Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
mercoledì 30 aprile 2014
sabato 26 aprile 2014
AVVERTENZA: QUESTO POST E' A FORTE GRADAZIONE DI POLITICAMENTE SCORRETTO. SE DOPO LA LETTURA VI SENTITE OFFESI, SIETE PREGATI DI RICORDARVI CHE IO VI HO PREVENTIVAMENTE AVVERTITO.
Devo chiedere scusa ad Alessandro.
Ale è uno dei facchini dell'albergo. E' dentro questa azienda da molto più di me, ormai saranno vent'anni. Un tipo magro e robusto, che ne ha viste tante, molte, troppe. Potrebbe scrivere un paio di enciclopedie di storie capitategli. Una, ad esempio, è che due settimane fa l'ho fatto arrabbiare di brutto.
Il punto è che a volte non mi sento affatto adeguato a questo lavoro. Intendiamoci: non è che non mi piaccia. Affatto. E' che preferirei di gran lunga qualcosa tipo di calciatore professionista in Premier League, il comandante dell'Enterprise, od il dittatore assoluto in una remota enclave di socialismo reale. Qualcosa insomma che comporti un sacco di divertimento, minori difficoltà e soprattutto zero responsabilità.
Turno di mattina, un sacco di partenze. Tra tutte queste ci sono 3 camere di afroamericani. Tre coppie con bimbi, uno in particolare molto piccolo, appena 3 mesi, e che sul passaporto indicava pure che è nato in Italia. Presumibilmente sono militari di stanza in qualche base yankee del paese, basi che dobbiamo fornire in quanto paese sconfitto (e complimenti al pioniere italiano del bunjee jumping che ebbe la genialata di dichiarare guerra agli Usa). In ogni caso: prenotano con internet, pagano camera e tassa di soggiorno e non vengono a chiedere informazioni. Ottimo ed abbondante. Finchè non capita il problema che fa arrabbiare Ale e ti fa rendere conto come l'unico afroamericano intelligente del pianeta sia il Presidente. Gli altri sono dei pirla che andrebbe rimandati dove meritano: nel campi della Virginia, a raccattà i' cotone.
Una di questi campioni ha un frigo-trolley. Uno di quei frigo portabibite che si vedono nei film polizieschi americani, con i protagonisti da cui attingono lattine su lattine di Duff od altra pessima birrazza, mentre chiacchierano di come arrestare i cattivi sopra una barca ancorata in un giardino. Solo che questo frigo si trasporta come una valigia, con tanto di maniglia estraibile sul fianco alto.
Arrivano al bancone e pagano la tassa di soggiorno, quindi passo ai clienti successivi, quando improvvisamente udiamo un rumore forte, profondo: un rombo tremendo, sembra una MG42 ad Omaha Beach, od il tremore del terreno sotto L'Aquila. Ci guardiamo tutti negli occhi, con sguardi terrorizzati, poi in un attimo si realizza il disastro: il frigo-trolley si apre e ne escono litri d'acqua, dozzine di lattine di ogni tipo di bevanda gassata di questo pianeta e soprattutto centinaia, migliaia di cubetti di ghiaccio, i colpevoli del rombo. Tutta questa quantità di roba di riversa nel pavimento antistante al bancone.
Ovviamente Alessandro arriva, incacchiatissimo, con secchio e straccio per pulire dall'acqua e dai cubetti di ghiaccio che vagano per la hall come mini-iceberg alla ricerca del loro mini-titanic da affondare; e lì si realizza il fattaccio: il possessore del frigo-trolley, ed autore del disastro, raccatta le sue bibite, le butta nel frigo, lo chiude e se ne va.
Ed a quel punto Ale spara la frase che per me è ancora una pugnalata al cuore:
-Ma come, se ne va? Marcellino, ma 'un tu gli dici niente?-
Ed invece io sono rimasto lì, con lo sguardo allibito, a guardare 'sto negraccio (scusate, ma quanno ce vo ce vo) che, sguardo basso colpevole, se la fila fuori dall'albergo.
Potrei addurre, come scusa, che avevo altre due camere che volevano fare il check-out e mi avevano distratto (e se la ridevano pure di tutto il casino), o che mi aspettavo davvero che 'sto nero aiutasse almeno a raccattare i cubetti, come avrei fatto io se fosse capitato a me. Invece no. Non sono riuscito a dire niente. Sono rimasto lì come un allocco a bocca aperta, a guardare quello che se ne andava dopo aver combinato il danno, con 4 olandesi che ridevano come matti mentre posavano sul bancone gli euri necessari a pagare la tassa di soggiorno ed Ale che sparava quei termini che dimostrano come noi toscani siamo ancora pagani indefessi che odiano profondamente il dio unico.
Ale scusami. Sul serio. Lo so, a volte (ultimamente molto spesso, a dire il vero) mi sento proprio inadeguato a questo lavoro. Ti prometto che, quando avrò realizzato la macchina del tempo, andrò a Gettysburg a dire a Bobby Lee di non attaccare frontalmente Cemetery Ridge ma aggirare sul fianco, così da far vincere la guerra ai sudisti e mantenere lo schiavismo nei CSA. E quando parlo di Lee non intendo un'auto con una bandiera dipinta sul tettuccio, ma un generale in carne ed ossa. Ma al momento posso solo porti le mie sincere scuse. Ti offrirò una birra.
Una buona però.
lunedì 21 aprile 2014
In fin dei conti, non sono tante le
cose che desidero dalla vita.
Ad esempio: mi piacerebbe che le mie
figlie guardassero i miei dvd su una ragazza nippo-aliena volante in
bikini tigrato. Oppure ragazze giapponesi che manovrano carri armati.
Oppure ragazze giapponesi esperte di arti marziali. A pensarci bene
tutti i miei dvd riguardano ragazze giapponesi. Ma non è così. Le
mie figlie si ostinano a guardare giuseppa maiala; o roberto spugna;
o dei cavalli parlanti. Vabbè, accontentiamoci. In fondo con la
Camilla sono riuscito ad andare direttamente dalle bambole a Stone
Age ed Agricola senza passare dal monopoli. Il che, in fondo, è un
bel risultato, ad 8 anni.
Ma questi sono fatti marginali,
rispetto a quando avviene ciò che veramente non mi piace: quando mi
prendono per il portiere onniscente. Per colui che sa tutto.
Pomeriggio, turno anche abbastanza
tranquillo (in realtà affatto). Due arrivi:
1-madre e figlia finlandesi. La signora
si presenta come “Sara Maria” (inventato, ovviamente).
Signora, ha veramente prenotato a nome
“Sara Maria”?
Si, ribatte lei convintissima.
Ovviamente non c'è nessuna
prenotazione a nome “Sara Maria”. La signora ha prenotato con il
cognome, ed è ovvio che non posso sapere chi sia costei, se mi dice
solo il nome di battesimo.
Provo a chiedergli il cognome, ma lei
ribatte convinta, nel suo sorriso mentre accarezza la bimba: Sara
Maria.
Normalmente, quando non trovo subito la
prenotazione di un cliente, questi va subito nel panico assoluto:
oddio, non c'è la camera, dovrò dormire in mezzo alla strada!
Aiuto! Questa signora invece no. Tranquillissima, sicura di sé: ha
prenotato e la camera c'è. E' vero, ma lei ha prenotato con un
cognome, non come “Sara Maria”. No, io ho prenotato come Sara
Maria. E mi sorride serena: tu sei un portiere, tu sai tutto.
Sono appena le 4 del pomeriggio, ho
ancora una caterva di arrivi, e guarda caso, ben 4 finlandesi. Un
paese così poco popolato rispetto al resto del mondo ed un monte di
gente che viene tutta qui: Dai raga, molliamo 'ste renne ed andiamo a
trovare il marce, ma per non farci perculare con i nostri cognomi
tipo Kakkula o Lekkonen, gli diciamo solo il nome, tanto lui sa
tutto. Magnifico. Mi sembra quella vecchia barzelletta:
-come si chiamano gli abitanti della
Finlandia?
-Finlandesi.
-I nomi, voglio i nomi!
Come la trovo la prenotazione di
costei? Nell'unico modo possibile: gli chiedo i passaporti. Ecco il
cognome ed ecco qui la prenotazione, trovata subito.
Non le dico niente; faccio la copia dei
documenti, gli do chiave, codice wifi, mappa ed arrivederci. Lei e la
figlia salutano sorridenti. Convinte che basti il nome di battesimo.
Caro collega del prossimo albergo dove alloggerà la signora: keep
calm and ask the passaports. Non aspettarti che dica le cose nel modo
giusto.
2-americani, coppia giovane.
Sorridente.
“Reservation name xxx”
Non trovo la prenotazione.
Costoro vanno nel panico. Si guardano
spaventatissimi, manco stessero ascoltando Orson Welles che alla
radio dà la notizia dell'arrivo degli alieni. “We booked, we
really booked!” Non lo metto in dubbio, ragazzi miei, ma non è che
avete prenotato sotto un altro nome? Nonono! We are 100% sure, we
booked under name xxx.
Posso avere i vostri passaporti, per
favore?
Lui cognome xxx, lei cognome yyy.
Prenotazione sotto cognome yyy.
Faccia rilassata, lui guarda lei: So...
you booked!
E lei: i didn't know.
3-Ore 21, dai che manca poco ad andare
a casa. Ma ecco che entra una signora bionda, elegante, distinta. Gli
manca solo la parola. Purtroppo. Forse dovrei provare a fare come
quello scultore: una martellata sulle ginocchia: “Perchè non
parli?” Perchè non spiccica neanche una parola d'inglese. Perciò
mi fa segno di attendere, fruga frenetica in borsa ed estrae un
foglio booking. Ed indica quello che presumo sia nome e cognome.
Presumo, perchè è in cirillico.
Sono letteralmente allibito, questa
pensa veramente che io parli e legga il russo.
Ok, io ho dei colleghi che hanno questa
abilità, ed anche ad un discreto livello, ma tu, cliente putina (nel
senso del tuo presidente, ovvio) entri sicura che qualsiasi
dipendente alberghiero della penisola conosca la tua lingua?
A quanto pare è proprio così, perchè
indica imperterrita tutto il foglio, ed è tutto cirillico. Per
costei la cortina di ferro andava dalla Sicilia al Belgio. Mi spiace
signora, ma il fronte popolare perse le elezioni nel '48. Le vinse la
dc. Concordo con lei che era meglio un po' di sano e rigido comunismo
con truppe d'occupazione russe e studio obbligato di questa lingua a
tutti gli italiani, ma non è andata così. Siamo stati sotto la Nato
e gli americani, ed a loro che si conoscesse l'inglese non è mai
interessato. Gli bastava che avessimo la coca cola, il mac donald e
qualche aereo civile da prendere di mira di tanto in tanto (sigh).
Ma fortunatamente per lei (e per me)
essendo le 21 non mancano tanti arrivi. Per l'appunto ce n'è solo
uno con cognome più o meno russofono, e poi, al solito, mi faccio
dare i passaporti (perchè nel frattempo è spuntato il marito, ed
anche costui non va al di là della lingua madre).
Però non c'è verso, non si scappa.
Noi portieri dobbiamo sapere tutto. Per forza.
venerdì 18 aprile 2014
Rapidamente:
ore 22.30, arrivo una mezz'ora di anticipo e trovo la Caroline con la stessa espressione misto incazzatura-tristezza che avevamo noi fiorentini dopo il ritorno di europa lig. In pratica, appena 30 minuti prima, due coppie di austriaci, più o meno sopra il secolo d'età, avevano chiesto qualcosa da trincare al bar dell'albergo. Il problema è che Niccolò, il facchino, era impegnato a rifare una camera a due letti, poiché la cameriera, la mattina, aveva completamente toppato ed aveva rifatto il letto come matrimoniale. E dato che anche lei era piuttosto impegnata al ricevimento, non era possibile “al momento” soddisfare la richiesta.
Apriti cielo, gli austriaci aggrediscono verbalmente la povera Caroline, accusandola di non avere voglia di lavorare. Questi emeriti strunz non tengono minimamente di conto che i due ragazzi hanno molto da fare in cose urgenti (due persone che vogliono una camera a due letti,check-in, telefonate di richieste di disponibilità, ecc.): esistono solo e soltanto loro, e devono essere serviti subito, seduta stante. La Caro è letteralmente allibita, e c'è stata molto male, ma alla fine le bevande sono state servite perchè Nicco è un mostro nel suo lavoro, e si precipita dabbasso per servirli. Più tardi chiederanno ulteriori bevande a me, unico dipendente rimasto.
Abbi pazienza Caro, lo sai come sono gli austriaci: dei tedeschi tristi. E gli rode ancora di quando voi francesi li prendeste sonoramente a calci nel didietro per mezza Europa, da Ulm ad Austerliz. O forse di quando li bastonammo noi sul Piave.
Mentre sono lì al bar che preparo gin tonic e cuba libre, mi chiama un interno, camera 384. Coppia americana 40enne, simpatici, sorridenti e tranquilli. Non riescono a dormire perchè la camera accanto “a party is going on”. Ci sono due ragazzotti, anche loro americani ma con la metà degli anni. Con altri amici. Con molte birre. Li chiamo in camera più volte, non mi rispondono neanche. E' quello che mi lascia stupefatto degli yankee: sui 22-23 anni oltrepassano una barriera che è un po' come la sottile linea rossa di Mallick: al di sopra sono persone adorabili e simpatiche, ma al di sotto sono il diavolo in persona; brivido, terrore e raccapriccio di qualsiasi dipendente alberghiero. E di qualsiasi cliente.
Alla fine anche questi strunz rispondono al telefono, e i assicurano che la smetteranno presto, infatti di lì a pochi minuti escono: sono in 6 e tutti con birrozzo in mano. I due occupanti della camera rientrano verso le 4. Ovviamente non suonano il campanello, malgrado glielo avessi detto, e malgrado fosse già la seconda notte che rientravano a quell'ora e trovassero la porta chiusa a chiave.
Verso le 6 circa scende proprio la 384, che ha una partenza mattutina. Hanno un volo presto per l'aeroporto. Pagano la tassa di soggiorno, poi lui, tipo alto e prestante ed espressione da “ti ho beccato Osama, è giunta la tua ora”, chiede il numero della camera dei suoi concittadini più giovani e casinari.
“Room 385, sir. Just dial 3 and the room number on the phone”
Lui chiama la camera dal telefono di servizio.... aspetta... aspetta... la moglie attende anche un pò impaziente alla porta, poi alla fine qualcuno risponde, e lui attacca:
“Hello, i'm your friend from room 384. I wish to thank you to wake me up yesterday night. I hope you have a nice day”.
Dopodichè riaggancia, mi saluta, afferra il trolley ed esce dall'albergo.
Firenze, 2014, la seconda guerra civile americana.
lunedì 14 aprile 2014
A me non è che spiaccia sparare a zero sui vigili urbani. Anzi, a volte è necessario. Doveroso, oserei dire. E' che il mio più caro amico Alessandro, compagno di lanci di dadi in D&D e Vampiri, fa parte di tale corpo. Ma a suo favore devo aggiungere che lavora a Campi, il che rialza enormemente la media del posto.
Ma a Firenze tale media è terribilmente bassa. Occorrerebbe una pala, per scendere così in basso.
Turno pomeridiano di mia moglie. Riceve la chiamata di un cliente che arriva in auto, perchè l'albergo dove lavora ha il garage. Dato che il navigatore è, nel centro di Firenze, affidabile come Schettino alla guida di un peschereccio, la Sara gli dà le indicazioni sulle vie da percorrere per arrivare.
Aspetta... aspetta... il cliente non arriva. Eppure sono 5 minuti 5, che fine ha fatto?
Ma ecco che il cliente richiama:
-Io sono arrivato alla fine della via, ma i vigili mi hanno detto che non c'è nessun albergo e mi hanno costretto a proseguire...-
Eh? Cosa? Come?
La Sara si scusa con il cliente e gli spiega che deve rifare tutto il giro dalla Stazione e dai viali per tornare. Poi si affaccia dal portone.
Fuori, proprio davanti all'ingresso, 4 vigili stanno discutendo, presumibilmente di quale bar produce il cappuccino migliore. Attendono un carro attrezzi per portare via un'auto in sosta vietata. Ma farebbero meglio a chiamare la neuro per portare via loro...
-Scusate, ho un cliente a cui avete detto che non c'è nessun albergo qui, e lo avete costretto a proseguire per tornare alla Stazione!-
I 4 smettono di discutere e si guardano attorno smarriti, manco si trovassero al centro si una sconosciuta metropoli asiatica con indicazioni in ideogrammi, quando invece è la città dove lavorano e si presuppone conoscano. Come se non avessero mai visto la targa di un albergo, che è proprio accanto all'ingresso con scritto “Hotel xxxxxx” ed il numero di stelle. A 20 centimetri dalla loro faccia.
-Ehm.... uh... non l'avevo visto-
Una volta le persone meno sveglie le arruolavano nel corpo dei carabinieri, e da qui le famose barzellette su di loro.
Una volta.
Oggi li fanno vigili urbani a Firenze.
mercoledì 9 aprile 2014
Alcuni mesi fa venne in albergo una coppietta italiana.
Gentili, carini... tutto ok tranne per un piccolo particolare: lei aveva 17 anni e 9 mesi.
E, chiaramente, non erano parenti.
Quando vengono minorenni in albergo, occorre che A) siano accompagnati dai genitori o B) che abbiano l'autorizzazione dei genitori.
Quella volta lasciai correre. Non dovrei dirlo, feci una cosa irregolare, ma comunque dubito fosse una fuga e/o rapimento. Glielo dissi, e mi assicurarono che comunque non avevano in programma altri viaggi prima dei suoi 18 anni. A tal proposito, adesso lo è. Tanti auguri. Poi erano bolognesi, ed io adoro i bolognesi (un fiorentino che ama Bologna è molto irregolare, lo capisco, è come un israeliano che va pazzo per la Germania, ma può capitare, no?)
Ma un paio di settimane fa, nell'albergo di mia moglie, arriva una coppia giovane. Lui 18enne, lei...15enne.
Ci sarebbe da chiedersi quale madre o parente prossimo lascia che una 15enne vada in vacanza con il fidanzatino, e gli paghi pure il soggiorno. Ma la procedura è semplice: occorre l'autorizzazione dei genitori. La collega di mia moglie, Cecile, intima ai ragazzi di avere questo documento, così la ragazza si attacca al telefono e chiama la madre affinchè invii questa preziosa autorizzazione corredata di fotocopia del documento.
Intendiamoci, è comunque un palliativo. In teoria non dovremmo accettarli, questi ragazzini. Se gli succede qualcosa, noi siamo i responsabili... Ma comunque lei è con un maggiorenne. La madre ne è consapevole e dà il consenso. Tanto basta. I due lasciano i bagagli e vanno a giro per la città.
Alle 15 entra in turno mia moglie. Mentre si danno le consegne, arriva una telefonata.
“Hotel xxxxx, buonasera, sono Sara”
“Ciao, so' 'a ragazza de prima”
….
“Eh?”
“Si, so' Federiga. Che mi' madre a mannato er documento?”
Non ci vuole molto alla Sara per capire chi è che sta parlando.
“Si, tutto ok signorina, sua madre ha mandato il documento e la dichiarazione”
“Allora sto tranquilla? Che posso tornà?”
“Certamente, può alloggiare da noi”
“Ah, bene. Grazie amo'. Se vedemo dopo” e riattacca.
E la Sara rimane lì, come un'allocca con la cornetta in mano e pensa:
ma amo' lo dici a tua sorella!
I due ragazzini staranno alloggiati per due giorni, praticamente senza uscire di camera. La cameriera dovrà fare le poste fuori nel corridoio, per infilarsi dentro una volta che costoro escono al fine di riordinare e riassettare. A fine soggiorno, alle 12.15, non sono ancora scesi. Mia moglie, che è in turno di mattina, li chiama in camera.
Voce maschile, cavernosa, appena svegliata.-
-Pronto...-
-Buongiorno, qui è il ricevimento. Le volevo ricordare che il check-out è a mezzogiorno, e voi siete ancora in camera.
-Ah... nun lo sapevo... me credevo che er check-in era alle 12 e 'a partenza alle 14-
La Sara è stata seriamente tentata di inviargli in camera il prossimo arrivo, per un paio d'ore di intimità a 4.
Genitori, prima dei 25, i figli, teneteli chiusi nelle loro camerette. A chiave.
giovedì 3 aprile 2014
Ve lo ricordate il
detto di Confucio? Quello che esortava a sedersi sulla riva del fiume
ed attendere di veder passare il cadavere del proprio nemico?
Io l'ho fatto.
Ma in luogo dei
cadaveri dei miei numerosi nemici, ho visto passare il cadavere di
Confucio. Suicidatosi per non vedere più lo strazio di come si sono
ridotti i suoi concittadini del XXI secolo.
Mi sto avviando al
turno di notte. Serata fresca, terreno in buone condizioni, zero
spettatori sugli spalti (a parte i soliti strafatti seduti sui
gradini di una panineria americana). Sulle spalle il mio solito
zainetto marca Joma, in cuffia il mai troppo compianto Jeff Healey
che mi canta “My life story”. Non solo la tua, Jeff. Non solo la
tua.
Passi lunghi e ben
distesi, sono quasi arrivato.
Stop. Improvviso.
Modello “coda sulla Salerno-Reggio Calabria”.
Davanti, a passo di
lumaca, 3 tipe made in RPC. Marciapiede occupato in pianta stabile,
se continuano così ne diventano proprietarie per usucapione.
Ok, sono in
anticipo, come (quasi) sempre prima di cominciare il turno, ma provo
a vedere se riesco a passare.
Niente, non si
spostano di un millimetro a destra o sinistra. Mi sento davvero
l'uomo invisibile, non mi cagano di striscio. In qualsiasi lingua
tenti di chiedergli “permesso”, non mi considerano. Continuano a
cianare tranquille come se alle loro spalle non ci fosse qualcuno che
cammina più veloce di loro e chiedesse di essere fatto passare. “The
world is mine”. E tutto il resto è zero assoluto. Io sono compreso
in tutto il resto.
Ok, potrei buttarmi
sulla strada e sorpassarle da lì, ma non mi fa molta voglia. Le auto
viaggiano a velocità sostenuta benchè si sia nel centro di
Firenze. Viaggiano tutti a velocità sostenuta, maledetti pazzi,
quando sarò dittatore assoluto farò fermare tutte queste auto nel
piazzale della Stazione e fucilarne gli occupanti al muro della
panineria.
Perciò mi rassegno
a rallentare la mia andatura al passo di queste 3 cinesi, sperando
che non entrino proprio nell'albergo dove ho il turno.
Indovinate un po'?
Sono proprio
alloggiate da noi.
Entriamo tutti e
quattro, e, com'è ovvio, appena entrate le 3 si fermano nel mezzo
della hall per continuare le chiacchiere. Buonasera, sono un essere
umano, posso passare? Vi attraverso come se fossimo entità
incorporee? Devo saltarvi sopra la testa? Scavare un tunnel sotto le
vostre regali signorie? Spararvi un proiettile nel cranio e poi
passare sui cadaveri?
Alla fine riesco ad
arrivare alla reception. David è occupato con un altro cliente, mi
fa un sorriso e strizza l'occhio, ed è, lasciatemelo dire, il
secondo momento più bello del turno di notte (il primo è il sorriso
della Francesca la mattina alle 7, a fine turno). Io non faccio a
tempo ad andare dietro al banco che, neanche il tempo di togliermi lo
zainetto Joma ed il giubbotto, le signore cinesi mi si presentano
davanti.
Toh, c'è un
portiere, non l'avevamo visto.
Indovinate cosa
chiedono?
“WiFi?”
Apro il cassetto e
ne estraggo il codice, ma pensate davvero che le cinesi si impegnino
a digitarselo da sole?
Davanti ai miei
occhi, sul bancone, appaiono 3 cellulari di ultima generazione. A me,
di ultima generazione, piace solo Star Trek, il mio cellulare ha 15
anni e non può navigare in rete, ma funziona e soprattutto ha una
batteria che dura una settimana. Ma a furia di configurare internet
sugli smartphone dei clienti, ho imparato ad usarli.
Il problema è che
questi 3 sono smartphone cinesi. Con gli ideogrammi.
Chiedo gentilmente
alle clienti se mi possono mettere i caratteri latini. Ci sarà bene
un sistema in qualche modo.
Glielo chiedo in
inglese ed italiano.
Risposta: “WiFi”.
E ditino indice che picchietta sullo schermo.
“My life story”
cantava Jeff. Confucio, invece, vomita disgustato.
Ok, bene o male i
vari simbolini li conosco. Mi interessa quello con la ruota dentata,
cioè le impostazioni. Lo trovo accanto ad un angry bird, sullo
sfondo Hello Kitty che sorride con gli occhi chiusi. Disegni
giapponesi, marca coreana, made in RPC, l'Asia riunita in una
macchinetta.
Quindi apro le
impostazioni e tra una selva di ideogrammi trovo il wifi. Trovo la
rete dell'albergo e mi districo in una seria di finestre che si
aprono e mi chiedono cose che non capisco, ma che le clienti cinesi
danno per scontato che io sappia. Keep calm and ask il portiere.
Alla fine, prova e
riprova, entro nella rete e, nelle varie app, trovo anche il browser,
uno diverso per ogni cellulare (safari, explorer e chrome). E'
l'unica cosa diversa che hanno, per il resto ci sono le stesse app e
lo stesso sfondo. Inserisco la prima password et voilà, arrivano
fischietti di messaggini uozzappanti (e la parola zappa indica cosa
dovrebbero avere in mano queste donne cinesi, invece di smarphone);
la luce si accende negli occhi della proprietaria della macchinetta,
che dimentica totalmente chi gli ha appena aperto il mondo virtuale.
Le altre due mi attaccano in pressing alto affinchè mi sbrighi a
sistemargli gli aggeggi mentre David, che ha finito col cliente che
aveva davanti, mi canzona un po' nel suo dialetto romano: “Ao,
Marcè, te se' beccato 'e cinesi” e mi tocca trattenermi dal ridere
in faccia alle clienti (ma probabilmente non se ne accorgerebbero).
Alla fine le tipe se
ne vanno con gli occhi fissi sugli schermi, così che David possa
darmi le consegne ed
andare a riposarsi.
Però, ripeto:
seduto sulla riva
del fiume, vedo passare, galleggiante con la faccia rivolta verso il
basso, il cadavere di Confucio. Mi spiace, onorevole filosofo, sei
stato sfigato.
Dovei nascere in un
paese scandinavo.
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