domenica 30 marzo 2014

Il problema, alla fine, è sempre quello:
la gente, semplicemente, non legge.

Posso capire che non gli piacciano letture tipo A.J.Taylor, Preston e Liddell Hart; no, davvero, lo capisco. Sul serio. Non è che siamo in molti, su questo pianeta, ad interessarci di letture del genere. Effettivamente, molto pochi.
Per non parlare del regolamento di World in Flames. Od anche solo di quello di Caylus.
Posso persino ad arrivare a capire che a qualcuno possa non piacere Bryson. Anche se faccio fatica. Molta fatica. Non amare Bryson significa essere analfabeti. O bischeri. E questo è uno dei miei grandi riproveri verso i comunisti e la loro delirante mania di alfabetizzare le masse. Sforzo inutile. E’ meglio sapere che qualcuno è analfabeta, che scoprire, dopo, che è un  bischero.

Solo che qui non si parla di gusti letterari. Si parla di vita quotidiana.
E’ qui che sorge il dramma.

Turno di notte, arrivo alle ore 4.30.

Coppia del nord italia.

Capita, di dover arrivare a quest’ora. Ma la camera è pagata, per noi tutto ok. Check-in ed eccovi le chiavi, potete salire in camera.

Visto che sono arrivati a quest’ora, chiedono se possono dormire due ore in più rispetto all’orario del check-out, le 10.

Le 10 lo dice la cliente.

In realtà da noi il check-out è a mezzogiorno.

-Ah, bene, allora nessun problema-

Pare proprio di no. Una cosa che fila liscia. E vai!

See, te piacerebbe.

Hanno l’auto.

Gli spiego il problema dell’auto. Non possono lasciarmela davanti all’albergo. Non nel nostro posto, delimitato dalle righe gialle (che paghiamo profumatamente al ren… no, al nardella).

Mi possono lasciare le chiavi e domani mattina chiamo il garage. E c’è il costo del garage da pagare. Perché non è compreso nel costo della camera.

Sorpresa. Amara sorpresa.

Nessuno ci aveva detto niente.
Nessuno ci aveva informati.

Mentre sto per prendere la pratica della loro prenotazione e vedere qualche dei miei colleghi ha mancato di scrivergli della questione garage (questione iperfondamentale, in un albergo come questo) i clienti mi pongono questa strabiliante, ma più volte sentita, ipotesi:

E se la lasciamo lì?

Gli spiego pazientemente che non si può. Lo spazio serve anche agli altri clienti. Se uno vuole partire e caricare i bagagli in auto, come fa? Quindi lo spazio deve essere libero.

Ok, è vero che in questo momento, nella strada, ci sono auto su auto. E’ sabato notte. Se ne strabattono tutti della ztl e del permesso di parcheggio per residenti: la gente viene qui e si dà al parcheggio selvaggio, tanto domani è domenica ed i vigili dovrebbero dormirsela e fregarsene pure loro. Quindi gli spiego che, se vuole, può fare questa manovra: parcheggia in altro punto della strada, anche sulle strisce se gli va. Ma il nostro spazio deve essere libero.

Non sono affatto contenti. Lui mi dice che viene da una città 3 volte Firenze, ed i costi non sono così alti. Che il garage a tali prezzi è una follia e fa scappare i turisti.

Mi verrebbe da dirgli: magari. Ce ne sono troppi. Od almeno, ce ne sono troppi con l’auto. Bastiamo già noi fiorentini, con l’auto, i turisti farebbero meglio ad usare il treno.

Non posso dirgli una cosa del genere, è ovvio. È indecoroso. Non si fa, semplicemente. Mi spiace, ma questa è una città rinascimentale. Medioevale. I fiorentini di millenni fa furono alquanto imprevidenti a costruire stradine così piccole e non prevedere megaspazi con parcheggi. E’ così. Ci sono pochi garage, tutti privati e tutti carissimi.

Sono molto, molto scocciati. Dato che sono stanchi, vista l’ora, e non hanno voglia di cercare un posto selvaggio altrove, mi lasciano le chiavi. Domani mattina chiamo il garage ed un addetto verrà a prendere l’auto. Poi i clienti pagheranno al momento di partire. Dopodichè salgono in camera.

Lasciato solo, nella semioscurità in cui mi piace piombare in questo momento del turno di notte, registro i nomi dei clienti sul programma, stampo la schedina di notifica ed effettuo l’addebito. Poi prendo la pratica della prenotazione.
La copia del bonifico della cliente.
La caparra.
La conferma della prenotazione.
Gentile signora xxx
Siamo lieti di confermaLe una camera blablabla
Al costo di blablabla
Colazione blabla

 “Per quanto riguarda il parcheggio, La informiamo che siamo convenzionati con un garage privato situato vicino al ns. hotel. Il costo varia da…”

Poi prosegue.
Tutte le informazioni dettagliate. Su costi ed orari.
Ho semplicemente copia-incollato.

“Nessuno di ha detto niente.”

Ripeto: il dramma è che la gente non legge.



sabato 29 marzo 2014

A volte mi sento come se, più che le cronache del bancone, dovessi scrivere qualcosa del mio livello. Una cosa tipo le cronache di Equestria. Od al massimo del villaggio dei puffi. In effetti un che di Gargamella ce l'ho sempre avuto, soprattutto alle 7 del mattino. Ma tant'è, questo è il mio QI. Occorrerebbero un centinaio di punti in più, per poter incontrare – e battere - il mio acerrimo nemico, il guardiamarina Wesley Crusher.Comunque in questi giorni sono un po' giù. Ma sono storie troppo lunghe. Quindi, alcuni piccoli, sfortunati, eventi:



Sara (moglie): coppia settantenne trevigiana.

Domanda: “Ma la scala, esiste anche a Firenze?”

Un franchising teatrale. Potrebbe essere un'idea.


Maurizio (collega): iraniani.

Scendono alle 3 di notte. E chiedono se c'è un ristorante aperto.

Il Macdonald. Che altro?

Non vogliamo il macdonald! Vogliamo la pasta, la pizza!

Certo, alle 3 di notte sono aperti per te. Sicuro!

La notte dopo tornano giù. Alla stessa ora.

Ed ovviamente, fanno la stessa domanda.

Perchè ora tutti sanno che sono in città. Qualcuno aperto ad aspettarli ci sarà sicuramente.

A Teheran hanno una movida che a Madrid si sognano. Alla faccia degli ayatollah.


Caroline (collega).

La ditta per cui lavoro ha anche un ristorante nei pressi.

Durante la notte, dopo chiusura del locale, i gestori vengono a portarmi una busta per un loro fornitore (una bolla firmata). La mattina il tipo verrà a prenderla.

Ok, lascio la consegna alla Caroline, al cambio turno.

Ora, voi non conoscete la Caroline. Beh... funziona così:

Lei è francese.

Ecco, al VIII arrondissement di Parigi, sede del ministero dell'Interno e della gendarmeria francese, hanno appese, al muro dietro la scrivania del direttore, 3 foto:

il presidente francese in carica (con amante di turno)

il maresciallo De Gaulle

e la Caroline.

Sotto, la dicitura “notre exemple”.

Il tipo arriva la mattina alle 8. Entra, non si presenta (epic fail) ed afferma che ha una busta per lui. E nel frattempo la Caroline è dietro a servire dei clienti.

Ecco, immaginatevi un capitano della Legione (i soldati sono stranieri, ma gli ufficiali francesi) che comanda un drappello di soldati mentre una banda di beduini li carica tra le dune del deserto. E tra le urla dei ribelli algerini ed il sudore che cola lungo la fronte dei soldati, il capitano lì, impassibile, col suo frustino in mano, che ordina, glaciale “Tirez seulement quand vous voyez le blanc de leurs yeux”.

L'espressione è quella.

Il tipo viene prontamente “respinto”. Chiarito l'equivoco, è tornato a prendere il documento la settimana dopo. Prima presentandosi. Ed attendendo il suo turno.


Legio patria nostra.

martedì 25 marzo 2014

Da quando ho aperto il blog, mi aspetto ormai di scrivere eventi od assurdità di ogni genere. Ed invece spesso non accade nessun tipo di storie o di fatti strani. 

Ovviamente la cosa non può che farmi piacere, meno casini si hanno e meglio è. Ed è anche normale: io lavoro in un albergo in zona turistica, quindi la maggioranza dei clienti sono turisti; persone in cerca di riposo, con l'assoluta necessità di allontanare le preoccupazioni: solo relax e visite culturali al museo.

E quindi ho passato un ottimo fine settimana di lavoro. Di chi vi parlo? Ad esempio, ho avuto due triple, una famiglia veneziana di 6 persone spalmata su 3 generazioni: persone splendide, simpatiche e cortesi. Alla partenza mi hanno fatto i complimenti per la bellezza della città (ricambiata con i complimenti miei verso la splendida Venezia), che mi ha fatto passare in un baleno la delusione per la sconfitta di Giovedì e comprendere che quello fortunato non è chi ha Pirlo, ma chi ha il David.

Unico neo: mi parlavano quasi solo in veneziano stretto. Credetemi se vi dico che, dopo anni di assidue visione di Star Trek e The Big Bang Theory, comprendo molto di più il Klingon.

E poi al massimo vi posso dire del cane della 114: un bellissimo levriero che sarà stato alto 1.40 al garrese. Roberto, il portiere di notte, mi faceva, nel suo accento calabro: “Marcellì, ma l'hai visto il cane della 114? Quello non è un cane, è un cristiano! Quello mangia e caga come noi!” Mi sono dovuto rinchiudere nel bagno perchè non riuscivo a smettere di ridere.

Ma poiché sono sposato con una banconista e che entrambi spettegoliamo sulle nostre storie sul lavoro, ecco due episodi avvenuti alla Sara sabato e domenica:

1 coppia americana. Entrano in camera e crash, la lampada decide che è arrivato il momento di suicidarsi, si lancia giù dal tavolo e si frantuma in mille pezzi. Almeno, questo è ciò che asseriscono i due yankee. “Like magic”, dicono. Questo lo diceva Lambert alias McLeod, mi verrebbe da dire. Più probabilmente l'hanno urtata e non lo vogliono ammettere, ma non si può contraddire un cliente così, oltre al fatto che è stato l'unico testimone degli ultimi istanti di vita della lampada. La Sara, al cambio turno, sale in camera a ripulire, in particolare la base, che aveva all'interno un sacchetto colmo di sabbia per rendere più stabile il mezzo illuminante. Sabbia, che, ovviamente, era penetrata in ogni infimo e remoto pertugio della moquette.

2. coppia giovane russa. Parlano abbastanza bene inglese e sono cortesi, il che già fa sperare.

See, magari.

Chiedono di prenotargli la cena in un ristorante trovato in rete nei pressi di Ponte Vecchio. Ovviamente non c'è nessun problema.

“Vi prenoto il ristorante alle 13 e vi dò conferma nel pomeriggio”

“Ma noi non rientriamo in hotel nel pomeriggio”

“Allora vi chiamo al cellulare e vi dò conferma”

“Ma noi saremo dentro gli Uffizi e spegneremo il cellulare”

“Allora chiamatemi voi dopo la visita al museo”

“Ma è un cellulare russo, ci costa moltissimo chiamarvi”

Argh! Hai deciso cosa vuoi fare della tua vita????

“Allora come faccio a comunicarvi che la prenotazione al ristorante è andata a buon fine?”

A dimostrazione che esistono 3 modi per fare le cose (quello giusto, quello sbagliato e quello russo), la cliente se ne esce con questa genialata:

“Beh, dato che noi usciremo dagli Uffizi alle 12.30, e che il ristorante è proprio lì vicino, andiamo a chiedere conferma della prenotazione direttamente a loro”

Mia moglie resta lì a bocca aperta.

“Ma... signora... se arrivate lì alle 12.30, è meglio che prenotate direttamente voi; non c'è bisogno che io chiami il ristorante alle 13”

Ed a quel punto anche la russa realizza:

“Ah... si... ha ragione. Allora facciamo tutto da soli”

Epilogo: i russi rientrano in albergo prima delle 12 perchè è piuttosto “aggressivo” stare tutta una giornata per musei, e bisogna concedersi almeno un'oretta di riposo in camera prima di ripartire all'assalto del prossimo, oltre al fatto che domenica veniva giù un'acqua che sembrava di essere nella foresta amazzonica, mancavano solo gli indios e Mister No. Così la Sara chiama il ristorante salvo scoprire che la domenica erano aperti solo a pranzo, ma chiusi per cena. Ed ovviamente sul sito internet c'era tutto scritto.

Colonna sonora del giorno: i Queen.
E' ovvio.

venerdì 21 marzo 2014

Firenze, in fondo, è sempre stata una città triste. Siamo tutti seriosi, come i figli di'Perozzi. O strafatti, come il Danilo. Gli unici che appaiono belli sorridenti sono i candidati alle primarie del piddì.
Ca**o c'avranno da sorridere, forse perchè sono sicuri che chi passa quelle, è automaticamente sindaco. Visto che gli altri candidano gente improbabile.
Vabbè.
Gli altri felici, in questa città, sono i turisti. Vacanzieri inconsapevoli. Beati loro. Talmente felici che del portiere hanno la considerazione pari alla temperatura dello spazio siderale: zero gradi Kelvin.
1. brasiliani. Mezz'ora davanti al bar a syparsi con i familiari rimasti a Rio. Due ore due di conversazione in portoghese.
Conversazione urlata.
Ovviamente.
2. americane.
1 metro e venti.
Salsicciotti al posto delle gambe.
Gambe bene in evidenza, ovviamente.
Entrano nella hall aprendo il portone con la stessa veemenza con cui lo sceriffo Daggett entra nel saloon dove si trova William Munny: a tutta forza.
Una di loro fa ciao con la manina ma senza girare a guardarmi, poi continuano ad urlarsi nel loro inglese biascicato, ridendo sguaiatamente.
Lasciano il portone aperto.
Indovinate un pò chi va a richiuderlo?
3. Italiani. Check-in.
-La vostra camera è al secondo piano.
La signora prende la chiave. Guarda il suo compagno e gli chiede se ha preso tutto. Si avvia all'ascensore, poi si gira verso il portiere.
Sono passati 3 secondi 3.
-Mi scusi, a che piano è la camera?
Colonna sonora: Def Leppard, Love bites.

giovedì 20 marzo 2014

Firenze è una città che ne ha viste tante.


Barbari che stuprano e devastano
guerricciole tra concittadini divisi per una stupida diatriba politica e capaci di isolare il più grande poeta del mondo
la Wermacht, seconda per cattiveria solo alle divisioni orchesche di Sauron
eccessive quantità di h2o che dilagano per le strade
un migliaio di magrebini che festeggiano 5 gol.


Ma ci sono fiorentini che si meritano tutto questo. Se lo meritano eccome.


C'è una traversa della via ove si trovano gli alberghi per cui lavoro. E' una bella strada, rifatta da poco dal comune. Prima era un disastro di pietre sconnesse, ora è una piccola chicca. Ed è diventata zona pedonale.


Esco dall'albergo alle 7 del mattino, completamente fuso da 8 ore di turno di notte, il terzo di fila. Mi è pure cascata la testa sulla scirvania, per un'oretta circa ho sonnecchiato, e quando mi sono alzato ero un cencio: provateci voi a dormire seduti, con la testa in avanti. E' meglio cercare di stare svegli, datemi retta. Solo che non ce l'ho fatta, così stamani ero a livello zombie.

Attraverso l'incrocio con questa stradina pedonale. L'occhio cade sulle locandine del giornalaio, dove non si parla altro che dello scontro di stasera: la locale compagine di arte pallonara che gioca contro le forze del male, colei-che-non-può-essere-nominata. La frenesia si è impossessata di tutti, qui, ma a me importassai: prima c'ho da dormire e poi occuparmi della prole, con cui sono solo fino alle 22.30, ora a cui tornerà mia moglie dal lavoro. Ed a cui dovrò poi andare io, perchè ho un quarto turno di notte, questa settimana.

Improssivamente, clacson. Forte e potente.

Ora, io sono un tipo sensibile. Normalmente, quando mi sento un clacson a breve distanza, faccio un salto modello Shaq-attack.

Stamani non mi muovo neanche di un micron. Ruoto la testa di 180 gradi e lì si, rimango sorpreso.

Ho un'auto a due millimetri due dalla gamba.

Vuole entrare nella zona pedonale. Si è fermato poco prima di investirmi. Parecchio poco prima.
Dentro, due tizi. Il passeggero mi fa segno di levarmi dai tre passi. Con gesti molto decisi e labiale inconfondibile. Anche piuttosto colorito.

Per circa un paio di secondi, che per me sono durati due millenni, non capisco proprio che sta succedendo. Sia per il mio rincoglionimento totale, sia perchè non mi torna il senso di marcia dell'auto. Mi scanso, come un automa, poi realizzo e mi allibisco. Alzo il braccio con l'indice puntato.
 
Indico il divieto di accesso.
 
E quello dentro, mentre l'auto mi passa accanto e poi sgomma a tutta forza nella zona pedonale, mette la mano con il palmo in avanti. Anche qui il labiale è inconfondibile:

Stai calmo!”
 
Io?
 
Ma io sono calmissimo.
 
Ho appena finito un turno di notte, ho la stessa vitalità di un bradipo 80enne la mattina dopo una sbronza ed annessa notte di fuoco con la Lopez, più calmo di me non c'è proprio nessun altro su questo pianeta, a parte qualche altro collega. Siete voi due dentro che siete agitatissimi e vi state infilando, sapendo di compiere un atto illegale, nella zona pedonale.
 
Rimango lì come un idiota, a bocca aperta, ma sono troppo stanco per mandarli dove meritano.
 
Deficenti. Se stasera si perde, è colpa vostra.

martedì 18 marzo 2014

Domenica mattina, partenze su partenze. Più di 50 camere.
L’urlo di Munch è un lieve sussurro.
Ma sono gentili e sorridono, soprattutto gli italiani. Il lavoro scorre piacevole.
Quasi.

1 - Gustavo è partito.

Ve lo ricordate Gustavo? Ne ho parlato ieri. Quello che mi chiese se potevo andare a prenderli all’altro capo della città e guidarli passo passo fino all’albergo perché non erano capaci di guidare fin qui, scocciatissimo di trovarsi in difficoltà in una città che non conosce, mannaggia a noi fiorentini che non buttiamo giù un centinaio di palazzi per fare vie grandi come autostrade e rendergli la guida comoda; povero cucciolo alle prese con una città rinascimentale, ti manderei a guidare ad Aleppo a schivare i razzi RPG.

Dovevano stare due notti. Sono partiti un giorno prima. Chiedo spiegazioni, ma sono molto generici.

Camere pagate con l’agenzia, io emetto la fattura anche per la seconda notte ed alla via così.

Portano l’auto davanti all’albergo, nel nostro spazio, delimitato da righe gialle e che paghiamo profumatamente al comune, nella speranza che con questi soldi predisponga più piste ciclabili, sistemi le buche nelle strade, costruisca il nuovo stadio. Possibilmente in quest’ordine (son tifoso si, ma ci sono cose più importanti, via).
La Gustava viene a domandarmi dove si trova l’Accademia mentre il marito e gli altri due della combriccola caricano i bagagli. Miracolo, la signora accenna un sorriso, forse si rende conto che è stata una bischerata noleggiare un’auto e contemporaneamente prenotare un albergo nel centro di una città vecchia di un paio di millenni, luogo notoriamente afflitto da mancanza cronica di parcheggi gratuiti. E che non può essere colpa del portiere di un loro errore.

Ma come dihano a Roma: si, te piacerebbe!

La signora ringrazia e fa per andarsene, ma la blocco. Just in case, come si dice in questi casi:

-Ehm… el carro?-

E lei candida, come se fosse la cosa più naturale del mondo:

-Stacionamiento-

Ah, certo. Massì, mettete pure l’auto qui davanti a noi per il tempo di andare all’Accademia a vedere il David. Magari fate anche pranzo e ve ne andate con comodo, a metà pomeriggio. Magari dormite pure in un altro albergo e ve la riprendete domani. Perché non facciamo anche tra una settimana? Due anni? L’inizio del prossimo secolo? E gli altri clienti che vogliono caricare i bagagli prima di partire e tornare a casa?

Ovviamente nego questa possibilità: il posto davanti all'albergo è permesso solo per carico e scarico bagagli. Ho ¾ di albergo che parte e tantissimi di costoro sono italiani arrivati qui in auto. Se anche queste persone vogliono caricare i loro bagagli, hanno il diritto di sostare per metterceli.

Glielo dico in spagnolo, inglese ed italiano, ma capiscono. Spiego alla signora che se vogliono vedere il David, possono parcheggiare sui viali, tanto la domenica è gratuito. Ma il posto mi serve. Serve a tutti gli altri clienti.

Se ne vanno senza salutare.
Ovviamente.


2 - La odio, la primavera.

Ragazza americana bionda della 506, ha una giacca aperta sullo sterno.

Tracce di reggiseno: zero.

Con sforzo estremo, tengo lo sguardo puntato sulle pupille sue e del marito (credetemi, è un grosso sforzo. Ho un unico neurone. Ragiona da uomo. Non posso farci niente, ho solo questo di dotazione standard, come il 99% dei maschi italici).

Mi chiedono di lasciare i bagagli in camera. Sperano di tornare prima delle 12 (orario del check-out), altrimenti il facchino può portarli giù. Ok, nessun problema, l'importante è che siano rifatti, il facchino porta giù i bagagli sistemati, non si mette cerco a trasportare i singoli capi d'abbigliamento sparsi nella stanza, avrei un paio di storie da raccontare su questo problema). Loro assicurano di si, tutto sistemato. Escono. Il io neurone vuole bastonarmi selvaggiamente, non le ho guardato le tette. Non in maniera vistosa, almeno.

Mandano una mail a mezzogiorno, chiedono di far portare i bagagli, ma si scusano... hanno dimenticato di mettere in valigia la roba in bagno.... ti pareva. Vabbè, Luciano mette tutto in un sacchetto. Tornano, prendono la roba e vanno via.


3 – Indiani. Forse c'è speranza.

3a – ragazza indiana. Bellissima. Vestitino a fiori con gonnellina plissettata al ginocchio e spalle scoperte a mostrare una splendida pelle ambrata. Sorride, il che mi fa già pentire di tutte le cattiverie che ho scritto sull'India in questo blog. Ha i tratti di Parminder Nagra, il che mi fa volare con la fantasia che, se non ero sposato, le avrei chiesto un remake di “Bend it like Beckam”: lei fa la giocatrice di calcio indiana, io l'allenatore. Titolo: “Bend it like Borja Valero”.

3b – coppia, sempre indiana. Questi sono parecchio brutti, ma, miracolo, anche loro sorridenti e cortesi, che sta succedendo? La riunione mondiale della gentilezza e cortesia indiana a Firenze? La voglio tutti i giorni.
Mi chiamano sul centralino subito dopo essere rientrati in camera: hanno trovato una bottiglia di spumante, e sono dubbiosi: ce lo hanno messo apposta questi italiani, per addebitarcelo a tradimento? Malgrado la buona educazione non si fanno mancare il sospetto tipico loro.
Rassicuro la signora che lo “sparkling wine” è “complementary”. Semplicemente, l'agenzia ci ha comunicato che sono in viaggio di nozze, e come da contratto, hanno diritto a questa bottiglia inclusa nella tariffa del soggiorno.

-So, we don't have to pay for it?-
-Of course no, madame-
-Really?-
-For sure-
-No charge?-
-No euro-
-We may drink it for free?-
(che palle!) -If you wish. But, if you don't, i will-

E qui finalmente l'indiana si fa una sana risata e lancia quella che mi è sembrata più una minaccia che un invito:

-You may join us.-

Ovviamente ho declinato. A parte che non posso lasciare il bancone, non reggo proprio l'alcool. Specialmente a digiuno.

E, non conoscendoli, non vorrei che quel “join us” contenesse qualcosa di molto compromettente.


4 – Cinese.

Non parla un'acca di qualsivoglia altra lingua.

Mima il gesto di tagliarsi le unghie.

Non so dove si trovino i tagliaunghie (ce li abbiamo, lo scoprirò dopo) perciò gli do le forbici del bancone. Forbicione da carta. Ho solo queste.

Sguardo deluso, ma le prende ugualmente. Mi indica una chiave: presumo che lui soggiorni lì.

Ed invece no, lì ci sono altri cinesi che, alla partenza, non capiscono che rivoglio le forbici. Di quello a cui le avevo prestate, nessuna traccia! Me le ha fregate! Morte, morte e distruzione totale!!!! Rivoglio le truppe inglesi che invadono la cina per costringerli ad aprirsi al commercio dell'oppio! Maledetto!!!! Dopo il turno sono andato in un negozio 99 centesimi a ricomprarle. Di tasca mia ovviamente! E sono pure made in china! *oglione io a fidarmi!

Manderò una lettera infuocata al successore di mao tse-tung, od al vicesindaco di prato! Rendetemi i miei 99 centesimi, mangiagatti a tradimento!

Argh!

sabato 15 marzo 2014

Ho ancora una grande nostalgia di quando le mie figlie, molto piccole, si facevano prendere per mano e guidare fino alla destinazione: il nido, un nuovo giardino, l’asilo, la prima elementare. Posti così. Esclusivi. Più di quelli da vip.
Piccole, tenere manine che agguantano il ditone del babbo, che le accompagna fiero di mostrarle al mondo. Piccoli bambini che si avviano alla scuola con i loro grembiuletti e la sciarpina Viola al collo, orgoglio dei genitori. Accompagnati fino in classe con la raccomandazione “Fai ammodino, mi raccomando”.

Poi, qualche mese dopo, sentirsi dire “voglio la sciarpina di Peppa Pig”, camminare fiere per conto loro ed una volta a 20 metri dalla scuola “ciao Babbo” e via ad agguantare la mano all’amichetta del cuore. Così piccole e così già desiderose di indipendenza.

Mica tutti sono così. Magari. Alcuni sono ancora al livello di “Babbo, mi dai la manina?”

Turno pomeridiano. Telefono.

-Hotel xxxxx, buonasera sono marcello-

Mi risponde un inglese terribile, con forte accento portoghese.

-Mi chiamo Gustavo, ho una prenotazione presso di voi per stasera-

Eh, dai, non conoscete Gustavo? Gustavo dou Brazil? Chi non lo conosce? Quello che sgroppava sulla fascia quando giocava nella Salernitana.

Sto scherzando, non lo conosce nessuno. Ma lui è Gustavo, dà per scontato che la sua fama sia arrivata pure a Firenze. Pure a Vladivostok. O su Cardassia.

Risalgo alla prenotazione in maniera agevole perchè non mancano molti arrivi. Guarda caso su una di queste, oltre al cognome, c’è pure il nome. Due camere per due notti.

-Siamo all’Hotel Mediterraneo, non sappiamo come arrivare da voi, le strade sono tutte chiuse-

E’ sui lungarni, dall’altra parte della città. Come faccio a spiegargli come arrivare qui, ci sono almeno una dozzina di strade da prendere, compresi i viali. Ed ovviamente per lui è arabo, non essendo di Firenze. Già abbiamo difficoltà noi che ci si vive…. Ma ‘un ce l’hai un navigatore? Si, ce l’ha. Perché non imposti il nome della via ed arrivi?

Ok, va bene, gustavo è anche un po’ sfigato: per l’appunto alcune vie nei pressi della Fortezza da Basso sono chiuse perché c’è una manifestazione. Che mi ha fatto pure perdere tempo perché come un deficiente sono rimasto ad attendere l’autobus che non arrivava prima che mi accorgessi di un cartello che diceva che per due ore il servizio sarebbe potuto essere interrotto causa manifestazione. C’erano pure dei volantini di questo storico ed affollato evento: quei quattro gatti stracciamaroni di estrema destra a cui faceva il verso la Caterina Guzzanti. Morte e distruzione! Mi hanno fatto arrivare in ritardo, alle 15.15, argh! (Caterina, perdono, perdono, perdono). Tra loro ed il PMLI non saprei chi sopprimere per primi, anche se probabilmente sono talmente all’estremo entrambi che fanno il giro e si toccano, quindi in buona sostanza sono la stessa cosa.

In ogni caso, siamo a pomeriggio inoltrato, la manifestazione dovrebbe volgere al termine (si spera anche quelli che ne facevano parte). Parti, segui il navigatore ed arrivi, che problema c’è?

Ma Gustavo è in difficoltà.
In forte difficoltà.
Ha bisogno della manina del babbo che lo porta e lo accompagna in classe, ed il babbo è rimasto Rio.

-Ma non è possibile che lei venga qui e ci aiuti ad arrivare all’albergo?-

…..

Lo so che lo avete fatto.
Lo so che avete messo la mano a coprirvi la faccia, un facepalm collettivo, è quello che ci vuole.

Mi rendo conto che è un problema viaggiare in una città che non si conosce, specialmente con un’auto a noleggio. Mi ricordo le difficoltà che passammo l’anno scorso a Munich con la Sara quando cercavamo l’albergo, con le bimbe che protestavano che erano stanche e volevano riposarsi. Ma ce l’eravamo cercata. Ce la cantavamo e suonavamo da soli, com’era giusto che fosse.

Gustavo no.

Pazientemente gli spiego che non posso lasciare il bancone. Che deve arrangiarsi. E’ parecchio scocciato.
–This is a problem-
Si, ma è un tuo problem.
Mi tiene trenta minuti al telefono, e meno male che ho la stagista, Elmedina, che già a 17 anni potrebbe stare al banco da sola e mi aiuta con i clienti, spero che le mi figliole siano brave e capaci allo stesso modo, tra un 10 anni; insiste nel chiedermi come si poteva fare, visto che non gli va neanche di spendere i soldi di un taxi per farsi guidare. Nell’unico modo possibile: imposta la via sul navigatore.
Oppure, visualizza la mappa di Firenze sullo stesso, e poi segui il metodo Jack Sparrow: la x indica dove si trova il tesoro e dove i pirati devono scavare.

Pensate che sia finita qui?

Dopo un’ora mi richiama:

-Ma se io cancello, mi restituite il denaro, così mi pago l’albergo da un’altra parte?-

Elmedina mi guarda con gli occhi spalancati: mi sono appoggiato sul bancone, con la mano sulla faccia. Facepalm 2 la vendetta.
E non vi dico come era piegata in due dal ridere quando dopo le riferii la richiesta del cliente.

Così mi tocca di spiegargli che cancellare alle 18 del giorno stesso dell’arrivo è leggermente tardi, visto che la cancellazione è a 48 ore, quindi in ritardo pure per la seconda notte. Noi, i soldi, ce li prendiamo ugualmente: mandiamo fatturina all’agenzia e tanti saluti.

Alla fine arrivano, due coppie della mia età. Colmi di bagagli come solo i brasiliani possono essere (i brasiliani portano pezzi del loro paese con sé, almeno 7 valigie a cranio pesantissime, sono convinto che abbiano terra del loro paese, da usare per essere seppelliti in caso di dipartita durante la vacanza). Decisamente, loro, i consigli elfici sul viaggiare leggeri, non li tengono nel minimo conto.

Comunque ripeto: a quest’età, sarebbe bene liberarsi dalla tutela dei genitori. Ed imparare a cavarsela da soli.

Anche perché mica possiamo essere noi portieri a fare da surrogato…

Ps. Gustavo, ovviamente, è di fantasia.
E non giocava nella Salernitana.
Anche se ha un pancione come quello che aveva Ronaldo due mesi dopo aver smesso.

Ps.2 ce ne sarebbe un’altra di storie, che è pure peggio, ma me la riservo per domani.

giovedì 13 marzo 2014

Non ha importanza la nazionalità.

In casi come questi, c'è un solo tipo di persone che non compie atti di maleducazione: i giapponesi.

I giapponesi sono, tutti, senza eccezione, le persone più educate, simpatiche, cordiali, gentili che questo quadrante stellare abbia mai prodotto. Se trovate un signor Musashi o Irakawa che si comporta da maleducato, è un immigrato di almeno 3-4 generazioni in un paese sudamericano. Ma quelli originali del Sol Levante sono, semplicemente, il cliente ideale. L'unica cosa che mi sento di dirgli è: みんなさん, どもありがとうございます.

Quindi non vi parlerò dei giapponesi.

Come ho detto, in casi come questi, giapponesi esclusi, non è la nazionalità che conta.

Turno qualsiasi, giorno qualsiasi.

Sul bancone, una piantina di Firenze. Di fronte, turisti ansiosi di sapere dove andare, cosa visitare. Sono nel momento topico del mio lavoro, la parte che più mi piace: questa è la mia città. Questa è la mia Firenze. Orari degli Uffizi? Eccoli. Piazzale Michelangelo per foto del profilo immortale della città? Pronti gli orari del 12 con ritorno (ataf e traffico permettendo, ovviamente). Giardino di Boboli? Ma certo, ecco a voi le informazioni che vi servono per visitarlo. Orari di treno e/o bus per Pisa e/o Siena? Li stampo in un battibaleno, signor*.

Tutti gli altri clienti devono attendere il proprio turno. E' ovvio che non impiego 3 ore a dare una spiegazione. Spesso devo fare in fretta perchè ci possono essere altri clienti che hanno bisogno di informazioni, ma nella maggior parte dei casi i turisti sono persone educate e pazienti.

Nella maggior parte dei casi, appunto. Purtroppo, non tutti lo sono. Certuni avrebbero bisogno di un corso rapido di rieducazione. In una remota località siberiana. A Gennaio. In bermuda.

Mentre sono lì impegnato a circolettare a penna, sulla piantina della città, la posizione dell'albergo e di tutti i monumenti più importanti, mi appare davanti agli occhi lo schermo di un telefonino.

Sopra, una pagina web di un centro di prenotazione. Uno dei tanti.
Alzo gli occhi con l'espressione sorpresa dei marinai americani a Pearl Harbour quando gli cominciarono a piovere le bombe addosso.

E pronuncio anche la stessa esclamazione: what the f...????

Davanti a me, un essere qualsiasi, infimo prodotto di questo pianeta nonché massimo esemplare di maleducazione e menefreghismo verso il prossimo, sgomita e letteralmente sposta di lato il cliente che stavo servendo, che lo guarda con espressione fantozziana da “com'è umano lei”.

L'essere infimo ha il braccio allungato verso il sottoscritto. All'estremità, appunto, il suddetto apparecchio tecnologicamente avanzato, puntato a pochi centimetri dai miei occhi.

“I have a reservation!”

L'ho scritto in inglese, ma potrebbe essere una qualsiasi lingua del globo terracqueo (ad eccezione del nihongo, appunto). D'ora in poi proseguirò in italiano.

Voce insistente, imperiosa, come se fosse l'unico cliente del pianeta. In un certo senso lo è. Dal suo punto di vista non esistono altre persone su questo sistema solare: lui ha appena prenotato, lui e soltanto lui ha diritto.

Il resto del mondo?

Quale resto del mondo?

Ci sono solo due persone rimaste: lui ed il portiere che deve dargli la chiave della camera. Subito. Ora.

Ed io mi sento montare dentro la rabbia.

Un giorno, quando deciderò di smetterla con questo lavoro, afferrerò il telefonino di uno di questi tipi (ce ne sono sempre, almeno uno a settimana) e lo scaraventerò fuori dal portone, proprio in mezzo alla via, a beneficio degli pneumatici delle auto in transito. Possibilmente tante. Preferibilmente un corteo nuziale, con tanto di clacson.

Dicevo: l'ira funesta è in accumulo nei miei centri nervosi, ma decido di cagarlo zero. Riprendo a dare spiegazioni, sulla piantina, a chi era prima di lui.

Quello ovviamente non capisce. Non può capire, non può arrivarci.
“Ho una prenotazione!”

“Guardi, capisco che lei abbia prenotato ora e voglia la sua camera, ma come può vedere, c'è una persona prima di lei. Può gentilmente aspettare il suo turno?”.

“Ma io ho prenotato ora!”

“Ed ha fatto male. Se fosse entrato e, in maniera cordiale e gentile, come ogni persona corretta di questo mondo di cui lei non fa parte, mi avesse chiesto il prezzo di una camera, le avrei fatto una tariffa più bassa di quella che ha appena fatto su internet, perchè noi paghiamo la commissione al sito internet su cui ha prenotato, e se pagava direttamente a me, le avrei scontato il 90% di quella commissione”

Silenzio. Non capisce.

E' ovvio, come posso pretendere anche io di fare un discorso del genere ad una persona con la CPU cerebrale perennemente posta su off?

“Se può gentilmente attendere, finisco con questo signore che era prima di lei”

“Ma io ho prenot..”

“FINISCO CON QUESTA PERSONA E SONO DA LEI, PUO' GENTILMENTE ATTENDERE, GRAZIE!”

Il cliente che avevo davanti, intimorito dall'egoismo del tipo e dall'espressione da gestapo del portiere, azzarda un “Non importa, doesn't matter, lasci fare, io...”

Ed io, col mio miglior sorriso:

“Lei era prima, le dò le informazioni che mi ha chiesto, come è giusto che sia”

E lì mi contraccambia il sorriso. Fantozzi che trova una persona che gli dà la giusta e meritata considerazione. Mentalmente fa anche una linguaccia al tipo/a che voleva prevaricarlo.

Il quale non la prende affatto bene.

Finito di ottenere le informazioni (che a quel punto fornisco con estreeeeeema calma) che gli occorrono, il cliente se ne va sorridendo; quindi vengo letteralmente aggredito a colui/colei col telefonino:
“Il numero di prenota....”

“Buonasera, posso gentilmente avere il suo nome?”

Si blocca, sorpreso/a.

Ho osato interromperlo/a.

Poi riparte con il rombo e la velocità della Red Bull di Vettel:

“IL NUMERO DI PRENOTAZIONE E' XXXXXXXXXX.”

Poi mi guarda tronfio. Io prenotato. Tu dare me camera. Tu dare me chiave. Uga uga.

Il problema è che non posso trovare una prenotazione con un semplice numero.

“Mi scusi, non sono un matematico, non posso sapere tutti i numeri di prenotazione di ogni camera dell'albergo, non ci riuscirebbe neanche Albert. Qui si va a cognomi. Mi dica sotto che cognome ha fatto la prenotazione e la cerco. E, a proposito: buonasera”

Mi guarda con aspetto tra l'interrogativo e l'inca**ato andante.

Non capisce.

E poi chiede, come se fosse una domanda logica da fare:
“Quale cognome?”

Veramente, ci sarebbe da chiedersi come sia possibile che l'umanità sia riuscita ad arrivare sulla Luna. Non è grazie a gente di questo tipo. Fosse per loro saremmo ancora a dare fuoco alle donne che non hanno la gonna che gli copre financo l'alluce del piede. Anzi, no, saremmo ancora a batterci con le tribù nemiche a colpi di bastone. Wilmaaa! Dammi la clavaaaa!

“Lei ha fatto una prenotazione, giusto? Quindi ha dato il suo cognome per effettuarla. In sostanza le sto chiedendo come si chiama. Lei chi è?”

E vorrei tanto aggiungerci: un fiorino.

Tralascio il resto: alla fine riesco a fare il check-in al supercafone, che ovviamente non sorriderà mai; entrerà ed uscirà dall'albergo senza mai dire né buongiorno o buonasera od arrivederci, convinto imperterrito di essere nel giusto nel passare avanti a tutti perchè ha appena effettuato una prenotazione con il telefonino, l'atto più intelligente che sia mai riuscito a compiere nella sua vita dopo allacciarsi le scarpe e/o premere il bottone del water, cose imparate solo verso i 15 anni. Semplicemente gli chiesi il documento, così da capire chi avevo davanti (Mr. Smith, o Mr. Chen, o  Mr. Zyriakov, od un signor Rossi, tanto sono tutti uguali) e trovare la prenotazione sul sistema.

Il cliente a cui stavo dando informazioni, un americano di mezza età, ed a cui avevo dato la priorità mettendo nell'angolo il supercafone che voleva passargli avanti, mi sorriderà amabile per tutto il soggiorno. Poi, poco prima della sua partenza, mi chiede come mi chiamo. Dopodichè mi stringe la mano come solo gli americani sanno fare (stritolandola) e mi fa:
“Marcello, you are the number one!”

Ed io penso che, malgrado i supercafoni, amo questo lavoro.

martedì 11 marzo 2014

Certe storie non so proprio come definirle.

Sono eventi che mi lasciano, a dir poco, sconcertato. Semplicemente, lascio fare il buon senso e cerco di comprenderne la logica brutale. E non sempre ci riesco. Effettivamente, quasi mai.


Turno di domenica mattina, hotel pieno il sabato notte, quindi mattinata di partenze.Due camere, due coppie di italiani del nord sulla settantina. Scende la prima camera, check-out e si siedono sul divano davanti alla hall; apparentemente simpatici e tranquilli, sono contenti del soggiorno. Lui sfoggia due baffoni modello manubrio, che fanno pandan con la nuova guerra di Crimea: il ritorno dell'ottocento. Purtroppo la parte peggiore, cioè tutto ma senza l'impressionismo.


Come d'uopo tra maschi italici dai 5 anni in su, il discorso verte subito sull'arte pedatoria, e comincia bene: ci augura la miglior sorte nello scontro con colei-che-non-può-essere-nominata (sapete già come è andata a finire, purtroppo non è mai come nelle favole: Harry Potter è stato ucciso da Voldemarotta). Si lamenta della sua squadra, il milan, sconfitto nell'incontro del sabato sera. Ed ha già un responsabile:


-Eh... certo... anche quel negher, lì...”


Non ci vuole molto a capire di chi sta parlando.


Ok, non è che sia particolarmente simpatico neanche a me (a dire il vero è proprio la squadra in cui milita che non mi è simpatica, ma non posso dirglielo. Sono un portiere fiorentino molto professionale), e provo a rammentare che, in fondo, un paio d'anni fa, sfondò la porta dei crucchi (che è sempre un bel piacere). Ma lui tira giù il carico da 11:


-E' che la nazionale dovrebbe essere composta solo da italiani-


Rimango un po' interdetto da cotanta affermazione, e lì per lì mi viene da ribattere semplicemente che:


-Beh, siamo in un mondo libero-


E quello se ne viene fuori con una definizione tirata fuori direttamente dal ministero del minculpop:


-Ehhhh... non dovrebbe esserlo-


Firenze, Italia, 1814.


A pensarci bene si dovrebbe togliere il mille e lasciare l'ottocentoquattordici. Duecento anni fa il Granducato era già più avanti.


Quasi quasi ai prossimi mondiali tifo per la Germania di Mario Gomezze.



venerdì 7 marzo 2014

Storie belle, storie belle, storie belle.


Ne ho un bisogno fisico e morale profondo ed impellente. Ho bisogno di storie belle come la Viola (alla vigilia di incontrare colei-che-non-può-essere-nominata) ha bisogno di un attaccante in ottima forma fisica e/o con i legamenti sani.


3 agosto, turno di pomeriggio.


Arrivano due signore tedesche, madre e figlia, bionde, lei molto distinta sui 50, figlia sui 25, belle donne (come mi faceva notare mia moglie, ci sono tantissime coppie formate da madre e figlia, soprattutto europee). Mi danno il voucher, ma il loro nome non è nella lista arrivi del giorno. Eppure il loro nome non mi è nuovo. Le signore mostrano subito segni d'impazienza perchè non gli fornisco la chiave della camera e “I don't find your reservation”. E sicuramente è colpa mia, si sa, noi italiani siamo così disorganizzati... Ad un certo punto ricollego il cognome, che era lo stesso del numero due del Reich (ah, quanto adoro la storia) e ricordavo bene perchè neanche un'ora prima avevo ricontrollato le prenotazioni e gli arrivi dei prossimi giorni. Quindi vado nel retro, prendo la pratica cartacea e torno al banco dalla signora.


Le mostro il voucher: -Lei ha prenotato una doppia dal 5 agosto. Neanche risponde, fa appena un cenno. Mbè, che vuoi, la medaglia? Dammi la camera, piuttosto. La figlia (bellissima ragazza bionda) continua a girellare nella hall guardandosi intorno ed attendendo. 

E lì sparo la bomba. -Oggi è il 3 agosto, signora.


Se il 3 agosto avete sentito un BONK provenire da Firenze, era la mascella della signora che sbatteva sul bancone. A quel punto mi sono messo a servire altri clienti, mentre madre e figlia confabulavano. Pur non parlando tedesco ho subito capito che avevano clamorosamente toppato le date del loro soggiorno, perdendo due giorni a Roma e guidando fino a Firenze con due giorni d'anticipo (quel che mia moglie mi ha fatto notare è “ma a Roma non gliel'hanno detto che partivano due giorni prima?” ed ha ragione). Completamente sotto schoc, non sapevano che pesci pigliare, mentre io ed Ettore attendevamo una loro decisione. Perciò ho preso l'iniziativa ed ho proposto alle signore due possibilità:  

-dato che stavano ben 5 notti, lunedì chiamare l'agenzia in Germania per vedere se potevano cambiare la prenotazione: invece che dal 5 all'11, dal 3 al 9, tanto la tariffa a noi non cambiava (e potevamo rivendere la doppia venerdì 9 e sabato 10 a prezzo più alto, dato che eravamo già completi il 3 agosto);

-restare due notti in più da noi a pagamento diretto (doppia scontata del 15% sulla tariffa internet).


E nel mentre ci pensavano ho dato loro l'ultima doppia disponibile (che per fortuna loro avevo ancora pur avendo provato a venderla a passanti anche ad un buon prezzo!); sono salite meste, seguendo Ettore che gli portava i bagagli e gli mostrava la strada, e sono scese dopo per andare a cena senza neanche salutarmi. E lì per lì pensavo: ora danno la colpa a me per il loro errore.


Invece no! Nei giorni seguenti erano rilassatissime. Assorbito il colpo hanno teutonicamente accettato l'errore e si sono godute 7 giorni di afa fiorentina entrando in tutti i musei e le chiese possibili, sempre sorridendo e salutando educatamente. 

Il giorno prima di partire la madre scende e mi dà 7 € di mancia scusandosi per il brusco atteggiamento dell'arrivo. Dopo un'ora scende la figlia e mi dà altri 5 €

-Guardi che sua madre mi ha già dato una mancia.-

-Lo so, ma questi sono da parte mia perchè lei è stato gentilissimo-


Piccole grandi soddisfazioni di questo lavoro  

ps. anche Ettore ha avuto la sua giusta mancia. Cercatelo su fb o google: Mr. Ex. Fa un rap da paura. Quando non lavora in albergo, ovvio.