venerdì 14 febbraio 2025

Capita che, invece di scrivere storie, preferisca leggere. Se non ho un libro sottomano, vado a curiosare su vari blog, a vedere cosa scrivono le persone. Su una pagina dedicata alla scrittura, un tipo ha elencato i personaggi necessari in una storia:

1) l'eroe
2) la bella
3) l'antagonista
4) lo scudiero
5) il mentore
Questa è la mia versione:
1) l'eroe. In realtà non è un eroe, vuole solo i soldi. Solo che, per ottenere il vil denaro, deve far fuori il cattivo e i suoi scagnozzi, di solito in un massacro con fiumi di sangue. E quindi passa da eroe. Ma non gliene può fregare di meno, lui punta ai dollaroni.
2) la bella. Ce la immaginiamo come una leggiadra ragazza vestita di lustrini e con gli occhi sognanti verso i pettorali dell'eroe; invece è abbigliata con una lorica ed è capace di affettarti con uno zweihander. Però ha gli occhi verdi e porta la quarta.
3) l'antagonista. Indossa sempre una divisa impeccabile con tanto di schirnmutze o stahlhelm e può distruggere interi pianeti senza batter ciglio. Ha anche un lato "macchiettistico": quando si arrabbia sbatte fortissimo la mano sul tavolo urlando no in tedesco.
5) lo scudiero: la macchietta della storia, nel vero senso della parola. Cerca di portare allegria suonando un banjo che, all'occorrenza, diventa un'arma contundente. Fa lo stupido, e tutti lo trattano da tale, ma non lo è affatto. A volte, invece di essere un allegrone, è un tipo tetro che gestisce un anonimo bar, ma con una doppietta sotto al bancone. Ha sempre i baffoni e parla con accento spagnolo.
5) il mentore: è sempre un vecchio con la barba. Sempre. Appare a tutti un tipetto innocuo, più un umarel che una minaccia, ma al momento opportuno si rivela un super esperto di arti marziali, capace di massacrare un battaglione di nemici a mani nude. Se è un asiatico ha la faccina allegra e sardonica, un africano è musone e incacchiato, il caucasico ha l'espressione stanca e sfiduciata.

Ok, per stanotte ho scritto la mia dose di assurdità. Da domani torno con le storie dell'albergo. Giurin giuretta.

venerdì 7 febbraio 2025

Ogni anno viene a soggiornare, per quasi due settimane, una signora americana.

Ha un’età che non mi stupirei se avesse conosciuto direttamente qualcuno dei padri fondatori degli States. Cammina ingobbita, aiutandosi con un bastone nodoso.

Ogni anno fissa la partenza la mattina presto e, ogni anno, chiede la sveglia alle 1.30 del mattino.

Si fa portare su un cestino della colazione, preparato il pomeriggio dai miei colleghi del bar; dopo una mezz’ora chiama per farsi portare giù i bagagli. E poi resta a sedere in basso fino all’arrivo del taxi, alle 3.

I tassisti, puntualmente, mi chiedono «Ma perché parte così presto, se l’aeroporto è ancora chiuso?»

Allargo le braccia. Che ci posso fare? Si tratta di una persona ansiosa, deve presentarsi con largo anticipo, agli appuntamenti.

Perciò, la mattina della sua partenza, la chiamo in camera per darle la sveglia. Poi mando il collega a portarle il suo cestino colazione e, successivamente, lui torna dabbasso con le valigie: due gigantesche, una media e una borsa.

Lei arriva dopo qualche minuto e si mette seduta su una poltroncina ma, lo noto subito, è irrequieta. Fruga in qualsiasi punto nascosto della sua borsa. Mi avvicino e chiedo se posso aiutarla.

«Non trovo più il mio dente»

Sul momento non credo di aver capito. Sta proprio dicendo “tooth”, dente in inglese? Mi viene spontaneo pensare a un WTF (parolaccia).

Lei apre la bocca e mi mostra un buchetto dove si dovrebbe trovare un incisivo. Aiuto quindi la signora nella ricerca. Nello specifico, prendo il trolley, lo deposito ai suoi piedi e lo apro. Lei inizia quindi a frugare. Mi sento un po' un intruso, un impiccione, quindi mi allontano leggermente mentre la ricerca prosegue. Apre varie borsette, fruga dentro ma le richiude sconsolata. Richiede il mio aiuto.

Accorro. Chiudo la valigia piccola, la scanso e passo a una di quelle grandi, praticamente un mezzo da sbarco della marina e dal peso simile. Anche lì tiro la zip e lo apro, e lei riparte per un’altra ricerca tra abiti vari e borsette con trucchi, saponi, spazzolini. A un certo punto mi mostra un portadentiera, spiegandomi che doveva trovarsi lì dentro.

La poveretta è sempre più sconsolata, ma decido di fare un tentativo. Chiamo il collega che rimane sorpreso, quando arriva, nel vederla ravanare tra le proprie cose. Ma capisce che lei sta cercando qualcosa. Gli spiego la situazione, così lui sale in camera e, dopo pochi minuti, ne scende con un fazzoletto di carta contenente l’apparecchio con attaccato il singolo dente. Era tra le lenzuola.

Percepiamo il sollievo dell’ottuagenaria alla vista del suo prezioso tesoro, che rimonta immediatamente nella bocca. Ringrazia sentitamente. All’arrivo del taxi, l’aiutiamo a caricare i bagagli -solito lamento dell’autista sull’orario e peso delle valigie- e salutiamo.

Anche per quella notte la ricerca dell’incisivo perduto andò a buon fine.

Speriamo di non vederne il sequel l’anno prossimo.