lunedì 27 ottobre 2014

Giuro, di storie ne avrei a dozzine. Ogni giorno ce n'è qualcuna, anche in questo fine settimana potrei scrivere pagine su pagine. Ma sono un tipo pigro. Indolente. Poi stasera mi tocca la notte e sono già in modalità Sid.
Perciò proseguo con una mia vecchia iniziativa: postare le storie in appalto. Cioè scritte da altri colleghi. Che prelevo da quella miniera di chicche che è la pagina feisbuk "Crazy Hotel".
E questa è speciale. Unica. E non solo perchè coinvolge un collega.
Un grazie a Viviana per avermi dato il permesso di postarla, e tutta la mia solidarietà per la mattinata di check-out che si è sciroppata, sia da parte mia che di mia moglie. Che ci abbiamo riso, ma comunque è stata anche abbastanza drammatica.


Questa è successa due settimane fa, non riguarda un cliente, ma un collega. Ed è crazy, sicuramente crazy.

Avete presente quando qualcosa si mette in moto e innescherà una serie di eventi che andranno tutti storti? Eventi come quelli che il Dottor Emmett Brown definisce paradossi, che interrompono il continuo tempo - spazio e distruggono l'intero universo. Beh, l'universo non si è autodistrutto, ma abbiamo fornito valide prove della veridicità di quanto affermò Mr Murphy nella sua prima legge.

Sabato mattina, in turno il mio collega. Io ero di riposo, ma due giorni prima, rendendosi conto che quel giorno ci sarebbero state 64 partenze, ho proposto di fare un paio d'ore per non lasciarlo in difficoltà. Ottimo, dice il capo reparto, va benissimo dalle 8 alle 10. Alle 7.30 varco la soglia dell'hotel, ancora non c'era stato nessun check out. Mi sistemo, controllo i conti, scambio quattro parole. Verso le 8.30 inizia il primo esodo, in due gestiamo abbastanza velocemente. I check out sono abbastanza rapidi, solo due clienti mi chiedono di fargli il check in on line e stampare la carta d'imbarco. Fin qui tutto ok.
Verso le 10 si avvicina al bancone una signora, vuole un passaggio in centro. Sono quattro minuti di macchina, a piedi un dodici minuti, ma si deve attraversare un tratto trafficato e poco sicuro. Il collega mi guarda: il boss è ad una fiera, il manutentore è impegnato.... Vado io, mi dice. Vado e torno. Mmm, anche no, replico io, mancano circa 40 check out e mi servi qui, c'è molto movimento. Ma sì dai, mi dice, vado e torno. Prendo la Peugeot (un'auto che viene usata per lo più dal manutentore per spostamenti per commissioni dell'hotel).
Va e torna, così ha detto. Ma non torna.
Si fanno le 10.05.
Le 10.15.
Le 10.30.
Le 10.45.....
Nel frattempo scende un check out dopo l'altro, ma non come i primi, noooooo. Questi vogliono una ricevuta per i pernotti, una ricevuta diversa per ogni pasto e pure copia del DURC (i miei peli del culo invece non li volete?).
Suona il telefono. Sono anche tentata di ignorarlo visto il caos, ma rispondo. È lui, il collega ormai dato per sequestrato ed in attesa di richiesta riscatto. Ma non l'hanno rapito.
L'hanno arrestato.
"Cosa significa che ti hanno arrestato???", gli tuono in risposta, rendendomi conto troppo tardi di averlo proprio gridato e di avere gli occhi di tutti i clienti puntati con sguardi sconcertati.
L'hanno davvero arrestato, gli hanno concesso di telefonare. Col cellulare della cliente, perché il suo è rimasto in hotel. Insieme pure al portafogli contenente patente e carta d'identità. E al cervello.
Lo ho fermato una pattuglia, nemmeno una pattuglia di zona, forze dell'ordine di non ho nemmeno capito dove. Non aveva patente, nessun documento. La macchina non aveva assicurazione e non era revisionata. Quando gli hanno chiesto di chi fosse l'automobile, il povero ignaro ha fatto il nome del boss, non sapendo che fosse in realtà intestata al manutentore. Non sapeva nemmeno che non fosse revisionata e priva di assicurazione. E la donna con lui? Una cliente a cui dava un passaggio. Avrei voluto vedere la faccia dei carabinieri.... Il malcapitato cerca di spiegare che lavora poco distante. Certo, come no, gli dicono.
Comunque avviso il boss che tra una bestemmia e l'altra va a recuperare il suo dipendente.
Li ho rivisti verso le 12.00.
I check out sono ormai finiti.
Meno male che sei venuta tu ad aiutarmi, mi dice poi.
Meno male? Meno male che c'ero io, con me.

Prossima volta, a casa.

venerdì 24 ottobre 2014

In questo lavoro, c'è un fattore che conta più di ogni altra cosa.
Il sorriso.
Ed è anche il più difficile, peggio che non studiare e conoscere le lingue straniere, od il gestionale del pc, od i musei della città. Perchè sorridere e mostrare una bella faccia lieta può essere particolarmente arduo, in certi casi. Magari abbiamo un sacco di casini personali tipo litigata in famiglia, la Viola che ha perso, neonate molto attive nel festeggiare una notte bianca dopo l'altra, il disastroso tiro salvezza della sessione di gioco della sera prima, la direzione che a volte assume atteggiamenti da comitato di salute pubblica, i clienti stessi che entrano in albergo con una faccia che recita “ma perchè sono venuto in vacanza? Ah, già, mi ci sta portando questo mobile ikea con cui sono sposato da 40 anni”. Non ha importanza. Spalancare la bocca in un sorriso a 32 denti e dire “Buongiorno, oggi è una splendida giornata per visitare Firenze!”
E quando i clienti contraccambiano, il lavoro fila liscio e tranquillo.
Preparate l'insulina, non si può mai sapere.




1.Momento di silenzio assoluto.
Quando accade una cosa del genere, c'è un solo motivo: manifestazione.
A me piacciono le manifestazioni, perchè la via dove si trova l'hotel è trafficatissima, un continuo di auto 24 su 24. Perciò quel momento di calma assoluta senza smog è una vera manna dal cielo.
Mi affaccio sull'ingresso. Li, a braccia conserte, una coppia francese osserva la massa di gente dal fondo della via che, lentamente, cammina nella nostra direzione urlando slogan vari.
-Qu'est-ce qu'il y a?-
-Une greve. La gauche, ecc. ecc.-
-Comme en France-
-Voilà-
In quel momento passano i celerini, e lì non potevo non fare la battuta:
-Merde, les flics-
La coppia francese scoppia letteralmente a ridere. Non si aspettano che un italiano possa conoscere il francese volgare. Ed io, non pago, insisto:
-Couvres-moi, je fil- e rientro all'interno.
Non riuscivano a smettere. Per tutto il soggiorno, quando entravano ed uscivano dall'albergo e mi osservavano, io mi limitavo ad alzare il sopracciglio e fare lo sguardo complice, e loro se la sghignazzavano di brutto. Alla partenza, stretta di mano e complimenti per il mio francese.




2.Coppia giovane irlandese. Mi passano i passaporti per la registrazione, e non posso fare a meno di notare il luogo di nascita: Baile ahta cliath.
Normalmente non dico niente quando registro i passaporti. E' una questione di privacy, non è bello leggere certi dati, anche se la legge ci obbliga. Ma in quel caso lo faccio.
-Ah, Dublin, i love it!-
Sorridono contenti -Really?-
-For sure! Guinness was so good for me-
Mi danno il cinque. Per tutto il soggiorno sorrideranno sempre, senza remore. Ci vuole così poco a conquistare gli irlandesi.
ps. in realtà la Guinness non mi piace per niente. Ma hanno una cedar beer che è la fine del mondo.




3.Coppia americana di colore. Rientrano in albergo, lei pimpante e giuliva, carica di borse e sacchetti, chiede la chiave e schizza su in camera; lui, distrutto dalla fatica, si stravacca sul divano della hall.
Solo due parole, quelle che mostrano la difficoltà di vivere di noi uomini:
-Women. Shopping-
Gli punto l'indice.
-And you pay-
Ricambia il gesto di indicare con l'indice ed annuisce pesantemente.
Non potevo non farlo:
-Seems you need a good coffee. Come to the bar-
Mi guarda come se fossi Mosè che gli porta la manna. Si alza come punto da una vespa e, con il sorriso di Forest Whitaker, mi allunga la mano chiusa a pugno.
Non potevo non fare lo stesso e batterla con la sua.
-Good man! Good man! You saved my life-
E per tutto il soggiorno, quando entravano ed uscivano, battevamo i pugni.




4.Coppia americana 50enne. Alti, belli, in forma. Soprattutto, svegli.
Il contrario del presidente che c'era prima.
A questi i pretzel non rimangono in gola. Si mangiano tutta la scatola e la frantumano.
Il marito scende e chiede dov'è la fermata dell'autobus per lo stadio. Vuole vedere il soccer.
Ma purtroppo il pallone moderno è alle 12.30. Ormai giocano ad orari del ca**o, per quella cavolo di televisione che tutto fagocita, Brian O'Blivion aveva maledettamente ragione. Il marito agita la mano “Oh, forget it”. Prima, mi spiega, c'è il Duomo. La moglie pretende quello, e si sa che le donne comandano. Il che mi ricorda le sagge parole del Melandri ai suoi amici.
Quando rientrano, capisco che il Brunelleschi ha colpito ancora. E' letteralmente stravolto. Appoggia le braccia sul bancone.
-Soccer was better-
-Actually, we lost (sigh). You took the right choice-
E lui, agitando la mano in aria, dice parole così sagge che vorrei abbracciarlo:
-Doesn't matter. A live game is always better than a thousand steps-
Americani. Quando sono così li adoro.




5.Ragazzette giapponesi.
Arrivano a mezzanotte, e malgrado 15 ore di volo aereo, sono sempre belle pimpanti e fresche come una rosa. Le nipponiche sono dure come l'acciaio, se l'imperatore e l'ammiraglio Tojo delegavano la guerra a loro, a quest'ora sulle Hawaii sventolava l'Hinomaru.
Nello stesso momento si presenta una signora brasiliana addobbata come la Santanchè, parte di una comitiva di suoi connazionali che si è meritato appieno il 7-1 crucco, una banda di sguaiati di cui un giorno vi parlerò. Sicuro che mi chiede qualche altro cocktail come quella mezza dozzina che gli avevo già preparato una mezz'ora prima. Ma stavolta dovrà aspettare. La precedenza è ai check-in. Scocciata, si mette in un angolo, sbuffando.
Le giappe si presentano al bancone con un libro di frasi in italiano. Adoro questi momenti, li attendo a gloria, come la volpe attende l'arrivo dell'amico.
Parto a parlare giapponese.
Le ragazze sono letteralmente estasiate. “すごい ! じょずですね ”
Con estrema calma, registro i documenti parlando un po' delle mie esperienze nel paese del sol levante. Poi dò loro la piantina con l'indicazione di dove si trova l'hotel, il codice del wi-fi, la colazione, tutto con molta calma. Sia perchè ci godo nel parlare giapponese sia per far aspettare la signora brasiliana che non si merita rapidità e velocità d'esecuzione.
Ed in quel momento, proprio mentre le ragazze si apprestano a salire in ascensore, dal bar arrivano urla belluine e risate sguaiate.
Le giapponesine, un po' spaventate, allungano la testa in direzione del bar:
-なに? - (che succede?)
-ブラジリア . じん. みんなうるさいです. ごめんなさい (Brasiliani, sono tutti gran casinisti. Mi spiace)
Al che si sono messe a ridere in quel modo così adorabile, come solo loro sanno fare: con la manina davanti alla bocca. Poi mi sono inchinato come ho imparato a fare laggiù e gli ho augurato la meritata buona notte.
La milf brasiliana è stata tutto il tempo ad osservarmi con gli occhi fuori dalla orbite, come i troll che vedono per la prima volta la principessa Anna.
Io, perfidamente, ci godevo.




6.Coppia spagnola.
Mi chiede del Duomo, gli spiego gli orari e l'ingresso per la cupola.
Lui parte con la richiesta solita, almeno una a settimana c'è sempre:
-No hay ascensor?-
..
Non ci si può arrabbiare ogni volta per domande del genere. Lui chiede, è lecito farlo. Io cortesemente, rispondo:
-Pues... no, claro. La catedral tiene mas de 500 anos-
Lui fa una smorfia, un po' deluso.
-Es que tengo un dolor a la pierna...-
Se mi alzi la palla, non posso non andarci di martello:
-Saben como son los catolicos: se tiene que sofrir!-
Ed imito il gesto di fustigarmi con il cilicio.
Scoppiano a ridere entrambi, poi lui continua a lamentarsi con un -Eh, però, que coño!- E parte con altri epiteti molto colorati.
A quel punto io insisto:
-Yo no amo los catolico tambien- E mostrando il pugno chiuso -Izquierda, siempre!-
Lui scoppia a ridere, mi stringe la mano e parte in quarta con un pippone contro el rey, Rajoy e l'attuale governo iberico. La moglie invece non pareva molto contenta. Per un po' lo lascia fare, poi gli mette una mano sul braccio. Senza dire una parola. Lui si interrompe, la guarda un attimo in silenzio e capisce.
-Ehhh... vale vale, vamonos. Gracias, hombre-
E si avvia fuori.
Lei lo segue, ed un attimo prima di uscire dal portone, si fa il segno della croce. Tre volte.




Questo lavoro sa essere magnifico, quando vuole.


giovedì 16 ottobre 2014

1 L'immortalità esiste.
Quella descritta da Johnatan.
Ho davanti a me una svizzera che dimostra l'esistenza dei struldbrugs .
Stessa capacità mentale, aggravata dal suo scarsissimo l'inglese. Mezz'ora buona per capire che voleva 3 ricevute diverse: una per la prima notte che aveva pagato con caparra, un'altra per le restanti 3 notti del soggiorno ed una terza per la tassa di soggiorno. Poi per fortuna ha sorriso e se n'è andata. A Balnibarbi, ovvio.


2 Coppia giovane italiana. Arrivano al bancone per il pagamento.
Lui mi allunga la carta, che infilo nel pos.
Digito l'importo.
Mi aspetto di udire il suono indicante l'sms della banca che l'avverte dell'avvenuta transazione.
Invece nella hall risuona, imperiosa, la voce del sergente Hartmann:
-Ehy tu, come ti chiami, faccia di merda?-
Era tanto tempo che non ridevo così sul lavoro. Mi complimento con lui per la suoneria. Ovviamente gongola. Lei ride ma scuote la testa, sicuramente il suo io interiore si sta prodigando in un facepalm, sussurrando un “ma perchè gli uomini sono così infantili?”.
ps. io come suoneria degli sms ho Homer che canta spider pork.


3 Signora americana.
Vestita e truccata in un modo tale che pure Platinette direbbe “Dai, così è troppo, sei esagerata, cara mia”
Cammina come se sopra di lei troneggiasse un neon lampeggiante che dice “Hi, i'm here!”. Lady Gaga della campagna virginiana più profonda.
Il marito, un omone alto e biondo come solo loro sanno essere quando vogliono, la segue silenziosissimo, praticamente assente. Probabilmente lei lo chiama con lo stesso appellativo usato dai suoi amici al bar: Bubba.
Johnny the reb ridotto a livelli infimi. Il generale Forrest si starà rigirando nella tomba.
Si presentano al bancone a chiedere informazioni. Cioè, lei si presenta, battendo delicatamente i palmi delle mani sul bancone. Ma almeno sorride.
Lui si piazza in un angolo, mani chiuse davanti a sé, in paziente e remissiva attesa.
-Soooo... what's nice to see in town? Where all the people go?-
Stendo la piantina sul bancone che neanche un cameriere dell'Enoteca Pinchiorri riuscirebbe a fare con una tovaglia (in questi giorni ci hanno portato piantine così: 27 metri quadrati. Quelle che non si riesce mai a ripiegare giuste). I musei più importanti, le spiego, sono due: l'Accademia e gli Uffizi. Comincio ad elencare quel che si vede nelle due gallerie, partendo dal capolavoro di Michelangelo, una posa splendida al pari del Bati alla bandierina, ma lei mi interrompe subito.
-The one where ALL the people go!-
Beh, gli Uffizi, ovvio, ma ci può essere una lunga coda, anche un'ora di attesa...
-So, i'll go there!-
Non posso fare a meno di notare come usi la prima persona singolare, mentre acchiappa la piantina ed esce risoluta, seguita come un'ombra dal silenzioso consorte. E mentre li osservo un po' allibito sparire fuori dall'hotel, mi viene da pensare:
Ma mi si nota di più se vado agli Uffizi od all'Accademia?-


4 Mia moglie, turno pomeridiano nell'albergo che la vede impiegata, pure lei banconista.
Coppia 60enne passaporti Usa origine latino-americana. Parlano un mix di spanglish che farebbe l'orgoglio e la felicità di J.Lo. Arrivano al bancone a chiedere informazioni per un regalo alla loro “niña”. 9 anni. In particolare cercano delle t-shirt.
La Sara ovviamente gli indica subito i posti giusti per un regalo così nel centro di Firenze, affermando che sa dove fare acquisti del genere, avendo anche lei una niña di quella età. In effetti sono due, una di 9 ed una di 7, orgoglio dei loro genitori, ma soprattutto della mamma quando la aiutano a mettere in minoranza l'unico elemento maschile della famiglia.
I due escono e tornano dopo poco con il regalo, che mostrano subitanemante alla Sara: una magliettina azzurra con il simbolo della “furti ingegnosi gioco calcio”.
E mia moglie nota subito che è un po' piccolina, per una bambina di 9 anni.
In effetti sarebbe più per una bambina di 9 mesi.
E mentre la banconista è lì che riflette senza capire, con un sorriso un po' stranito stampato in faccia, la signora tira fuori il cellulare e le mostra la foto de “mi amor, my sweet darling”.
Che appare nella foto sorridente e felice.
Con la lingua penzoloni fuori dalla bocca.
Le orecchie che ciondolano di lato.
Una bella cagnolina.
Il bello è che la signora non aveva assolutamente capito che mia moglie parlava della nostre figlie, cosi come la Sara era convinta che la sweet darling fosse una nipotina.

ps. se pensate che far indossare ad un cane la magliettina della nazionale italiana di calcio sia pacchiano, sappiate che la signora ha buttato giù il carico da 11, raccontando per filo e per segno a mia moglie di quella volta che la vestì da principessa, con tanto di gonnellina rosa e coroncina.
Povera bestia. Quasi meglio abbandonarla sull'autostrada.

lunedì 6 ottobre 2014

Io, i madrelingua inglese, li invidio profondamente.

L'inglese ha l'incredibile, fantasmagorico, invidiabilissimo vantaggio di creare parole e termini semplici per definizioni lunghissime. Ed io, che odio mischiare le lingue assieme, mi trovo in profonda difficoltà.

Come definireste il tentativo di fare più cose contemporaneamente?

Esatto, proprio così: multitasking.

Io sono un po' come il winzozz: ci provo, ma non ci riesco.

Ieri mattina ero alla prese con una partenza. Due signore americane che, a prima vista, dovevano essere con Betsy Ross nell'industria del cucito.

Una buona decina di minuti a dividere i conti per due. Tutti i conti.
Camera.
Tassa di soggiorno.
Telefonate.
Bar.

Una signora paga la sua metà di extra in contanti, l'altra in carta.
L'altra paga in contanti solo la tassa di soggiorno, tutto il resto sulla carta.

Benchè viva a 60 chilometri di distanza dal centro di Firenze, ho come l'impressione di avere addosso gli occhi di Luisa, cugina laureata in matematica. Come abbia fatto, per me rimane un mistero insondabile, l'ennesimo di Fatima mai svelato. Io, ad analisi 1, mi accontentai di un 20. Per i miei standard matematici fu come dare un motore a curvatura al'Apollo 13.

Mentre sono lì che mi impegno in integrali per calcolare quanto addebitare su ognuna delle due carte di credito e quanto dare di resto in contanti alle due signore (che ovviamente pagano separatamente e con tagli differenti da due zeri, e solo perchè la BCE non ha ancora ideato quelli da 3), mi si avvicina un cliente castigliano-parlante. A dire il vero era lì già da un po', ma ero impegnato a digitare sulla calcolatrice.

E lì, tento il “multitasking”.

Senza alzare gli occhi, gli chiedo cosa vuole sapere.

Operazione rischiosissima, perchè se mi chiede un orario di un museo qualsiasi, il costo del biglietto e/o il numero di autobus per arrivarci, rischio di confondermi brutalmente con i resti o la cifra da digitare sul pos.

Ma io sono fatto così:
impulsivo
irrazionale
coglione.

Sono fortunato, mi chiede da che parte è l'entrata per salire sui'cupolone di'Brunelleschi. E' facile. A sinistra della facciata principale, vicino via dei Servi.

-Hay mucha cola?-

Claro, per salire su c'è coda, certo. Sono tanti scalini, ma diamine se vale la pena. Oh, si sta a parlare di una delle meraviglie di'mondo, appena un pelino sopra i'David e Pepito.

.

No, non me lo chiedere.

Ti prego, non farlo. Pensaci bene. Nonmelochiederenonmelochiederenonmelochied...

-No hay elevador?-

.

Ovviamente mi blocco come winzozz.
Il sistema è andato in crash.
Con una carta di credito in mano e due signore americane che ci osservano stranite, apparentemente senza capire.

Assumo lo sguardo di Aldo Raine davanti al colonnello Landa.

-No, claro-

Apre la bocca, alza un ditino, poi capisce che non è aria ed esce.

Il sistema riparte, effettuo il pagamento delle signore e gli stampo la ricevuta. Mentre le due sistemano carte, contanti e ricevuta in una mezza dozzina di borsette a tracolla, chiacchiericciano tra loro.

Agguanto le parole “dome” e “lift”.

E ridacchiano.

Ed osservano prima il tipo che è uscito, poi me.

Hanno capito tutto, dalla prima all'ultima sillaba. Non posso fare a meno di contraccambiare il sorriso.

Occhio alle signore americane, sono più sveglie di quel che uno pensi.

giovedì 2 ottobre 2014

1.Una mia concittadina era solita dire:

Non si fa il proprio dovere perchè qualcuno ci dica grazie. Lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità.”

Non credo che costei di grazie ne abbia mai ricevuti molti. Perchè fa maledettamente piacere, quando si riceve un grazie. Diamine, come fa piacere.

In ogni lavoro, ci sono momenti per cui il grazie non te lo diranno mai. Non perchè non lo vogliano dire, ma perchè nessuno saprà mai della tua buona azione.

Cliente francese, arriva dopo mezzanotte con auto a noleggio. Il garage della strada è chiuso, ma lo faccio posteggiare davanti all'albergo, nello spazio carico/scarico bagagli. Non c'è il lavaggio della strada, quindi ok. Mi faccio dare la chiave, gli spiego che domani mattina chiamo il garage e gli facciamo posteggiare l'auto. Lo informo dei costi. Lui non fa una piega, è qui per affari. Paga per il servizio e lo ottiene. Tres bien, j'adore questi clienti.

Un'ora più tardi vado a chiudere la porta a chiave, onde evitare che esseri estranei penetrino nella struttura ed infastidiscano il sottoscritto (e non sia mai che vogliano invertire gli ultimi due verbi e sostantivi).

Osservo la pandina del cliente, ma mi blocco, perplesso. C'è qualcosa che non mi torna.

Mi avvicino, allungo la mano e tocco il volante.

Questo furbone di francese ha lasciato il finestrino aperto. Non ha neanche chiuso l'auto.

Rientro al ricevimento, prendo la chiave dell'auto dalla cassa e vado a richiuderla a modo.

Nessuno mi dirà mai grazie.

Pazienza, va bene lo stesso. Poi io ho sempre preferito di gran lunga Tiziano.


2.Altra piccola storia. Ragazza turca, giovane, sorridente, particolarmente ben corazzata.

Parte domani ed ha bisogno degli orari per Orvieto. Pronti ed oplà, eccoli stampati. Felice, se ne risale in camera.

Dopo qualche minuto riscende.

Voglio prendere il treno delle 13 per Orvieto. Ma domani, dopo il check-out, “I want to visit the BNL in Venice. Is it possible?”

Lì per lì sono rimasto perplesso. Vuoi andare a Venezia a vedere la sede della banca nazionale del lavoro?
Poi ho realizzato.
Intendeva la biennale.
La pronunciava con un inglese

Ora, io non è che sia esperto di biennale e sappia orari di apertura. Lavoro a Firenze, posso dire quelli degli Uffizi. Ma questa tipa vuole partire per Venezia domani mattina, visitare un qualcosa e poi tornare qui per prendere un treno ai'tocco, cioè le 13. E senza neanche sapere gli orari, ed essersi prenotata un treno.

Gliel'ho sparata ad alzo zero:

Impossible”

Ci rimane malissimo, faccia delusissima come quella dei brasiliani che osservavano la loro squadra seppellita di gol dai crucchi.

Magari è possibile, chi lo sa, ma ho fatto il bastardo. Bimba bella, organizzati prima, non alle 23.30 della notte prima della tua partenza da Firenze.


3.cliente maltese, con la simpatia di un ultras partenopeo sugli spalti dell'olimpico di Roma. Scende arrabbiatissimo nel tardo pomeriggio perchè ha dei problemi in camera.

Il buon vecchio Mauri (Maurizio) gli dice che manda su il facchino, il mitico Ettore, a risolvere il problema. Ma il cliente è nervoso e vuole vedere altre camere. Ok, va bene, ma tu hai una camera al quarto piano, con terrazza e vista sul cupolone, è ovvio che le poche rimaste libere finora non sono all'altezza. Alle 21 di un giorno di Settembre, quasi tutti pieno, che ti aspetti? Suite disponibili per te?
Io pago dinero”.
Ciccio, non è che gli altri la camera ce l'hanno gratis.
Ma costui non vede al di là del proprio naso.

Comunque Maurizio ed Ettore mi riferiscono l'accaduto perchè il tipo esce con la moglie, e quando rientra potrebbe tornare alla carica.

All'una di notte, ovviamente, lui rientra. Mi scuso del problema, gli riferisco che il facchino è intervenuto e sono sicuro che ora va meglio. Ma che comunque può cambiare camera, se proprio lì non riesce a starci. Una delle due che ha visto in precedenza.

Ma non sono belle camere”

Questo è quel che abbiamo disponibile. Purtroppo, perchè se non c'erano, voleva dire che eravamo stati bravi a vendere tutto. Che ha deciso di fare?”

E questo se ne viene fuori con: “Non si sono liberate altre camere nel frattempo?”

.

Te hai visto due matrimoniali alle 21. Le ultime due matrimoniali libere. Sono passate 4 ore. Tu pensi davvero che in queste 4 ore si sia liberata una camera per te? Se un cliente è rimasto in camera fino alle 22 è perchè ci rimarrà, dormendo, fino a domattina all'ora del check-out, no?

Se ne sale su arrabbiatissimo minacciando che “Domattina parliamo”. Ho evitato di dirgli che con me non avrebbe parlato perchè alle 7 staccavo. Mi spiace per la Caterina che se lo sarà sorbito. Ma secondo me montava un caso per fare storie. Ma certa gente non riesce mai a rilassarsi, in vacanza?

ps. la notte dopo ho prepararo i conti delle camere in partenza. Ovviamente mi è capitata sottomano la pratica di costui. Era rimasto dove stava. Risolto il problema, è ovvio che ha preferito restare in una camera dove, comodamente seduto in terrazza a sorseggiare un vinello locale, può osservare la cupole del Brunelleschi. Sempre che l'abbia fatto. Nervoso com'era, dubito si sia goduto la vacanza.


4.Mia moglie, turno di pomeriggio nell'albergo dove lavora.

Arrivano dei clienti per chiedere di fare la riconferma on line del volo.

Ora, fare una riconferma di questo tipo di solito è una scocciatura. Pare strano ma è così. Il punto è che ora queste ca**o di compagnie ti permettono pure di scegliersi il posto all'interno dell'aereo, ma per noi rappresenta un vero inferno. Perchè il cliente non è mai deciso su quale posto avere, e se sono in numero superiore a due, la difficoltà aumenta perchè tutti vogliono stare accanto ed avere posto finestrino. Perciò ci tengono occupati anche per una mezz'ora, ed ovviamente in quella mezz'ora arriva di tutto: clienti per altre informazioni, clienti per check-in, telefonate di informazioni...

Quindi 'sta gente la rimbalziamo e la invitiamo a farselo per conto suo usando il loro dispositivo e la rete wifi dell'hotel.

Solo che costoro hanno una richiesta piuttosto difficile: devono cambiare volo a Francoforte, ma hanno paura di non fare a tempo. E vogliono sapere la distanza tra il punto (gate) di arrivo e quello di partenza. E se c'è un collegamento rapido (bus navetta o che) tra questi.

Ovviamente non lo sappiamo. Uno si può anche immaginare che, essendo Firenze-Francoforte considerato volo interno e Francoforte-di là dall'Atlantico volo intercontinentale, non siano proprio uno di fianco all'altro. Vedrai che una navetta c'è di sicuro. Ma voler anche sapere, oltre al numero di gate, pure gli orari di un bus navetta di un aeroporto tedesco, è pretendere un tantino troppo...

Per scrupolo, la Sara va pure a vedere il sito internet dell'aeroporto, senza trovare niente. I clienti stessi avevano guardato in precedenza. E poi si erano illusi che una banconista di Firenze conoscesse l'aeroporto di Francoforte...