lunedì 29 dicembre 2014

Questo è quel che scrissi due annifa, alle 6 del mattino del 1 gennaio 2013, dopo il turno di notte.

Finito anche questo turno di notte, i vandali hanno scorrazzato per la via, che ora è una discarica a cielo aperto.
Dipendesse da me, sarebbero a festeggiare nel gulag, a meno 30. In bermuda.
Renzi, mannaggia la miseria, basta concerti di fine d'anno! Coi soldi che si risparmia per le pulizie delle strade la mattina dell'1 gennaio, ci si faceva lo stadio novo!

Solidarietà ai colleghi che, come me, si sciropperanno la notte del 31. Non è per il turno in sè, in fondo è una notte come un'altra. Molto peggio mia moglie o la mia collega Caterina, che sono pomeriggio il 31 e la mattina del 1 Gennaio. Che è come andare a Londra a vedere Cats e scoprire che è stato sostiuito con un conerto di Gigi D'alessio.
Quel che fa rabbia è il disastro che si verifica durante la notte.

Morte a vandalizzatori. E buon anno.

ps. Ovviamente quest'anno niente Renzi. Abbiamo i'Nardella. Che si premura di riferirci di non usare l'auto. E non uscire di casa. O, se proprio dobbiamo, usare l'auto ma non uscire di casa. Ma almeno una cosa giusta l'ha fatta: niente concerto di capodanno al piazzale della stazione. Un pò più di pace dovrebbe esserci. Il problema sarà resistere ai brindisi che ogni cliente, rientrando, vorrà fare con il portiere. Ed io, con l'alcol, ho lo stesso rapporto che c'è tra renzi e la camusso: litigio ad oltranza.

baci a tutti

giovedì 25 dicembre 2014

Come se non scrivessi abbastanza e non avessi sufficienti storie da raccontare, insisto a sfruttare i ghost writer e le storie in appalto. Questa arriva da Viviana, collega di un altro albergo ed altra città, conosciuta tramite il gruppo "crazy hotel".

Italiani e centri benessere. Nonostante in questo paese non manchino strutture con servizi spa e centri termali, c'è sempre la categoria che si approccia per la prima volta a questo tipo di vacanza. Spesso con aspettative potrei dire sovrannaturali, come se si apprestassero a vivere un'esperienza subliminale. Alcuni si documentano prima per fare sfoggio di sapienza wikipediana, altri ti chiamano ed ammettono di essere vergini in materia. La prima categoria è la peggiore, mentre spieghi i servizi che offre la tua struttura ti interrompono per dirti che sì, ovvio, sono frequentatori dei centri benessere e sanno tutto. I vergini danno più soddisfazione, ascoltano meravigliati cosa troveranno nel centro benessere e non importa se hai la sauna finlandese, il bagno turco o la doccia azerbaigiana. Per loro comunque resta una figata.
Stamattina mi telefona una signora, una di quelle tutte ehm, uhm e ohm. Due parole e dieci ehm che annaspano alla ricerca del vocabolo successivo. Vuole informazioni sul centro benessere. Parto con la descrizione, ma mi ferma subito.
- Avete la vasca?
- Certamente, abbiamo un'ampia piscina idromassaggio.
- No, no, io cerco la vasca idromassaggio.
- Sì, abbiamo una bella piscina idromassaggio.
- No, non ci capiamo. Io voglio una vasca rotonda piena di bolle.
-... La piscina ha forma rettangolare, è molto ampia, interamente fornita di idromassaggio.
- Ma no, se è piscina non può essere idromassaggio. In piscina non ci sono bolle.
- Signora, la piscina, o vasca se preferisce chiamarla così, è dotata di idromassaggio su tutti i lati, su livelli diversi in modo che ci si può sedere, stare in piedi (nel suo caso l'ideale era in ginocchio con la testa sott'acqua per almeno dieci minuti), la profondità è diversa su ogni zona.
-... (momento meditazione e metabolizzazione delle informazioni ricevute). Ma le bolle allora come vengono prodotte?
Vengo io signora. Mi siedo nella vasca e scorreggio. L'aroma terapia la offro io.

lunedì 22 dicembre 2014

Lavorare sabato e/o domenica non è poi quella gravità o problema particolare. E’ lavoro. Va fatto, se si vuole sfamare la bestia chiamata mutuo. Ci si organizza e si vive ugualmente. Vedendo poco le figlie che, aimè, hanno il grave difetto di frequentare posti dalla malsana abitudine di essere chiusi il fine settimana.


1 Ragazzi di lingua spagnola.
Capisco che non sono spagnoli, perché penso di saperlo abbastanza bene. Sudamericani. Sono 6 e tutti giovani. E ripresi i bagagli (sono in partenza), si piazzano per un’oretta buona davanti al bancone. Con schiena e gomiti appoggiati sopra. A parlare.
Una meraviglia, roba da desiderare di essere al concerto di Gigi D’alessio.
Però ad un certo punto uno dei tizi tira fuori una maglietta appena comprata. Nuova, originale (ha l’etichetta attaccata) con quel colore stupendo che amo dalle 6 ed un minuto del 06/06/1970: il Viola.
E sul retro la scritta “M. GOMEZ”.
Osservano ammirati la maglia, poi mi guardano.
Te gusta?”
Pues, claro que si!” (ma me lo chiedi pure?)
Qui es mejor? Gomez o Cuadrado?”
Sono spiazzato. Effettivamente Marione da un po’ di tempo non realizza molto. Diciamo pure punto. Ma anche Cuadrado non ha un periodo di grande forma.
Bueno… Gomez es muy fuerte… pero quando Cuadrado es en forma, es increible!”
E parte un coro “Colombia, Colombia!” che sembra d’essere a Bogotà.
Sono colombiani, ormai è assodato.
Non paghi, dopo un po’ si voltano verso di me e cominciano a farmi domande:
Qui es el mejor? Neuer o [nome che non conosco]”
Rimango un po’ spiazzato e gli chiedo di ripetermi la domanda. Questo me la ripete, specificando che il nome che non ho capito è il portiere del Borussia Dortmund.
Ahhhh, sisi, claaaaro! Neuer, por cierto!”
Ovviamente sparavo a caso.
Il ragazzo che mi ha posto la domanda, insieme ad altri due, esulta manco avesse appena segnato in finale. Gli altri assumono un’espressione da “Ma che ca**o dici!”, ma guardandosi bene dal guardare verso di me.
In ogni caso il gruppo è ormai partito in quarta, eleggendomi ad unico e vero giudice delle sfide tra singoli giocatori tra chi è meglio di tizio e caio. In una mezz’ora mi hanno posto una trentina di domande a cui ho sempre risposto a caso, provocando disappunti ed approvazioni varie. Eccone alcune:
Messi o Cristiano Ronaldo” (Ronaldo)
[Nome che non conosco] o Falcao” (Falcao. Ho capito che esiste un altro Falcao dopo quello che giocava in Italia negli anni ’80).
[Nome che non conosco] o Ibraimovich” (Ibraimovich)
Più un sacco di altre, quasi tutte con nomi che non conoscevo. Il che mi ha fatto capire molte cose sul mio seguire il calcio.
Poi per fortuna la sequela è finita e sono partiti, anche perchè non potevano tenermi bloccato per ore; sono a lavoro, mica in vacanza come loro. Ho da fare. Due battute di calcio le scambio anche volentieri con tutti, clienti, colleghi o proprietario, ma che siano due di numero, poi ci si rimette a lavorare. Comunque i 6 colombiani escono. Prossima destinazione: Roma. Caro collega portiere romano: preparati alle domande sul calcio. Ma comunque ricorda: se vuoi farteli amici, Cuadrado è il più forte di tutti. Pure di Totti o Klose.
Foppeddittelo.


2 Maria.
Vi scrivo il nome vero, tanto il 90% delle iberiche si chiama Maria.
Scende al bancone a chiedermi aiuto. Deve chiamare un’amica, ma non sa come fare. Sul display appare il numero, e lei mi spiega, parlando senza soluzione di continuità, che una voce in italiano le dà numero errato. Eppure lei digita il prefisso spagnolo, 0034, ed il resto del numero, ma non riesce a chiamare.
Maria, le dico in spagnolo, interrompi il fiume di parole con cui mi stai travolgendo, e lascia che ti spieghi una cosa che non sai, non puoi sapere: è ovvio che non riesci a chiamare. Il 34 che vedi non è il prefisso del tuo paese, ma i primi due numeri di un cellulare italiano. Perché alcuni cellulari italiani iniziano con 34. Pure il mio, tanto per dire.
Mi osserva con la bocca aperta, neanche le avessi riferito che “si, le scie chimiche sono vere” od altre bufale del genere. “En serio!” Giuro, è davvero così.
Ed a quel punto, viene dietro al bancone.
Mi ringrazia sentitamente.
E mi prende la mano. Me la stringe calorosamente.
E viene molto vicino.
Molto.
Un'intimità che, normalmente, provo da una quindicina d'anni con una sola persona.
Mi sposto un po' a distanza, e lei mi segue pure.
Ok, sei una donna spagnola simpatica, calorosa, pure piacente. Ma devo tenermi a distanza: intanto sono sposato, fattore fondamentale; unico, oserei dire. Poi sono al lavoro. E con i clienti la professionalità è d'obbligo.
Dopo un po' che Maria se n'è risalita in camera, mi chiama mia moglie per chiedermi alcune cose. Ed io ho il difetto di essere un libro aperto. Specialmente con lei. Le dico tutto.
-Ora vengo lì e le faccio vedere Firenze per bene. Dalla terrazza. Di là dalla terrazza! La volo di sotto!-
Lo dice, come sempre per quella splendida persona che è la Sara, scherzando.
Ma sarebbe capacissima.
Maria, mi devi la vita.


3 Gruppo cinese, 22 persone.
Un po' caciaroni, ma abbastanza organizzati. La capogruppo parla inglese, ed ha la lista clienti completa di passaporti e date di nascita. Ok, do' le chiavi e lei segna i numeri di camera. Poi gli chiedo la lista per poterli registrare sul gestionale.
Mi passa la lista.
In cinese.
Ehm.. signora, avrei bisogno della lista in caratteri latini.
Mi guarda un po' spaesata, poi si rende conto che tra gli occidentali ci sono ancora un 99% di persone che non conosce i loro ideogrammi. Il problema è che la lista con i nomi nei nostri caratteri NON HA i numeri di camera.
Mi chiede se è una cosa importante.
Beh, se qualcuno chiama per sapere dov'è il signor Fang, so in che camera sta. Altrimenti diventa leggermente problematico.
Quindi lei comincia a scrivere, ma si trova in difficoltà. Sembra pure scocciata. Capisco che è un lavoro, ma sappia: se lei o qualcun altro cerca un tizio, è sicuro che non è nella camera in cui lo sto registrando.
Così si mette lì d'impegno e dopo una mezz'ora, finalmente, ce la facciamo. Mi dà la lista dei clienti in caratteri latini dove, accanto ad ogni nome, c'è il numero di camera in cui si trova.
Salgono in camera ed io completo il check-in. Poi lei scende e cerca, per l'appunto, il signor Fang. Le passo la lista. Via al telefono, chiamiamo in camera.
Ovviamente lì non c'è il signor Fang.
Dov'è?
Signora, non guardi me. Lei ha trascritto i numeri di camera accanto ai nomi.
Come immaginavo, per abbreviarsi il lavoro, li aveva segnati a caso. E' praticamente impossibile che abbia beccato un nome ed un numero giusto. Gli tocca di salire a cercarlo camera per camera.
Non mi sono messo a sistemare le persone nelle camere effettive. Il check-in l'ho fatto, devo andare avanti, perchè ci sono altri clienti da servire, prenotazioni da inserire e quant'altro. Ed i cinesi mi scendono chiedendomi, un centinaio di volte, codice wifi e piantina della città. Se la capogruppo vuole sapere esattamente in che camera sta tizio o caio, se li cerchi da sola.
E c'ha pure impiegato mezz'ora, a trascrivere i numeri sulla lista.


4 A Firenze, di cose brutte, ne abbiamo avute veramente tante.
Guerre civili.
Peste nera.
L'assedio spagnolo.
La Wermacht.
L'Arno che se ne va a giro per il centro.
Lo 0-5.
Il lavori della tranvia.
Ora, tanto per non farci mancare niente, abbiamo anche il terremoto.
La faccio breve.
Chiamano all'albergo dove lavora mia moglie. La Sara è in turno.
La signora dall'altro capo della linea deve venire a Firenze, ma è preoccupata, e pone questa unica, strabiliante domanda:
Ma che previsioni ci sono? Ci saranno altre scosse?”
Cari colleghi portiere d'albergo. Di Firenze od ovunque nel pianeta.
Non basta dover conoscere alla perfezione sistemi informatici per configurare apparecchi vari dei clienti sul wifi.
Non bisogna solo dover parlare 27 lingue perchè molti clienti si ostinano a non voler imparare due parole d'inglese.
Non è più sufficente avere le previsioni del tempo da qui all'autunno del 2015, come qualcuno ci ha chiesto, e più d'una volta.
Ora bisogna pure fare qualcosa che neanche i sismologi fanno: prevedere se vi saranno altre scosse.
Facepalm. Ora. Subito.

sabato 20 dicembre 2014

Joe Dante ne aveva fatto dei cosini piccoli, teneri e pelosi. Che non vanno bagnati ed a cui non va dato da mangiare dopo mezzanotte.

Nella realtà, sono una popolazione umana vera e propria. In carne, ossa e stracciamento di maroni a livelli stratosferici. Perchè quando si impegnano sono davvero esperti in questo settore.

Prenotazione di una serie di camere, tra cui una doppia con culla, per un totale di circa 6 persone.

Arrivano verso sera, e ci si accorge che, come diceva il loro timoniere, hanno fatto il grande balzo in avanti: sono quasi il doppio. O, come disse giustamente Ettore: si sono bagnati sotto la pioggia nel tragitto fin qui, e come i gremlins, si sono moltiplicati.

Ovviamente il loro inglese non è elementare. E' semplicemente assente. E Maurizio tenta in ogni modo di fargli capire che, per tutti quelli che sono, devono pagare svariati supplementi.

Sembra che lo capiscano. In particolare che la culla è difficile da dare ad un ragazzo che sulla faccia ha protuberanze dotate di vita propria, magari desiderosa di conquistare il mondo. E quindi Ettore verrà a portare via la culla e mettere un terzo letto. Da pagare, ovvio.

E quindi, baldanzon baldanzoni, Ettore arriva alla camera incriminata con il letto, comprensivo di materasso, a cui va solo applicato apposito telo coprente usato anche dai cattivi di Scoobi-doo: il lenzuolo.

E bussa alla camera.

Nessuno risponde.

Che cosa curiosa, pensa il mio amico e collega facchino, accarezzandosi il mento ed osservando la porta della camera: Maurizio ha appena detto a questi tizi che io arrivavo a portargli l'occorrente, e questi non mi aprono. Che evento strano, che accadimento particolare.

Sto scherzando, è ovvio. Ettore è molto scocciato. E' a lavorare. Si sta facendo, come sempre in questi momenti, un discreto mazzo per pulire e spolverare hall e corridoi, oltre a portare valigie pesanti 27 quintali a clienti che non rilasciano mance, e trasportare roba come, appunto, letti. Ed ora è bloccato da questi pirla.

Ribussa. Ed ovviamente, nessuna risposta.

Perciò, con quell'espressione un po' così da chi vorrebbe avere sotto mano Sun-Tzu per spiegargli bene l'arte della labbrata, afferra il walkie-talkie:

-Maurizio, ma quelli della xxx sono usciti?-

-No, mi risulta che siano dentro-

-Puoi chiamarli dal centralino, così gli dici che ho il supplemento? Altrimenti tanto vale che posi il letto sul pianerottolo e mi faccia una pennichella-

Detto fatto, “baffo” Maurizio chiama la camera dal centralino del ricevimento. Ed Ettore può chiaramente sentire il telefono squillare dall'interno. E nessuno risponde.

Non si può stare ad aspettare i comodi degli altri. Siamo a lavorare. Stiamo svolgendo un servizio. E non possiamo aspettare troppo perchè le cose da fare si accumulano. Ed infatti, in quel momento, proprio quando Ettore stava per aprire la porta con il pass, arrivano altri clienti.

Mauri chiama Ettore sul walkie-talkie e gli chiede di fare l'arrivo, cioè scendere per portare i bagagli ed accompagnare i nuovi clienti nella camera loro assegnata. Ed ovviamente deve smollare letto e materasso lì sul pianerottolo. Non è il massimo, ma come si fa? Ettore deve scendere rapidamente, e nel tempo che percorre le scale, Maurizio accoglie i clienti, registra i documenti sul gestionale e gli fornisce mappa di Fi e codice wifi. Poi è il turno del nostro facchino-musicista, che li accompagna in camera, con la neanche tanto celata speranza che questi clienti forniscano un'adeguata mancia.

Fatto tutto ciò, si torna al pianerottolo per risolvere la questione del supplemento da mettere nella camera dei cinesi.

E lì Ettore ha una sorpresa unica.

Letto e materasso sono spariti.

Avete visto Ettore. Ha un paio di foto su questo blog.

Immaginatevi la sua faccia che diventa come quella di Alex Drastico:

Ma chi?

Ma come?

Ma che cazzo?

E nel frattempo il Mauri continua a tempestare di chiamate la camera, che ormai il telefono sta per fare come il nocciolo del reattore 4: fondere. E nessuno risponde.

Ettore scende, Maurizio è sempre lì che chiama senza risposta. Stufo, riattacca.

Si guardano negli occhi.

Ed ora che si fa?

Ed in quel momento, arriva una chiamata da un interno.

-Bed, please-

In inglese, Maurizio gli chiede se il letto se lo erano presi da soli da pianerottolo, perchè Ettore bussava e nessuno rispondeva. -I called you in room but you didn't answer-

-Bed please-

Si, ok, ora Ettore sale, ma il letto ce lo avete voi?

-Bed please-

Niente, non c'è verso di capire. L'unica è andare a verificare di persona, perchè da questi non si ricava il classico ragno dal classico buco.

Ettore sale e bussa. Stavolta, finalmente, si degnano ad aprire, ed Ettore vede letto e materasso dentro la camera.

-So, you took it! Why you didn't answer?-

Il cinese lo guarda e risponde nelle uniche due parole d'inglese che conosce:

-Bed please-

I neuroni di Ettore disegnano nella sua testa una sparatoria che anche Tarantino, a vederla, direbbe “No, dai, questa è troppo sanguinaria”. Incazzatissimo, va a prendere le lenzuola e gli rifà il letto.

Mancia, ovviamente, zero.


mercoledì 17 dicembre 2014

Ma in fondo la questione è semplice, quasi banale.

Se la sera prima non si era, aimhè, completi, è ovvio che si hanno camere libere e pronte anche alle 7 del mattino. E quindi fare il check-in molto presto.
E capita, perchè il mondo è strano e Murphy aveva maledettamente ragione, che si abbia una giornata di pochissimi arrivi e questi si presentino tutti alle 7 del mattino. O che se ne abbiano tantissimi, e si presentino, tutti assieme, alle 7 di sera (e non sono neanche gruppi, ma individuali).

Ma il problema non è quello.

Il problema vero, serio, quello che ti fa gridare al napalm come panacea di tutti i mali, sono le persone che, al mattino, dopo un giorno precedente di completo, un full booked che ti fa ben sperare sulla crisi alla faccia delle litigate tra matteino, silvietto e sindacalisti vari, queste persone, dicevo, si mettono ad urlare e sbraitare nella hall perchè le camere non sono ancora pronte. E malgrado l'orario del check-out non sia ancora arrivato e chi aveva le camere giustamente ne gode perchè le ha pagate, queste pers... no, scusate, questi strunz pretendano pure di buttar fuori la gente e dargli una camera. Subito. E che sia la migliore.

Napalm, appunto.

In queste situazioni migliori di tutti, i più deliziosi, sono gli austriaci.

I discendenti di Strauss e Cecco Beppe prenotano sempre e solo con agenzia ed arrivano a Firenze, regolarmente, con il treno. Che ferma a SMN la mattina. Alle 6 in punto.

Basta leggere il cognome e l'agenzia sulla lista arrivi e si può star sicuri che, alle 6.15, suoneranno il campanello.

E lo suoneranno, perchè loro ragionano così: alle 6 (e 15) del mattino, può essere che il portiere di notte si sia chiuso dentro, quindi, prima di tentare di aprire un portone chiuso a chiave, proviamo a bussare o suonare un campanello.

Si chiama cervello.

Con i miei (nostri) concittadini capita il contrario. Loro escono nottetempo ed io li avverto che mi chiudo dentro, e quindi devono premere il pulsantino.

Ma poiché i miei (nostri) concittadini non usano il cervello, perennemente posto su “off”, al rientro tentano di aprire la porta. E si sorprendono che è chiusa. E qualcuno tenta anche di aprire con la forza. Malgrado gli avessi detto, da neanche un'ora, di suonare.

Gli austriaci, neanche li ho mai visti, neanche sono mai stati qui, e suonano comunque.

Corro ad aprire.

Sbrigo le formalità di rito: voucher e cognome del cliente, prenotazione ok, piantina della città.

E senza neanche glielo dica, mi propongono subito di lasciare i bagagli nel deposito.
Loro non ci provano neanche, a chiedere la camera la mattina a quell'ora. Danno per scontato che sia era pieni (perchè Florenz ist Florenz, ja). Hanno qualcosa che a molti italioti, aimè, manca toitalmente: il rispetto del lavoro altrui; c'è un orario per le partenze ed uno per gli arrivi. Mi commuovo quasi come quando vidi camminare per la prima volta Camilla e Gaia. E prima ancora Clara.

Ora, a parte la bassa, quando abbiamo, purtroppo, camere a iosa e posso mandarli su già alle 6 del mattino, in tutti gli altri casi prendo i bagagli, li etichetto e li sposto nel relativo deposito, dopo di che vado ad offrirgli un caffè. E non posso non farlo, con clienti così speciali. E mi ringraziano, sorpresi e felici di trovare un italiano sorridente che gli offre un caffè, il che dice molto sui notturni, sicuramente non solo italiani. E mi stringono la mano. E la stanchezza di 8 ore di turno notturno, magicamente, scompare, e sono più fresco di un fiorellino di campo bagnato dalla rugiada del mattino. E con la piantina gli spiego dove siamo. Cosa che si fanno dire volentieri benchè, nel 90% dei casi, conoscano Firenze come le loro tasche. E poichè gli austriaci sono fatti d'acciaio e, a parte noi sul Piave, non li ferma nessuno, vanno subito a giro per Firenze dopo un viaggio in treno di 10 ore.

E la cosa più strabiliante ancora è che quando gli dico l'orario della colazione, loro sanno già che è a partire dal giorno dopo. Non quello dell'arrivo.

Un italiano si imbucherebbe comunque.

giovedì 11 dicembre 2014


La pazienza è una gran virtù. Ad avercela.

Perchè quando i brasiliani beccano 7 randellate dai crucchi, beh, mi sento vendicato anch'io. Me ne hanno combinate diverse, per la loro furia ed esigenza nell'essere serviti combinata con il menefreghismo verso il prossimo.

Ad esempio: una volta 3 persone prenotarono, tramite noi del bancone, un tour per qualche parte di Firenze o Toscana, non ricordo quale perchè non ero in turno. Volevano pagare con carta di credito, e l'agenzia dei tour disse che avrebbero pagato in questo modo prima di fare il tour, direttamente alla ragazza del bus turistico, che ha con sé il pos portatile.

Beh, questi tizi deciso che non volevano più fare il tour, ma ovviamente non dissero niente. Non si preoccuparono di avvertire noi o l'agenzia che avevano cambiato idea. Il giorno del tour questi semplicemente non si presentarono. Ed il tour partì pure in ritardo perchè li aspettò. Il mondo gira intorno a loro, perchè scomodarsi ad avvertirlo dei loro cambiamenti d'umore? Roba chiamare Rio ed assoldare un paio di strafatti di crack per un lavoretto medioevale al loro ritorno in patria.

E poi ci fu la signora brasiliana sul quintale che, non riuscendo a telefonare dalla camera, venne giù al bancone a farsi aiutare con il telefono di servizio. E standosene lì una mezz'ora ad urlare a 256 decibel che “Firenze muito linda”.

Il problema è che ragazzi venuti dal Brasile, e non mi riferisco ai cloni del Fuhrer, qui nell'albergo dove lavoro, sono una massa di gente cinquantenne con panze abnormi da churrascheria a colazione, pranzo e cena, mogli di vent'anni più giovani fisicamente ma vent'anni più vecchie di testa, ed una discreta quantità di soldi raccattati troppo in fretta.

Un gruppo di una dozzina di questi esemplari, quasi certamente figli della nomenklatura alta del paese sudamericano (quelli che decidono di spendere il 67% del pil per stadi senza senso lasciando il resto della popolazione alla fame, in particolare nella zona di Manaus, con grande biasimo dei suoi abitanti e di Mister No), arrivò un pomeriggio che da tranquillo diventò improvvisamente infernale: pretese oltre ogni misura.

Noi vogliamo che i bagagli vengano portati in albergo!

Mi spiace signore, ma a parte che il facchinaggio non è previsto nella vostra prenotazione, il facchino non può uscire dall'albergo.

Voi italiani non avete voglia di fare niente, noi vogliamo il bagaglio qui, ora, subito!

Guardi, non è possibile (faccia conto che abbia ricevuto un avata kedrava e vada a prendersi le sue ca**o di valigie da solo). Si chiamano “regole dell'albergo”. Valgono per tutti, si, incredibile, vero? Qui vige la democrazia, quella del sergente Hartmann in particolare. I servizi dell'albergo valgono dentro l'albergo, non fuori. Ed il facchinaggio va prenotato, non puoi pretendere di averlo quando ti pare a te!

Questi non sentivano ragioni. Una polemica senza fine.

Alla fine i vari maschi della combriccola vanno a prendersi le valigie dal pulmino che li aveva portati fin lì, una quarantina di samsonite ognuna sopra il quintale, messe tutte insieme pesavano più di un Panzer. E stronfiavano che nessuno li aiutava.

Il mio impatto successivo con queste bestie (scusate, ma non trovo altri termini) fu un paio di giorni dopo. Ero in turno di notte. Ovviamente il collega del pomeriggio mi istruisce sull'infinità di problemi montati dai brasiliani: praticamente tutti avevano cambiato camera perchè non erano di loro gusto: con vista sul duomo, accanto a quella dei loro amici e larga quanto Piazzale Michelangelo. Ed ovviamente non capivano che non avevamo così tante camere con quelle caratteristiche, oltre al fatto che non ne avevano prenotata una, di camere superiori con vista.

Poco prima di mezzanotte i brasiliani rientrano e si piazzano nel bar, ed una signora, una tipa dall'età anagrafica di 35 anni ma dall'aspetto della Santanchè dopo una nottata romano-mondana a base di sesso e droga, mi viene a chiedere di servirli.

Ed in quel momento, come sempre in quei casi, mi capitano 5 camere 5 di cinesi. Perchè gli asiatici arrivano sempre alle 23.30, anche dopo, non so quale cacchio di volo arriva a Peretola a quest'ora, ma una qualche coincidenza con Parigi o Francoforte dall'estremo oriente.

E' ovvio che tra servire gente al bar e fare dei check-in, la priorità va a quest'ultimi. Quindi dissi alla brasileira che mi spiaceva, ma dovevano aspettare.

L'avessi mai fatto.

Arriva al banco il marito della Santanchè di Recife: 60 anni accumulatisi tutti nel girovita. Una pancia abnorme della grandezza d'una boa marina.

Mentre sto raccogliendo i passaporti cinesi, mi appare davanti questo matto e mi fa, tutto tronfio e serio, con vocione pavarottiano:

-Io soy brasileiro!-

Ed io, indicando la pancia

-E se l'è mangiato tutto lei, il Brasile?-

Diventò più rosso della bandiera nazionale dei cinesi, con sbuffi di vapore che uscivano abbondanti dalle orecchie. Non fosse stato per il bancone e la pancia, avrebbe cercato di mollarmi un ceffone.

Pensai che era meglio prevenirsi.

-Guardi, mi spiace ma la priorità è per i check-in. Abbia la bontà di attendere. Io vi servirò ciò che volete, ma prima ci sono i check-in, poi faccio il bar. Rilassatevi, tanto ci sono i divani, mettetevi tranquilli, ok?-

Bene o male capì quel che dicevo e tornò a riferire agli amici. I quali urlarono roba in portoghese ridendo sguaiatamente, quasi certamente qualcosa di sarcastico sulla penisola.

Dopo che i cinesi avevano finalmente capito quel che gli dicevo nel pochissimo inglese che conoscevano (“Breakfast from 7 to 10” “What?” “Breakfast” “Ah, blekfalt”) e se ne erano saliti nelle loro camere, andai al patibolo: a servire i brasiliani. I quali mi accolsero neanche fossi stata una ballerina del sambodromo: con la ola ed urla di approvazione.

Servii una dozzina di roba tra whisky, gin tonic od altra roba superalcoolica. Segno tutto ed addebito. Poi, quasi mezzanotte, arrivò l'ultima camera del giorno: due ragazzette giapponesi.

Con mio grande piacere, le ragazze parlano solo giapponese, e posso utilizzare questa lingua per il cui studio ho speso tanta passione, tempo ed una discreta quantità di denaro. Mentre stanno per salire, riappare al banco la brutta copia della Santanchè per chiedere ulteriori beveraggi, quando dalla saletta del bar arrivano urla e risate animalesche.

Le ragazze giapponesi allungano la testa: -なに?- (che sta accadendo?)

-ブラジリア . じん. みんなうるさいです. ごめんなさい - (brasiliani. Sono tutti casinisti. Mi spiace).

Le nipponiche scoppiano a ridere in quella maniera così deliziosa come solo loro sanno fare (con la manina davanti alla bocca) e mentre si avviano all'ascensore gli auguro la meritata buona notte (oyasumi nasai) con un profondo e regolamentare inchino come da legislazione Yamato di 32 secoli fa. Ovviamente ricambiato.

La signora brasiliana, al sentirmi cianare in nipponico, prima aveva strabuzzato gli occhi, poi si mise in un algolo con sguardo altezzoso ma senza dire una parola. Come l'ascensore si chiude mi avvio al bar con la brasiliana alla calcagna, ed in que momento dice in portoghese una cosa che capisco benissimo:

-Parli giapponese ma non portoghese-

E con un discreto tono di disprezzo.

A quel punto mi blocco, mi giro verso di lei e la guardo dritto negli occhi.

E gli sparo il mio personale 7-1, il mio crudele schiaffo morale:

-Il giapponese mi piace. Il portoghese no-

E se non mi uccise all'istante, aveva un formidabile autocontrollo. Perchè gli lessi una chiarissima volontà omicida.

ps. In realtà il portoghese mi piace tantissimo. E' la mancanza di tempo, che mi frega.


venerdì 5 dicembre 2014

Esterno. Giorno.
Girare con la famiglia per il centro di Firenze, proprio sotto il Duomo, la domenica pomeriggio, è come essere svegliati da Parminder Nagra, vestita come Marylin quando doveva andare a dormire, che mi confessa “Sai, in fondo Beckamp non era mica bravo come Borja Valero. Bisognerebbe rifare il film, le scene di calcio le giriamo sul campo dell'Audace Legnaia, anche la Knightly è d'accordo, dice non ne può più di fare i filmettini di pirati, e Depp assomiglia ad un Osvaldo persino più antipatico di com'è ora. Poi stasera giochiamo contro colei-che-non-deve-essere-nominata. Ma parliamo di noi: puoi fare di me quello che vuoi”
Ed a quel punto la guardo negli occhi e gli dico:
Allora vestiti, che a Stratagemma presentano un nuovo gioco, e non voglio perdermelo”
Tutto ciò si chiama privilegio.
Ora, la Nagra non rientra in quelli disponibili (così come Raul Bova non rientra nelle possibilità di mia moglie), e pazienza, uno se ne fa una ragione, ma la famiglia si. Girare per Firenze si. Godere del gioco di Borja Valero, pure.
Ma un altro privilegio sono le battute che scambio con alcuni clienti.
Cambio scena.
Interno. Notte.



1. Coppia argentina. Lei una biondona bella pienotta e soda, con una quintalata di trucco in faccia. Lui un omone di eguali proporzioni.
Sorridono lieti della vacanza ben riuscita. Merito del personale. Non lasciano mance, ma non importa. Sono contenti, alla via così.
Partono la mattina presto, quindi con me che sono di notturno.
Pagano l'imposta di soggiorno, e mi scuso per l'enorme quantità di tasse che i nostri governanti impongono per pagarsi automobiline blu o mutande verdi.
Mi chiedono se a varare tale tassa sia stato l'attuale pdc o quello precedente.
Ovviamente dico la verità: i singoli comuni decidono quanto applicare, ma è il governo centrale che dà l'ok affinchè le città impongano tale tassa. Ed il governo che dette il via libera fu quello del signor b. Nel 2011.
Apriti cielo, mi partono in quarta con un pippone contro la loro prima ministra, a cui Berlusconi è sempre piaciuto. Ma poi se ne escono con questa chicca:
-Però a Berlusconi non piace la Kitchner. E' troppo vecchia!-
Ero piegato in due dietro al bancone.



2. Italiani. Del nord.
Rientrano a mezzanotte e chiedono se il bar è aperto.
Io non sono un portiere che dice improrogabilmente di no. Abbiamo un bar, un servizio disponibile 24 ore su 24. Sono l'unico dipendente in turno. E' chiaro che ci sono dei momenti delicati durante i quali è difficile mettersi a fare il barman, specialmente se ci sono da fare check-in, o portare cuscini, o rispondere al telefono, o controllare le chiusure del giorno perchè non tornano, e se non si fa prima della mezzanotte, il gestionale ti fa marameo e non permette più correzioni, e poi dall'amministrazione si trasformano in diavoli della Tasmania. Quindi si, il servizio si offre. Basta che il cliente non pretenda che mi trasformi nel Tom Cruise di Cocktail. Una birra ok. Un Bloody Mary te lo scordi, a meno che il rosso non ce lo metti te usando un pezzo di vetro ed il tuo polso.
Ma questi clienti non si fanno problemi di miscugli strani: birre per tutti ed alla via così.
E mentre sono lì che stappo, il più pacioccone, quello che ha trascinato il resto della combriccola nel bar, prima mi chiede se sono di Firenze, ed alla mia risposta affermativa se ne viene fuori con un “Che città magnifica che avete. Dai, ora bevi anche te”.
Guarda, ti ringrazio ma...”
'scorta, ciò, non accetto nessun ma, ora prendi una birra e bevi con noi!”
E giù un coro di “Birra! Birra! Birra!” che mi sembra di esser nel bar di Moe.
Davvero, in questo lavoro spesso chi ti mette in difficoltà non è il cliente pretenzioso o lo scassamaroni che ti impegna in richieste di informazioni inutili per ore al bancone. Sono quelli felici del soggiorno, che vogliono che si prenda parte alle loro libagioni.
Giro intorno al banco del bar, mi avvicino al capobranco.
Gli appoggio una mano sulla spalla
Senti, solo una cosa. Una”
E ditino indice puntato in alto.
Silenzio assoluto. Tutti e 7-8 quanti erano mi guardano in silenzio, labbra pendenti.
Grazie. Grazie perchè non sono molti i clienti così gentili e simpatici come voi. Ma se mi fai bere un qualsiasi liquido alcolico ora, mi stendi. Mi uccidi, mi distruggi. E fino alle 7 devo stare qui. Ma grazie. Davvero, grazie. Come bevuta”
E questo mi abbraccia. Manco fosse un passeggero della Concordia ed io un abitante di Giglio Porto.
Mentre torno al bancone, li sento chiacchierare tra loro ed affermare che “sono davvero simpatici qui”, “si, anche il signore del pomeriggio, quello coi baffi”, “E quello delle colazioni” e “siamo stati fortunati a trovare questo albergo”.
E mi faccio un turno di notte così leggero che alle 7 del mattino ero una rosa appena sbocciata.



3. Russi.
Simpatici.
Sembra un ossimoro ma, si, esistono. Più rari di Big Foot ma ci sono.
Coppia trentenne così sorridente che pensi gli sia presa una paresi alla bocca. E non hanno neanche una camerona. Una matrimoniale classica. Ma non si fanno problemi. Sono in vacanza. Si godono la città. Quel tipo di russi che scrivono Guerra e Pace, il Valzer n° 2, prendono a calci nel didietro Napoleone ed i nazi ed arrivano per primi nello spazio. Parlano un ottimo inglese ma, ed è un piacere sentirlo, gli piace ringraziare nella loro lingua (anche perchè abbiamo la splendida Caterina che parla un ottimo russo. Una volta, ad un gruppo particolarmente casinista gli mandò un urlaccio che si zittirono e diventarono docili cagnolini per il resto del soggiorno).
Anche loro vanno al bar e si fanno servire da bere.
2 bicchieri di vino. Perchè la vodka non può competere con il chianti, non c'è partita, è come mettere a confronto il risiko con World in Flames.
Si accomodano nel salottino e guardano la tv. Ed in quel momento appare il loro presidente.
Diventano seri, parlottano nella loro lingua, poi lui compie un gesto straordinario.
Mostra il dito medio alla tv.
Lei scoppia a ridere nel vedere la mia faccia allibita, poi mi spiegano che non lo sopportano, e giù una serie di epiteti che uno scaricatore del porto di Livorno è un professore di Oxford a confronto. Dopo di che la discussione diventa seria sui problemi dei nostri paesi, dove anche noi non scherzavamo con l'amicone del loro presidente, ed eravamo fortunati ad avere un tipo giovane e serio come nuovo presidente (avevamo ancora Letta. E comunque lo dissero loro, tengo a precisarlo).
Poi, per fortuna, apparve il calcio, e la discussione si fece di colpo leggerissima.
Ma quel dito medio mi fece capire che se la Russia è grande, non è solo questione di geografia.



4. Pitti 2004. Ed europei di calcio.
Uno dei clienti che veniva assiduamente era un portoghese. Musone, serio, spesso agitato. Ma cliente fedelissimo, lui, moglie ed un paio di dipendenti. Fissi da noi le due volte l'anno che abbiamo questo immancabile evento modaiolo.
Poi una sera arrivano al bar, prendono da bere e si mettono alla tv, con tanto di poltroncine spostate in mezzo alla saletta. Era un turno pomeridiano, ed il Portogallo incontrava i loro poco amati vicini: le furie rosse. Gli spagnoli.
Dato che era un turno pomeridiano di Pitti, ero quasi sempre al bancone, ma ricordo benissimo prima le imprecazioni sul vantaggio della Spagna, poi le urla belluine al pareggio. Ai calci di rigore, visto non c'erano clienti in vista, faccio qualcosa di irregolare per un portiere d'albergo serio: vado a vedere la tv. Il richiamo del mononeurone maschio-italico è fortissimo quando si ha a che fare con elementi di forma sferica. E non mi riferisco solo al pallone.
Al rigore decisivo venne giù l'albergo.
Mi ritrovai avvolto in un enorme drappo rosso-verde, letteralmente stritolato da questi 4 lusitani urlanti ed ebbri di gioia, di cui capivo tutto benchè non l'abbia mai studiato; in particolare si comprendeva il manifestare le loro emozioni, soprattutto quando apparvero in tv le facce tristi degli sconfitti, a cui i miei clienti risposero con l'inequivocabile ed internazionale gesto dell'ombrello. Erano felici come bimbi sotto Natale, non li avevo mai visti così sorridenti. E pure per i due giorni a seguire era tutto un arrivare al bancone ed urlare “Portugal!”, e darmi il cinque, a me o chiunque fosse al bancone. Poi Pitti finì, e dico per fortuna perchè non ebbi modo di vederli tristi dopo la sconfitta in finale ad opera degli ellenici.
Nota triste: purtroppo questo fedele cliente venne a mancare dopo poco tempo. Aveva la mia età.



5.Mia moglie, turno pomeridiano.
Famiglia italiana, sorridente e serena della vacanza.
Bimbo di poco più di 2 anni, con allegato pupazzetto di spiderman. E qualche altro supereroe non ben identificato perchè mia moglie non è esperta, essendo femmina e madre di due femmine (effettivamente in casa possiamo identificare qualsiasi principessina e/o cavalla parlante, ma sui rudi e virili omaccioni siamo alquanto scarsi).
La Sara, sempre disponibile a scambiare due chiacchiere con i cuccioli umani, fa i complimenti al bimbo per i suoi pupazzetti.
Il bimbo, con una sicurezza da Matteo Renzi in tenera età, guarda mia moglie e gli dice:
La mamma mi ha promesso che me ne regala un altro se faccio la cacca nel vasino”
E se ne va, impettito e fiero del suo prossimo successo: il decreto sblocca-vasino.



Certa clientela rende questo lavoro non un lavoro, ma un privilegio.