venerdì 25 settembre 2015

Ok, lo so. Ci sono desideri molto più assurdi e decisamente controversi. Ad esempio quello della novella Miss Italia, che vorrebbe essere nata nel '42 per vivere la seconda guerra mondiale. A parte che può sempre giocare a Medal of Honor, o se preferisce il tavolo, a World in Flames, desiderare di nascere nel '42 è anche una scelta temporale poco felice, visto che sarebbe difficile ricordarsi quegli storici eventi ad un'età molto tenera. Mio padre, del '41, non ricorda molto di quando aveva poco più di 3 anni e mia nonna lo prese in braccio per scappare, con il resto del paesello, dentro ai boschi casentinesi perchè, in un torrido giorno di Luglio del '44, stavano arrivando i crucchi con il preciso e mirato intento di compiere un ennesimo massacro. Se si salvarono fu perchè in quegli anni non c'era una strada che portava fin lassù, ed i nazi dovettero smontare dalle loro kubelwagen typ 82 con motori da euro -67 (gli stessi motori che usano oggi sulle moderne golf, peraltro, e ti fanno credere siano euro 4. Quando si dice la tecnologia tedesca) e quindi farsela a piedi su per la mulattiera. E si trovarono pure davanti alla strenua resistenza di un pugno di partigiani che si immolarono pur di dare il tempo agli altri di mettersi in salvo.

Se proprio devi desiderare di vivere la IIGM, potresti desiderare di nascere nel '22 a Mosca, così magari ti arruoli nell'aviazione e diventi eroina dell'Unione Sovietica come Marija Ivanova Dolina, e poi ti dedicano una medaglia, un monumento in una cittadina kazaka ed una pagina wiki.

I desideri che i clienti ci pongono in albergo non sono poi così pazzeschi. Sono molto più umani e terreni. Qualcuno abbastanza antipatico, come quello che prenota una camera singola e poi chiede letti aggiunti, terrazza e vista, e si risente se gli facciamo notare che deve pagare supplementi vari. O quello che indicò, in fase di prenotazione, di essere intollerante a glutine e lattosio, e pretendeva da noi una conoscenza dei prodotti appositi che ha solo lui ed il suo medico curante. Fino a che non ci portò quei prodotti, e non ci fece vedere cosa erano, non sapevamo neanche esistessero.

Ma qualche desiderio e richiesta è decisamente più bizzarro, e molto più divertente.

Fermatevi un momento e date un'occhiata alla foto allegata a questo racconto.

Avete letto?

Quando mi sono trovato davanti questa richiesta, ho immediatamente cominciato a far lavorare il cervello per capire come fare a donare una frase d'amore a questa cliente e soddisfare il suo, in fondo non impossibile, desiderio. Ho fatto leggere il foglio (ho fatto la fotocopia) a mia moglie, e lì ci siamo ovviamente sbizzarriti con la fantasia. La prima idea era di comprare direttamente dei baci cioccolatosi, quelli con la frase d'amore inclusa nell'incarto, e metterglieli in camera, così, brutalmente, lasciando il lavoro sporco ai dipendenti perugina, solo che a) chi li paga i baci? Io no di certo, e non posso neanche passare lo scontrino all'amministrazione, e che b) ci sia pure il concreto rischio che i baci ce li mangeremmo tra colleghi, e metteremmo in camera solo il fogliettino con la frase.

Così l'idea si è spostata sullo scrivere la frase su un foglio A4, magari con un disegnino carino da allegarci, una cornicetta disegnata sui bordi, e così via. E lì pensavamo a che tipo di frase scrivergli, forse dovremmo cercare in rete, nello specifico in spagnolo. Ma forse lei le apprezzerebbe in italiano? Ad un certo punto, mentre eravamo lì a dissertare, sono partito in quarta con l'idea di stampare l'immagine di Mae West con lo sguardo ammaliante e la sua famosa frase “E' una pistola quella che hai in tasca, o sei felice di vedermi?”. Da lì, è stato solo questione di un attimo passare all'immagine di Rocco Siffredi. E' stato il via: siamo subito degenerati a frasi tipo “Ho bisogno di te come la terra ha bisogno di'concio” o “Amore girati”, od altre frasi prese direttamente dal Vernacoliere, ed altra roba sul volgarissimo andante.

Cercherò in rete, ma se avete suggerimenti, sono ben accetti.




lunedì 21 settembre 2015

Perchè non ci sono solo i clienti che "i wan' a bigge' room", dopo che ha prenotato una singola e sono in 4.Perchè non ci sono solo i clienti che "wifi doesn't work" e mi ammolla un cellulare che potrebbe ripagarmi il mutuo, e settato con caratteri a me totalmente sconosciuti.Perchè non ci sono solo i clienti che "Soy a Florencia, no encuentro el hotel. Llegen aquì!" A parte che non posso muovermi dal banco, aquì donde està? "No sè, no conosco esta ciudad, tiene que aiudarme".
Basta con questi, dimentichiamoli un momento.
Oggi è il giorno del "sboron mode on".
A tutta manetta.




venerdì 18 settembre 2015

C'è una nazionalità di clienti, per fortuna particolarmente rara, che non si gradisce volentieri in albergo. Si tende ad evitare che soggiornino.

I nigeriani.

Ora, prima di muovere accuse di razzismo, vi prego di leggere attentamente questa storia, capitatami in due giorni agostiani: un 15-23 ed un 7-15. Il classico accoppiamento abbinato di turni in due giorni, comune in tutte le strutture alberghiere del pianeta. Intenso e devastante come un concerto del Pistoia Blues, con la folla, la calura di Luglio e l'assaggio delle sostanze che circolano nella piazza, ma senza la musica.

Ve lo scrivo in italiano, ma ovviamente, trattasi di dialoghi in inglese.

Vero le 17, entra nell'albergo, munito di trolley e borsone, una copia di Marsellus Wallace con la statura di Michael Jordan.

Un doppelganger così perfetto (a parte un pancione alla Ronaldo e Maradona messi assieme) nel vestito elegante e la testa a palla di biliardo, che mi aspetto dica che attende gli amici per il lavoretto medioevale. Basta non mi prenda per Zed.

Invece mi chiede, logicamente, se ho una camera.

-Che tipo di camera?- perchè è ovvio che devo sapere in quanti siete, cicci belli, prima di fare un'adeguata offerta.

-Una singola-

Ok, vuole una singola. Magari è davvero così; il suo inglese sembra buono. Ma tendo a non fidarmi, di chi entra a chiedere.

E faccio bene. Ormai conosco i miei polli.

Perchè una volta ricevuta la tariffa dal sottoscritto, smolla trolley e borsa davanti al bancone (senza chiedermi se può lasciare un attimo lì. Niente di niente. Butta giù e basta) ed esce. Si affaccia alla porta a chiamare, ovviamente, lei.

Ora, a parte il mettermi le mani in faccia (il classico facepalm doppio) perchè mi chiede una singola e poi sono in due, il modo con cui chiama la sua lei indica perchè tendiamo ad evitare i nigeriani.

Se a metà del mese scorso avete sentito un urlaccio venire in direzione Firenze, era lui che chiamava la moglie dal mezzo della strada.

E malgrado questo grido, ad una quantità a 3 cifre di decibel, lei pare non udire, perchè lui replica. Stavolta con un fischio che avrebbe mostrato l'ammirazione di un pastore della Barbagia quando chiama il cane pastore. 3 colline più in là.

Una cacioneria a livelli stratosferici.

Non sono cattive persone. Oltre ai miliziani islamici, l'unico altro nigeriano antipatico resta taribo west, che andava radiato dal calcio immediatamente ma gli dettero solo un giallo perchè protetto da maglia strisciata, che in italia rende intoccabili i soliti 33 giocatori. Quei pochissimi nigeriani turisti che capitano sono ovviamente residenti in paesi europei: il problema, appunto, è che si portano sempre dietro questo livello stratosferico di cialtroneria e casinismo.

Lei arriva con il fracasso di una compagnia di panzer in pieno fall blau; urla al marito qualcosa in Yoroba od altra loro lingua ma che, dal tono, sembrerebbe una roba tipo “ma in che razza di topaia mi hai portato?”.

E' il classico spettacolo di nigeriana nella sua idea di eleganza e classe.

A parte un abito-pantalone che lascia scoperte spalle e braccia, e sono braccia larghe il doppio di quelle del marito (per non parlare del posteriore, che sembra la poppa della Concordia), le unghie sono un patchwork colorato che sembra la tavolozza di Kandinsky caduta in terra, mentre sulla faccia ha un intero negozio Limoni di ombretto azzurro; e soprattutto, ciglia finte di mezzo metro di lunghezza.

Credevo che non le avrei mai viste in tutta la mia vita, le ciglia finte.

Lei continua a gridare fino a che il marito non gli dà una tale manata sul sedere che lo spostamento d'aria scuote anche il video del computer. A quel punto lancia una serie di strilli che sembra stia avvertendo la popolazione di Abuja che stanno arrivando le avanguardie di boko haram, salvo poi voltarsi, acchiapparlo per le orecchie e stampargli un bacio sulla bocca.

Appoggio i gomiti sul bancone ed affondo la faccia dentro i palmi delle mani. Non ho altre alternative.

Un “bop” da apertura di bottiglia di prosecco mi avverte che lo slinguamento è terminato, e posso rialzare la testa.

Gli spiego che una singola non gliela posso dare. Sono in due, anche belli massicci, ed è chiaro che una matrimoniale è il minimo. Li aggiorno sulla tariffa, e li mando su con Matteo a vedere la camera. Quando scendono, lei non fa una piega: mi passa la carta di credito (è sempre la parte migliore del lavoro) ed i documenti. Mentre io addebito e registro, lei si rivolta dal marito per altre esplorazioni linguistiche. Il tutto sempre condito di urli e risate sguaiate, ovvio. Poi firma il cedolino pos, prende chiave, codice wifi e vanno all'ascensore.

Ricordatevi che chi sta scrivendo è toscano. Fiorentino con ascendenze casentinesi, per di più. Se mi scandalizzo per il casino di certi clienti, rendetevi conto di che livelli vi sto parlando.

Non li rivedo fino a sera, quando escono per cena. Poco prima che stacchi, rientrano e si piazzano sul divano davanti al bancone, sempre con le solite urla che sembra si stiano scannando, salvo poi baciarsi selvaggiamente. Ad un certo punto lui si stacca da lei, mi guarda e mi fa:

-Sprechen sie deutsch?-

Ora, a parte farvi capire che costoro sono arrivati qui da turisti partendo dall'Africa sub-sahariana per andare nel paese la cui popolazione si occupa di orologi a cucù (il che è bene, Welles aveva torto) e custodire i soldi altrui sottratti tramite furto od evasione (il che è male, urge attuare l'operazione Tannenbaum), è chiaro che lui vuole fare lo sborone.

Parla il tedesco, lui.

Non puoi farcela, giovane jedi. Non hai il mio livello di esperienza e sboronamento.

-にほんごできる-

-What?-

-Japanese-

Sgrana gli occhi, neanche gli avessi detto che vengo da Marte, e mi spara questa meravigliosa quanto incredibile domanda:

-Are you form Japan?-

A parte il mio sentirmi onorato da tale questione, direi che no, non ho proprio l'aspetto a giapponese. E' chiaro che sono italiano, in tutto e per tutto. Il che può anche essere un profondo svantaggio. Ma il punto non è quello. E' che lì per lì ci penso anche. Chi invece capisce subito che il nigeriano ha appena detto una gigantesca sciocchezza, è la moglie. Che è donna, e quindi essere superiore intellettivamente.

Non faccio a tempo a dare la risposta negativa che si sente uno schiaffo sonorissimo: è lei che ha dato una manata fortissima alla sua coscia, urlandogli qualcosa che interpreto chiaramente come “Ma che ca**o dici? E' chiaro che lo ha studiato, no? Ti pare un giapponese, pirla che non sei altro?”, e poi mi guarda con l'espressione di Carla Signoris.

Effettivamente, faticai molto a non esplodere dal ridere. A parte questo modo caciaro di vivere, mi avevano già dato materiale per una storia, ed erano simpatici, quindi non mi pentii affatto di averli presi. Ma il meglio doveva ancora venire.

La mattina dopo scendono per fare colazione, ma prima passano al banco per riempirmi di lamentele: l'aria condizionata non fa, c'è poca acqua calda, la stanza è piccola, il wifi penoso, ecc ecc. Ma ormai avevano pagato, e poi la camera l'avevano vista, prima di comprarla. Vanno a fare colazione, quando finiscono tornano al banco e.... mi chiedono di averla per un'altra notte.Ora, mi venite a dire che la camera vi fa schifo e poi la volete per un'altra notte? Vabbè, è il classico modo di cercare di strappare uno sconto. Il punto è che il pomeriggio di ieri, quando siete entrati, ve lo avevo detto che oggi ero pieno, e la camera era disponibile per una sola notte. E' inutile che facciate i delusi.

Perciò scendono i bagagli per partire. Mi si presentano davanti per darmi la chiave ed in quell'istante, lui allunga le mani e.... mi sistema la cravatta. Che effettivamente, dopo 4 ore di turno, era abbastanza fuori posizione. Un momento di silenzio assoluto, con lui che mi aggiusta bene al colletto il pezzo di stoffa pendente, e poi mi stringe la mano tenendo il pollice in alto. E poi me la stringe lei, che sfoggia un sorriso così splendente che a fissarlo troppo potrebbero crearsi lesioni alla retina. E mi spiace veramente di essere pieno e non potergli offrire una camera.Stanno per uscire, quando lui, sulla soglia, ci pensa un attimo, si blocca (con lei che gli sbatte la faccia all'altezza del sedere, giusto per farvi capire le proporzioni della coppia), si volta verso di me e con un sorrisino sarcastico mi fa:

-Se non troviamo una camera per stanotte, veniamo a dormire da te. Ci ospiti a casa tua-

Allora non hai capito con chi hai a che fare, ragazzo!

-A casa mia?-

-Si, a casa tua-

-A casa mia solo lei. Tu no-

Lei esplode in una risata che deve aver sentito anche un operaio della tranvia intento a trivellare in Piazza Viesseux.

Lui invece non capisce, forse il mononeurone è a vedersi un video di micetti su youtube.

Ci pensa.

Sparizione sorriso tra tre.... due... uno....

Puf, sorriso sparito.

Lei gli dà una manata sul culo e gli urla di uscire, lui ribatte qualcosa indicandomi. Stavolta molto seriamente. Se aveva ancora la mia cravatta tra le mani, avrebbe stretto molto, molto forte. Ma spinto sulle chiappe da manone grandi quanto un badile, esce.Ed a quel punto lei si volta e, solleticata nella sua profonda vanità femminile, mi fa l'occhiolino e mi manda un bacio con la manona unghiata.


Morale: al di là delle battute che ho scambiato con questi due, è consolante sapere che, se mia moglie dovesse stufarsi di me e sbattermi fuori di casa (perchè purtroppo non è il tipo da “torno da mia madre”. Lei è quella da calcione nel didietro e cambio di serratura), per lo meno una nigeriana di 90 kg che mi raccatta, dovrei avere speranza di trovarla. E senza neanche impegnarmi troppo l'arte della galanteria.

Basterebbe avere una buona dose di tappi per le orecchie.

martedì 15 settembre 2015

Carissimi colleghi dell'Hotel **** ***** ******* a Roma:


Oggi, da voi, sono arrivati due clienti argentini. E vi avranno massacrato di richieste. In particolare, la prenotazione per l'udienza privata con papa Francesco. Che neanche sapevo possibile. E dopo alcuni giorni di soggiorno a Firenze, hanno avuto l'idea di fare questa prenotazione-richiesta due ore prima del treno per Roma. Quando si dice la tempistica.

Ma non è quello il punto. Il punto è che, dopo aver scaricato e stampato il form della richiesta, averla diligentemente compilata (in mezzo a tutti gli altri check-out, ovviamente, con gli altri clienti che ululavano e schiumavano di rabbia perchè attendevano impazienti di fare il conto) con nome e cognome dei clienti, ho ovviamente inserito indirizzo e numero di fax del VOSTRO albergo. Perchè è ovvio che una risposta non poteva venire a noi, ma a voi, dove andavano ad alloggiare oggi 'sti due.

Ebbene, carissimi colleghi, sappiate che vi sono vicino. Ricordatevi, come facevo io: il cliente è sacro. Lo so, vi terrà almeno due ore due (non scherzo) a parlarvi delle sue parentele in Italia, e delle telefonate che ha fatto a costoro che vivono in provincia di Potenza, Milano e Torino, che tizia è morta ed il marito si è trasferito,l e poi hanno la maglietta del San Lorenzo per il papa, che è tifosissimo della squadra. E poi eccetera eccetera eccetera.

Ripeto, vi sono vicino. Quanto? Un monte. Vi sono vicino un monte. Ma sui'serio.


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Tiè, ora ve lo ciucciate tutto!!!! Uahahahahaha. Come sono bastardo!!!! Deep inside!!!! Uahahahah

venerdì 11 settembre 2015

Io non voglio essere razzista, ma ogni tanto la battutaccia ci sta. Una volgarissima, zozza, stupidissima, ignorante e leghista battuta sull'etnia del cliente antipatico. Non me ne vogliano i suoi connazionali (alcuni sono miei colleghi di lavoro), ma qualcuno se la merita. Diamine, un po' di politicamente scorretto, ogni tanto, ci vuole.


Coppia giovane. Poco più di vent'anni. Abbigliamento sportivo. Disegni colorati sulla pelle. Paese balcanico.
Lui è di un'altezza che all'NBA direbbero “E' un buon inizio”.
Lei d'un biondo che Cameron Diaz direbbe “Ok, è il momento del ritiro”.
Entrambi sono d'un musone che sembra abbiano appena sentito dire in tv che Salvini che andrà in Nigeria con i soldi di Bruxelles. Sorridessero, sarebbero una coppia splendida.
Scendono dalla camera in un pomeriggio e chiedono un taxi. Lo chiamo. Arriva. Salgono e via. Fino a qui, tutto bene. Ma, come recita il film, il problema è l'atterraggio.
Dopo una un'ora tornano. Agitatissimi.
-Noi perso iphone su taxi, tu può chiamare e cercare taxi?-
Perdere oggetti nei taxi può essere una vera scocciatura. Per noi portieri, ovviamente. Perchè il cliente si presenta al bancone aspettandosi che noi si abbia la bacchetta magica da agitare per far magicamente apparire il bene smarrito.
Non ci riuscirebbe neanche Silente.
Se perdi un oggetto su un taxi, non è affatto detto che il tassista se ne accorga. Non si mette a rovistare dietro, dopo che un cliente è sceso. Incassa il pagamento del servizio e via. Al massimo gira la testa e guarda sui sedili, ma non sempre lo fa. Oppure un oggetto può benissimo cadere e finire sotto uno dei sedili anteriori. Poi sale un altro cliente, lo nota e, zac, se lo intasca.
I tassisti non si intascano niente. Conservano tutto. Due mesi fa una giapponese perse in un taxi un cellulare ultimo modello, di quelli che per comprarlo non basta il prestito dell'FMI ad Atene. Tra l'altro uscì la sera a cena con altri colleghi (era qui per un congresso), ed era in kimono. Meravigliosa, mi sembrava di essere tornato ad Okazaki vent'anni fa. Comunque: riuscimmo a risalire al taxi grazie ad una chiamata alla compagnia (li chiamiamo con internet con un apposito programma che conserva i codici dei taxi), ma essendo le 23 passate, il tassista aveva staccato ed era andato a dormire, ed avrebbe ripreso servizio la mattina alle 8.
Due ore prima era già al bancone, a chiedere notizie del tassista.
Io e colleghi, a parte chiamare la compagnia dei taxi che tentava di contattare l'autista di 'sto Bari 7, Parigi 12 o Timbuctu 25, neanche me lo ricordo, non potevamo fare altro.
Ogni 10 minuti, la nipponica arrivava a chiedere altre informazioni e di fare un'ennesima chiamata alla centrale.
Uno snervo senza precedenti.
Addirittura la signora, che avrebbe un posto prenotato su un freccia rossa, preferisce perderlo. Non va neanche a cambiare il biglietto alla stazione pur di stare lì. Alla fine si riesce a contattare il tassista che conferma che si, il cellulare era rimasto in auto e lui l'aveva trovato. E l'avrebbe riportato alla cliente, prima di cominciare il servizio. Così dopo mezz'ora lui arriva e lo ridà alla giapponese.
Che a parte dire un grazie, non gli dà un centesimo di mancia.
Come direbbe il mio collega Ettore, avessimo un euro per ogni grazie, avremmo già ripianato il debito greco.
Non voglio fare una difesa spassionata dei tassisti, specialmente dei miei concittadini. Anche su di loro sarebbe da dirgliene diverse. Qualcuno sarebbe da sbattere discretamente contro il muro fino allo sgretolamento dell'intonaco, in quanto sfrutta appieno la letale combinazione tassista+fiorentino (anche se tassista+romano dev'essere qualcosa che, in quanto a simpatia, viene appena un pelino prima della gestapo, l'isis e licthsteiner). Ma sono sufficientemente onesti e scrupolosi, per quel che riguarda gli oggetti persi dai clienti nelle macchine. Almeno, è quel che spero.
E comunque, Milano 25 ce l'abbiamo solo a Firenze.
Ma torniamo ai due modelli balcanici.
Questi due, belli come il sole e con l'espressione del mostro di Milwakee, mi si paventano di fronti, trafelati, che hanno perso questo telefonino su un taxi.
Avendo chiamato io il taxi, un'ora fa, tramite l'apposito collegamento sul pc, riapro lo stesso e risalgo alla sigla. Quindi chiamo la compagnia, che prova a contattare il tassista. E ci riesce.
Ma il tassista afferma di non aver trovato niente.
Ovviamente io non parlo direttamente con costui. E' la compagnia che lo contatta con il suo sistema, le radioline cb in dotazione ad ogni macchina.
Riattacco, e comunico la ferale notizia ai due ex possessori di telefonino iper tecnologico ed ultra costoso. Il tassista non ha trovato niente. Ammette di non aver controllato, quando loro sono scesi, quindi qualche altro cliente potrebbe esserselo preso. Lui, una volta ricevuta la chiamata dalla centrale ha guardato ovunque, anche sotto i sedili o nella fessura sedile-schienale, ma non c'era niente.
Tutto ciò, sempre ammesso che il cliente dell'albergo lo abbiano veramente perso lì. Sottinteso, chiaro.
Questi due si guardano in faccia, poi mi chiedono di chiamare ancora, che vogliono parlare con il tassista, ma io ribatto di no. Non posso stare un'ora dietro alle vostre fisime. Dovete fidarvi. Se vi dice che non ha trovato niente, vuol dire che non ha trovato niente. Avete perso un telefono, capita a tutti, è capitato anche a me. Fatevene una ragione. Oltre al fatto che potreste averlo smarrito altrove ma vi siete autoconvinti che l'avete perso proprio lì.
Lui assume uno sguardo, se possibile, ancora più incacchiato, perchè chiaramente non crede affatto a tutto ciò, ed è ormai pienamente ed assolutamente convinto di essere stato derubato, e si mette a sedere sul divano imbronciato come dopo lo 0-5. Lei rimane lì immobile a bocca aperta per qualche lunghissimo istante, poi se ne viene fuori con questa incredibile, pazzesca richiesta:
-Ma no può parlare direttamente con tassista? No può avere suo indirizzo?-
La mia doveva essere la stessa incredula e stupefatta espressione che avevo prima di sbottare in “Ca**o, dai, ma era fuorigioco! Come si chiama 'st'arbitro norvegese di m****?”.
Carissimi clienti balcanici che un paio di mesi fa avete perso il telefono e mi avete rivolto questa domanda: ma vi pare che la compagnia dei taxi viene a dare a voi, due perfetti sconosciuti, il numero e l'indirizzo di un suo tassista? La privacy l'abbiamo definitivamente gettata nel cassonetto?
E mi viene in mente la battutaccia che si fa sui balcanici quando sono incacchiati neri con qualcuno:
-Io spacca bottilia! Io ammazza familia!-
ps. i due non mi hanno più rivolto la parola durante il resto del soggiorno.
Ormai ero stato etichettato come complice.


martedì 8 settembre 2015

Le colleghe Caterina (a sinistra) e Georgiana, ritratte in un disegno lasciato da un cliente.

Alla faccia della privacy, lascio anche la firma del cliente. Non ho osato cancellarlo.


venerdì 4 settembre 2015

Tutto vero.
Ma è lunga, vi avverto.


Il punto è ricordarsi sempre: il computer è uno stupido.
Per quanto noi ci si sforzi nel dirgli quel che fare, ovviamente con le istruzioni (mi ricordo ancora quando impazzivo con i programmi tipo “If X=5 then goto 73”), e lui lo faccia, magari pure bene con programmi ed applicazioni strabilianti, quelle istruzioni gliele diamo noi. Non serve a niente essere affamati, o folli, od entrambe le cose. Al mezzo tecnologicamente avanzato non frega niente di come tu sei. In questo è davvero democratico. Solo, dagli le istruzioni giuste e lui svolgerà le sue funzioni.
E se tu, utente impavido e temerario, trovi qualcosa che non ti torna, un percorso totalmente illogico ed irrazionale, un risultato oltre ogni previsione e totalmente catastrofico, cosa farai?
Te la prenderai con il mezzo che non ti ha capito?
Te la prenderai con te stesso per aver toppato?
Te la prenderai con i programmatori per i loro umani -ma anche no- errori?
Macchè.
Chiamerai l'albergo ed infamerai il portiere, è chiaro.


Pomeriggio domenicale estivo.
Farsi una domenica pomeriggio in albergo è come andare nell'aldilà, trovare le famose 72 vergini, soddisfarle e, 9 mesi dopo, trovarsi con 72 marmocchi urlanti e piangenti all'unisono. E sono tutti tuoi, perchè le 72 neomamme ex vergini sono al centro commerciale dove trovano H&M, Limoni e Sushiko.
E, quando siamo pieni, qui ci sono pure il doppio, di clienti-marmocchi che hanno bisogno di assistenza dal portiere.
Senza contare quelli non ancora clienti che non sanno usare il mezzo tecnologicamente avanzato.
Verso le 19 entra una prenotazione. Per il giorno stesso.
Non me ne accorgo perchè ho un tale continuo di clienti, al bancone, che anche i 30 secondi che basterebbero per entrare nel sistema, scaricare le nuove prenotazioni arrivate, stamparle ed inserirle nel gestionale, sono pura utopia. Non ci sono secondi avanzanti. Esistono solo i clienti al banco, che pretendono tutti la solita piantina e la direzione per gli Uffizi od il Duomo. E per molti è la terza o quarta piantina che prendono. E la terza o quarta spiegazione che chiedono. E malgrado gli dica che il Duomo è a destra, loro, puntualmente, escono e vanno a sinistra.
Un bel giorno esco, faccio un buco nel marciapiede e ci infilo un palo con la scritta “Ti ha detto a destra!”
In tutto questo caos primordiale che sembra la curva della Fiesole dopo gol di Pepito, squilla il telefono.
-Hotel ********* buonasera sono Marcello, come posso aiutarla?-
-Ciao, io fatto plenotazione.... cioè.... plenotazione albelgo, ma io fatto ellole, io sbagliato città-
Una volta, forse 10 anni fa, mi successe. Sempre ad un turno pomeridiano mi arrivarono due italiani, con un voucher. Che si spazzientirono subito che non trovavo la loro prenotazione, salvo poi rendersi conto, voucher alla mano, che il nome dell'albergo era giusto, ma la città sbagliata. Scoprimmo che in un'altra città di questa penisola c'è un Hotel ********.
E non vi dico la faccia di questi clienti quando gli mostrai il voucher, che neanche avevano letto.
E parliamo di un voucher, un documento emesso da un'agenzia di viaggio. Persone specializzate nel campo. Evidentemente, non tutti.
Quindi, se sbaglia un'agenzia, è normale che lo faccia una persona qualsiasi, soprattutto se, come nel mio caso, trattasi di immigrato non con piena padronanza della lingua.
Beh, a dire il vero, una discreta padronanza l'aveva. Ma ve lo dico dopo.
Il punto è che in quel momento non ho tempo di stargli dietro. Ho al bancone una fila di gente che sembra una filiale di una banca greca il giorno che da Bruxelles arrivano i contanti. Ma il meglio deve ancora venire.
Ancora telefono.
-Hotel blabla marcello bla bla bla-
-Buonasera, sono Francesca (a caso) di [sito web], avrei bisogno di alcune informazioni-
-Dica pure (nel frattempo sto impostando il wifi di una signora argentina che dall'aspetto deve essere la nonna di Evita Peron, e che ha un cellulare dal costo presunto di 3 volte il pil greco; e si ostinava a voler entrare nel wifi dell'albergo inserendo, negli spazi riservati a login e password, il suo indirizzo di posta elettronica e la propria password).
-Senta, abbiamo necessità di rivedere un momento le nostre anagrafiche-
-Magnifico Franci, è il momento giusto, mi dica tutto. Aquì tiene su connexcion, ahora el wifi va-
-Come?-
-E' spagnolo, Franci. Ma te parla, eh, tranquilla, ti sento-
Premetto che queste libertà me le prendo solo con le telefoniste di [sito web]. Soprattutto quando mi capitano le mie connazionali.
-Ah... ok... senta.... la vostra struttura si trova in San Lorenzo?-
-Si, quartiere di San Lorenzo, a Firenze-
-Ma... Firenze provincia?-
Eh?
-Città. Firenze città, non provincia-
-Mi scusi, non ho capito. Voi state a San Lorenzo, in provincia di Firenze?-
Ok, signora nonna di Evita, ora lei aspetta, e non mi importa se ancora non le arrivano i messaggini uozzappanti. Qui c'è in ballo qualcosa di grosso.
-Ehm... Francesca, noi siamo a Firenze. Firenze centro. In un quartiere che si chiama San Lorenzo, a pochi metri dall'omonima chiesa. Monumento storico secolare della città. Secondo il comune, ancora incompiuto. Non a niente a che vedere con San Lorenzo il comune del Mugello-
Francesca non sembra molto convinta, ribatte che un cliente ha chiamato affermando che noi non siamo a Firenze. Ma alla fine capisce che se io, portiere di tale albergo, insisto, si, siamo proprio nel centro di Firenze.
Solo che qualcuno meno convinto mi chiama un quarto d'ora dopo.
-Hote....-
-LADLI! IMBLOGLIONI! MA IO FA DENUNCIA!-
-Ma... cosa?...-
-IO FATTO FOTO, IO FA DENUNCIA VOI! ******! LADLI!!! *******!- (vi avevo detto che aveva una padronanza della nostra lingua. La parte volgare)
-Mi vuole spiegare che le prende?-
-IO SO TUTTO! VOI DICE CHE E' FILENZE MA NON E'! IO DENUNCIA!-
-Ma che dice? Noi siamo a Firenze-
-VOI NO SIETE FILENZE! VOI SIETE SAN LOLENZO! IO FATTO FOTO!-
-Certo che siamo a San Lorenzo. Dietro alla Stazione di Santa Maria Novella-
-TU AMMETTE IMBOLOGLIA! TU NO FILENZE!-
-Si che siamo a Firenze! Ascolta: vicino alla stazione c'è un quartiere che si chiama San Lorenzo, come il paese. Ma non ha niente a che vedere con quello. N-o-i s-i-a-m-o a F-i-r-e-n-z-e!!!-
-TU NO FILENZE-
-SI CHE SIAMO A FIRENZE! MI ASCOLTI? SIAMO VICINO ALLA STAZIONE DI FIRENZE!-
.
(lui)-Ma quanti chilometli?-
-Non chilometri. Metri. Siamo a pochi metri dalla stazione di Firenze-
..
(io)-Pronto?-
-Io sono via *********-
-E' la via dell'albergo! Siamo al numero **, vieni qui e ti spiego-
Gli riattacco e mi metto a dare altre spiegazioni ad altri clienti al bancone (che mi guardano con occhi spiritati perchè anche io mi sono messo ad urlare alla cornetta), ma non passano 5 minuti che entra.
Massiccio ed incazzato come doveva essere quello di Piazza Tien An Men.
Quello alla guida del carro armato, intendo.
Attende paziente che abbia finito, poi si mette al bancone. Su cui sembra di sentire aleggiare in sottofondo la tromba di Morricone.
Ci appoggia i gomiti ed aggeggia al telefono.
Io gli tendo la mano, e me la stringe. Cominciamo a calmarlo. Poi, sempre senza che abbia ancora aperto bocca, prendo una piantina e gli mostro:
-Vedi, questa è la chiesa di San Lorenzo, e noi siamo qui-
Lui continua ad aggeggiare sul cellulare, poi mi mostra [sito web] con l'indirizzo dell'albergo.
Sull'indirizzo, anche il quartiere: San Lorenzo.
Poi pigia sopra, sull'applicazione per le direzioni.
E l'applicazione lo manda a San Lorenzo, provincia di Firenze.
Tutte le indicazioni sulle strade (la Faentina, nello specifico) da prendere. Da Firenze fino in Mugello.
-E questa che roba è?-
-Dilezione per allivale-
-Ti rendi conto che questo coso sta sbagliando, vero?-
Rimane lì a bocca aperta come un pesce sul banco della pescheria. Poi diventa serioso e mi spara questa incredibile, testuale frase:
-Se io non cledo google, chi devo cledele?-
Firenze, 2015. Non avrai altro google all'infuori di me.
ps. la mattina, alla partenza, è stato lui, dopo avermi chiesto scusa, a tendermi la mano. Ed a riderci sopra. E ad assicurarmi che “Io no usa più google”.
A Mountain View dev'esserci una mia foto appesa al muro.
Piena di freccette.
ps. a rischio di passare da razzista, caro il mio amico cinese, te lo devo dì: sei una fava! (nel senso toscano e buono del termine, precisiamo)