venerdì 21 febbraio 2014

L'altro giorno avevamo in albergo una camera con due signore russe, madre e figlia. Alte, distinte, un po' taciturne, ma comunque cortesi e sorridenti.

E mi domandavo:

Ma dove diamine le tengono nascoste i russi, queste persone così gentili e cordiali?

In una remota località al di là degli Urali nelle cui vicinanze eseguono test nucleari?

Chiuse a chiave in una dacia dentro una fitta foresta con la raccomandazione “non uscite assolutamente perchè ci sono ancora i tedeschi”.

Gli danno il visto per l'Europa solo una volta ogni 5 anni, per festeggiare il nuovo figlio illegittimo del loro capo avuto dall'ennesima ginnasta olimpionica?

Io ho una discreta ammirazione per i russi in quanto popolo. Hanno tentato per 70 anni un'idea folle e meravigliosa (e sono convito che in altri posti avrebbe funzionato alla grande. Qui, per esempio), per un po' hanno discretamente conteso agli Usa il primato, e le hanno suonate a tutti quelli che provavano ad invaderli seriamente.

Solo che come turisti, spesso sono il terremoto, l'alluvione e le cavallette tutto assieme, e quando ci si ha a che fare, viene la fortissima tentazione di riunire in Polonia una seconda Grande Armée, invaderli di nuovo per sconfiggerli sul serio e costringerli poi a seguire corsi di “L'educazione ed il bon-ton, come apprenderli”o “la vodka è il tuo nemico” o “la gentilezza, questa sconosciuta” e soprattutto “il cervello, come trovare l'interruttore e posizionarlo su on”.

Questa è la storia di quando ho mandato a quel paese un cliente. Il fatto che l'abbia fatto una volta in quasi 20 anni di portiere d'albergo vi dovrebbe far capire come a) sia buono d'animo e b) come questi l'abbiano fatta così grossa da farmi arrabbiare sul serio

(in realtà è successo due volte, ma si tratta di altri strnz)

Turno di notte (perchè? Perchè queste cose mi capitano solo di notte? Non me lo so spiegare). Gruppo di russi, svariate camere, parlano solo ed esclusivamente la lingua di Tolstoj. Hanno un capogruppo che parla italiano, ma gli altri neanche una misera parolina d'inglese. Niet. Presumo che, poiché sono tutti di mezza età, siano nati in un periodo durante il quale anche il saper dire “ok” potesse significare “collaborazione con il nemico”. Niente è più devastante, anche nel lavoro di portineria alberghiera, della paranoia del potere.

Rientrano a mezzanotte, dopo la cena al ristorante prenotato dall'agenzia ed una girata nella Florence by night, ma senza capogruppo. Ognuno di loro ha un bigliettino dell'hotel con il numero della camera, ma chi lo ha perso (l'80%) deve scrivermelo su un foglietto, altrimenti non avrei possibilità di sapere che diamine di chiave vuole.

Il problema è che, mentre sono lì a dare chiavi, non mi accorgo che alcuni cugini di Putino stanno facendo la ca**ata. Me ne rendo conto poco dopo, in maniera brutale.

Sirena dell'ascensore.

Voi non l'avete mai sentita, la sirena d'allarme dell'ascensore dell'hotel. Io si.

Immaginate le sirene che ad Amburgo nel '44, avvertivano la cittadinanza dell'imminente arrivo dei bombardieri alleati.

Ecco, in confronto quelle erano una suoneria del cellulare a livello 1.

Ed è piazzata proprio sopra il ricevimento.

Mentre maledico colui che ha avuto la brillante idea di mettere la sirena proprio sopra la testa dei portieri e di tararla a 427 decibel, apro la cassa, prendo la chiave dell'ascensore, chiudo la cassa, metto le chiavi in tasca e mi fiondo su al piano a cui si è fermata, il secondo. Tutto in 3 secondi e 5''. Appena arrivo, busso alla porta dell'ascensore, da cui provengono voci concitate in russo. Dico anche, in inglese, di smetterla di suonare, che ora li avrei liberati.
Niente, loro continuano a suonare.
Forzo l'apertura delle porte della macchina infernale, che fortunatamente non si è fermata a metà tra piano e l'altro, ma a soli 20 centimetri dal secondo piano. A quel punto la smettono di pigiare sul pulsante di allarme ed escono, scalando i 20 centimetri.

E lì rimango basito. Congelato dalla sorpresa.

Escono da dentro in 7. Sette. Sette russi/e belli corpulenti, come da regolamento redatto da Pietro il Grande secoli fa. Ed il limite è 4. Erano lì dentro pigiati come le classiche sardine, anche un deficiente capisce che, se non c'è posto per così tante persone in ascensore, probabilmente non è tarato per sopportarne così tante, e ce ne devono stare meno.

Ma quel che mi fa inca**are è altro.

Uno dei russi, un omone sicuramente figlio illegittimo di un guardiano di gulag con una prigioniera, unisce le dita, agita la mano davanti a sé e dice:

“Ittalia, ittalia”.

Milioni di formiche che si riuniscono in assemblea nelle mie mani, allo scopo di ballare il cha-cha-cha.

27 litri di sangue alla temperatura di fusione del basalto affluiscono nei miei centri nervosi.

Jack the Ripper che mi chiama dall'aldilà e mi esorta a seguire le sue orme.

Sono talmente inca**ato che parlo nella mia lingua madre.

“Ma siete in 7! L'ascensore non ne sopporta 7, ma 4. C'è pure scritto! Quattro! MA VA**AN*ULO!”

Il russo non conosce, se ne va agitando le mani, mentre gli/le altri/e amichetti/e ridono. Di tutti noi.

Io rimango lì, con desiderio di diventare il comandante Kong impegnato in un corpo a corpo nucleari coi russi, e cavalcare la bomba fino a distruggere l'obbiettivo finale.

Morte e distruzione!

Epilogo: ovviamente mi toccò riscendere al ricevimento, prendere le targhette “ascensore fuori uso / lift out of order” e piazzarle su tutte le porte della macchina infernale, una per piano (e ci sono 5 piani), e poi chiamare l'Otis affinchè venissero a fare la riparazione, ovviamente a metà mattina. Ma verso le 5 odo rumore di trolley sui corridoi. Salgo su ed una signora americana sta portando due mega valigie, ed ovviamente è contrariata del fatto che non può scendere con la comodità del trasporto verticale. I really apologize ma 7 stupidissimi figli di Berija hanno bloccato l'ascensore con il loro corpi sovralimentati a vodka e grasso animale. Le porto giù le valigie, 35 quintali l'una, le faccio un caffè, check.out e taxi per l'aeroporto. Mentre la signora sta per salire in taxi, mi tocca la mano e mi dice “Coraggio, tra poco vai a casa”.


Usa-Urss 73-0. Come li adoro, i lieti fine.

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