venerdì 28 ottobre 2016

Quando io e quella che sarebbe diventata mia moglie abbiamo cominciato a vivere assieme, la difficoltà maggiore che incontravamo era di riuscire ad avere, nei rispettivi alberghi dove, tutt'ora, lavoriamo come portieri, un orario di lavoro che fosse abbastanza simile, in modo da avere più ore possibile per stare assieme: avere lo stesso turno pomeridiano, avere lo stesso turno mattutino, avere io il turno di notte e lei, il giorno dopo, quello di mattina (lei che lavora quando io dormo). E, conseguentemente, avere gli stessi giorni liberi, di solito mercoledì e giovedì. Ci facevamo i fine settimana così, quando la maggioranza del mondo era di turno (quelli che lavorano, ovvio). Il che presenta dei vantaggi indiscutibili in fatto di quantità di negozi aperti (tutti, effettivamente) e minor numero di auto presenti sull'autostrada. In particolare ricordo mercoledì primaverili di mare dove io, sul sedile totalmente reclinato del passeggero, me la dormivo e lei guidava sulla Fi-Pi-Li in direzione Tirreno, dove passavamo il resto del giorno a guazzo e poi a sbafare una luculliuana cena a base di pesce.

Poi sono arrivate due bambine, ed i giorni liberi sono diventati giorni effettivi di scuola per loro, mentre i fine settimana ci tocca "parcheggiarle" (è brutto dirlo, ma è così) presso i nonni perchè noi genitori abbiamo il turno di lavoro. E comunque cerchiamo di avere turni il più possibile dissimili, in modo che uno di noi sia sempre presente in casa. Quindi se lei è di pomeriggio, io devo essere di mattina o quanto meno di notte. Si fa i salti mortali insomma, e si comunica più con sms o post-it attaccati al frigo, ma alla fin fine è sempre andato tutto bene. Anzi, ora che cominciano ad essere grandi, riusciamo anche a lasciarle sole per molte ore, preparandogli i pasti il giorno prima, e che loro stesse provvedono a riscaldarsi in quella magnificenza di apparecchio elettrodomestico che va sotto il nome di microonde (lode, lode imperitura al suo inventore), e permette di evitare l'uso delle fiamme.
 
Perciò, quando ci capita, di solito ogni due mesi, di avere un fine settimana libero, sia a me che lei, l'evento viene esaltato all'ennesima potenza, festeggiato quasi come un 4-2: un fine settimana noi tutti, un fine settimana senza lavoro, un fine settimana dove la nostra famiglia fa quel che fanno le famiglie "normali", quelle dove i componenti hanno lavori che non impegnano nei festivi e/o notturni o, peggio ancora, nessun lavoro: godere del sabato e della domenica.

Per il sabato, il menù prevedeva una gita a Roma. Andata e ritorno lo stesso giorno in treno, che è un pò un massacro ma per una volta si fa volentieri. Così siamo andati a vedere quello che amo definire come "il primo, e quello venuto meglio, stadio di Roma": l'anfiteatro Flavio.

L'ingresso, malgrado la fila di gente, non promette bene: mentre sono al controllo borse, metto lo zaino nella macchina dei raggi x.

-Ao', controlla un pò questo, c'ha lo zaino daa' Fiorentina-

Sorrisino compiaciuto. Pensi di fregarmi, amico romano?

-Si, sono in trasferta. Settore ospiti-

Interviene il suo amico:

-Er settore ospiti è quello co'leoni-

-Si, l'avemo tenuti 'n cardo duemila anni, apposta per te-

Ed io lì, a bocca aperta. Ok, c'ho riso, ma sono anche stato signore e non gli ho ricordato di quanto Mario Gomez realizzò, contro di loro, la sua unica doppietta in Italia. Per non parlare dell'unico gol di Basanta.

Poi entriamo, e lì avrei desiderato essere mangiato davvero, dai leoni.

Perchè Gaia, anni 9, si ribella alla visita culturale, e ci massacra.

-Uffa, mi annoio!!!!- Ripetuto venti volte. A 300 decibel. Un vero disastro. Ma purtroppo lei è ancora la bambina che vorrebbe scalare strutture da giardinetti, ed il Colosseo non rientra in questa categoria (siamo stati anche ripresi da una guardia perchè lei era salita su una colonna, benchè tale colonna fosse distesa a terra, in svariati pezzi).

-Vedi Gaia- cerco di fargli capire -Qui una volta ci stavano le persone a vedere i leoni-

-Si, ma ora è un rottame!- con lo stesso pollice verso e lo stesso tono di un romano che, duemila anni fa, urlava -Infilzalo con il gladio!- E poi se ne esce fuori così: -Roma fa schifo- senza neanche conoscere l'omonimo blog. E meno male che, nel tragitto da Termini a lì non avevamo incontrati frigoriferi o materassi abbandonati a giro.

Molto meglio con Camilla, 11 anni, che ha apprezzato la visita, benchè non conosca i capolavori del cinema. Perchè quando gli dico "Vedi Cami, qui hanno girato un capolavoro del cinema", lei, piccola e tenera ingenua, se ne esce così:

-Il gladiatore-

-Ma nient'affatto. Mi riferisco a "L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente"-

Ma al di là delle battutine che facciano tra noi (anche se quest'ultima l'ho capita solo io) i monumenti dell'antica Roma rimangono una cosa splendida da vedere.

Domenica invece abbiamo fatto una visita nella nostra città: un luogo tra i più unici e straordinari dell'intero quadrante stellare, che in 46 anni non avevo ancora mai visto, e con una prenotazione fatta due mesi prima ed un costo decisamente salato ma che valeva assolutamente tutta la spesa, fino all'ultimo centesimo: il Corridoio Vasariano.

E' davvero complicato descrivere adeguatamente questo luogo: è così straordinario, incredibile, stupefacente, che qualsiasi parola è futile: va visitato. Punto. Occorre trovarsi dentro, per capire la magnificenza di un posto del genere, nel quale si comincia, dopo aver percorso gli Uffizi (già di per sè IL luogo per eccellenza, il centro dell'universo senza se e senza ma) e ci si trova nel primo atrio, dove vi sono alcuni dei quadri ricostruiti dopo l'attentato del '93. Quei pochi quadri che, in parte, si sono salvati, di quell'evento dolorosissimo che ha provocato morti (tra cui una bambina di 56 giorni), e che dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, che il 41 bis è anche troppo leggero, e le bestie a due zampe non avrebbero diritto neanche all'ora d'aria: morire in isolamento, per poi passare l'eternità a bruciare all'inferno, direttamente nel Cocito.

Ma poi cammmini sopra Lungarno Archibugieri e Ponte Vecchio, e la prospettiva, improvvisamente, cambia di 360 gradi. Ed osservi gli autoritratti degli artisti. Uno si sente quasi libero, senza le costrizioni a cui ti costringe una folla di turisti. Libero come i partigiani che lo percorrevano quando andavano, in direzione opposta a quella della visita, a combattere i fascisti rimasti asserragliati nella parte settentrionale della città. E getti lo sguardo dalle finestrelle, ad osservare il popolino che cammina sul lastricato. Ed uno si sente veramente un signore che guarda i "poracci" sotto i suoi piedi, un privilegio che, per quanto si sforzi, neanche il principino George mai gusterà.

Tu, che leggi queste righe, lo devi provare. Per quanto ci provi a digitare furiosamente su questa tastiera e dare fondo a tutto il mio vocabolario in questo stupido e modesto blog, non puoi capire, amica/a mia/o: vai e prova. E non dare retta a quegli imbecilli che ne danno solo un pallino su trippa. E' un sito di *erda, e lo sai benissimo. Costa, ma ne vale la pena. Ed assicurati che la visita abbia una guida appassionata come quella che avevamo noi. E pazienza se finisce nel giardino di Boboli, invece che dentro Palazzo Pitti. Solo il tratto su Palazzo Vecchio è, appunto, il centro dell'Universo.

Dopo esserci gustato questo superbo privilegio, decidiamo di prenderci un altro lusso, ed andare in una cioccolateria in via Porta Rossa, davanti al mercato del Porcellino, e gustarci una cioccolata calda: ormai che abbiamo fatto 30, facciamo 31 e facciamoci servire ad un tavolo.

Dentro, una discreta fila di gente, mentre dietro al bancone una mezza dozzina di ragazzi giovani frullano come palline da flipper per servire a destra e manca. Ci mettiamo all'ingresso della scala che porta alla saletta superiore, in attesa, perchè così recita un cartello e così ci dice uno dei ragazzi: si deve aspettare che ci sia un tavolo libero.

Ma alla faccia del cartello, dei commessi e soprattutto di noi in attesa, una signora ci sorpassa come se fosse una cosa normalissima, e sale su.

E dopo qualche minuto, una delle ragazze scende chiedendo se era stato detto, ad una signora, che poteva salire. Al che gli diciamo noi che questa se n'era salita su bypassandoci.

la ragazza confabula con i colleghi, e tutti giungono alla conclusione che costei si è bellamente fatta gli affaracci suoi e saltato la linea, una cosa che capita spesso anche da noi in albergo, quando siamo a dare informazioni al bancone quando, come spuntata dal nulla, si presenta una persona che, con vocina stridula, se ne viene fuori che "ho una prenotazione", e qunidi pretende di passare avanti. Si, lei ha una prenotazione. E da ora anche un vaffan*ulo. Ma questo rimane nella mia testa. Però è chiaro che il servizio che offro a questo tipo di persone è minimo.

Nel frattempo è arrivato anche il marito (un tipo sul quintale) che chiede della moglie. Ma lo stoppano subito dicendo ch coste se ne deve scendere, ed attendere il suo turno.

Solo che non avviene. Come i tavoli, di sopra, si liberano, la signora si rifiuta di scendere. la ragazza di prima torna giù, furiosa, che costei si è pure messa a sedere in un tavolo da 4. Quando finalmente si libera un altro tavolo da 4, la ragazza ci fa salire. A quel punto vediamo questa tipa bellamente a sedere, con due tavoli da due liberi. Ovviamente il marito, quando arriva, non la invita a cambiare tavolo.

Ma qui devo fare una ola ai ragazzi che lavorano lì. Perchè prima di servire questa coppia (ah, erano francesi. Quel tipo di francesi che si meritano la Wermacht in casa, anche se questo tipo di maleducazione è universale) servono tutti gli altri tavoli, noi compresi. Quando finiamo di gustarci le nostre cioccolate calde, quei due stavano cominciando a mangiare la loro consumazione. Ben vi sta, e complimenti ai ragazzi della cioccolateria, che spero abbiano un buon e giusto contratto (non come quelli che lavorano a eataly, o nella tenuta di Sting), che si sono dimostrati attenti e premurosi, e ci hanno sorriso quando siamo usciti. Bravi.




venerdì 21 ottobre 2016

Svegliarsi la mattina per preparare la colazione alla famiglia, con particolare cura alle mie bambine, ha molto, moltissimo senso. Dà piena soddisfazione e piacere di completezza femminile. E' veramente il momento durante il quale la felicità non la misuri nei soldi o nei beni che possiedi, ma dai biscotti che inzuppi la mattina nel caffèllatte.

Svegliarsi la mattina di un giorno estivo (questo agosto) sapendo che le bambine non sono presenti in quanto in soggiorno presso i nonni al fresco della montagna casentinese, non ha nessun senso. Od almeno, lo avrebbe se non fosse che in camera da letto, dopo che ne sono uscita, ci resta a dormire il marito, reduce da notte di lavoro in albergo. Ha lo stesso sapore amaro di vedere vincere colei-che-non-può-essere-nominata (preciso: nel mio mondo piccolo non è una squadra di calcio con le maglie a strisce, ma la compagine di pallacanestro di Montecatini, altrimenti detti "i termali", acerrimi ed eterni rivali di noi pistoiesi, e con cui davamo vita a feroci derby ipercampanilistici negli anni '90).

Alle 14.30, momento per me di andare a lavoro, lui spunta fuori. Con l'aspetto, l'intelligenza e, ahimè, l'alitosi di uno yeti appena risvegliatosi dal letargo di sei mesi in una grotta dell'Himalaya.

-Oh, ecco il bell'addormentato che torna a noi, e senza neanche necessità del bacio del risveglio-

-Mmmggghhhh....-

-C'è sempre questa difficoltà ad attivare le vocali, bisogna regolare un pò l'apparato. Se provassi con questo sondino?- E gli agito davanti, in movimento verticale, lo spazzolone.

-Mggrrrhhh...-

-Meno ringhi, che sembri l'assistente nehandertaliano di Martin Mystere, e più lavoro: ecco quà ciò che serve per le pulizie di casa, in particolare spolverare camera nostra, che non posso farlo quando dormi.

-Uffff.... mrrghraahhh-

-Oh, bene, compaiono le prime vocali. Mi fa piacere, segno che comincia la carburazione. Ora mangi, ti svegli e lavori, caro il mio tesoruccio. Perchè anche se non volo e non ho il bikini tigrato, se quando torno trovo ancora tutto da fare, ti dò una bella scarica elettrica sotto forma di pedatoni. Ah, mi sono appena fatta il caffè, quindi la macchinetta scotta-

Dopo di chè, mi avvio al lavoro per un turno pomeridiano alberghiero che si sarebbe dimostrato allegro quanto una fila alle poste per pagare la bolletta il giorno che arrivano le pensioni.

Entrano in albergo con il timore di un fante che varca la soglia del campo minato, e con un abbigliamento davanti al quale anche un transessuale brasiliano direbbe che è esagerato: due vestitini con paillettes, uno rosa ed uno dorato, lucidi che sembrano gli abiti dei vulcanologi.

Due ragazze indiane, giovani. Quasi preferirei che mio marito, appena svegliato, mi avesse baciato appassionatamete con il suo alito yetesco.

Con una vocina che sembrano Ariana Grande quando gioca a fare la scemotta, chiedono il costo di una camera quadrupla per una notte, e prima ancora che glielo dica, se ne escono fuori "Cheeper price, pleeeease". Che non promette niente di buono.

Un'ora. Un'ora di trattative, con le due ragazze ed i due amici con loro (questi vestiti normalmente) per trattare sul prezzo, ed avere sconti su sconti. Con le due ragazze con la loro vocina che mi pregano perchè "we are so pooooooor". Sono così povere, piccole.

Uno sfinimento. Totale e definitivo, stavo per dirgli "ora chiamo il ministero della difesa e vi faccio rendere i marò, ma ve ne andate di qui". Ma alla fine accettano il prezzo che gli ho fatto. In 3. Perchè uno dei ragazzi decide che quei pochi euro che vengono a testa per una bella camera quadrupla in un decoroso 3 stelle nel centro di Firenze sono troppi, e preferisce risparmiarne una quindicina andando in un ostello.

A quel punto, definita finalmente la tariffa da pagare, la ragazza in rosa schoking estrae la carta di credito.

American express platinum. Di quelle che portano sopra la foto con dedica del CEO stesso dell'amexco. Ed in fase di trattativa si lamentavano di essere così povere, piccole cucciole....

Ma il peggio viene dopo. Una volta pagato, le indiane perdono, irrimediabilmente, il sorriso. Sparisce così, puf, una sonda dell'ente spaziale europeo a contatto con l'atmosfera marziana. E cominciano una sequela di domande e richieste da urlo: tutte le informazioni possibili su Firenze e dintorni, dove i dintorni sono la totalità della Toscana ed oltre. Come se avessero a disposizione mesi e mesi di vacanza, invece che solo un pomeriggio inoltrato ed uno scorcio di mattinata. Per questa loro maledettissima abitudine per cui "ho pagato ed usufruisco del servizio, anche se non mi serve", come quella volta che inaugurarono la tranvia per la prima volta, ed i fiorentini, per andare alle Cascine dalla stazione, si facevano il giro fino a Scandicci e ritorno. Anche la mattina (avevo un pomeriggio ed una mattina, quindi me li sono sciroppati anche alla partenza) dimostrerà il loro stile di vita: avevano chiesto uno sconto per non fare colazione, ma gli avevo spiegato che il pasto mattutino è sempre compreso nella tariffa della camera. Risultato: la mattina si abboffarono come se non vi fosse stato un domani, lasciando il solco tra tavolino e buffet, e lamentandosi pure quando finiva un prodotto e la Maura non riforniva immediatamente il tavolo (entravano proprio in caffetteria, mostravano quel che avevano preso ed a muso abbastanza duro, pretenzioso, sparavano subito che "rimettere, rifornire subito" mentre l'addetta era lì presa a fare cappuccini a clienti che, evidentemente, non meritavano la stessa considerazione delle indiane. Questione di casta, chiaro). E mi tocca anche stoppare il loro amico rientrato dall'ostello, e che pretende di infilarsi anche lui in sala colazioni ad abbuffarsi: no bello. Tu non hai pagato qui, perciò non ne hai diritto. Ed ovviamente, giù polemiche senza fine sul fatto che, avendo i loro amici pagato, anche lui doveva usufruire del servizio. Perchè non anche l'intera popolazione del Deccan, allora? E non è finita, perchè dopo la colazione anche hanno il coraggio di chiedermi il late check-out nel tardo pomeriggio. Ed i clienti che arrivano quel giorno dove li metto? Li lascio aspettare nella hall fino a che le signorie vostre non ci lasciano, gentilmente, la camera?

Ma ci può essere di peggio.

Prima di questo triste spettacolo del mattino successivo, rientro a casa dal turno pomeridiano delle 22. Come apro la porta, sento la voce del marito che mi arriva come una lontana -e minacciosa- eco da un'altra stanza:

-Attenta, è... ehm... bagnato-

Ero esterrefatta.

-Ma.... hai dato il cencio solo ORA? Con tutto il giorno a disposizione, senza le bambine a casa, hai pulito i pavimenti solo alle 10 di sera?????-

Lui ha il coraggio di spuntare dalla camera mentre si allaccia, tranquillo e beato, la cravatta e, con una faccina innocente ma chiaramente colpevole, ed il sorrisetto malizioso del bambino beccato con le mani nell marmellata, se ne viene fuori così:

-Eh... uh... ho avuto da fare....-

-Ma cosa? Che hai fatto? Sarai mica andato a Stratagemma a comprare altri giochi?-

-S-sono andato a vedere del computer nuovo...-

-Tutto il giorno?-

-Beh, visto c'ero, un salto in libreria.... poi lì c'è quel sushi-all-you-can-eat...-

-HAI MANGIATO IL SUSHI SENZA DI ME?????-

Se c'è una cosa che mi fa imbestialire, è quando mangiano il sushi senza invitarmi! E tranquillo e beato, lui infila la giacca e mi saluta, con l'espressione ad angioletto, che va al lavoro.

Ma prima che chiudesse la porta, un pedatone nel didietro gliel'ho mollato!

venerdì 14 ottobre 2016

Alzarsi alle 14.30 dopo un turno di notte insonne e trovarsi con la moglie che, casco in testa, mi passa una scopa con l'ordine di pulire tutta casa mentre lei va al lavoro, è divertente come andare nell'aldilà e trovare le 72 vergini che "oggi è il nostro compleanno, pretendiamo un regalo spontaneo, fresco, divertente. Lo sai che abitiamo proprio di fronte ad un negozio Limoni?"

I limoni curano il cancro, ma distruggono il portafoglio.

Come lei chiude la porta alle sue spalle, mi ritrovo con una scopa in mano ed accanto, un secchio ed uno spazzolone.

Dal secchio, il grido lamentoso di un cencio in procinto di affogare.

Ma io non sono un bagnino.

Non questa mattin.... questo pomeriggio.

L'errore tattico è uscire di casa senza adeguata quantità di caffeina. Possibilmente sparata direttamente in endovena.

Computer rotto da qualche giorno.

Negozio generico di elettronica.

Commesso.

"Per salvare i dati del vecchio pc ti occorre un "case" con adeguato cavetto. Quanti anni ha il pc?"

"Ehm.... più di 10"

"Eh, allora non ce l'ho, sono cambiati sia i case che i cavetti. Devi andare in un negozio di elettronica specializzato"

Esultanza e giubilo (si nota il sarcasmo?)

Vabbè, a salvare i dati c'ho tempo. Il pc non scade, come lo yogurt ed i settimanali di satira (cit. Serra). Stà lì, fermo e muto. E poi foto e filmati delle bimbe ed i file word di storie varie, sono al sicuro in due dischi rigidi portatili.

Solo che me ne occorre uno nuovo, di pc.

Lì, commetto l'errore.

Di leggere gli "sconti rottamazione".

E farmi prendere dalla smania del risparmio. Soldi. Nuovo pc. La sgamo. Frego tutti.

Alzo il ditino pronto alla domanda.

Ma lui capisce tutto. La sua faccia assume il sorrisetto e l'espressione mliziosa di un dirigente di una qualsiasi squadra europea che dice "Ah, così voi della Viola volete tizio con prestito gratuito e diritto di riscatto, eh?"

"Ovviamente la rottamazione vale solo per gli apparecchi funzionanti"

Io lì con il ditino alzato e la bocca aperta tipo Fantozzi. Fermo come una statuina, neanche mi avesse appena congelato Elsa.

In quel preciso istante desiderai ardentemente un caffè. Subito. Ma l'unico bar era dall'altra parte della strada, totalmente sbarrata a causa il morbo tranviario. Lo bramavo come un tedesco dell'est che osservava una panetteria al di là del muro.

Scusate se questa settimana non ho scritto niente, ma la maggior parte delle volte, in albergo, fila tutto liscio. Almeno, durante questi turni di notte. Ed ho solo altre 12 ore prima di tornare a dormire. Ma ora ho un pc nuovo. Anche se senza usufruire degli sconti rottmazione. Difatti, ho anche un pc rotto...

Negozio generico di elettronica & affini, reparto la prossima volta lasciano che mi serva da solo.

venerdì 7 ottobre 2016

Adoro scrivere, mi dà un piacere personale enorme, una soddisfazione unica ed impagabile, una piccola e modesta passione che va al di là del numero di "mi piace" sui post o sulla pagina. Lo farò comunque, anche se non mi dovesse leggere più nessuno.

Ma non voglio che diventi un'ossessione. Non può e non deve esserlo.

Perciò scrivo con parsimonia, quando ho tempo e voglia, spesso rivedendo e correggendo storie ed esperienze varie. In effetti ne ho già una mezza dozzina pronte, che ogni tanto rileggo (e puntualmente, dalla testa, spunta fuori un "Ma che troiaio! Che schifezza") e correggo; e senza contare tutto quel che devo ancora buttare giù. Perchè ne ho ancora tante, di storie da scrivere.

Solo che poi capitano fatti, cose, persone, eventi, che ti fanno mollare tutto e realizzare un'altra storia subito, furiosamente, ed accantonare momentaneamente le altre. Perchè non posso tenerla nascosta, manco si stia parlando di una rivista scandalistica che parla dell'ultima coppia scoppiata e deve uscire subito con l'edizione straordinaria di Angelina che dà il benservito a Brad. La devo dire immediatamente, di getto.

Domenica.

Farsi una domenica mattina di partenze con Uragano Kathrina è come essere sposati con il professor Raniero Cotti Borroni: un patema continuo, un'ossessione totale e definitiva. E' un'ottima lavoratice, sia perchè è davvero brava e sia perchè la adoro quando parla in russo o tedesco, ma ha questo amore indissoluto per la parola che psicologicamente, per noi che la affianchiamo, ha del devastante.

Perciò, verso le 12, quando scende un cliente a chiedere un tè verde, colgo l'occasione per sganciarmi da lei e filare al bar.

Il tipo in questione è un mediorientale giovane, con barba incolta di un 3-4 giorni ed espressione sofferente. Un'oretta prima era sceso e, in pieno marasma da check-out, aveva chiesto dove poteva trovare una farmacia aperta. Sembrava veramente avere problemi fisici. Poi era rientrato. E dopo era risceso dalla camera chiedendomi questo tè verde per vedere se gli passava il forte mal di stomaco che affermava provare.

Non sono uno che si fa dubbi. Se mi dicono una cosa, penso istintivamente sia vera. Perchè sono una persona sostanzialmente onesta e dò un pò troppo per scontato che lo siano anche gli altri, perchè non mi faccio paranoie e perchè sono anche un discreto bischero. Ma se uno afferma di non stare bene, di solito è così ed un tè glielo offro volentieri, anche se più che un tè verde sarebbe meglio acqua calda con limone. Ma lui vuole il verde. Ok, eccolo, non glielo metto neanche in conto, e glielo dico chiaramente. Si gioca la carta della solidarietà e si aiuta il prossimo, così il cliente si sente assistito ed apprezza. E poi una persona, anche uno sconosciuto portiere d'albergo come ero io per costui, che aiuta e mostra compassione, è un effetto placebo formidabile.

Ma come dico sempre: uno non è mai preparato. Non se lo aspetta. Anche un portiere come me, che ne sente e vede tante, ogni giorno da anni.

Perchè lui si lamenta dei dolori di stomaco e del fatto che alla farmacia di SMN non gli hanno dato le medicine che voleva, e perciò mi chiede così, come se fosse la cosa più normale del mondo ed io un esperto di farmacistica:

-Lei non sa dove posso trovare del Cialis?-

....

E mi guarda. E si stupisce del fatto che ricambio lo sguardo a bocca aperta, senza emettere fiato. E mi ripete la domanda. Ed a quel punto balbetto, non sicuro di aver capito il suo non perfetto inglese:

-Ci-Cialis?-

-Si, Cialis... sa, una medicina come il Viagra...-

-Ah.. eh... ok... no, non so proprio dove lo vendono-

Ed appare molto deluso. Ma a quel punto non posso non chiederglielo:

-Il Cialis serve contro il mal di stomaco?-

-Si, si può usare anche per quello-

-Ah.... non lo sapevo. Comunque per quel tipo di farmaco deve avere la prescrizione medica-

Dopo di che gli indico sulla piantina la posizione del pronto soccorso di Santa Maria Nuova per poi lo smollarlo lì al bar e filare in ufficio a sbrigare pratiche, ma per niente convinto della sua risposta.

La sera a casa, seduto sul divano con moglie accanto, gli racconto la storia (ci raccontiamo un sacco di cose, sul divano. Siamo dei pettegoli di prima grandezza), e lei, ovviamente, resta a bocca aperta:

-Ma il Cialis è un vasodilatatore, non penso che sia indicato per il mal di stomaco!-

Perciò le possibili conclusioni a cui sono giunto sono le seguenti:

A-fingeva il mal di stomaco perchè troppo timido per dire che ha un problema erettile (il che è un problema, sia la timidezza che ... il resto);

B-fingeva il mal di stomaco perchè troppo timido per dire che ha una forte ansia da "prestazione" (il che è un problema ben più grave);

C-aveva davvero mal di stomaco e seriamente convinto che il Cialis lo curi (il che non è un problema grave. E' un problema SERIO).
 
Ma qualsiasi sia la risposta, spero abbia capito che un portiere, anche desiderandolo con tutte le sue forze, non potrà mai essere un farmacista. E con tutto il mio massimo rispetto per i farmacisti e la loro nobilissima professione.