martedì 25 aprile 2017

E.M.O.

No, niente a che vedere con la sottocultura omonima. Nessun ragazzetto/a abbigliato di nero con capelli spioventi sugli occhi e camminata strascicata.

E.M.O. è l’acronimo di European Municipality Outsourcing, un network utilizzato dai comuni europei per scambiarsi dati sulle infrazioni stradali. In parole povere, si passano le multe. Se venite beccati da un autovelox in Spagna, che stiate guidando la vostra auto od una a noleggio, state pur certi che vi arriverà a casa la notifica di infrazione. Beccato. Segnalato. Il grande fratello non perdona. Siete stato pesato, siete stato misurato e siete stato trovato mancante. Il vostro comune riscuoterà il soldo che estrarrete dal borsello, e lo passerà alla municipalitat di Barcelona.

Prima di lanciare stralci verso l’Europa che mangia i nostri soldi (molto più comodo che non prendersi le proprie responsabilità per aver commesso l’infrazione) e richiedere a gran voce un’Italexit, sappiate questo: anni fa, dall’albergo dove lavora mia moglie, un cliente si vide recapitare a casa una multa presa qui a Firenze. Un fatto normalissimo, ne sono successi un paio anche dove lavoro io. Ma la particolarità è che costui era svizzero. La Svizzera non si può proprio dire che sia dentro la Ue, eppure l’EMO funziona anche per loro. Il cliente aveva chiamato l'albergo chiedendo se potevano fare qualcosa, ma invano. Noi alberghi dentro la ZTL fiorentina possiamo inviare la segnalazione sul sito dei vigili urbani ma solo entro 3 ore dal passaggio sotto ad un telecamera. Lo svizzero lo aveva fatto dopo aver lasciato l'hotel, ed una volta nel suo Cantone, dopo un paio di settimane, aveva ricevuto la multa, recapitata direttamente a casa. Quindi state tranquilli, dall’EMO non ci usciremo. Immaginatevi pure la May e Junker che, quando si troveranno a discutere dell’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, diranno:

-Allora Theresa, cominciamo dall’EMO: dentro o fuori?-

-Dentro Jean-Claude. L’EMO ce lo teniamo, scherzi?-

Perché Brexit sarà sempre fino ad un certo punto, alla faccia di Farrage, che comunque continua a percepire il succoso stipendio da europarlamentare.

E tuttavia, c’è sempre qualcuno che pensa di vivere in nazioni ancora totalmente separate ed a comparti stagni.

Turno pomeridiano.

Farsi un 15-23 quando fuori c’è un bel solicino primaverile che invoglia a cercare sprazzi d’erba su cui stendersi è un vero dramma umano, roba che uno preferirebbe quasi sperare che il mondo, come auspicano quelli di Feudalesimo e Libertà, torni al Medioevo. Si moriva presto e si doveva zappare la terra,ma almeno si stava all'aria aperta. Ma non ci si può far niente, ed ho sempre l’impressione che la responsabile del mio mutuo sia sempre lì in agguato, con il faldone del mutuo, pronta a rammentarmi i miei doveri.

Prenotazione di una doppia. In realtà sono in 3, ma il terzo è un bambino di 0 anni. Ed in effetti è così: un cucciolotto di 4 mesi con quegli occhioni teneri e dolci che solo loro sanno fare a quell’età, e mi porta indietro di ormai diversi anni, quando le ragazze erano tenere e dolci creaturine (almeno fino a che non reclamavano poderose pinte di latte alle 3 di notte).

La prenotazione arriva così in fretta si palesano in albergo prima ancora che la stampi dal gestionale. Il lettino è gratuito, ma a loro non interessa, viaggiano già con l’occorrente, ed il padre, un giovanottone francese così alto che non mi stupirei se fosse qui per giocare guardia nella Flexx Pistoia, ringrazia ma preferiscono fare con il loro, con grande sollievo del facchino che non deve provvedere con il nostro (benchè sia, appunto, gratuito).

Poi, espletato il check-in, gli spiego come funziona il garage. Ma lui mi blocca subito, dice che non gli interessa e penserà a parcheggiare, dove capita, per conto suo. Al che mi viene spontaneo dirgli che c'è un rischio, perchè la municipale fiorentina ptrebbe avere la bella pensata di multarlo. Ed a quel punto lui mi spara queste strepitose, incredibili, fantasmagoriche parole:

-Oui, mais je m'en fout-

Me ne fotto. Forse non l'ho scritto bene, ma il suo francese, in quel momento, lo capisco. Benissimo. E mi lascia così, a bocca aperta.

Ci rmango per alcuni secondi, in silenzio, mentre lui mi fissa negli occhi con aria di sfida. Poi rincara la dose, ridacchiando, che “tanto sono francese”. A quel punto metto le mani avanti e gli dico: ok, siamo in un mondo libero, mica è la Turchia o la Corea del Nord. Ma devi prenderti appieno la reponsabilità. E lui la ammette tranquillamente. E poi esce per sistemarsi l'auto.

Ma mentre sono lì che scrivo sulla pratica le sue dichiarazioni (perchè è bene lo sappiano anche i miei colleghi) mi viene proprio spontaneo pensare:

Caro amico francese

l'EMO ti traccierà

L'EMO ti cercherà

L'EMO ti troverà

L'EMO arriverà

Ed avrà i tuoi occhi

giovedì 20 aprile 2017

La domanda sorge spontanea, dirompente e prorompente.

Viene fuori proprio d’impulso.

Perché uno dice: ok, siamo figli del nostro tempo. Io assorbivo il mio tempo consumando audiocassette degli AC/DC e di Jeff Healey, così come da giovani, la mi mamma e i’mi babbo ascoltavano Mina, od i New Trolls, e non capivano il mio amore appassionato per quella chitarra con distorsore boss sparato all’ennesima potenza. Ma sopportavano, pazienti, le mie manie. I miei strambi -per loro- gusti musicali.

Ora tocca al sottoscritto. E’ una ruota che gira.

Così ieri ho passato un pomeriggio piovoso in casa con la Camilla che cantava, a squarciagola, tutta Break Free.

No, non I want to break free dei Queen. Magari. Sarei l’essere più felice di questo quadrante stellare. Purtroppo è quella di Ariana Grande. Che per me, tra lei e Freddie, passa la stessa differenza che c’è tra il Monopoli ed un qualsiasi gioco di Rosenberg: un abisso profondo ed incolmabile.

E la domanda è: ma perché non m’è venuta stonata? Almeno non faceva il corso di canto e se ne stava zitta consapevole di un’incapacità di ugula palese ed evidente. Invece no. E’ pure brava. E tanto. E canta in continuazione. Perciò, come facevano i miei con me, sopporto.

Ma al peggio non c’è mai fine.

Dopo cena.

La Cami in camera con la madre per ripassare storia dell’arte. Io in salotto con la Gaia, sparapanzati sul divano, prima che esca per recarmi all’ultimo turno di notte di questa settimana. Ad un certo punto lei estrae una gigantografia.

-Questo è il poster di Ariana Grande, che vi ho comprato l’altro giorno-

-Si-

-Te non la canti Ariana al corso della Lui?-

-No, la Cami è Ariana. Io no-

-E tu chi vuoi essere?-

Mi guarda come se avessi fatto una domanda stupidissima, e se ne esce fuori, a 350 decibel, così:

-FRANCESCO GABBANI!!!!-

Dopo di che, parte in quarta a cantare tutta quella canzoncina. Perché la conosce a memoria. Ed ha anche una voce più squillante della sorella maggiore. E m’è rimasta in testa tutta la notte. Movimentavo prenotazioni a destra e manca con la mente che rimbombava di filosofia zen e panta rei.

Sopprimetemi. Vi autorizzo.

sabato 15 aprile 2017

"Ciao, sono Marcello"

"Ciao Marcello"

"Anche io lavoro in un albergo, e come tutti voi lavorerò durante questa Pasqua"

Mi piace pensare che sia un pò come per gli alcolisti anonimi: seduti in cerchio, ognuno si alza, al suo turno, e dichiara il suo problema.

L'altro giorno leggevo, su una delle pagine facebook dedicata a noi che lavoriamo in hotel, della solita, continua, trita e mai doma polemica su noi che lavoriamo durante le festività.

Questa Pasqua lavorerò. Qualche collega avrà libero mentre io, con altri, sarò in turno. E' la vita che mi sono scelto (o che mi ha scelto, dipende dai punti di vista) e non mi lamento troppo, in fondo. Me la canto e me la suono da solo. Ho uno stipendio, ho delle responsabilità, faccio fare fatturato all'azienda, a volte commetto degli errori. E' una ruota che gira, un ingranaggio non perfettissimo, ma funzionale. La possibilità di farmi una festività a casa l'ho avuta anche io, e spero di averne altre alla prossima occasione. Nella mia situazione ci sono molte altre categorie: medici ed infermieri negli ospedali costretti a cercare di salvare la vita di chi pensava che ingurgitare smodate quantità di alcolici ed imitare Vettel sulla tangenziale fosse un'ottima combinazione per ottenere divertimento, forze dell'ordine che passano il tempo a ricercare nelle campagne simpatici tizi la cui unica passione della vita è il terminare quelle degli altri, militari che lanciano bombe potentissime dietro l'ordine che un tizio coi capelli arancioni emana tra un par 5 e l'altro, autisti, macchinisti, gente di fatica (come urlava Totò in un suo film), piloti ed assistenti di volo che trasportano grassi e bolsi cinquantenni a trovare ragazzette di 18 anni appena compiuti su rilassanti ed incantevoli spiagge esotiche; bigliettai e macchinisti cinematografici (questa settimana è morta una persona che lavorava in un cinema, lo conoscevo da quasi 30 anni ed aveva poco più della mia età) e tante altre categorie che ora non cito e mi scuso preventivamente.

Ultimamente pare si siano aggiunti quelli che lavorano nei supermercati: cassieri e quelli che riforniscono gli scaffali da cui noialtri prendiamo i prodotti con cui riempiamo carrelli che, a pieno carico, necessitano del rimorchiatore che trainò la Costa Concordia dal Giglio fino a Genova.

Benchè sia un lavoratore alberghiero e quindi non mi faccia problemi a farmi turni nei festivi ed il fine settimana (costringendo me & moglie a parcheggiare le figlie dai nonni perchè anche lei lavora in albergo), rimango sempre molto perplesso sulle motivazioni che si elucubrano riguardo alle aperture domenicali e/o festive dei centri commerciali. A parte che un albergo rimane un luogo di relax e distensione, sarebbe preferibile che i festivi la gente li passasse a giro per città o campagne, che chiusi in un luoghi zeppi di altra gente a spendere soldi in roba che non gli cambierà la vita. Mi piacerebbe che la domenica rimanesse un'eccezionalità (e maggiormente retribuita, soprattutto), anche perchè non mando giù il fatto che supermercati si ma dentisti, avvocati e notai (tanto per dirne qualcuno) no. E se io volessi fare un rogito la domenica? Od una detartrasi a mezzanotte e mezza? Ma andiamo oltre: perchè non tenere aperto tutto sempre? Uffici comunali (lo so, fa morir dal ridere, ma ci pensate l'anagrafe aperta sempre? Andrei a farmi la carta d'identità alle 2 del mattino solo per stringere la mano all'impiegata/o che si fa il turno 23-7), le scuole 24 ore su 24 in modo da poter scegliere quando mandarci le figlie ("ragazze, questa settimana vi fate dalle 2 alle 9 del mattino, mensa alle 5"), per non parlare di comuni, regione, ministeri e parlamento, quest'ultimo vuoto anche quando dovrebbero esserci tutti. Ma non andiamo oltre, che si apre un vespaio di polemiche senza fine.

A me piace pensare che alberghi, ospedali, questure, ferrovie, aeroporti, cinema ed altri specifici luoghi rimangano un'eccezionalità. Un caso a parte. Mentre tutto il resto prosegue nel solco del rito festivo. Perchè noi umani, e la società, abbiamo bisogno di questi riti (per quanto, da non credente, me ne freghi altamente dell'evento religioso in sè).

Invece in tanti pretendono che anche i supermercati entrino a far parte dei posti sempre aperti. Non riesco a togliermi dalla testa la canzoncina: produci, consuma, crepa. Se i centri commerciali restano sempre più aperti per i festivi, è perchè la gente ci va. Ed un popolo che va a fare spese la domenica non è un popolo che ha necessità dell'insalata. E' un popolo malato di shopping compulsivo. Anzi, l'insalata ha un senso. Pure i libri.
Vestiario e telefonini, no.

venerdì 7 aprile 2017

Il lunedì, normalmente, sono di notte.

Il che significa che il giorno, se non ho avuto ANCHE il turno domenica notte, è come essere libero. Mi sveglio all'orario del resto del mondo diurno e posso dedicarmi, anima e corpo, alla tabellina di marcia scrupolosamente stilata dalla moglie:

-alzarsi e preparare la colazione per 4;

-accompagnare la ragazza 2 alle elementari (la 1 è già autonoma. Sigh, ogni tanto mi vado a rivedere quando era una piccola cucciolotta, mi mancano quei momenti. Ok, sto mentendo, non mi manca affatto quando si svegliava alle 2 del mattino richiedendo furiosamente un biberon);

-pulire, a dovere e con impegno, tutta la casa (il che comprende preparare le lavatrici e stirare il contenuto di quelle precedenti, oltre che spolverare mobili, aspirare pavimenti e cenciare ovunque come se stesse per arrivare, in visita, l'Imperatore del Giappone in persona);

-uscire a fare la spesa e, ultimo ma importantissimo punto:

-andare a prendere l'acqua al fontanello.

Non è che l'acqua della cannella di Firenze non sia potabile, ma ha quel non eccessivamente attraente odore di Cloro che aveva un suo fascino nel periodo in cui tentavo di studiare Chimica, ma non è proprio invitante quando si trova nel bicchiere. Cerchiamo quindi di variare il più possibile ed oltre alla decina di bottiglie di acqua di sorgente che mio padre ci porta ogni settimana dalla montagna, mi sottopongo ad almeno un paio di viaggi settimanali verso il fontanello pubblico.

Perciò il lunedì mattina sciacquo le bottiglie, le metto nell'apposito sacchetto portabottiglie, mi carico sulle spalle lo zaino della Gaia, gli dò la manina e ci avviamo verso scuola. Una volta accompagnata la ragazza all'ingresso, gli passo lo zaino e preseguo verso il fontanello.

Ora, dove abito io, sta imperversando, da diversi mesi, una serie di lavori che, a confronto, l'edificazione dei grattacieli di Manhattan erano castelli di sabbia per bambini:

i lavori della tranvia.

Io non sono il tipo che si lamenta dei lavori: se servono a migliorare la vita di tutti noi, dobbiamo accettarli. Adattarci. Subire, bofonchiare, ma farceli andar bene. Quando sarà finita, sarà magnifica, non lo metto in dubbio. So già che la prenderò volentieri per andare a lavorare. Ma al momento sono un vero patimento, un subire continuo e perenne, un pazzesco "finger in the ass", con buche profondissime che sembra stiano cercando il Pozzo delle Anime e quel che vi contiene. Specialmente dove abito io, zona Statuto, dove i lavori costringono ad un vero giro tutto attorno ai cantieri che Lewis & Clark, a confronto, andavano a fare una scampagnata.

Ma ho il vantaggio di essere un discreto camminatore, perciò, pazientemente, giro attorno al cantiere e percorro l'unico passaggio pedonale sotto alla stazione dello Statuto.

Passaggio bloccato.

In realtà si passa, ma in fila indiana, e ci sono almeno 3 persone, di cui una che spinge una bici, che stanno venendo dalla parte opposta. Si passerebbe anche in due file affiancati, ma da una parte non si può.

Due tizi ostruiscono il passaggio.

Abbarbicati alla recinzione che delimita i lavori osservano in religioso silenzio, completamente ignari del mondo che vorrebbe passare e loro ostacolano.

Se mettessimo a fila i loro anni, si tornerebbe indietro fino alla seconda guerra.

Quella d'indipendenza, intendo.

Pazientemente, attendo che queste persone passino, in modo da darmi via libera. Ovviamente i due vecchi, della mia presenza, neanche se ne accorgono, presi come sono ad osservare gli operai intenti a lavorare in una buca che sembra portare direttamente al Cocito.

Supero la stazione e mi dirigo verso centro, perchè quella mattina devo passare anche a fare un paio di commissioni in un paio di posti (sto mentendo, in realtà è uno solo: l'agenzia delle entrate. Vogliono verificare la dichiarazione dei redditi, perciò ho con me anche un bel plico di fotocopie); dopo passo dal fontanello di Piazza della Vittoria. Attendo il mio turno e riempio le bottiglie, poi torno indietro trascinando il sacco ora decisamente pesante. Quando mi riaffaccio al sottopasso dello Statuto, sarà passata più di un'ora.

Sono ancora lì.

E si sono moltiplicati: ora sono 3.

Adesso, dalla seconda guerra d'indipendenza, si passa direttamente al settecento, con parrucche e crioline.

Ovviamente, non si spostano. Mi fermo ed appoggio a terra, per riposare un attimo, il sacco con i 9 litri d'acqua.

-Ma 'un v'annoiate, a guardare lì fissi?- Mi vien proprio spontaneo chiederlo.

-O icchè s'ha a fare? E ci s'annoia a casa-

-Ci s'ha le mogli che ci buttan fori, c'hanno sempre da pulire-

Il terzo, quello più dedito all'osservazione scrupolosa, neanche mi considera. Neanche si gira. Lui sentenzia.

-Guarda, 'un fanno una sega, guarda! Noi si pagano e quelli 'un fanno un cazzo, son laggiù che chiacchierano!-

-Immagino che sappiano quel che fanno, no?-

-Ma 'ndove! Io lavoravo ai miei tempi, altrochè!-

-Si, come no, in ufficio in comune. Tu sudavi- fa uno degli altri due ridacchiando e dando di gomito al terzo.

-Si, lavoravo si. Mi davo da fare, e dimorto!- S'arrabbia Sentenza alzando su l'indice.

L'amico si volta verso di me, mi guarda e, sussurrando, se ne viene fuori così:

-La su' moglie si dava da fà!-

Il terzo si sporge dal fianco dell'amico e rincara la dose:

-Stava a aspettà lui, 'un li faceva, tre figlioli-

Io lì, a bocca aperta.

-E vi sentoooo!- ridacchia Sentenza. Proprio il soggetto del dialogo, intendo. Cui evidentemente, piace stare agli scherzi.

-Ok, io vado! Arrivederci- Afferro il sacchetto con i 9 litri d'acqua e filo. Mentre tutti e 3 ridono da matti. Ed a parte un paio di sguardi verso di me, non hanno mai distolto gli occhi dai lavoratori della tranvia.

Ci mancava un quarto, e potevano rifare il sequel di amici miei.

ps. questo incontro mi successe un 2-3 mesi fa. Loro non li ho più visti, quindi i casi sono due: o sono defunti o si sono spostati in Piazza Dalmazia, dove fervono ora i lavori.

Più probabile la seconda ipotesi.

ps. a causa di un paio di progetti a lungo termine che sto cercando di mettere a punto, il blog potrebbe subire interruzioni. Diciamo che sarà tanto se riuscirò a scrivere un paio di volte al mese.

M voglio communque ringraziare tutti quelli che sono passati, ed ancora passano, di qui a leggere i miei incontenibili deliri.

un marce molto impegnato :)