venerdì 10 luglio 2015

In albergo, quando si lavora al pubblico e con i turisti, capita di incontrarne alcuni che sono come la scritta “no euro”.

Non è la scritta in sè, il problema.

E' che se questa sta su una felpa, inevitabilmente è antipatica ed odiosa, ma se la metti sulla busta paga del possessore della felpa, diventa improvvisamente logica ed accattivante.

Allo stesso modo, alcuni clienti possono essere problematici in certi momenti, e rivelarti vere perle di genialità in altri.

Clienti italiani, sui sessant'anni.

L'arrivo non è dei migliori. Benchè sia di mattina, e sapessero, testimone il cartaceo delle mail con il nostro ufficio prenotazioni, che la camera non sarebbe stata disponibile subito e bisognasse attendere partenza dei clienti e conseguente pulizia, mostrano subito una discreta scocciatura. Lui soprattutto, che cammina come se avesse la classica scopa infilata su dove non batte il sole.

Anche avendogli dato una delle migliori camere, hanno lamentele, in particolare sull'aria condizionata. In realtà l'aria funziona, solo che non è mai tenuta alla massima forza. Perchè comunque 26 gradi sono più che sufficienti per mantenere un discreto ambiente, mentre 20 sono quelli giusti per beccarsi una laringite. E comunque, a scanso equivoci, inviamo il facchino a controllare; ed ovviamente il risultato è che l'aria va, e la lamentela è puramente fine a sé stessa.

Poi arriva il lunedì.

Arrivo per le 23 che uragano Katrina è ai massimi livelli di disperazione: c'è un problema gravissimo, un'emergenza nazionale da servizio di studio aperto:

non è riuscita a finire di fare i check-in.

E la mia disperata ed inconsolabile collega vuole mettersi nel retro a finire i check-in. Ed un po' mi arrabbio, perchè non ti devi sacrificare in 10, 30 od anche 60 minuti di straordinario non retribuito perchè vuoi a tutti i costi finire un lavoro che non sei riuscita a finire per 8 ore di seguito. Non è che in quelle 8 ore non hai lavorato. Hai servito i clienti. E' quello che facciamo, è il nostro mestiere. Certo, rompe che il sign. Singh ci tenga lì per un'ora a chiederci l'esatta distanza in chilometri da Firenze a Pisa (“Rafferlty, 70 km, sir” “Yes, but excactly? Can you check on your computer?” E così via per Siena, Volterra, Montalcino ed altre località che mai andrà a visitare). Capita, di rimanere con alcune cose da fare quando arriva la fine del turno e l'ora di tornare a casa, dove ci aspetta una misera cenetta ormai semifredda mentre il resto della famiglia già dorme della grossa. E magari l'indomani mattina c'è da tornare perchè dopo il 15-23 c'è anche un 7-15. Perciò cerco di convincere la Kate a non piangere se mi deve lasciare del lavoro, che ci credo che si è data da fare, e smettere di piangere ed agitarsi come Jaqueline su quell'auto a Dallas. The buck stops here, come direbbe Obama. Il problema ora è mio e lo risolvo io.

In quel momento rientrano questi clienti italiani.

Gli dò la chiave mentre ripeto queste parole alla Kate in lacrime, li al banco. In maniera quasi meccanica, senza togliere lo sguardo dalla faccia della mia collega, passo la chiave ai clienti.

E lui, prendendo la chiave dalla mia mano, dice alla moglie:

Hai sentito? Lui è come quello di Pulp Fiction. Risolve problemi”

Mi guarda, vede il mio sguardo sorpreso, ed accenna un sorriso.

Come si chiama l'attore?”

Harvey Keitel”

Giusto, bravo”. Poi entra in ascensore.

Ho fatto 8 ore di turno notturno che mi sentivo mr Wolf. E pazienza se invece di nascondere cadaveri, dovevo archiviare malloppi di pratiche da 3 etti l'uno.

8 ore leggerissime.

ps. il problema poi era leggermente diverso, ma niente di trascendentale. Non sono riuscito a risolverlo il lunedì notte, ma quella dopo, in maniera del tutto imprevedibile e casuale. Quindi, per essere mr. Wolf, ho ancora molta strada da fare.


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