il momento preciso per cui il bagaglio viene scaricato dall'aereo ma prima di essere messo su un furgone con tutti gli altri bagagli smarriti di turisti arrivati a Firenze. Carpe diem. Quindi faresti un viaggio a vuoto. Sicuro che faresti un viaggio a vuoto. Tanto vale che pazienti ed aspetti. Vai a giro per la città. Goditi il Rinascimento. Goditi la vacanza. Lo capisco che è frustrante, ma sei in Italia.

Posso leggere la loro rabbia, la loro frustrazione negli occhi. Quella che descrivevo all'inizio: un senso profondo di impotenza. Li capisco, ci siamo passati tutti, in un modo o nell'altro. Sentimenti che tutti i clienti sfogano nel solito ed unico metodo che non sia lanciarsi dalla finestra della loro camera: prendendosela con il portiere. Perchè tutti mi guardano e mi pongono la stessa inutile ed assurda domanda:

-Can you do something?-

No, non posso fare anything. E' inutile che ti intristisci per farmi compassione, o che ti inca**i, per spaventarmi. Io non so niente, cerca di capirmi.

E nessuno che si rassegni o lo comprenda.

Tranne l'australiano. Che anche se usa gli stessi vestiti da 3 giorni, si dimostra un grande.
Perchè lui se ne resta lì a sedere sul divano davanti al bancone per un 30 secondi, ascolta dal sottoscritto che chiamare non serve a niente e deve solo pazientare, e poi se ne esce con questa fantastica frase:

-Well, there's only one thing to do: let's get a beer-

Si alza, mi strizza l'occhiolino ed esce.

E lì ho pensato:

Onore!


ps. i bagagli sarebbero arrivati da lì ad un paio d'ore. Firmo la bolla di consegna del corriere. Li faccio portare su in camera. E quando gli australiani rientrano e gli comunico la lieta novella, l'australiano se ne esce con questa altra frase:

-Great! Perfect time for another beer”

E lì l'ho invidiato profondamente.

Perchè lui è in vacanza e può farlo.

Io no. Sono al lavoro.

E lì ho pensato:

Bastardo!


domenica 6 luglio 2014

Il punto è che alla fine, uno fa come Dirty Harry: si inca**a. Di brutto.

No, davvero, a me piacerebbe fare come Randal, che manda a quel paese i clienti e se ne frega se la ditta per cui lavora va in malora. Invece no: sono come Dante, che viene maltrattato da tutti, clienti in primis.
Ma prima o poi una 44 magnum me la procuro. Da qualche parte bisogna che la trovi.

Turno pomeridiano, ore 22.50. Cotto da 8 ore di turno con albergo completo al 90%, mi appresto a dare le consegne a Roberto e farmi la mia bella e serena camminata verso casa dove mi aspetta una sontuosa cenetta: lattuga pomodorini e rucola con olio extravergine, aceto balsamico, un paio di fette di pane toscano ed alla via così, dritto sotto le coperte.

Invece no. Mi piomba l'evento che mi fa desiderare il giudizio universale. Immediato.

Ultimo arrivo della giornata.

Matrimoniale, una sola notte.

Coppia giovane.

Indiani.

Purtroppo.

Mentre Robi comincia il controllo di fine giornata (in particolare delle carte di credito, che devono corrispondere sia dalle stampe del pc sia dal totale sul pos, ed eventuali errori vanno corretti entro la mezzanotte, altrimenti dall'amministrazione ululano come i licantropi), io eseguo il check-in a costoro.

Registro i documenti, gli dò il codice wifi e la piantina di Firenze.

Noi siamo qui.

E lì comincia la trafila di domande: cosa c'è da vedere a Firenze?

E si fanno dire tutto.

Ed intendo veramente tutto.

Qualsiasi tipo di museo e/o chiesa disegnata sulla piantina, loro vogliono sapere cos'è. E questa ca**o di città e piena di roba da vedere! Non basterebbe una settimana per visitarla tutta, e la mappa copre solo il centro.

Poi vogliono sapere come visitare la Torre di Pisa. Ed allora, via con le stampe degli orari dei treni. Poi che tipo di tour per il Chianti, e gli ammollo 27 depliant di altrettanti tour della zona. Poi vogliono sapere come andare all'outlet, uno dei tanti nel Valdarno, ed anche lì gli stampo l'orario del bus andata-ritorno verso questo centro commerciale.

Ad un certo punto, miracolo, la trafila di domande si interrompe. I due indiani stanno destreggiandosi tra una massa cartacea che solo a Fabriano hanno visto quando decido di intervenire: visto che state una sola notte e domani avete una sola giornata per la visita che deciderete di fare, domani mattina potrete fare il check-out e lasciare i bagagli nel nostro deposito.

-You may come back any time you wish-

E quello se ne esce con l'affermazione che avrebbe giustificato qualsiasi omicidio.

-Thank you, but we leave very early tomorrow morning-

….

40 minuti

40 preziosissimi minuti della mia vita buttati nel cesso perchè tu, megastrunz del subcontinente del ca**o, hai deciso di di chiedermi attività che non farai MAI e sapevi che non avresti fatto MAI. 40 minuti per sapere cosa fare in una città dove passerai solo 8 ore in un letto di una camera d'albergo e le cui uniche cose che vedrai saranno una stazione ed un paio di trafficatissime vie all'angolo delle quali c'è un macdonald. Questo è tutto quel che vedrai e ricorderai di Firenze, duemila anni di storia per niente. E 40 minuti della mia vita che hai deciso di farmi sprecare, neanche tu fossi Genny la carogna.

Ma che ci sei venuto a fare?

martedì 1 luglio 2014

A me piacerebbe tanto raccontarvi storie divertenti capitatemi nel mio lavoro di portiere d'albergo nella capitale del Rinascimento altrimenti detta Firenze.

Mi piacerebbe dirvi di quella signora spagnola che, piantina della città aperta sul bancone, mi chiese “donde està la casa di Romeo y Giulietta”.

Di quelli che, sempre con la solita piantina, mi chiedono “where is the Pisa Tower” (capitato una mezza dozzina di volte. Tutte richieste venute, quasi superfluo dirlo, da clienti indiani).

Di quella volta che, nell'albergo, entrò Gesu Cristo in persona. Giuro, non scherzo. No, non ero stanco modello Fantozzi che ha le visioni deliranti. Era proprio lui, con barba, capelloni e tunica. Anche se più che il sanscrito di Nazareth parlava l'inglese del Michigan.

E di quando invece entrò uno che sta all'arte cinematografica come il dottor Mengele sta alla lega contro la vivisezione. Uno che fa vergognare di essere di Firenze, e che farebbe venire voglia di andare dal Pieraccioni, picchiarlo forte ed urlargli “perchè l'hai lanciato, perchè?”

Od ancora di quell'ex calciatore scudettato ex nazionale che prenotò una doppia con una tipa che dovrebbe essere interdetta dall'uscire di casa per evitare distacchi di mascelle maschili: una stramodella, stragnocca, stratutto, con 30 anni di meno e 30 centimetri di più. E purtroppo con 30 di QI. Sommati assieme, lui e lei. Che il giorno prima mi chiesero se potevano pagare in assegno, risposi di no e mi assicurarono che avrebbero pagato in contanti. Puntualmente, la mattina dopo, scesero con l'assegno. Il che mi fece capire molte cose sulla letale combinazione “calciatore – modella”.

Oppure di dirvi dei clienti giapponesi che mi riempiono di complimenti per la mia abilità nella loro lingua, e fanno salire il mio ego a livelli di temperatura di fusione del cobalto.

Ma purtroppo non è così. Non capitano solo fatti divertenti, aneddoti strani o soddisfazioni personali, anzi. Noi lavoriamo in albergo. Vendiamo un servizio, una camera. Un bene che rimane comunque proprietà dell'albergo, non di chi la paga. E quindi si presuppone venga trattato nel modo giusto. Per rispetto verso gli altri, sia nei confronti della struttura che li ospita che dei clienti futuri.

E non sempre è così.

Preparate il secchio per il vomito.

Turno pomeridiano di mia moglie.

Due camere doppie.

Russi.

Il che dice già molte cose.

Madre con 3 figli. Lei dorme con la figlia, i due maschi in un'altra camera.

Escono la mattina e rientrano verso mezzogiorno. Dopo una mezz'ora riescono nuovamente, ed il maschio più grande, maggiorenne, dice alla banconista (che per l'appunto è la Sara) con un inglese stentatissimo:

-The toilet is wet, water from the shower-

Vabbè, sarà uscita un po' d'acqua, capita. Mando su il facchino a pulire. Nel frattempo i russi escono.

Il facchino sale e scende di corsa al ricevimento.

Ed indica la quantità d'acqua in camera.

Almeno 5 dita.

Dove lavora la Sara, le camere hanno il parquet. Ed il legno è come il gatto: non ama l'acqua.

Imprecando in un misto di italo-egiziano che non gli basteranno 273 ramadan di seguito per salvarsi dalle fiamme dell'inferno, comincia ad asciugare, e quando arriva alla doccia, che era stata lasciata aperta e buttava acqua in continuazione, scopre che lo scarico è intasato.

Prende la ventosa per cercare di stasare, e lì scopre il perchè è tappato.

Ci avevano defecato.

Un bello stronzo, quello vero di cacca, appare dal buco di scarico della doccia.

Avete vomitato? Vi siete ripresi?

La Sara si prepara a parlare con i clienti dopo la cazziata fattagli dal portiere di notte (perchè sono rientrati tardissimo); la mattina della partenza la signora cercherà di evitarla per tutto il tempo. Ma deve fare il check-out, dal bancone ci deve passare, e lì, imbarazzatissima, manda avanti il figlio più grande adducendo che lei l'inglese non lo parla (e non è vero).

Il ragazzo, gettato sulla graticola mentre la madre si allontana, spiega che era successo un “incidente” al fratellino, 8 anni, mentre si faceva la doccia. Un bimbo di 8 anni, quasi certo che non l'abbia fatto apposta, anche se ci viene comunque il dubbio che sia stato educato così. D''altra parte la madre, la prima notte, dopo aver esso a dormire i figli, se ne era uscita nella Florence by night per rientrare ad ore antelucane. Non è che veicoli proprio un gran messaggio educativo nei confronti della cucciolata. Comunque i due ragazzi, invece di scendere a riferire il problema, avevano lasciato andare l'acqua della doccia sperando che “clean the pipe”. Non hanno ancora studiato che si, l'acqua può scavare la roccia e fare i canyon, ma ci mette un paio di milioni d'anni, non certo due ore. Un pezzo di cacca umana, soda e rigida, blocca tutto. E fa inondare la stanza.

Ma dato che ormai avete vomitato, vi dico di quando, dove lavoro io, una allegra famigliola proveniente dal luogo in cui si schianterà un meteorite di 4 tonnellate, gettò qualcosa di molto consistente nel water. E si bloccò nella tubazione da cui arrivano gli scarichi dei bagni di altre 4 camere.

Trovando la strada bloccata, l'acqua tornava indietro nei water. E straboccava. E si portava indietro TUTTO.

State dando un'altra vomitata? E non è finita. Perchè immaginate il facchino, anche lui imprecando in toscano stretto e condannandosi alla dannazione eterna, che deve pulire. E togliere roba organica che galleggia per la stanza.

Vi prometto che ai prossimi racconti vi parlerò di qualcosa di divertente. Episodi paradossali ne accadono continuamente. Ogni giorno. Ma come possono ben testimoniare i miei colleghi di lavoro, mia moglie e i molti amici che lavorano in albergo, sia quelli che conosciamo personalmente sia quelli conosciuti tramite i gruppi facebook dedicati ai banconisti, non si tratta di eventi rari e/o occasionali. Questo è lavoro d'albergo.

E per i facchini è pure peggio. Per loro è davvero pulire la cacca degli altri.

Letteralmente