venerdì 30 dicembre 2016


Chiedo scusa a tutti voi. Davvero, perdonatemi, se potete. Ve lo chiedo perchè so che a molti, quel che sto per dire, non piacerà per niente. Ma è più forte di me. Devo farlo. Devo esternare i miei pensieri. E’ così, punto. Poi mi toglierete il like e l’amicizia, e vabbè, me ne farò una ragione. Giuro, lo comprenderò. Non ve ne farò una colpa. Non vi chiederò di ripensarci. Non sarò neanche sarcastico o fingendomi superiore affermando “Non sentirò la vostra mancanza, perciò ciaone”. La sentirò, perché sarei bugiardo se non dicessi che mi piace avere tanti like. Ma viviamo in un mondo libero, e se non volete leggere me, ci sono dozzine di altri blogger da cui potrete pescare. Su cui potete esercitare la piena e completa libertà di lettura. Avessi voluto piacere a tutti, avrei postato solo immagini di teneri gattini, no?

Sono di sinistra, lo sono sempre stato e sempre lo sarò.

Lo ammetto, Renzi mi è simpatico. Sarà la comune origine geografica, il modo di parlare, il tifo calcistico, od un certo “apparente” dinamismo, ma mi è simpatico. Ok, lo ammetto: mi ha deluso un sacco. Già quando era sindaco commise diversi, e gravi, errori, ma anche da passato PdC non è stato brillantissimo. Personalmente, mi trovo molto più vicino a posizioni più di sinistra. Ma sono uno che ragiona come Sanders: non abbiamo la maggioranza del partito, e quindi sosteniamo la vincitrice del congresso con tutte le nostre forze. Poi va male uguale perché, anche se la maggioranza degli americani vota Hillary, c’è quei ca**o di stati che dà un maggior numero di delegati, e la vittoria la decidono al KGB o come si chiama adesso. E pazienza. Ma qui siamo nell’italietta, e noi italiani non siamo contenti se non siamo litigarelli, e quindi c’è una sinistra che va contro Renzi rischiando la scissione.
Il punto è che sono stanco. Non ne posso più di quest’odio feroce che si scaglia contro il PdC di turno. E, lo ammetto, è anche colpa mia. Perché mi ricordo molto bene di quel 25 Aprile del ’94, quando in un milione s’andò a beccarci una guazzata epica a Milano, a manifestare contro Berlusconi & co. A che è servito? Solo a roderci il fegato. Aveva dalla sua la maggioranza e, giustamente, ha governato. Bastava sederci sulla riva e confucianamente aspettare, e prima o poi anche il suo cadavere sarebbe passato. Come puntualmente è successo. Anche se pare che si sia messo a nuotare e risalire la corrente, come i salmoni.

Quindi comprendo davvero poco tutto quest’odio che c’è stato -e c’è ancora- verso Renzi. Bastava che chi lo avversa attendesse anche lui sulla riva del fiume, senza tante offese gratuite. Quelle lasciatele allo Scanzi di turno. Bastava attendere, senza farsi rodere il fegato così aspramente. Ha pisciato fuori dal vaso e gli ha detto male. A casa. Ci riproverà, e se verrà votato, avrà ancora il potere. Funziona così. E’ la regola. Le regole valgono per chiunque. Bisogna accettarle. A tutti piacerebbe uccidere torme di orchi con la propria spada a due mani senza tirare il dado (D&D). Portare unità corazzate al fronte in un lampo (World in Flames). Produrre secchiate di zucchero ed indaco da caricare sulle navi (Puerto Rico). Non è così. Il dado va lanciato e se va male, il tuo personaggio muore. Le unità devono muoversi secondo le regole, esagono per esagono, prima di arrivare al fronte. E se un altro giocatore carica le navi prima di te, i tuoi cubetti rimangono tristemente in porto, ed i punti vittoria li realizza lui. Sono le regole del gioco. Vanno seguite. Pidessiquamente.


Turno di mattina in albergo. Io di centrale, Maurizio “addavvenì baffone” al bancone.

Arriva una cliente, italiana. Ha prenotato pochi minuti fa, via internet. Così da poco che la prenotazione non si era ancora materializzata sulla posta elettronica; e tra l’altro ero al bancone a dare una mano a Baffone perché stavano partendo una torma di gente che pare l’inferno di cristallo. Un attimo, sorprendentemente unico, di pace, come accade in albergo, e la signora si ritrova ben due impiegati tutti per lei. Ci dà il documento per la registrazione. E lì Baffone, vedendo che la signora è della Capitale, azzarda una battuta:

-A Roma in questo momento c’è maretta, in Campidoglio-

-E no, nun sta andando molto bene, ma tanto c’avemo pure L’ENNESIMO GOVERNO NON ELETTO-

Io sto zitto, perché è inutile e dannoso parlare di queste cose con i clienti. Mai contraddire i clienti per questioni di questo tipo. Lasciar fare. In politica la gente è più permalosa di quanto sia capace di ammettere. Persino, può scherzare sulla propria squadra di calcio, ma la politica no. Se è convinta di aver ragione, l’avrà sempre. Quindi volto la testa altrove. Ma farei meglio a tapparmi le orecchie, perché lei, rimettendo il documento in borsa, rincara la dose.

-SO’ ANNI CHE NUN CE FANNO VOTA’-

2013. Poco più di 3 anni fa. In teoria ne abbiamo almeno un altro e mezzo, perché la regola dice così. Ma è un pensiero che rimane tra i miei neuroni. Giro i tacchi e torno nel retro, alla posta elettronica, alle prenotazioni da scaricare ed inserire, alle tariffe da controllare. Alle mie regole da seguire.

Però ripeto:

la regola dice: votiamo i parlamentari.

Loro decidono.

Possiamo discutere fino al 2067 sulla problematica di un referendum fallito ed una legittimità, ma rimane il fatto che la regola dice che votiamo i parlamentari. Ripeto: votiamo i parlamentari. Lo ridico un’altra volta: votiamo i parlamentari. In base alla delega ricevuta, governano 5 anni. Piaccia o meno, è la regola. Le regole vanno seguite.

Perdonatemi, se potete. E se non potete, vi voglio bene uguale.

Ma leggete le regole.

venerdì 23 dicembre 2016

Come scrissi qualche settimana fa: "If it makes you happy, it can't be that bad", se qualcosa ti piace, non dev'essere poi così dannosa. 

Camilla, 11 anni, ha un cellulare 

Se siete di quelli che "ah, ma 11 anni sono pochi per un cellulare!" sappiate che a) l'unico sito accessibile è Disney, nei cui uffici campeggia la mia gigantografia come "miglior cliente di sempre" e "grazie di contribuire al college per i nostri figli" e b) nel cellulare è presente un controllo parentale coi controfiocchi, dove il minimo accenno di uso del telefonino da parte della proprietaria fa partire una specie di allarme su quello della mamma che urla "sta usando il telefono! Tua figlia sta uozz... whattzu...wuaz... vabbè, quello!!! Controlla se sei una buona mamma!" Insomma, non è mica come quella tipa argentina che, in albergo, mi chiese di settare il wifi al cellulare (un attrezzo che avrebbe ridicolizzato la mia rata del mutuo) alla figlia: una ragazzina di 9 anni che subito dopo la connessione alla rete dell'albergo, senza neanche un grazie, si lanciò su un social network cominciando nel contempo le pulizie di primavera del reparto olfattivo. 9 anni. Roba da chiamare i servizi sociali e fargliela portare via, seduta stante.

Tre mesi fa sono cominciate le medie. A parte il primo giorno, dove sia io che moglie abbiamo fatto in modo di essere liberi per accompagnarla personalmente a scuola, il secondo giorno Camilla è andata da sola. Un evento che ha messo in crisi la Sara fin dalla sera prima, dove aveva profonde difficoltà ad addormentarsi (per fortuna ero di notte in albergo, o non avrebbe fatto chiudere occhio neanche a me) perchè la mattina dopo la ragazza, per la prima volta in vita sua, uscì di casa per conto proprio. Il suo primo viaggio senza i genitori. La mia signora era in chiara e lampante agitazione, camminando su e giù per il salotto mentre attendeva il messaggino che gli segnalava il suo arrivo a scuola. Ed ancora di più, dopo qualche ora, quando attendeva che la Cami accendesse il cellulare (anche questa è una segnalazione che arriva all'apparecchio della mamma) ed il messaggio in cui gli comunicava che usciva da scuola e si avviava verso casa.

10 minuti di viaggio a piedi.

10 minuti incontenibili.

10 minuti dove "la mia bambina, perchè non arriva, perchè???" e mi prendeva per la collottola. Una persona agitata così mi ricordo solo il mio carissimo amico Simone, a fianco a me sugli spalti della Fiesole, che per 15 minuti mi urlò nell'orecchio destro "Perchè non fischia? Perchè????". Era il 6 Aprile 1991, capirete che sull'1-0 contro colei-che-non-deve-essere-nominata la domanda era più che legittima.

La differenza tra maschi e femmine, in fondo, è tutta qui.

Momenti che si ricordano per l'eternità.

Comunque sia, la ragazza adesso ha un cellulare. Ed ha chiesto di metterci PokemonGo. Poi qualche altro giochetto. Poi un altro. Poi i giga sono andati esauriti a warp 9. Perciò è andata in crisi ed ha smesso di giocare, cancellando tutto. E non si fida neanche più del whatzupp perchè una volta che era malata e quindi aveva saltato la scuola, le compagne non gli hanno passato i compiti giusti (tengo a precisare, con profondo ed indissimulato orgoglio, che ha la media dell'8). Ora ha promesso che leggerà, ogni giorno, due pagine di un libro. Il che mi lieta moltissimo, visto che io riesco ad arrivare a venti pagine al giorno. In compenso pretende che mi procuri un telefono più avanzato tecnologicamente in modo che pure io installi questo sistema di messaggi; e poter così aprire il gruppo "famiglia". Per ora limitato a 3, ma che diventeranno 4 quando la sorella andrà, anche lei, alle medie.

Due anni fa la Cami andò dalla mamma a chiedergli di quell'omone con la barba bianca e tutto vestito di rosso che porta i regali. Lei le aveva chiesto se davvero quel tipo, così particolare, esisteva (una volta ha visto Adinolfi in tv. Giuro, mi ha chiesto se era davvero lui Babbo Natale. Almeno, stava per farlo, ma poi mi ha chiesto se era un suo nipote non venuto su proprio benissimo, perchè vabbene che è grasso uguale, ma con un decisamente pessimo carattere); a tal domanda, a lungo attesa, la mamma le aveva chiesto cosa ne pensasse lei. La Camilla aveva espresso la sua piena perplessità all'esistenza di un tizio che viaggia nei cieli con renne e slitta senza l'ausilio di un motore traente/spingente ed ali che forniscano portanza, ma soprattutto portando regali senza nessun costo, per quanto il rosso sia anche il colore di una nota ditta di spedizioni. A quel punto la mamma non poteva continuare la pantomima dei regali, e la Cami aveva dato via al suo piantino di fine illusione, un pianto per fortuna non eccessivo. In fondo, si trattava solo della conferma ad un sospetto ormai quasi certezza.

L'illusione è continuata per Gaia. Fino a l'altra settimana.

La ragazza 2 poneva, ormai già da un mese, domande su Babbo Natale, soprattutto in virtù del fatto che le sue compagne non ci credono, e non mancavano di farglielo notare a scuola. Così anche lei si era messa a porre questioni, e la mamma le aveva fatto la stessa domanda: tu cosa ne pensi?

Dopo lunghe, attente e continue riflessioni, la verità era venuta a galla, provocando stavolta un pianto ben più lungo, a tratti disperato, che era davvero difficile e penoso da sentire malgrado la mamma la tenesse con le braccia e la consolasse che

-Se lo vuoi, la magia, non finirà mai. Non cambia niente-

E lei, come una stilettata al cuore:

-Si invece. Cambierò io-

Tutto ciò mentre io riassettavo la cucina e la Cami terminava la cena senza dire una parola, meravigliosa ragazza che per due anni aveva mantenuto il silenzio senza rivelare niente alla sorellina. Poi il pianto era finito, e la Gaia se n'era venuta fuori così:

-Non m'importa. Io ci credo lo stesso, e se le mie amiche mi dicono che non c'è, gli dico che non hanno fantasia!-

Non è meravigliosa?

ps. fantasy is the answer. Lo diceva sempre anche Gary Gygax.

Perciò credeteci. Di qualsiasi cosa si tratti.

Buon Natale a tutti.

pps. la foto non è venuta proprio benissimo, ma è quel che è stato appeso alla porta di casa. Ovviamente, made in Gaia.

venerdì 16 dicembre 2016

Non si può essere sempre ed esclusivamente seri. Comportarsi come la sindaca di Roma che, con aria greve e puntigliosa, parla alla webcam diramando tetre notizie. E, dietro di lei, l'intera giunta con la stessa espressione degli ufficiali dell'OKW dentro al bunker.

No, non va bene. Sempre allegri bisogna star. E qui dentro, quando ci applichiamo, ci riusciamo benissimo.

Io non ho colleghi di lavoro normali. Io lavoro con degli scherzoni.

Check-in. Coppia italiana abbastanza giovane da non aver visto il nostro secondo scudetto ma non abbastanza dal non aver visto il terzo sul campo. Salgono, poi dopo una ventina di minuti scarsi lui scende, e chiede a Mirko "say-hand" (è dove vive) se non fosse possibile porre dei petali di rosa sul letto.

Mirko corre a riferire, a noi esperti, la richiesta. Lui è ancora un pò inesperto, su questo (ma impara in fretta. Nell'albergo dove lavoriamo i casi difficili sono presenti ogni giorno. Anche, aimè, i casi umani). Ovviamente è possibile, basta pagare. Si chiama il fioraio e lui ci porta l'occorrente. Il ciente accetta, poi sale in camera e dopo un pò ne riscende con lei, per uscire. Per andare a giro per la città. In quel momento perciò chiamiamo il fiorario, che dopo qualche minuto si presenta con l'occorrente.

Ed a quel punto, mentre mi accingo a salire in camera, anche Eva Kant, il mio capo ricevimento, si presenta per aiutarmi nella predisposizione di questa composizione floreale; da fare, come aveva specificato il cliente, a nostro piacere.

E lì troviamo una sopresa: il letto è disfatto.

-Ma... l'hanno già usato?-

-Direi proprio di si-

-Non possiamo mica mettergli i petali sulle lenzuola. Richiudiamolo-

Perciò lo riassettiamo meglio che possiamo, con un certo imbarazzo perchè c'è un'evidente e numerosa presenza di peli corporei. Poi disponiamo i petali a formare un bel cuore.

In quel momento arriva anche il facchino, che ci porta due pacchettini di biscotti (i cantuccini, che teniamo apposta per la clientela con cui vogliamo fare bella figura. E questo era un caso speciale). Rimane un attimo disorientato dalla disposizione delle coperte:

-Ma.... il letto era così?-

-No, l'abbiamo rimesso su noi-

-Ah, ma... la cameriera non l'ha rifatto?-

-Si, l'ha rifatto. Ma i clienti sono già stati qui-

-Quindi l'hanno già usato?-

-Si, l'abbiamo rimesso su noi-

Ed a quel punto interviene Eva Kant:

-Poi io e Marcellino, visto che c'eravamo, ci siamo rotolati un pò anche noi....- E mi dà di gomito -Una cosina veloce, eh-

-Avete fatto bene- Fa lui ridendo. Anche io, ovviamente, ho riso. E sono battute che ci vogliono, in questo ambiente. Se non si è un pò scherzoni, anche di tanto in tanto, si rischia di dare di matto.

ps. i clienti hanno apprezzato moltissimo. E questo, alla fine, è quel che conta.

pps. meglio che questa storia non la faccia leggere alla moglie. Non abbia a credere che mi sia veramente rotolato su un letto (già usato) con Eva Kant. Qualche giorno fa, mentre passeggiavamo per il ridente quartiere (e morbo tranviario) in cui viviamo, mi cascarono gli occhi su un paio di rotondità piuttosto evidenti appena due passi avanti a noi (abbiate pietà, sono omo. Ho un mononeurone. E' colpa sua). Due nanosecondi dopo attenta e pervicace osservazione, mi arrivò uno scapaccione di cui sento ancora gli effetti. Oltre ad un minaccioso "Prima ti cavo gli occhi, e poi te lo taglio!". Quindi è bene che me ne stia tranquillo....



venerdì 9 dicembre 2016

Lungi da me anche solo l'idea di fare polemica con colui che considero, benchè non lo conosca ancora direttamente, un amico, il "Da Soli" può anche essere una necessità, un obbligo, un dovere e, in buona sostanza, una discreta scocciatura (se non, addirittura, pericolo).

Durante il turno di notte si è soli.

Non c'è un supporto lavorativo. Non ci sono colleghi a cui chiedere ragguagli. Non possiamo dirimere i problemi ad altri, non possimo rifugiarci nel "le passo un addetto alle prenotazioni" e smollare la telefonata ad Eva Kant o We are the Champions (mie colleghe e supreme Dee da adorare per come ci tolgono dai guai. A me, spesso). Non abbiamo la compagnia di una presenza con cui dialogare e confrontarsi, roba che si è anche tentati di dipingere una faccia su un pallone e parlarci, come Tom Hanks sull'isola. Noi notturni siamo gli unici dipendenti della ditta in turno. Siamo soli e dobbiamo far fronte a qualsiasi problematica che si presenti. Dobbiamo affontare il problema e risolverlo, e tutto ciò diventa un "adattarsi, improvvisare e raggiungere lo scopo", come diceva Gunny.

Dopo di che, io adoro il turno di notte. Perchè mi permette di lavorare in tranquillità, senza la frenesia del giorno. Ok, la vita sociale ne esce totalmente distrutta e non basterebbe un tubo direttamente collegato alla macchina del caffè, però è tutto un altro lavorare.

Ma l'imprevisto è sempre in agguato dietro l'angolo.

Si palesa verso le 24. Non lo riconosco perchè è con altre persone, e si attarda al bar con costoro. Servo drink ed addebito, e lì per lì uno si sente appagato: ho fatto guadagnare l'azienda. Non sarà come vendere una camera, ma è fatturato.

Poi gli amici salgono, e lui si piazza sul divano e comincia a chiacchierare:

-Ao', ma te, de notte.... che te possa da der tu?-

-Non sono uno che si fa formalismi, dimmi pure-

-Ecco, bravo... senti, ma te... qui di notte, da solo....-

-Eh si, di notte si è da soli. Ma va anche bene-

-Te piace lavorà de notte?-

-Potessi, fare solo questo-

-Troppe scocciature de giorno, eh?-

-Esatto. Di notte si lavora tranquil...-

-E poi magari chiami una.... eh? (ammiccamento)-

-...ma...veramente sarei sposato-

-Ah, giusto, certo. Anche io ho una moglie bellissima a [capitale di stato di paese dell'est] e due bambini, due diavoli-

-Io due bambine-

-E quando le bambine sono a scuola, a tua moglie, du' botte... eh?...-

-...eh....uh....-

-Però di notte, qui nun te vede nessuno, eh? Chiami una russa, 100 euri e due botte, eh?-

-... -

-Daje, me lo poi dì, semo tra noi...-

-No, non succede-

-Daje, nun ce credo. Cioè, io nun lo farei, ma se me dovesse capità....-

Non posso stare a discutere di queste cose ogni volta. Se avessi 1 euro per tutti i maschi -italici, peraltro- che hanno ammiccato alla possibilità di fare sesso extraconiugale con femmine (o meno) professioniste, potrei ripianare il debito greco e comprarmi Creta senza bisogno di ricorrere ai parà tedeschi e l'operazione Mercurio.

-C'è internet....-

-Ma internet.... nun me fido... cioè, te sei un portiere, nun c'hai persone fidate, che conosci... du' russe...-

-No, non ne conosco e non mi interessa-

-E qui non te le porti, de notte?-

-No, devo stare al lavoro, non posso assentarmi da qui-

-E vai in bagno, no? Se qualcuno rientra te suona er campanello-

L'idea di fare sesso in un bagno pubblico la trovo, detto semplicemente e senza metafore, totalmente ripugnante. Questo lo propone come se fosse la cosa più normale del mondo perchè pensa che io VERAMENTE mi porti prostitute professioniste in piena notte. Non ho assolutamente voglia di continuare questa discussione, ma lui insiste, convinto senza remore che io conosca due russe finchè, addirittura, se ne esce così:

-Ao, ma du' russe.... daje, 200 euri... le pago io. Le chiami e glie damo du' botte...-

Perchè fare le cose da soli quando ci può essere il piacere della condivisione? Chi non vorrebbe trovarsi uno sconosciuto con cui ricreare mitiche scene con Terence Hill e Bud Spencer quando ancora giravano film su sgangherati poliziotti della Florida alle prese con "batte da 100"?

Non la voglio fare lunga, anche perchè non ne vale assolutamente la pena. Ci misi un bel pò per convincerlo che non avevo la più pallida idea di dove rimediargli due russe. Ed anche lo avessi saputo, mi sarei rifiutato di provvedere. Che cercasse da sè in rete ed andasse da loro, tanto poteva tornare quando gli pareva, bastava suonasse il campanello. Finalmente la intese e se ne andò in camera. Ma non senza aver chiosato: -Je potevamo dà du botte....-

Però, ripeto:

in certi casi, o quanto meno dal punto di vista del lavoratore, da soli non è la soluzione.

E' una fonte di problemi.

ps. si, lo so che ora mi direte "Dai, non conosci due russe da 200? Chi non le conosce?" Lo so, avete ragione. Sono indietro. Mi garba stare indietro. Vorrei restarci.

venerdì 2 dicembre 2016

Come se non bastassero i turisti che chiedono informazioni quando sono di turno al bancone, noi fiorentini li troviamo spesso anche quando siamo in borghese e girelliamo in centro per godere delle meraviglie della nostra città, costruite quando essere architetti significava tirare su incredibili monumenti, e non, come quel bischero del poggi (minuscolo intenzionale) buttare giù epiche mura medioevali per installare quello stupidissimo anello di asfalto che passa sotto il nome di "viali di circonvallazione". O radere al suolo il mercato vecchio per quello spiazzo chiamato oggi Piazza della Repubblica (Poggi e/o Pubbliacqua = disastro sicuro). Se mai mi capiterà di trovare il dottore, gli chiederò di usare il Tardis per andare ad impedire che Firenze diventi capitale. 2000 anni di storia, e quei 7 stavano per rovinare tutto (si, ok, ci sarebbero anche i bombardamenti dovuti alla guerra, ma lì fu colpa della testa pelata. Il bunjee jumping va fatto prima di dare il potere a certa gente).

Girare per il centro di Firenze mano nella mano con la propria moglie è un privilegio assoluto, sublime e totale, che pochi altri, su questo pianeta, possono concedersi. Così, in una sera estiva di qualche anno fa, ci troviamo su quell'incredibile meraviglia di struttura atta a passare da una riva all'altra di un corso d'acqua (cit. wikipedia) nota con il nome di Ponte Vecchio.

Non perderò tempo a descrivere l'incredibile, stupefacente, meraviglioso ponte. Lo conoscete tutti. Almeno spero. Per voi.

Siamo appoggiati al parapetto, a discutere delle cose belle della nostra vita (il nostro amore, una casa nostra, il lavoro di portieri d'albergo, due bambine in quel momento alle prese con una nonna paterna che pretende di imboccarle malgrado l'età ormai preadolescenziale) quando si avvicinano due ragazzi giovani, di aspetto sudamericano che, con un sorriso cordiale, mi pongono una domanda:

-Parlate spagnolo?- (ovviamente sto traducendo)

-Eeee... io. Un pò-

-E sei di Firenze-

-Si, certo-

-Posso farti qualche domanda?-

-Ma certo, dimmi-

-Perchè questo ponte è così famoso?-

Rimango un po' sconcertato. I turisti, quando sono in albergo di turno, ci chiedono dove stanno i monumenti, non la ragione della loro costruzione. Lui se ne accorge.

-Siamo messicani. Siamo qui per turismo, e ci hanno tutti detto di questo ponte, ma non sappiamo perchè è così famoso. Tu sei di Firenze?-

-Si-

-Non volevamo disturbarvi, ma... siamo curiosi, ecco-

Sorrido. Mi rivedo qualche anno più giovane a giro, con un megazaino sulle spalle, per le strade di Dublino, Galway e Limerick, a chiedere informazioni agli irlandesi sui monumenti della città. O sulle migliori birrerie. Il fatto che non ricordi il 100% di quell'epico viaggio dovrebbe farmi capire che quest'ultima domanda era quella che ponevo più spesso.

Mi rimbocco mentalmente le maniche e mi schiarisco la gola.

-Beh, per prima cosa, questo è il più vecchio mai costruito-

-Solo per questo?-

-Poi c'è il fatto che è pieno di negozi, vedete? Ora sono chiusi, ma durante il giorno sono aperti ed attivi. Oggi sono tutti di oreficeria, ma in principio erano negozi normali, soprattutto di roba da mangiare. Una volta, nell'Arno, ci si poteva pescare-

-Allora molto tempo fa-

-Direi un paio di secoli-

-E non ci sono più pesci nel fiume, ora?-

-Beh.... diciamo che ci sono. Però, se li mangi, conti fino a 3 e muori-

-Peccato, niente sushi- Dice l'altro. Che finora non aveva aperto bocca. Ma che, quando lo fa, evidentemente, sa cosa dire.

Dopo la risata per la battuta, alzo il braccio e punto il dito verso l'alto.

-Però, il vero motivo per cui questo ponte è così famoso è questo- Ed i due messicani alzano lo sguardo verso l'alto.

-Lo costruì, 5 secoli fa, un architetto di nome Vasari, ed infatti si chiama Corridoio Vasariano. Là- Ed indico verso la mia destra. Due sguardi che spostano lo sguardo -C'è Palazzo Vecchio, dove si esercita il governo della città. Invece, di là- Abbasso il braccio destro ed alzo il sinistro, e gli sguardi lo seguono -C'è Palazzo Pitti, la residenza storica dei signori della città, i Medici. Il corridoio passa sopra le case ed il ponte, e permetteva un collegamento diretto tra i due palazzi-

Mi guardano, senza realizzare. Pongono una domanda che, dal mio punto di vista, è sciocca, futile e banale.

-Ma... perchè?-

-Così potevano andare da una parte all'altra senza mischiarsi con il popolo-

Uso proprio i termini così, nudi e crudi: Para no mezclarse con el pueblo, con los pobres. Baby George direbbe "i poracci".

Due bocche aperte mi osservano, stupite. Scuotono la testa e.... ve lo scrivo in spagnolo:

-Que... que mierdas!- dice uno. E l'altro ribatte:

-Si, que cabron! Porque no le han cortado la cabeza?-

Tagliargli la testa. Non male come idea. Peccato che:

-I fiorentini del 1500 non erano mica i francesi della rivoluzione. Od i messicani di Pancho Villa-

L'avessi mai detto!

-Si, noi siamo veri rivoluzionari! Mexico! Mexico!-

E si mettono a declamare il nome del loro paese, pugno chiuso alzato.

Non potevo non unirmi a loro.

La Sara, terga appoggiate al parapetto del ponte, scuote la testa e si mette la mano sulla faccia. Probabilmente, ha anche la tentazione di lasciarsi cadere di sotto.

Ma finito lo spettacolino del coro (cui non è mancata una divagazione verso gli Intillimani), i ragazzi ci stringono la mano, ringraziano della piccola lezione di storia e ci salutano. Fanno due passi indietro e guardano vero l'alto, osservando le finestrelle del corridoio.

-Potevano vedere tutto!-

-Certo- dico io -Osservavano il popolo, li tenevano d'occhio-

-Che merde! Dovevate tagliargli la testa!- Urlano dal mezzo del ponte, mentre si allontanano ridendo sguaiatamente.

Ma non successe. Anche se ci andarono vicino, i fiorentini non tagliarono la testa ai Medici. Per fortuna.

O no?

venerdì 25 novembre 2016


Coincidenze.

Le coindicenze capitano. Poi qualcuno può anche non crederci e convincersi che sia un piano studiato a tavolino, che la fine del mondo è vicina, che ti controllano la vita con le "scie kimike!". Non lo so e non mi interessa. Vi scrivo 4 coincidenze piccole piccole, frutto solamente del caso. 4 storielle leggere leggere, senza troppe pretese. Come tutto quello che c'è in questo blog, e comunque qualsiasi cosa scrivo.


1. coppia giapponese, fatto di qualche anno fa.

Mezza età, con l'espressione uguale a tutti i giapponesi ovunque nel mondo: piena di sorpresa ed emozione, stupore e tremori, la stessa dei bambini appena usciti dalla scuola per la loro prima escursione scolastica. Per me aveva ragione Blutarski: sono stati i tedeschi, a bombardare Pearl Harbour. Non posso credere che siano state persone così miti e gentili.

Esordisco nella loro lingua suscitando incredibile emozione. Sono seppellito di complimenti, a cui rispondo con inevitabile modestia; perchè lo sono di mio, perchè la forma lo richiede e perchè è una lingua che, se non continui a parlarla, la dimentichi in fretta, e da quando sono diventato babbo il tempo di studio si è irrimediabilmente ridotto a zero. Ma in quel momento dò il meglio di me, e mi chiedono se l'ho studiato in Giappone.

-Si. Ad Okazaki, prefettura di Aichi-

Spalancano la bocca.

-Noi siamo di Okazaki!-

-Veramente?-

-Si!-

Apro il sito internet della scuola (se vi interessa, è yamasa punto org). E loro riconoscono il palazzo.

-Noi abitiamo in una delle case quà accanto-

15.000 chilometri. 15 mila, tanto è, chilometro più chilometro meno, la distanza Firenze-Okazaki. Probabilmente ci eravamo incrociati più volte soprattutto quando, in pausa pranzo, andavo a comprare qualcosa da mangiare nel supermercato dall'altra parte della strada (facevano un ramen che era la fine del mondo). E questi due, in vacanza in Italia e Firenze, vennero a soggiornare dove lavoro io. E mi beccarono quando ero in turno. Ancora oggi quasi non ci credo.


2. Novembre dell'anno scorso. Due famiglie italiane con bambini; belli, sereni, gioviali. Mi scende un ragazzetto sui 10 anni che, con spiccato accento lombardo, mi chiede un foglio di carta ed una matita perchè vuole fare un disegno a mano libera. E lo fa con un doveroso verbo al condizionale seguito da un riverente per favore.

Già che un ragazzo della sua età non scenda cercando pokemon con un cellulare di ultima generazione e desideri piuttosto disegnare chiedendo pure per favore con uso e modi perfetti dei verbi, è un qualcosa di così straordinario che già solo questo meriterebbe la nomination, un racconto a parte. Fornisco volentierissimo il materiale, ed il ragazzo mi spiazza:

-Cosa devo disegnare?-

Lì per lì non so proprio cosa rispondere, poi ho un lampo di genio e sollevo il mio zaino da sotto al bancone, mostrando il meraviglioso, stupefacente, mirbolante Giglio Viola stampato sopra. Il ragazzo storce la bocca:

-Io tifo Inter....-

-Allora disegna il simbolo dell'Inter-

-.... eh... uh..... no, ok, disegno questo-

Quando scende il padre, rimane a bocca aperta:

-Ma... disegni quello? S'è pure perso, dai Viola- (l'anno scorso vincemmo a San Siro 4-1)

-Eh, non ricordo il simobolo dell'Inter-

-Te lo mostro io, è sul mio cellulare-

-Ormai ho finito- Replica il figlio, mostrando il disegno. I membri dell'altra famiglia prendono un pò in giro suo padre -Vedi, è stato convertito alla Fiorentina, è tutta colpa del portiere-

-Tutto MERITO del portiere- Replico io indicandomi. Poi, dopo questo scambio di battute, mi viene spontaneo chiedergli:

-Di che parte della Lombardia siete?-

-Provincia di Pavia-

-La conosco un pò la provincia di Pavia. Di quale paese?-

-Ma non credo lo conosca-

-Provi-

-Mortara-

-Diamine se conosco Mortara. Mia suocera E' di Mortara-

E rimangono lì a bocca aperta. Ed io a spiegare che, un paio di volte l'anno, saliamo su nel profondo nord a trovare la madre di mia suocera, a sua volta nonna di mia moglie e bisnonna delle bimbe (prepara una casoela che è la fine del mondo). E la classica, immancabile, scontata battuta sul tremendo dialetto lomellinese-ostrogoto che per me rimane un mistero indecifrabile. E sul negozio d'alimentari in piazza Silvabella che vende il salame d'oca. Fu una discreta sorpresa, per loro, scoprire come un anonimo portiere d'albergo di Firenze conosceva i luoghi della loro normalità quotidiana.


3. La famiglia di mia moglie ha vissuto, per circa una decina d'anni, in Abruzzo; in effetti, lei si sente più abruzzese che toscana, e non parliamo poi di mio cognato, che è nato a Teramo.

Arriva, nell'albergo dove lavora, un cliente italiano che lei scopre, al momento del check-in, venire da Canzano, paesello sulle colline della valle del Tordino. Un torrente che la mia signora, quando era alle elementari, era convinta fosse il più lungo d'Italia. Chiacchierando e rievocando gli splendori dei paeselli in provincia di Teramo, scopre che anche il cliente apprezza il porchettaro di Piazza del Progresso a San Niccolò. Concordano che sia il migliore di tutto l'Abruzzo (ed in Abruzzo c'è praticamente un porchettaro ogni 20 metri), così, quando questo cliente tornò a Firenze la settimana dopo (era un architetto designato per restauro di palazzo Medici-Riccardi) portò a mia moglie un ciotolo di porchetta. Proprio presa da quel venditore.

Pensate che me ne sia arrvato almeno un pò, di quel delizioso e prelibatissimo cibo? Pezzettino dopo pezzettino perchè "ancora un assaggio e poi basta", mia moglie arrivò a fine turno che se l'era mangiata tutta. E, credetemi, era parecchia.


4. Entro in turno di notte. Mentre prendo le consegne dal collega, noto due oggetti posati in un angolo:

-Ma... e questi?-

-Li hanno trovati in camera-

-La stessa?

-No, due camere diverse-

Mi pareva giusto fotografarli. Lo so, può sembrare una banalità incredibile, ma mi piace pensare che trovare, nello stesso giorno ma in due camere diverse un ciuccio, cioè un attrezzo fatto per silenziare bambini molto piccoli, ed una spilla che porta la scritta "Speak aloud" (parla a voce alta) sia una curiosa e bellissima coincidenza.

ps. che poi me li immagino, i genitori del/della bambino/a, che litigano su chi doveva pensare a prendere il ciuccio lasciato in camera, mentre il/la piccolo/a si lamenta furiosamente di tale mancanza. Vi ho pensato, ragazzi. A voce alta.
 

venerdì 18 novembre 2016

Una delle scocciature più solenni, monumentali, faraoniche, che possono capitare quando si lavora in un albergo, è quando vengono persone che "vogliono vedere alcune camere per la loro selezionata clientela".

Ora, io capisco e comprendo che si, quando si lavora nel turismo, è importante vedere e rendersi conto delle strutture che si vanno a proporre ai clienti. E’ fondamentale capire se quel tipo di camera piacerà o meno. Se lavoriamo con clientela pretenziosa e tendente allo scocciare, è bene passare subito ad hotel di una certa categoria, bypassando direttamente pensioni o 1-2 stelle. Pure certi 3. Ed il problema, da quando esiste internet, è che i clienti non si rendono conto di quel che prenotano. Guardano solo al prezzo e dicono "Oh, questo è economico, forniamo la nostra carta di credito!". Poi, quando arrivano qui, se ne vengono fuori che " Quest’albergo non mi piace! Rivoglio i soldi indietro!". L’agente di viaggio, per lo meno, capisce che tipo di persona ha davanti, e li indirizza nei posti a loro consoni.

Purtroppo questo tipo di figura professionale, causa internet, tende a sparire. Ma qualcuno ancora c’è. Resiste. Viaggiano per visionare strutture ricettive e le camere per la sua clientela. Il problema, come dicevo poc’anzi, è che anche alcuni di loro non hanno un’idea chiara e precisa di ciò che stanno cercando. Quindi si, gli facciamo vedere le camere perché ce lo chiedono, ma per noi portieri sono una totale perdita di tempo, perché ci rendiamo subito conto che tanto, qui, non prenoteranno mai.

Arrivano una mattina di sabato, quando siamo dietro a partenze, arrivi, prenotazioni. Quando cioè siamo nel pieno del lavoro e della frenesia. Chiedono di vedere delle camere per un evento che organizzeranno a Firenze in estate.

Lui è uno svedesone di mezza età: viso rubicondo, corpo massiccio e golfino paricollo fatto a mano con bandiera americana ricamata. Di questi tempi e per i prossimi 4 anni, la stars & stripes è più o meno vista come il vessillo del Reich, perciò, essendo svedese, decido che il tipo si chiamerà, da oggi e per sempre, Martin Vanger.

Lei, vent’anni di meno, provoca copiose perdite di bava maschile al suo passaggio. E non dico altro. Parla italiano con accento dell’est. Lo stesso tipo di donne che l’originale Martin Vanger uccideva nel sotterraneo della sua villa.

Li spediamo su con il facchino, che gli mostra alcune camere: singola, doppia standard ed una suite. Quando scendono esprimono soddisfazione per la suite. Lo sappiamo, abbiamo sofferto settimane di lavori rumorosissimi necessari per la realizzazione di una splendida camera nuova fiammante, ottenuta sacrificandone due standard. E’ un capolavoro, un vero amore. Sogno di dormirci pure io, magari un gorno me l'affitto e lo faccio (sarà curioso farmi il check-in ed il check-out). Ed al ceo del gruppo Vanger piace: la vuole. Chiede il costo per Agosto. Ma non sa dirmi una data precisa. Una cosa che odio, perché le tariffe ormai variano giorno per giorno. Se è lunedì, costa meno del sabato, no? Ma lui insiste. Ok, te la sei cercata. Così gli sparo un prezzo bello alto.

Sorpresa, gli va bene. Ma a quel punto rovina tutto uscendosene così:

-Me ne servono quaranta-

C-come?

-Quaranta camere. Quante ne ha, come questa?-

Ok, siamo al ridicolo. 40 camere. E’ chiaro che qualcosa non quadra. Questo ci fa perdere tempo.

-Beh, ne ho solo una, questa-

Stavolta è il suo turno, di rimanerci male. Potrei dirgli che in realtà ne ho ben due, di suite rinnovate grandi in quel modo, ma ne mancherebbero comunque 38 all’appello. Lascio perdere. Loro, delusi, escono. Ma la ragazza si blocca un momento e torna indietro.

-So che c’è grande albergo, vicino a Piazza Repubblica, dove si fermano sempre auto grandi, come Ferrari-

-Ah, si, il Savoy-

-Savoia?-

-Savoy. Con la Y finale-

-Ed è un 4 stelle?-

-5-

-Mmmmh…. Ok, porto lui a vedere-

Penso che tra il Savoy ed un semplice 3 stelle vicino alla stazione corre la stessa differenza che c’è tra la Settignanese ed il Barcellona; e che se avessero avuto fin da subito le idee più chiare, non avrebbero perso tempo loro e fatto perdere a noi.

Ma il peggio deve ancora venire.

Qualche ora dopo, mi trovo in auto con il resto della famiglia, direzione casa del cognato, dove ci aspetta la festa di compleanno di quest’ultimo. E mentre siamo in viaggio, quello splendore di mia moglie esordisce con questa domanda:

-Senti… ma ti sono venuti a trovare due pantegane (li chiama così, i clienti stracciamaroni) che chiedevano 40 camere per Agosto? Un nordico simpatico come un termale in trasferta ed una "sciampista" con lo stivale che arrivava al ginocchio?-

Lì per lì, rimango a bocca aperta. Senza aspettare la mia risposta, lei continua.

-Sono passati da me chiedendomi di fargli vedere delle camere, e malgrado al bancone avessi il mondo, li ho accontentati. Poi sono scesi e mi hanno tempestato di domande su costi ed altro, ed alla fine mi hanno chiesto del parcheggio, perché erano interessati a dei posti auto nel nostro garage. E lì mi ha detto che gliene servivano 40-

-40 posti auto!-

-E 40 camere. E dove lavoro io, come ben sai, non abbiamo così tante camere; e ci sono solo 4 posti auto-

-4 posti auto a condizione di avere 4 Smart. Ma 40 auto? Un’auto a camera? Perché non vengono in aereo?-

-MI ha detto che organizzano una gara di Rally in Toscana-

-Ed hanno intenzione di portare l’intera carovana nel centro di Firenze????-

-Solo per la visita della città, la gara la fanno fuori-

-E meno male! Ma comunque, 40 auto che in fila indiana arrivano fino al centro…. Se lo diciamo ai’Nardella, gli viene un colpo! Già ci sono i lavori della tranvia, poi c’è stato Lungarno Torrigiani… 40 auto da rally che girellano in fila indiana per San Lorenzo è un massacro!-

-E’ quello che dicevo anch’io. Comunque, dopo essere venuti da me, sono passati dal tuo albergo-

E lì mi blocco un attimo. C'è qualcosa che non mi torna.

-Ma... come... come fai a sapere che sono stati da noi DOPO che sono passati da te?-

-Perchè mi chiedevano suggerimenti su un hotel per loro, e mi pareva giusto che tu condividessi i miei patimenti-

Rimango così, a bocca aperta. Una cernia sul banco del pesce.

-Mi.... mi hai mandato le pantegane! Mi hai rifilato quelle sòle-

E lei ride. Ride! -Ihihih- alle mie spalle!. Faccio per dargli una manata sulla coscia.

-Ihihih. Ahi, bimbe, il babbo mi picchia!-

-Non picchiare la mamma!-

-Ho una buonissima ragione per farlo!-

-Sto guidando-

-Correrò il rischio-

-Mi faccio difendere da tuo cognato-

-Tuo fratello ti terrebbe ferma, così potrei menarti meglio-

-Ma, scusa, me lo chiedevano loro se conoscevo un albergo più grande-

-Eccerto, e li rifili a noi sapendo che erano una perdita di tempo. Tanto per farci ammattire-

-Un marito che si dica tale deve condividere gioie ed anche problemi con la moglie, hihihihi-

-Me li hai rifilati te! 10 minuti di tempo, mio e dei miei colleghi, buttati per sempre-

-Magari le camere le prendevano veramente, da voi-

-Si, e Trump realizzerà sul serio le sue promesse. Non so cosa mi trattenga da rimandarti a Pistoia-

-Non puoi bello, mi hai sposato. Io mi tengo la casa e tu torni da tua madre, ihihihihi-

E così, sono stato preso in giro dalla moglie. Che si è fatta una grassa risata alle mie spalle.

Che ingiustizia.

venerdì 11 novembre 2016

Quelli che…

Quella che, italiana, ti chiama il giorno stesso per dirti che non può venire e se gli possiamo spostare la prenotazione alla settimana dopo o quella ancora perché “Ma tanto a Firenze ci devo venire. Davvero”. Si, ed io sono Babbo Natale.

Quello che, italiano, poichè viene spesso, lo tratti da cliente abituale e gli fai il favore di non prendergli una garanzia (carta di credito o prepagamento). Ed il giorno dell’arrivo lo si chiama. Non risponde. Lo si richiama e costui balbetta che “eh… uh… non posso venire…” e chiamarci prima per dircelo no, eh? Ma la colpa è mia che, come sempre da ingenuotto che sono, dò fiducia quando non dovrei.

Quella che, israeliana, all’arrivo di un pomeriggio inoltrato di un giorno di tutto completo, chiede se può avere una camera con vista. “Please….”, con gli occhioni di Anne Wilkes quando dice che vuole curare Paul Sheldon con amore e premura. Mi spiace, ma sono al completo signora… “Please….” Se le dico che le camere con vista sono già occupate, come faccio a… “Please…” Mi può chiedere please fino a mezzanotte, ma se la camera non ce l’ho, significa che non ce l’ho. Questa è la chiave della sua camera, primo piano. Lei la guarda, delusa, poi la prende e sale su. Senza salutare.

Quello che, indiano, all’arrivo dice che “ho letto su trippacacca che avete camere con vista”, che è come dire “se mi date quella camera vi lascio la recensione”. Che è quella cosa fastidiosissima. Il ricattino, come lo chiamo io. Senti un po': fai cosa ti pare della tua vita e dei tuoi forum sociali. Non ce l’abbiamo, quella camera. Già venduta. “Oh, ma questo non va bene”, fa lui serioso. A noi si. I clienti in quelle camere hanno pagato di più. E lui zitto. Gnègnègnè.

Quella che, cinese, si presenta a muso duro ad Ettore, sbraitando agitatissima e sventolando un cellulare. Il mio collega facchino pensa che costei non riesca, come tanti, a collegarsi con il wifi, ed invece quella gli mostra le scritte in cinese sul telefono. Alla fine capimmo che voleva una coperta. Sarà difficile capirlo, cara signora, se ci mostra “materasso” in ideogrammi.

Quello che, cinese, arriva al bancone per il check-in, e lo mostra alla mia collega al bancone il solito telefonino. Ora, al bancone, nel pomeriggio, si trova spesso quella che noi chiamiamo “Signorina Rottelmeier”. La quale reagisce proprio come quando si trova Heidi che ne combina una delle sue: va su tutte le furie. Gli dice, in inglese, che lei il cinese non lo legge, e se ha una prenotazione potrebbe dirgli il suo nome. Ed il cinese se ne esce parlando in italiano. Il che rende ancora più furiosa la mia collega, trasformandola da Frau Rottelmeier in Frau Blucher.

Quello che, cinese, fa come dice il proverbio e mena la moglie senza motivo. E la moglie replica. E lo fanno in camera, nei corridoi e giù alla reception, fino a che non si rendono conto che sono in pigiama e li stanno osservando tutti, la smettono e tornano di corsa in camera. E poi scendono vestiti normalmente belli sorridenti, come se niente fosse successo. Io e la Kate eravamo allibiti.

Quella che, russa, prenota una singola su [sito web], indicando la presenza di un bimbo di zero anni. Che in realtà è una ragazza adolescente. E non vogliono pagare per una doppia, perciò se ne vanno. E non possiamo addebitare niente perché la carta che hanno usato era, chiaramente, senza soldi. La Kate era nerissima di rabbia.

Quella che, americana ma originaria della Romania, prende in simpatia solo me, e vuole parlare solo ed esclusivamente con me (ignorando in particolare la Georgie, forse perché dello stesso paese d’origine, a volte la gente si vergogna delle proprie radici) e mi tiene un’ora a cercare agenzie immobiliari perché vuole comprare casa nella campagna toscana con il marito (una specie di Matusalemme, ma più anziano). E poi la comprarono, una villa vicino a San Gimignano. Credo che l’agente immobiliare stia ancora festeggiando a caviale e professioniste. Ah, quando costei se ne usci che voleva partire due giorni prima della fine del soggiorno, quando Georgie gli fece notare che la prenotazione era non rimborsabile e già addebitata, se ne uscì urlando “Are you crazy?????”

Quelli che, di ovunque, chiamano chiedendo se il terremoto si è sentito anche a Firenze e “se si prevedono altre scosse”. Come se avessimo fatto il corso di divinazione della professoressa Sibilla Cooman.

Quelli che ti danno tutti questi piccoli fastidi.

Si superano, certo.

Si va avanti su tutto.

Ma sono davvero dei “finger in the ass”.

venerdì 4 novembre 2016

Italiani!

L'ora delle decisioni irrevocabili è giunta!

Dimenticate, in maniera decisiva e totalitaria, l'idea, anche minima, di prenotare on line. Perchè non ne siete capaci, non ne siete idonei, non ne siete all'altezza, non capite neanche l'idea di "prendersi una risponsabilità, un dovere, un impegno", quando si effettua una prenotazione on line.

Specialmente per le cosidette "non rimborsabili".

Perchè tanto è inutile. Mai riuscirete a concepire, a comprendere, a realizzare che, si, qualsiasi cosa voi desideriate dalla vita, una volta cliccato su "Prenota" o "Procedi" o "Succhiami i soldi dalla carta, baby", voi avete acquistato un prodotto NON RIMBORSABILE. Il prossimo passo è IL SOGGIORNO, qualsiasi sia il luogo che avete scelto. Portebbe essere, come qui dove lavoro, un albergo di Firenze, oppure una stanza al motel della famiglia Bates (hanno delle doccie da urlo) od un B&B nel centro di Raqqa (che dev'essere molto economico, ultimamente), ma qualsiasi sia la struttura da voi scelta, selezionata e cliccata digitando i 16 magici numerini della vostra carta di credito (ed ovviamente i 4 della data di scadenza + i 3 sul retro), voi questo posto LO AVETE GIA' PAGATO. Non esiste un "Beh, dai, vediamo". Niente vediamo. Si parte e si va, punto.

Se non siete capaci a prendervi questa responsabilità, NON FATELO. NON CLICCATE SU "PRENOTA"! SIETE ANCORA IN TEMPO! Perchè le vostre titubanze, le vostre fisime, i vostri timori, per noi portieri sono solo una totale, completa ed assoluta perdita di tempo.

Prenotazione non rimborsabile. Appunto. Arriva. Mi appare sul sistema, in tutto il suo splendore. Si stampa e si va al pos a provare la carta. Ma.... BEEEEP. Transazione negata. La carta non va. Segnalazione della stessa su [sito web] (come direbbe Puffo Brontolone: "io odio [sito web]").

Dopo qualche minuto, il "genio della lampada", come diciamo io e mia moglie per questi tipi, chiama in albergo:

-Hotel ******** buonasera, come posso aiutarla?-

-Buonasera, sono xxxxxx, ho fatto una prenotazione, ma [sito web] mi dice che avete segnalato la carta come non valida-

-Si, lei ha fatto una prenotazione non rimborsabile, ma non è stato possibile procedere all'addebito, il pos ci ha dato transazione negata-

-Si, lo so. Quella è una carta apposita che uso per le prenotazione alberghiere. E' vuota, non ci sono soldi, COSI' POSSO FARE TUTTE LE PRENOTAZIONI CHE VOGLIO-

......(silenzio)

Sempre lui: -Pronto?-

-... Eh... uh....-

-Comunque pago in contanti all'arrivo-

-.... Si... certo...-

-Mi raccomando, mi tenga la camera-

E riattacca.

Credo di essere rimasto lì con la cornetta in mano che mandava un incessante tu-tu-tu per un paio di minuti, novella statuina appena arrivata dal museo Tussaud.

Io, portiere d'albergo, devo tenere una camera NON GARANTITA per te, mister X, senza la certezza che tu arrivi. Perchè potresti pure cambiare idea, che te ne frega, la carta è vuota, non ti posso prendere i soldi. E se non vieni, la camera resta vuota, invenduta. A te che importa del fatturato della mia azienda e, soprattutto, del mio mutuo. Hai bloccato una camera e se ti va, ci vai, altrimenti pazienza. In quel preciso momento, da qualche parte nel mondo, il sig Smith, o la Sig.ra Yakamura, o persino il Sig. Singhutakamal, potrebbero voler prenotare per la loro vacanza fiorentina, ma non trovano la camera perchè bloccata (per [sito web] la camera è venduta) da mister Stracciamaroni con le sue carte farlocche. Io voglio venderle, le camere, non tenerle a gradita disposizione del signorino che, se ci farà l'immenso, onorato, piacevolissimo onore di presentarsi all'abergo, ci renderà immensamente felici con il suo contante. Ma se arriva, appunto. Se.

Una volta ripresomi, in preda al furore più totale, chiamo [sito web], attendo la trentina di minuti necessari per parlare con un operatore (il tempo ci vuole alle strutture per parlare con [sito web], i clienti ci mettono 30 secondi perchè loro hanno il 100% di tutela e bisogno, noi lo 0%), con la musichetta di attesa che suona ininterrotta dal centralino tra la curiosità dei clienti che passano dal bancone, e finalmente, quando si degnano di rispondere, chiedo l'immediata cancellazione della prenotazione perchè la carta è farlocca.

All'operatore, ingleseparlante (è più facile trovare un operatore in questa lingua, che non in italiano, anche se i madrelingua inglesi sono rari come i Dodo) questa cosa non torna. A loro non torna mai, il loro imperativo è "non cancellare", così come per quelli di telefonia lo è "far approvare il contratto".

Mi metto a discutere con questo operatore che insiste, ostinatamente, a chiedere spiegazioni sul perchè dovrebbe cancellare questa prenotazione. In fondo il cliente potrebbe veramente venire. Ma io, per i suddetti motivi, insisto a mia volta: voglio vendere la camera a qualcuno che la comprerà con certezza. E' la legge del mercato, baby: tra chi mi compra la camera subito e chi mi dice forse, la camera va al primo.

E lui invece no, non vuole cancellare e pretende di tenermi una camera sul groppone. E lì mi incacchio come una bestia, e me ne vengo fuori, ma con estrema calma e senza urlare, così:

-Cancel the fu**ing reservation-

Silenzio. Poi -Ok, i will do it-

-Thank you-

E riattacchiamo.

Dopo qualche minuto arriva la cancellazione. Giustizia è fatta.

ps. una cosa simile è successa a mia moglie. Arriva la preno not ref. Va all'addebito e la cc non va. Chiama il numero e risponde il cliente, il quale, informato del problema dalla banconista, fa questa magnifica, splendida dichiarazione:

-Si, lo so, nella carta di sono pochi euro, credo una ventina, provi un pò a prendere quelli intanto, poi pago il resto all'arrivo-

E riattacca.

Ovviamente, superato il congelamento causa sorpresa, mia moglie ha segnalato la preno su [sito web] e poi, alla scadenza dei termini temporali, cancellato.

E che diamine!

venerdì 28 ottobre 2016

Quando io e quella che sarebbe diventata mia moglie abbiamo cominciato a vivere assieme, la difficoltà maggiore che incontravamo era di riuscire ad avere, nei rispettivi alberghi dove, tutt'ora, lavoriamo come portieri, un orario di lavoro che fosse abbastanza simile, in modo da avere più ore possibile per stare assieme: avere lo stesso turno pomeridiano, avere lo stesso turno mattutino, avere io il turno di notte e lei, il giorno dopo, quello di mattina (lei che lavora quando io dormo). E, conseguentemente, avere gli stessi giorni liberi, di solito mercoledì e giovedì. Ci facevamo i fine settimana così, quando la maggioranza del mondo era di turno (quelli che lavorano, ovvio). Il che presenta dei vantaggi indiscutibili in fatto di quantità di negozi aperti (tutti, effettivamente) e minor numero di auto presenti sull'autostrada. In particolare ricordo mercoledì primaverili di mare dove io, sul sedile totalmente reclinato del passeggero, me la dormivo e lei guidava sulla Fi-Pi-Li in direzione Tirreno, dove passavamo il resto del giorno a guazzo e poi a sbafare una luculliuana cena a base di pesce.

Poi sono arrivate due bambine, ed i giorni liberi sono diventati giorni effettivi di scuola per loro, mentre i fine settimana ci tocca "parcheggiarle" (è brutto dirlo, ma è così) presso i nonni perchè noi genitori abbiamo il turno di lavoro. E comunque cerchiamo di avere turni il più possibile dissimili, in modo che uno di noi sia sempre presente in casa. Quindi se lei è di pomeriggio, io devo essere di mattina o quanto meno di notte. Si fa i salti mortali insomma, e si comunica più con sms o post-it attaccati al frigo, ma alla fin fine è sempre andato tutto bene. Anzi, ora che cominciano ad essere grandi, riusciamo anche a lasciarle sole per molte ore, preparandogli i pasti il giorno prima, e che loro stesse provvedono a riscaldarsi in quella magnificenza di apparecchio elettrodomestico che va sotto il nome di microonde (lode, lode imperitura al suo inventore), e permette di evitare l'uso delle fiamme.
 
Perciò, quando ci capita, di solito ogni due mesi, di avere un fine settimana libero, sia a me che lei, l'evento viene esaltato all'ennesima potenza, festeggiato quasi come un 4-2: un fine settimana noi tutti, un fine settimana senza lavoro, un fine settimana dove la nostra famiglia fa quel che fanno le famiglie "normali", quelle dove i componenti hanno lavori che non impegnano nei festivi e/o notturni o, peggio ancora, nessun lavoro: godere del sabato e della domenica.

Per il sabato, il menù prevedeva una gita a Roma. Andata e ritorno lo stesso giorno in treno, che è un pò un massacro ma per una volta si fa volentieri. Così siamo andati a vedere quello che amo definire come "il primo, e quello venuto meglio, stadio di Roma": l'anfiteatro Flavio.

L'ingresso, malgrado la fila di gente, non promette bene: mentre sono al controllo borse, metto lo zaino nella macchina dei raggi x.

-Ao', controlla un pò questo, c'ha lo zaino daa' Fiorentina-

Sorrisino compiaciuto. Pensi di fregarmi, amico romano?

-Si, sono in trasferta. Settore ospiti-

Interviene il suo amico:

-Er settore ospiti è quello co'leoni-

-Si, l'avemo tenuti 'n cardo duemila anni, apposta per te-

Ed io lì, a bocca aperta. Ok, c'ho riso, ma sono anche stato signore e non gli ho ricordato di quanto Mario Gomez realizzò, contro di loro, la sua unica doppietta in Italia. Per non parlare dell'unico gol di Basanta.

Poi entriamo, e lì avrei desiderato essere mangiato davvero, dai leoni.

Perchè Gaia, anni 9, si ribella alla visita culturale, e ci massacra.

-Uffa, mi annoio!!!!- Ripetuto venti volte. A 300 decibel. Un vero disastro. Ma purtroppo lei è ancora la bambina che vorrebbe scalare strutture da giardinetti, ed il Colosseo non rientra in questa categoria (siamo stati anche ripresi da una guardia perchè lei era salita su una colonna, benchè tale colonna fosse distesa a terra, in svariati pezzi).

-Vedi Gaia- cerco di fargli capire -Qui una volta ci stavano le persone a vedere i leoni-

-Si, ma ora è un rottame!- con lo stesso pollice verso e lo stesso tono di un romano che, duemila anni fa, urlava -Infilzalo con il gladio!- E poi se ne esce fuori così: -Roma fa schifo- senza neanche conoscere l'omonimo blog. E meno male che, nel tragitto da Termini a lì non avevamo incontrati frigoriferi o materassi abbandonati a giro.

Molto meglio con Camilla, 11 anni, che ha apprezzato la visita, benchè non conosca i capolavori del cinema. Perchè quando gli dico "Vedi Cami, qui hanno girato un capolavoro del cinema", lei, piccola e tenera ingenua, se ne esce così:

-Il gladiatore-

-Ma nient'affatto. Mi riferisco a "L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente"-

Ma al di là delle battutine che facciano tra noi (anche se quest'ultima l'ho capita solo io) i monumenti dell'antica Roma rimangono una cosa splendida da vedere.

Domenica invece abbiamo fatto una visita nella nostra città: un luogo tra i più unici e straordinari dell'intero quadrante stellare, che in 46 anni non avevo ancora mai visto, e con una prenotazione fatta due mesi prima ed un costo decisamente salato ma che valeva assolutamente tutta la spesa, fino all'ultimo centesimo: il Corridoio Vasariano.

E' davvero complicato descrivere adeguatamente questo luogo: è così straordinario, incredibile, stupefacente, che qualsiasi parola è futile: va visitato. Punto. Occorre trovarsi dentro, per capire la magnificenza di un posto del genere, nel quale si comincia, dopo aver percorso gli Uffizi (già di per sè IL luogo per eccellenza, il centro dell'universo senza se e senza ma) e ci si trova nel primo atrio, dove vi sono alcuni dei quadri ricostruiti dopo l'attentato del '93. Quei pochi quadri che, in parte, si sono salvati, di quell'evento dolorosissimo che ha provocato morti (tra cui una bambina di 56 giorni), e che dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, che il 41 bis è anche troppo leggero, e le bestie a due zampe non avrebbero diritto neanche all'ora d'aria: morire in isolamento, per poi passare l'eternità a bruciare all'inferno, direttamente nel Cocito.

Ma poi cammmini sopra Lungarno Archibugieri e Ponte Vecchio, e la prospettiva, improvvisamente, cambia di 360 gradi. Ed osservi gli autoritratti degli artisti. Uno si sente quasi libero, senza le costrizioni a cui ti costringe una folla di turisti. Libero come i partigiani che lo percorrevano quando andavano, in direzione opposta a quella della visita, a combattere i fascisti rimasti asserragliati nella parte settentrionale della città. E getti lo sguardo dalle finestrelle, ad osservare il popolino che cammina sul lastricato. Ed uno si sente veramente un signore che guarda i "poracci" sotto i suoi piedi, un privilegio che, per quanto si sforzi, neanche il principino George mai gusterà.

Tu, che leggi queste righe, lo devi provare. Per quanto ci provi a digitare furiosamente su questa tastiera e dare fondo a tutto il mio vocabolario in questo stupido e modesto blog, non puoi capire, amica/a mia/o: vai e prova. E non dare retta a quegli imbecilli che ne danno solo un pallino su trippa. E' un sito di *erda, e lo sai benissimo. Costa, ma ne vale la pena. Ed assicurati che la visita abbia una guida appassionata come quella che avevamo noi. E pazienza se finisce nel giardino di Boboli, invece che dentro Palazzo Pitti. Solo il tratto su Palazzo Vecchio è, appunto, il centro dell'Universo.

Dopo esserci gustato questo superbo privilegio, decidiamo di prenderci un altro lusso, ed andare in una cioccolateria in via Porta Rossa, davanti al mercato del Porcellino, e gustarci una cioccolata calda: ormai che abbiamo fatto 30, facciamo 31 e facciamoci servire ad un tavolo.

Dentro, una discreta fila di gente, mentre dietro al bancone una mezza dozzina di ragazzi giovani frullano come palline da flipper per servire a destra e manca. Ci mettiamo all'ingresso della scala che porta alla saletta superiore, in attesa, perchè così recita un cartello e così ci dice uno dei ragazzi: si deve aspettare che ci sia un tavolo libero.

Ma alla faccia del cartello, dei commessi e soprattutto di noi in attesa, una signora ci sorpassa come se fosse una cosa normalissima, e sale su.

E dopo qualche minuto, una delle ragazze scende chiedendo se era stato detto, ad una signora, che poteva salire. Al che gli diciamo noi che questa se n'era salita su bypassandoci.

la ragazza confabula con i colleghi, e tutti giungono alla conclusione che costei si è bellamente fatta gli affaracci suoi e saltato la linea, una cosa che capita spesso anche da noi in albergo, quando siamo a dare informazioni al bancone quando, come spuntata dal nulla, si presenta una persona che, con vocina stridula, se ne viene fuori che "ho una prenotazione", e qunidi pretende di passare avanti. Si, lei ha una prenotazione. E da ora anche un vaffan*ulo. Ma questo rimane nella mia testa. Però è chiaro che il servizio che offro a questo tipo di persone è minimo.

Nel frattempo è arrivato anche il marito (un tipo sul quintale) che chiede della moglie. Ma lo stoppano subito dicendo ch coste se ne deve scendere, ed attendere il suo turno.

Solo che non avviene. Come i tavoli, di sopra, si liberano, la signora si rifiuta di scendere. la ragazza di prima torna giù, furiosa, che costei si è pure messa a sedere in un tavolo da 4. Quando finalmente si libera un altro tavolo da 4, la ragazza ci fa salire. A quel punto vediamo questa tipa bellamente a sedere, con due tavoli da due liberi. Ovviamente il marito, quando arriva, non la invita a cambiare tavolo.

Ma qui devo fare una ola ai ragazzi che lavorano lì. Perchè prima di servire questa coppia (ah, erano francesi. Quel tipo di francesi che si meritano la Wermacht in casa, anche se questo tipo di maleducazione è universale) servono tutti gli altri tavoli, noi compresi. Quando finiamo di gustarci le nostre cioccolate calde, quei due stavano cominciando a mangiare la loro consumazione. Ben vi sta, e complimenti ai ragazzi della cioccolateria, che spero abbiano un buon e giusto contratto (non come quelli che lavorano a eataly, o nella tenuta di Sting), che si sono dimostrati attenti e premurosi, e ci hanno sorriso quando siamo usciti. Bravi.




venerdì 21 ottobre 2016

Svegliarsi la mattina per preparare la colazione alla famiglia, con particolare cura alle mie bambine, ha molto, moltissimo senso. Dà piena soddisfazione e piacere di completezza femminile. E' veramente il momento durante il quale la felicità non la misuri nei soldi o nei beni che possiedi, ma dai biscotti che inzuppi la mattina nel caffèllatte.

Svegliarsi la mattina di un giorno estivo (questo agosto) sapendo che le bambine non sono presenti in quanto in soggiorno presso i nonni al fresco della montagna casentinese, non ha nessun senso. Od almeno, lo avrebbe se non fosse che in camera da letto, dopo che ne sono uscita, ci resta a dormire il marito, reduce da notte di lavoro in albergo. Ha lo stesso sapore amaro di vedere vincere colei-che-non-può-essere-nominata (preciso: nel mio mondo piccolo non è una squadra di calcio con le maglie a strisce, ma la compagine di pallacanestro di Montecatini, altrimenti detti "i termali", acerrimi ed eterni rivali di noi pistoiesi, e con cui davamo vita a feroci derby ipercampanilistici negli anni '90).

Alle 14.30, momento per me di andare a lavoro, lui spunta fuori. Con l'aspetto, l'intelligenza e, ahimè, l'alitosi di uno yeti appena risvegliatosi dal letargo di sei mesi in una grotta dell'Himalaya.

-Oh, ecco il bell'addormentato che torna a noi, e senza neanche necessità del bacio del risveglio-

-Mmmggghhhh....-

-C'è sempre questa difficoltà ad attivare le vocali, bisogna regolare un pò l'apparato. Se provassi con questo sondino?- E gli agito davanti, in movimento verticale, lo spazzolone.

-Mggrrrhhh...-

-Meno ringhi, che sembri l'assistente nehandertaliano di Martin Mystere, e più lavoro: ecco quà ciò che serve per le pulizie di casa, in particolare spolverare camera nostra, che non posso farlo quando dormi.

-Uffff.... mrrghraahhh-

-Oh, bene, compaiono le prime vocali. Mi fa piacere, segno che comincia la carburazione. Ora mangi, ti svegli e lavori, caro il mio tesoruccio. Perchè anche se non volo e non ho il bikini tigrato, se quando torno trovo ancora tutto da fare, ti dò una bella scarica elettrica sotto forma di pedatoni. Ah, mi sono appena fatta il caffè, quindi la macchinetta scotta-

Dopo di chè, mi avvio al lavoro per un turno pomeridiano alberghiero che si sarebbe dimostrato allegro quanto una fila alle poste per pagare la bolletta il giorno che arrivano le pensioni.

Entrano in albergo con il timore di un fante che varca la soglia del campo minato, e con un abbigliamento davanti al quale anche un transessuale brasiliano direbbe che è esagerato: due vestitini con paillettes, uno rosa ed uno dorato, lucidi che sembrano gli abiti dei vulcanologi.

Due ragazze indiane, giovani. Quasi preferirei che mio marito, appena svegliato, mi avesse baciato appassionatamete con il suo alito yetesco.

Con una vocina che sembrano Ariana Grande quando gioca a fare la scemotta, chiedono il costo di una camera quadrupla per una notte, e prima ancora che glielo dica, se ne escono fuori "Cheeper price, pleeeease". Che non promette niente di buono.

Un'ora. Un'ora di trattative, con le due ragazze ed i due amici con loro (questi vestiti normalmente) per trattare sul prezzo, ed avere sconti su sconti. Con le due ragazze con la loro vocina che mi pregano perchè "we are so pooooooor". Sono così povere, piccole.

Uno sfinimento. Totale e definitivo, stavo per dirgli "ora chiamo il ministero della difesa e vi faccio rendere i marò, ma ve ne andate di qui". Ma alla fine accettano il prezzo che gli ho fatto. In 3. Perchè uno dei ragazzi decide che quei pochi euro che vengono a testa per una bella camera quadrupla in un decoroso 3 stelle nel centro di Firenze sono troppi, e preferisce risparmiarne una quindicina andando in un ostello.

A quel punto, definita finalmente la tariffa da pagare, la ragazza in rosa schoking estrae la carta di credito.

American express platinum. Di quelle che portano sopra la foto con dedica del CEO stesso dell'amexco. Ed in fase di trattativa si lamentavano di essere così povere, piccole cucciole....

Ma il peggio viene dopo. Una volta pagato, le indiane perdono, irrimediabilmente, il sorriso. Sparisce così, puf, una sonda dell'ente spaziale europeo a contatto con l'atmosfera marziana. E cominciano una sequela di domande e richieste da urlo: tutte le informazioni possibili su Firenze e dintorni, dove i dintorni sono la totalità della Toscana ed oltre. Come se avessero a disposizione mesi e mesi di vacanza, invece che solo un pomeriggio inoltrato ed uno scorcio di mattinata. Per questa loro maledettissima abitudine per cui "ho pagato ed usufruisco del servizio, anche se non mi serve", come quella volta che inaugurarono la tranvia per la prima volta, ed i fiorentini, per andare alle Cascine dalla stazione, si facevano il giro fino a Scandicci e ritorno. Anche la mattina (avevo un pomeriggio ed una mattina, quindi me li sono sciroppati anche alla partenza) dimostrerà il loro stile di vita: avevano chiesto uno sconto per non fare colazione, ma gli avevo spiegato che il pasto mattutino è sempre compreso nella tariffa della camera. Risultato: la mattina si abboffarono come se non vi fosse stato un domani, lasciando il solco tra tavolino e buffet, e lamentandosi pure quando finiva un prodotto e la Maura non riforniva immediatamente il tavolo (entravano proprio in caffetteria, mostravano quel che avevano preso ed a muso abbastanza duro, pretenzioso, sparavano subito che "rimettere, rifornire subito" mentre l'addetta era lì presa a fare cappuccini a clienti che, evidentemente, non meritavano la stessa considerazione delle indiane. Questione di casta, chiaro). E mi tocca anche stoppare il loro amico rientrato dall'ostello, e che pretende di infilarsi anche lui in sala colazioni ad abbuffarsi: no bello. Tu non hai pagato qui, perciò non ne hai diritto. Ed ovviamente, giù polemiche senza fine sul fatto che, avendo i loro amici pagato, anche lui doveva usufruire del servizio. Perchè non anche l'intera popolazione del Deccan, allora? E non è finita, perchè dopo la colazione anche hanno il coraggio di chiedermi il late check-out nel tardo pomeriggio. Ed i clienti che arrivano quel giorno dove li metto? Li lascio aspettare nella hall fino a che le signorie vostre non ci lasciano, gentilmente, la camera?

Ma ci può essere di peggio.

Prima di questo triste spettacolo del mattino successivo, rientro a casa dal turno pomeridiano delle 22. Come apro la porta, sento la voce del marito che mi arriva come una lontana -e minacciosa- eco da un'altra stanza:

-Attenta, è... ehm... bagnato-

Ero esterrefatta.

-Ma.... hai dato il cencio solo ORA? Con tutto il giorno a disposizione, senza le bambine a casa, hai pulito i pavimenti solo alle 10 di sera?????-

Lui ha il coraggio di spuntare dalla camera mentre si allaccia, tranquillo e beato, la cravatta e, con una faccina innocente ma chiaramente colpevole, ed il sorrisetto malizioso del bambino beccato con le mani nell marmellata, se ne viene fuori così:

-Eh... uh... ho avuto da fare....-

-Ma cosa? Che hai fatto? Sarai mica andato a Stratagemma a comprare altri giochi?-

-S-sono andato a vedere del computer nuovo...-

-Tutto il giorno?-

-Beh, visto c'ero, un salto in libreria.... poi lì c'è quel sushi-all-you-can-eat...-

-HAI MANGIATO IL SUSHI SENZA DI ME?????-

Se c'è una cosa che mi fa imbestialire, è quando mangiano il sushi senza invitarmi! E tranquillo e beato, lui infila la giacca e mi saluta, con l'espressione ad angioletto, che va al lavoro.

Ma prima che chiudesse la porta, un pedatone nel didietro gliel'ho mollato!

venerdì 14 ottobre 2016

Alzarsi alle 14.30 dopo un turno di notte insonne e trovarsi con la moglie che, casco in testa, mi passa una scopa con l'ordine di pulire tutta casa mentre lei va al lavoro, è divertente come andare nell'aldilà e trovare le 72 vergini che "oggi è il nostro compleanno, pretendiamo un regalo spontaneo, fresco, divertente. Lo sai che abitiamo proprio di fronte ad un negozio Limoni?"

I limoni curano il cancro, ma distruggono il portafoglio.

Come lei chiude la porta alle sue spalle, mi ritrovo con una scopa in mano ed accanto, un secchio ed uno spazzolone.

Dal secchio, il grido lamentoso di un cencio in procinto di affogare.

Ma io non sono un bagnino.

Non questa mattin.... questo pomeriggio.

L'errore tattico è uscire di casa senza adeguata quantità di caffeina. Possibilmente sparata direttamente in endovena.

Computer rotto da qualche giorno.

Negozio generico di elettronica.

Commesso.

"Per salvare i dati del vecchio pc ti occorre un "case" con adeguato cavetto. Quanti anni ha il pc?"

"Ehm.... più di 10"

"Eh, allora non ce l'ho, sono cambiati sia i case che i cavetti. Devi andare in un negozio di elettronica specializzato"

Esultanza e giubilo (si nota il sarcasmo?)

Vabbè, a salvare i dati c'ho tempo. Il pc non scade, come lo yogurt ed i settimanali di satira (cit. Serra). Stà lì, fermo e muto. E poi foto e filmati delle bimbe ed i file word di storie varie, sono al sicuro in due dischi rigidi portatili.

Solo che me ne occorre uno nuovo, di pc.

Lì, commetto l'errore.

Di leggere gli "sconti rottamazione".

E farmi prendere dalla smania del risparmio. Soldi. Nuovo pc. La sgamo. Frego tutti.

Alzo il ditino pronto alla domanda.

Ma lui capisce tutto. La sua faccia assume il sorrisetto e l'espressione mliziosa di un dirigente di una qualsiasi squadra europea che dice "Ah, così voi della Viola volete tizio con prestito gratuito e diritto di riscatto, eh?"

"Ovviamente la rottamazione vale solo per gli apparecchi funzionanti"

Io lì con il ditino alzato e la bocca aperta tipo Fantozzi. Fermo come una statuina, neanche mi avesse appena congelato Elsa.

In quel preciso istante desiderai ardentemente un caffè. Subito. Ma l'unico bar era dall'altra parte della strada, totalmente sbarrata a causa il morbo tranviario. Lo bramavo come un tedesco dell'est che osservava una panetteria al di là del muro.

Scusate se questa settimana non ho scritto niente, ma la maggior parte delle volte, in albergo, fila tutto liscio. Almeno, durante questi turni di notte. Ed ho solo altre 12 ore prima di tornare a dormire. Ma ora ho un pc nuovo. Anche se senza usufruire degli sconti rottmazione. Difatti, ho anche un pc rotto...

Negozio generico di elettronica & affini, reparto la prossima volta lasciano che mi serva da solo.

venerdì 7 ottobre 2016

Adoro scrivere, mi dà un piacere personale enorme, una soddisfazione unica ed impagabile, una piccola e modesta passione che va al di là del numero di "mi piace" sui post o sulla pagina. Lo farò comunque, anche se non mi dovesse leggere più nessuno.

Ma non voglio che diventi un'ossessione. Non può e non deve esserlo.

Perciò scrivo con parsimonia, quando ho tempo e voglia, spesso rivedendo e correggendo storie ed esperienze varie. In effetti ne ho già una mezza dozzina pronte, che ogni tanto rileggo (e puntualmente, dalla testa, spunta fuori un "Ma che troiaio! Che schifezza") e correggo; e senza contare tutto quel che devo ancora buttare giù. Perchè ne ho ancora tante, di storie da scrivere.

Solo che poi capitano fatti, cose, persone, eventi, che ti fanno mollare tutto e realizzare un'altra storia subito, furiosamente, ed accantonare momentaneamente le altre. Perchè non posso tenerla nascosta, manco si stia parlando di una rivista scandalistica che parla dell'ultima coppia scoppiata e deve uscire subito con l'edizione straordinaria di Angelina che dà il benservito a Brad. La devo dire immediatamente, di getto.

Domenica.

Farsi una domenica mattina di partenze con Uragano Kathrina è come essere sposati con il professor Raniero Cotti Borroni: un patema continuo, un'ossessione totale e definitiva. E' un'ottima lavoratice, sia perchè è davvero brava e sia perchè la adoro quando parla in russo o tedesco, ma ha questo amore indissoluto per la parola che psicologicamente, per noi che la affianchiamo, ha del devastante.

Perciò, verso le 12, quando scende un cliente a chiedere un tè verde, colgo l'occasione per sganciarmi da lei e filare al bar.

Il tipo in questione è un mediorientale giovane, con barba incolta di un 3-4 giorni ed espressione sofferente. Un'oretta prima era sceso e, in pieno marasma da check-out, aveva chiesto dove poteva trovare una farmacia aperta. Sembrava veramente avere problemi fisici. Poi era rientrato. E dopo era risceso dalla camera chiedendomi questo tè verde per vedere se gli passava il forte mal di stomaco che affermava provare.

Non sono uno che si fa dubbi. Se mi dicono una cosa, penso istintivamente sia vera. Perchè sono una persona sostanzialmente onesta e dò un pò troppo per scontato che lo siano anche gli altri, perchè non mi faccio paranoie e perchè sono anche un discreto bischero. Ma se uno afferma di non stare bene, di solito è così ed un tè glielo offro volentieri, anche se più che un tè verde sarebbe meglio acqua calda con limone. Ma lui vuole il verde. Ok, eccolo, non glielo metto neanche in conto, e glielo dico chiaramente. Si gioca la carta della solidarietà e si aiuta il prossimo, così il cliente si sente assistito ed apprezza. E poi una persona, anche uno sconosciuto portiere d'albergo come ero io per costui, che aiuta e mostra compassione, è un effetto placebo formidabile.

Ma come dico sempre: uno non è mai preparato. Non se lo aspetta. Anche un portiere come me, che ne sente e vede tante, ogni giorno da anni.

Perchè lui si lamenta dei dolori di stomaco e del fatto che alla farmacia di SMN non gli hanno dato le medicine che voleva, e perciò mi chiede così, come se fosse la cosa più normale del mondo ed io un esperto di farmacistica:

-Lei non sa dove posso trovare del Cialis?-

....

E mi guarda. E si stupisce del fatto che ricambio lo sguardo a bocca aperta, senza emettere fiato. E mi ripete la domanda. Ed a quel punto balbetto, non sicuro di aver capito il suo non perfetto inglese:

-Ci-Cialis?-

-Si, Cialis... sa, una medicina come il Viagra...-

-Ah.. eh... ok... no, non so proprio dove lo vendono-

Ed appare molto deluso. Ma a quel punto non posso non chiederglielo:

-Il Cialis serve contro il mal di stomaco?-

-Si, si può usare anche per quello-

-Ah.... non lo sapevo. Comunque per quel tipo di farmaco deve avere la prescrizione medica-

Dopo di che gli indico sulla piantina la posizione del pronto soccorso di Santa Maria Nuova per poi lo smollarlo lì al bar e filare in ufficio a sbrigare pratiche, ma per niente convinto della sua risposta.

La sera a casa, seduto sul divano con moglie accanto, gli racconto la storia (ci raccontiamo un sacco di cose, sul divano. Siamo dei pettegoli di prima grandezza), e lei, ovviamente, resta a bocca aperta:

-Ma il Cialis è un vasodilatatore, non penso che sia indicato per il mal di stomaco!-

Perciò le possibili conclusioni a cui sono giunto sono le seguenti:

A-fingeva il mal di stomaco perchè troppo timido per dire che ha un problema erettile (il che è un problema, sia la timidezza che ... il resto);

B-fingeva il mal di stomaco perchè troppo timido per dire che ha una forte ansia da "prestazione" (il che è un problema ben più grave);

C-aveva davvero mal di stomaco e seriamente convinto che il Cialis lo curi (il che non è un problema grave. E' un problema SERIO).
 
Ma qualsiasi sia la risposta, spero abbia capito che un portiere, anche desiderandolo con tutte le sue forze, non potrà mai essere un farmacista. E con tutto il mio massimo rispetto per i farmacisti e la loro nobilissima professione.

venerdì 30 settembre 2016

Io non vi giudico. 

Od almeno: non giudico le vostre scelte di vita. Giudico piuttosto, quello si, la maleducazione, gli atteggiamenti nervosi ed offensivi, la cafonaggine di cui, spesso e malvolentieri, siamo costretti a sopportare da parte di clienti simpatici quanto Jack incontrato in un buio vicolo londinese, il piccione che si fa beffe di Dastardly, un deputato italiano quando si lamenta che senza vitalizio non arriva a fine mese. 

Non è importante se voi clienti d'albergo prenotate una matrimoniale e siete dello stesso sesso. O vi presentate con una persona che non è il/la vostro/a legittimo consorte. Non m'interessa, davvero. Non sono una sentiella in piedi. Casomai una tagliatella in piedi. Ma non è la mia vita. E' la vostra. Come canta Sheryl Crow: "If it makes you happy it can't be that bad". Viviamo in un mondo libero; usufruitene, finchè è possibile. 

Ok, lo ammetto: se tutto quel che vi interessa di Firenze sono gli outlet di Prada e Gucci, mi rendete triste. Se trascorrete mezza giornata sul divano della hall a navigare in rete, piuttosto che andare a giro per i nostri musei, mi sembra un'incredibile perdita di soldi e tempo. Se girellare tra Duomo e Palazzo Vecchio è per voi l'occasione per cacciare animaletti digitalizzati piuttosto che ammirare tali superbe meraviglie, la trovo un'assurdità pazzesca. Ma non posso farci niente. Voi pagate per una camera d'albergo ed io offro il servizio. Ma per il resto, siete liberi di fare un pò quel che vi pare.

Quindi se preferite i pokemon a Firenze, me ne farò una ragione. E non vi giudicherò per le vostre passioni, i vostri hobby, le vostre piccole manie. Addirittura, pensate un pò, se tifate per colei-che-non-può-essere-nominata. Sono un fiorentino buono e generoso. Come tutti noi. Ricordatevi che abbiamo donato al paese un Presidente del Consiglio. E non ho sentito nessun grazie in merito (mi domando sempre il perchè).
 

 
Autobus.

Ho finito un turno d'ufficio simpatico e divertente come l'osservazione del monoscopio. Uno pensa che lavorare al bancone sia duro e pesante, ma ha una "dinamicità" che non esiste dietro, dove si sta seduti 8 ore; soprattutto se si tiene conto che porto sul viso due fondi di bottiglia, e stare con gli occhi fissi al pc a controllare le tariffe è veramente devastante. Perciò, arrivata l'ora del ritorno a casa, rinuncio alla mia solita camminata attraverso la stazione, e decido, per una volta, di farmela su uno degli splendidi e robanti mezzi dell'Ataf, che per arrivare a casa mia, a causa del morbo tranviario che imperversa in zona Statuto, percorre un pezzo di strada che Lewis & Clark a confronto facevano una passeggiata. 

Appoggiato ad uno dei pali dell'autobus con la stessa verve di una ballerina di lap dance dopo una sessione ininterrotta di 12 ore, mi limito a tenere lo sguardo perso nel vuoto, mentre in cuffia mi arrivano le note dei Devo. In effetti è in quei momenti che mi sento molto "deinvoluto". Al mio fianco una ragazzetta asiatica intenta a manovrare un telefono che porrebbe una pietra tombale a diverse rate del mutuo. Davanti a noi due, un sedere, purtroppo non femminile, coperto appena al 60% da jeans che devono essere stati cuciti personalmente dal Signor Levi Strauss. 

Improvvisamente, la ragazza asiatica punta il telefono davanti a sè, ed apre la mappa su dove ci troviamo adesso, per la precisione zona Fortezza da Basso. Ora, io non conosco il gioco; ho un telefono pagato una cinquantina d'euro al supermercato, non ho internet ed ho difficoltà anche a connettermi con il più potente dei wifi. Fatto sta che lei accende la telecamera e, proprio sul sedere semiscoperto e peloso davanti a noi, appare una bestiola animata. La ragazza attende qualche secondo, come Zayzev quando prende la mira, poi preme sulla "ball". Che parte e cattura l'animaletto virtuale. 

Alzo lo sguardo da quel telefono così tecnologico rispetto al mio che sarebbe come mettere a confronto l'Enterprise con lo Sputnik, ed incrocio gli occhi a mandorla della ragazzetta. Si è accorta che stavo osservando. Gira lo schermo verso di me, a mostrare la sua recentissima cattura. 

-Catch it- E' tutto quel che posso dire. Lei sorride, compiaciuta, e torna ad aggeggiare sul suo apparecchio. Io prendo il mio, e cambio musica. E' il momento di ascoltare la Crow. 

"If it makes you happy, it can be that bad"

venerdì 23 settembre 2016

Essere bischeri non è un fattore innato. Non ci si nasce. Ci si diventa. Bisogna studiare molto, per arrivarne all'altezza. Anni di studi, prove, tentativi, fino al culmine: la prova suprema. La dimostrazione che la prontezza di spirito è un fattore a me totalmente sconosciuto. Non ci arrivo, nè mai ci arriverò. 

Coppia tedesca di mezza età. Non fraintendete, non sono i classici crucchi sovralimentati a carne suina e che viaggiano con sandalo e calzino. Sono magri, maturi ma d'aspetto giovanile, sorridenti e vestiti sportivi anche in un mese caldo come l'agosto fiorentino.

Però parlano solo tedesco.

Purtroppo, in quel momento, mancano in turno Uragano Kathrina (che parla tedesco) e soprattutto Eva Kant, il mio caporicevimento, bilingue italo-tedesca. Tocca arrangiarsi, e bene o male realizziamo il check-in, con la spiegazione della tassa di soggiorno, il wifi, l'orario della colazione, la piantina della città con la localizzazione dell'hotel rispetto ad Accademia ed Uffizi. Insomma, tutto il cucuzzaro. Ma il vantaggio che supera qualsiasi barriera linguistica, in questo caso, è la loro pazienza: con calma, senza arrabbiarsi e/o interropermi, ascoltano e comprendono. Il che mi rende felice, perchè molto spesso non si trovano persone così. Anzi.

Poi arriva il difficile: la spiegazione del garage. Perchè sono in auto.

Li informo che il mezzo, in centro a Firenze, deve stare in un garage, da pagare a parte. Annuiscono, consapevoli che in una città medioevale funziona così. Quindi, con il foglio plastificato delle tariffe delle auto, gli chiedo che modello possiedono.

-Trabant-

Sono convinto che tutti voi che leggete state ridendo, avendo colto la battuta del crucco.

E' qui che si vede come il sottoscritto sia completamente privo di prontezza di spirito. Perchè, anche se per pochi, brevissimi, nanosecondi, allungo lo sguardo sul listino prezzi del garage a cercare il costo di una "Trabant".

Poi mi blocco e penso, si, incredibilmente ma l'ho pensato sul serio: ma come, questi hanno fatto il viaggio dalla Germania in Trabant?

Alzo gli occhi e li osservo, con la bocca aperta, manco mi avessero appena detto che ci rendono lo scudetto dell'82. Ma la mia mente si sveglia, torna sul pianeta Terra e realizza la cruda, e molto meno poetica, verità: non ce l'hanno la Trabant, mi sta prendendo in giro. E lui, con un sorrisetto sardonico, osserva il mio sguardo stupito, indica il listino e mi dice, in tedesco ma lo capisco benissimo:

-Stavi davvero cercando la Trabant?-

Ed io rispondo, semplicemente, -Ja!-

E poi scoppiamo a ridere. E, giuro, non riuscivamo a smettere. Soprattutto io. Allunga la mano sul bancone e mi dà una bella pacca sulla spalla. Lei sghinazza ed indica il listino. E dice quel che in tedesco, sono sicuro, deve corrispondere a "bischero".

Finale: portano dentro i bagagli e poi mi consegnano la chiave dell'auto. Chiaramente era un BMW da prezzo massimo, una di quelli più grandi, con più cavalli del 7° ed il motore inquinante quanto un Maybach HL230P30 a 12 cilindri alimentato a benzina.

Però è così: non ho la prontezza di spirito adeguata. Ci casco sempre.