sabato 29 agosto 2015

Scommetto che nessuno ha mai pensato di portarsi il "codice Da Vinci" in un luogo così particolare e speciale come Parc Gruel.

Invece, anche lì, mamma Cinzia e figlia Carolina non rinunciano alle loro letture preferite.

Schiatta d'invidia, Dan Brown!


venerdì 28 agosto 2015

Ok, questa non c'entra niente con l'albergo.
Nel mondo del commercio, la comunicazione con il cliente è importante. Oserei dire fondamentale. Così come la simpatia del venditore, che deve accattivarsi la clientela.
Quando si ottiene questa giusta combinazione, allora si avrà successo negli affari, e l'impresa diventerà “leader del settore”.
Vale ovunque.
Estate 2014.
Il nostro concetto di vacanza è semplice: campeggio tranquillo con animazione discreta. Niente gruppi esagitati di gente che balla, sul bagnasciuga, canzoncine con parole di cui non conosce il significato, distruggendosi di una fatica atavica che neanche gli schiavi che trainavano le pietre della piramide. Ci bastano un paio di persone che intrattengano le bambine in una gara di castelli di sabbia, o gioco delle bocce, o qualsiasi cosa che ce le tenga un paio d'ore a divertirsi senza avere sempre mamma o babbo nel mezzo. Possibilmente senza musica a 437 decibel. Così che noi possiamo starcene distesi sui lettini della spiaggia intenti a divorare libri. Nello specifico, gialli colmi di omicidi efferati ambientati in una nazione brutale e violenta (la Svezia) per mia moglie, trattati di storia militare dalle 500 pagine in su per il sottoscritto.
Non siamo molto normali, lo so.
Ad un certo punto arrivano alle nostre orecchie una serie di urla belluine:
-CULONE! SCIMMIA! PINGUINO! MAIALE GRANDE! MAIALE PICCOLO!-
Posiamo i libri e ci guardiamo negli occhi, con l'espressione di due newyorkesi che hanno appena sentito Welles alla radio che parla dell'arrivo degli alieni.
Ci alziamo a sedere, e davanti a noi, un tizio di provenienza nordafricana si trascina sulla spiaggia. Sta tirando un filo con attaccati una quantità industriale di aquiloni, che desumo arrivi fino alla stratosfera.
Deve patire una fatica di Sisifo, perchè tira anche vento, e stanno volando a tutta manetta. Ne contiamo ben 25.
E non pago di ciò, sulle spalle porta un sacco grande quanto la rete da palloni di calcio del magazziniere del Franchi, da cui spunta una foresta di girandole, anch'esse che frullano vorticose come pale eoliche. Ed ancora: un filo con attaccati tantissimi palloncini, una trentina di palloncini trascinati per metri e metri sulla spiaggia, vari animali tra cui distinguiamo i pinguini di Madagascar ed, ovviamente, Peppa Pig in due misure: una piccola ed una delle dimensioni del David di Michelangelo.
Maiale piccolo e maiale grande, appunto.
Sapete quando vi prende quella risata irrefrenabile, quella che vi fa male la pancia e vi sentite morire?
Mezz'ora di risata tutti e quattro, perchè anche le bambine sono accorse da noi a chiedere spiegazioni. Ma si capiva chiaramente che il fornitore del materiale non aveva adeguatamente istruito il venditore del giusto nome italiano delle cose in vendita. Che aquilone non è “culone” (che al massimo si applica ai primi ministri tedeschi). E che il personaggio di Peppa Pig ha un suo nome, non solo “maiale”. Chiaramente, quel cartone non era ancora arrivato nel paese del venditore, forse perchè un maiale.
Per tutta la vacanza, lo vedevamo, e soprattutto sentivamo, passare davanti agli ombrelloni urlando circa la sua mercanzia almeno un paio di volte al giorno, e la spiaggia è lunga 5 chilometri, con tutti gli stabilimenti balneari. La Gaia arrivava di corsa agli ombrelloni gridando a sua volta “C'E' CULONE!” e ridere come fanno solo i bambini della sua età a sentire la parola “culo”.
Estate 2015.
Come diceva la canzoncina: stessa spiaggia, stesso mare. E stesso venditore, ma doveva aver ricevuto un minimo di istruzioni dal suo fornitore, evidentemente un po' più ferrato sull'italiano, e che deve essersi reso conto che andava guidato, anche un minimo. Ma proprio un minimo. Stavolta gridava “ACULONE, PEPPA GRANDE, PEPPA PICCOLO” (nome femminile ed aggettivo maschile, che evidentemente nella sua lingua la differenza di genere non esiste)
Non è che si siano sforzati, nell'istruirlo. O forse non si è applicato abbastanza lui, non si sa. Comunque il suo modo di fare era abbastanza accattivante, e funzionava. Si piazzava davanti ad ogni stabilimento piantando nella sabbia dozzine di girandole ed urlando “SCEGLIERE, SCEGLIERE! LO SAI QUANTO COSHTA? COSHTA POCO! (costa con la sc di “coscia”).
Beh, i suoi affari li faceva. Ogni giorno una mezza dozzina di roba, tra girandole, palloncini ed aquiloni, li vendeva. Tutti gli altri venditori passavano mostrando la loro mercanzia tra occhiali da sole, pareo, collanine di ogni etnia di questo pianeta, teli da mare grandi quanto paracadute ed altre dozzine di articoli totalmente prodotti da altri disgraziati in un altro continente. Beh, non ne vendevano mezzo.
Culone”, alla faccia di tutti i suoi difetti di pronuncia, era “leader del settore”.
I miei complimenti, ci rivediamo l'estate prossima.
E studia un po' meglio l'italiano.

Ps settimana prossima torno con storie del bancone, giurin giurella.

venerdì 21 agosto 2015

Il mito del viaggio, l'idea di un luogo mistico da visitare e godere, può essere estremamente dannoso.
Immaginarsi di stare in una città, una terra, un posto da mille ed una notte, e viverlo. Bello, si. Piace a tutti.
Ma ci devi arrivare.
E poi tornare indietro.
Lì arrivano i dolori. E qualcuno va in delirio.


Le signore anziane bevitrici di tè hanno tutte la stessa fissa: andare nel luogo mistico e prendere la loro bevanda preferita esattamente come farebbero in una tea room a O'Connell Street, poco prima di prendere il DART che le riporta a casa.
La loro terra mistica è, proprio come il posto in cui vivono, un'isola. Per arrivarci, in questa, c'è solo un mezzo: la barca. Per Napoleone fu facile: viaggio semplice, che gli inglesi si immaginavano di sola andata. Solo che poi lui si reimbarcò e fece ritorno, mentre gli inglesi si incacchiarono che “It isn't fair!” e gli toccò di affrontarlo a Waterloo 100 giorni dopo.
Negli anni duemila, la tratta Firenze-Isola d'Elba presuppone questo tragitto: Firenze-Camipiglia marittima in treno, Stazione di Campiglia-Porto di Piombino in bus, Piombino-Portoferraio in traghetto.
Come, 3 mezzi?
Signore, gli riferisce la banconista aka mia moglie, non lo sapevate che è un'isola piccola? Non ci sono aeroporti adatti agli airbus, i pochi voli esistenti (da Firenze, Pisa e Milano) sono pienissimi. Non ci sono autostrade, e comunque non avete l'auto. Questa è l'unica possibilità.
Vorrebbe chiedergli: ma perchè avete prenotato lì senza prima guardare come ci si arriva?
Ma ormai la prenotazione l'hanno fatta, la terra mistica deve essere visitata. Ora c'è da organizzarsi il viaggio.
E non solo l'andata. C'è anche il ritorno.
Portoferrario-Piombino, Piombino-Campiglia, Campiglia-Pisa Centrale. E da Pisa Centrale, il bus per l'aeroporto.
4 cambi.
Le signore sono sempre più sconvolte all'idea di trasbordare valigie da un mezzo all'altro, e se ne vengono fuori con questa genialata:
-Ma non potevano fare un ponte? Bisogna per forza usare il traghetto?-
Altro che Reggio-Messina. Il vero volano dell'economia nostrana, il miracolo italiano, o se preferite, l'Italia che riparte, sarà Piombino-Portoferraio.
Campata unica, ovviamente.

venerdì 14 agosto 2015

Non prendetemi per pazzo, ma le persone, e mi riferisco anche e soprattutto a noi italiani, rispettano la legge molto più spesso di quanto uno non creda.

Ok, forse non riguarda il fattore parcheggio e mobilità urbana (soprattutto per quel che riguarda la zona Statuto, attualmente infestata dal morbo tranviatico), anche se poi, può sembrare incredibile ma è proprio così, non tutti parcheggiano in doppia fila o sulle strisce pedonali. La maggioranza si danna a cercare un posto regolare, raro come un tifoso di colei-che-non-deve-essere-nominata che ammette di aver vinto meno di 30 scudetti.

Oppure va nel parcheggi pubblici.

E paga.

E non fa troppe storie.

Non mi capita molto spesso di avere problemi con persone che tentano di passarmi avanti in fila. Anzi, più di una volta mi è stato detto “c'era prima lei”. O di trovare chi non rispetta le rotonde. O non fare il biglietto sull'autobus. Tutti quelli che conosco pagano le tasse (almeno, così dicono, ma trattandosi di lavoratori dipendenti, hanno le trattenute fisse in busta), e nessuno dei miei amici o conoscenti ha la passione smodata per girare in piena notte con bombolette spray per creare scritte dementi su muri che non sono quelli del loro condominio.

Quelli che non seguono le regole, alla fin fine, sono una minoranza. Anche esigua, in certi casi. Come in albergo. Perchè il vantaggio dell'albergo in zona turistica è che chi viene qui viaggia, appunto, per turismo, e quindi parte già rilassato. Ma una minoranza, per quanto in percentuali da partito centrista, può essere così incredibilmente fastidiosa che ti fa scordare la maggioranza lawful good, e si vorrebbe saltare il bancone per un'accurata e dolorosissima analisi fisico-corporea da unità 731.

Le regole dell'albergo sono semplici e concise: a parte il non distruggere gli elementi che compongono la camera affittata, in particolare tv, letti e sanitari, o macchiare i muri della stessa (come hanno fatto altri strunz recentemente, ed Ettore ha dovuto ritinteggiare buttando giù svariati canti del Paradiso), tutto il resto si riduce nel rispetto degli orari: colazioni, check-in e, soprattutto, check-out.

La camera deve essere lasciata per l'orario stabilito, che può andare dalle 10 alle 12 a seconda della struttura. Avendo un apposito stanzino, si possono lasciare i bagagli, e tornare a prenderli in pomeriggio inoltrato. E la maggioranza segue questo orario.

Con le maledettissime, odiosissime, bastardissime, eccezioni.

La persona che non voleva seguire le regole si manifesta in forma di squallida connazionale 60enne acida con camminata e postura alla Andreotti. Ma con il carattere del Fuhrer dentro al bunker.

Un essere informe che già dalle prima battute scambiate ti fa credere che venga da un pianeta alieno, perchè trovi incredibile che possa esistere una persona così ignobile ed irrispettosa delle regole e del mondo che la circonda. A parte un evasore fiscale greco, ovviamente.

Questo schifo di elemento umano, oltre ad aver creato una quantità industriale di problemi in fase di prenotazione e pagamento ben prima di, aimè, recarsi qui, becca il sottoscritto il giorno prima della partenza, che ha la malaugurata sfortuna di chiedergli la conferma del check-out per l'indomani.

E la brillante risposta dà luogo allo scambio di battute che andrebbe scolpito nel marmo come esempio del raro, ma esistente, cliente stronzo e fdp:

essere -Si, lasciamo la camera alle 18-

portiere -Ehm.... signora, ma la camera va lasciata alle 12-

essere -No! Noi lasciamo la camera alle 18!-

portiere -Ma signora, se lascia la camera a quell'ora me la deve pagare-

essere -Ma io non le pago proprio niente!-

portiere -Ma io non ho le cameriere a rifare la camera alle 18-

essere -Si arrangi! Ma che me ne importa a me dei suoi problemi! Ma guarda te questo!-

..

..

..

E' estremamente difficile per me esprimere l'odio di cui venni pervaso in quel momento, nell'udire quelle parole, quelle frasi assurde e così dannatamente e volutamente irrispettose del nostro lavoro, colme di menefreghismo verso il mondo a lei esterno. Immaginate un ebreo davanti ad una SS, uno di colore di fronte ad un seguace della Confederazione, un bejioriano vs. un cardassiano, un Viola che vede strisce verticali, un curdo che vede avvicinarsi delle bandiere nere, Harry che combatte Voldemort... non siamo neanche ad un quinto dell'odio che provai in quell'istante.

Smisi di parlarci. Per me un coso del genere non è degno di considerazione. Le amebe cerebrali devono schiattare all'istante, e questa strunz, con mio profondo disappunto, si ostinava a respirare. Mi misi a parlare con due signore argentine che chiedevano informazioni che avrebbero richiesto almeno 40 minuti del mio tempo, gli orari per le 5 terre, e che non sarebbero serviti perchè alla fine non ci sarebbero andate (ci vuole 3 ore per andare in treno da Firenze a Vernazza o Monterosso, con minimo un cambio, ed un tour in bus costa 80 € a persona; rinunciarono) ma che in quell'istante divennero, e furono, i 40 minuti meglio spesi del mio lavoro. La pazientissima collega We Are The Champions Cinzia (c'è un perchè) intervenne e si prodigò a parlarci, e sembrò convincerla della motivazione: le regole dell'albergo sono semplici e chiare: la camera va lasciata alle 12. I bagagli si possono depositare giù fino alle 18. Anche le 19. Anche quanto ti pare a te, basta che ci lasci la camera alle 12, così la puliamo e la rivendiamo. Perchè è il nostro lavoro, vendere camere. Non essere i tuoi servi od i soggetti delle tue frustrazioni. Per non parlare di chi ha il check-in e vorrebbe prendere possesso della camera quantomeno alle 14.

Ci immaginammo che avesse compreso.

Che illusi.

Il giorno dopo, a parte l'aver stracciato i maroni su altre questioni, lasciò la camera e portò giù i bagagli.

Ma mentre vado a timbrare l'uscita, dopo un massacrante 7-15, sento benissimo dirle al cellulare queste clamorose, pazzesche parole:

-Si, siamo nella hall, ci hanno buttato fuori dalla camera-

Non posso aggiungere altro. Non devo aggiungere altro. Non voglio aggiungere altro.

Spero che Pio VI non me ne voglia per la citazione, ma in quel momento accostavo la cliente a quel che dice Fra Bastiano prima che il boia gli tagli la testa.

Ed in quel momento il mio più ardente desiderio era vestire i panni del boia.

Muori, str****!


venerdì 7 agosto 2015

I clienti sono un po' come i cioccolatini di Forrest Gump.
Non sai mai quello che ti capita.
O, se preferite, sono come le caramelle tuttigusti+1 del magico mondo di Harry Potter.
Ti può capitare una fragola, , un lampone, od un cioccolato, il che è sempre un piacere (soprattutto se fondente all'85%).
Ce ne vorrebbero 10 al giorno. Saranno si e no, uno a settimana.
Ti può, aimè, capitare il gusto caccola. O vomito.
Capitano clienti che sono inodori, incolori, insapori. Il che va benissimo per l'h2o. Ed in fondo pure per i clienti.
E poi ti capitano quelli che li definiresti al gusto di fiorentina sotto uno doppio strato di rucola.
Una delizia.
Ne capitano uno l'anno. Ma sono gli unici che contano.
In questo caso poi, uno in tutta una carriera lavorativa.

Padre e figlia inglesi. Lui è uno stecco magro con barba bianca, capelli lunghi e cappello a tesa larga. Un hippie stagionato in pantaloncini corti, sandali e canotta nera, ma ancora con tanto desiderio di vivere la vita e visitare il mondo; la figlia, neanche vent'anni, è la copia identica di Jessy di Toy Story 2.
Al check-out, dopo aver espletato le formalità, lui chiede:
Someone here play guitar?”
In quel momento, siamo in 3 al banco. Ci guardiamo un momento negli occhi, sorpresi per una domanda che non è la solita da “possiamo lasciare qui i bagagli per un'ora?” o “ci può chiamare un taxi per l'aeroporto?”
Chi parla?
Ok, parlo io. Mi sento un po' chiamato in causa.
Well.... i used to... 20 years ago”
E girandosi mi mostra, tra le sue valigie, una custodia per chitarre. E si vede benissimo che contiene lo strumento, perchè è una custodia di stoffa.
Spiega la situazione: era partito dall'Inghilterra con la chitarra, ma all'aeroporto non gliel'avevano fatto passare come bagaglio a mano, facendogli pagare 50 pounds per il trasporto.
I enjoed to play guitar in Italy for 3 weeks, but i don't want to spend more pounds”
Quindi ha pensato di regalarlo a noi, perchè si è trovato benissimo. Il miglior posto di tutto il soggiorno.

Ok, è vero che comunque era l'ultimo hotel in cui aveva soggiornato, ma non credo ce l'avrebbe regalata, se non si fosse trovato bene. Così, dopo una vigorosa stretta di mano ed un ringraziamento commosso da parte del sottoscritto, mi sono ritrovato con un'altra chitarra in casa. E mi sento in obbligo di rimettermi a suonare e tirare fuori polverosi ed ingialliti spartiti e tabulati, anche se la mia è una vecchia Stratocaster con distorsore Boss con cui tentavo di riprodurre, con scarsissimi risultati, i riff di Angus Young, Ritchie Blackmore ed il più grande di tutti, il mai abbastanza compianto Jeff Healey.

Grazie ancora, signor S. R. from Manny. Cercherò di tenere alto l'onore, magari cercando in rete un po' di brits ballads, dai Fab Four a Gallagher, passando per i Blur e Gary Barlow. Perchè a parte il rock duro, qui siamo ancora a Bennato che canta del gatto e la volpe...