giovedì 15 gennaio 2015

Non so voi, ma io la moda non è che la capisca molto. Diciamo pure punto.
Adesso vanno forte i pantaloni corti alla caviglia.
Ora, per una donna hanno un suo perché, anche se con le dovute eccezioni. Se le indossa una ragazza magra e con scarpa col tacco, ok, ci sta. Pure molto bene, in certi casi. Se le mette, come mi è capitato di vedere, una ragazzona yankee sul quintale e con gli anfibi, si rasenta il divieto di uscire di casa.
E non è per il peso, anche perché molto di quel quintale stava nel seno.
E dal mio punto di vista, è un’ottima disposizione.
Non diciamolo troppo a giro.
Ok, non divaghiamo oltre.
Il problema è che si vestono così anche gli uomini:
pantalone alla caviglia;
calzini;
mocassini.

A Firenze c’è Pitti.
Il che spiega molto cose.
E diversi clienti sono giapponesi del mondo della moda.
Parlano inglese ed alcuni anche un buon italiano, ma si vestono che un alieno direbbe “questo pianeta non ha forme di vita intelligente. Proviamo su quello lì di colore rosso, promette bene”. Oltre a quel che ho scritto sopra, uno di loro l’altra notte rientro con un cappello in tutto e per tutto uguale a quello parlante di Harry Potter.
Ma si può fare di peggio.
Prima notte. Scende questo giapponese, con il seguente abbigliamento:
cappotto;
accappatoio. Ovviamente lo indossa sotto il cappotto, ma essendo più lungo di quest’ultimo, sembrava avesse una gonna bianca. Che lasciava scoperte le gambe sotto al ginocchio;
calzini
ciabatte.
Ok, va bene, scendi al ricevimento abbigliato così. Te ne freghi di quel che può pensare il portiere. Mi devi chiedere qualcosa? Mi pagano per questo.
Ma lui vuole uscire. Alle 2 di notte.
Non è che lasci molta fiducia sulle possibilità di un’uscita tranquilla per Firenze così agghindato ed ondeggiando a destra e sinistra che pare un peschereccio con Schettino al timone, ma tant’è, la scelta è sua.
Gli apro. E’ allarmato della chiave. Daijobu (ok), non rimarrai chiuso fuori, basta che mi suoni il campanello quando rientri.
Esce. Gli mostro il campanello.
“This?” E lo preme. Ovviamente il campanello suona.
“Yes”
“This?” E preme una seconda volta.

“I told you, just rin…”
Non riesco a finire la frase, perchè preme una terza volta.
Stavolta non riesco a dirgli niente, né in giapponese né in inglese. Penso seriamente sia il caso di riportalo dentro e posarlo a sedere su un divano. E chiamare la neuro.
“When you come back?” Magari vuole solo fumare sull’ingresso.
“10 minutes”
“Daijobu, I’m not going anywhere”
Chiudo. Lui sparisce nella notte fiorentina.
Tornerà dopo due ore.
Non finisce qui.
Martedì notte mi riappare. Stessa ora ma con un piccolo cambiamento nel vestiario.
Cappotto ed accappatoio sono gli stessi. Ma non ha calzini e ciabatte.
Ha gli anfibi.
Se possibile, ondeggia più della notte prima. Non è semplicemente ubriaco, è proprio fatto.
“Bar?”
Non mi pare il caso che stanotte tu esca. Meglio se rimani qui. Si, c’è il bar.
Si appoggia con i gomiti al bancone del bar.
Gli cade la testa sopra.
Si rialza di scatto, poco prima della botta.
Gli ricade di nuovo.
Mi giro e mi metto la mano sulla faccia. Facepalm totale.
“wine?”
Vuoi il vino? Ok, ecco una bottiglia.
La apro, e lui va al bancone. Ed ora cosa c’è?
Cerca un suo amico, ha bisogno di un compagno di libagioni.
Gli dico il numero di camera di questo amico, ma non riesce neanche a premere i tasti sul telefono di servizio. Devo farlo io, altrimenti si rischia che sbagli e chiami qualche altra camera, e dubito che l’occupante sarebbe contento di essere svegliato nel cuore della notte.
L’amico non risponde.
Riprova. Niente. Prova ancora ed ancora. Nessun risposta.
Mi dice che sale a bussargli. Provo a suggerirgli di lasciar fare, l’amico se la dorme della grossa, ma neanche mi risponde. Sale su per le scale. Sta a vedere che non riscende, e m’ha fatto pure aprire una bottiglia di vino.
Invece no, riscende dopo 10 minuti, pretende la sua bottiglia di vino. La prende e finalmente se ne va. Segno ed addebito. Scenderà dopo un'ora a prenderne un'altra.
Ho fatto il mio dovere, parte di quei soldi andranno anche nella mia busta paga, ma mi chiedo seriamente se ho fatto bene. Non dovevo chiamare la neuro, ma gli alcolisti anonimi. “Ciao, io sono Toshiro” “Ciao Toshiro” “Sono qui perchè ho un problema”.

Ho urgente bisogno di giapponesine. Vere turiste. Astemie.

Nessun commento:

Posta un commento