venerdì 13 aprile 2018

Lavoro in albergo, faccio il portiere.

Fino a qualche anno fa, avrei potuto anche dire: gioco a pallone, sono un portiere.

Ce l'avevo già da piccolo, questa mania di fare il "guardia di porta": già allora sceglievo quasi sempre di stare lì, tra i pali -che molto spesso erano zaini coperti da giobbotti vari- a coprire il ruolo che nessun altro voleva. Non so spiegare perchè. Non hai mai una motivazione per una scelta del genere: è così, punto. Forse perchè è il ruolo più snobbato, quello noioso, frustrante, patetico, il lavoro sporco che "qualcuno deve pur farlo ma non sarò io", ma anche quello che ti dà maggiore epicità, senso della fierezza, novello Leonida che si erge in tutta la sua possanza, durezza, ginocchia sbucciate, e proclama "tu non passerai!" E se proprio uno passava, doveva essere davvero bravo.

Era lì, che nascevano le leggende del campetto.

Perchè al momento di scegliere le squadre quello che aveva vinto la conta si trovava con il tremendo dilemma, la terribile scelta, il grande dubbio: scegliere il campione, quello fortissimo che prende il pallone in difesa e scarta tutti fino ad arrivare in porta, o piuttosto il portierone, quello che le para tutte, che quando te lo trovi davanti, solo di fronte a lui, un attimo dopo ti sorride sarcastico con il pallone tra le mani, e non sai come ha fatto a portartelo via.

Quello che aveva perso la conta e sceglieva dopo, prendeva sempre l'altro.

Mai che si giocasse assieme, io e il campione. Era sempre una sfida tra me e lui.

Guardavo i cartoni animati del draghetto Grisù, quello che proclamava "io da grande sarò un pompiere!", ovviamente, cambiando il sostantivo finale. Lo sono diventato veramente, portiere. In tutti i sensi.

Solo che io, a differenza di quelli famosi, lo sono stato a livello di calcio a 5 amatoriale.

Non ricordo come finì quella partita. Certo, non erano i quarti di champions, ma un normalissimo incontro di calcetto amatoriale. Non era Madrid, ma un sobborgo periferico di Firenze, e neppure lì non ricordo quale: se quello dove accanto scorreva un fosso con annessa area paludosa e voraci zanzare-dracula che accorrevano liete al banchetto di quelli fermi sulle panchine, oppure il campo a ridosso di quelli da tennis, e ogni tanto pioveva qualche pallina nel campo (o anche il nostro pallone dai tennisti che, per ragioni a me misteriose, erano sempre quelli che si arrabbiavano maggiormente) o il campo accanto alla Faentina dove, al momento del passaggio del conviglio sferragliante, eri riempito di tremendi gas di scarico (sono ancora vecchi diesel), e il segreto era sempre: se la partita comincia alle 9, scegli il campo dalla parte opposta alla ferrovia, perchè qualche minuto dopo passa il regionale per San Lorenzo. E i gas si concentrano tutti in quella metà campo.

Comunque

Qualsiasi fosse la partita e qualsiasi sia stato il risultato, l'arbitro prendeva una decisione sbagliata dietro l'altra, e faceva arrabbiare tutti. Un perenne protestare per falli a nostro favore non concessi o incomprensibili colpi di fischietto contro di noi.

Voi direte: vabbè, ma è il calcio, ti appare sempre così. Ti sembra che te le dia contro, ma in realtà lui fischia i falli di gioco, ed è un caso, un'apparenza, se vi semra che ve le fischi solo contro di voi.

No.

Fidatevi, non è così.

Pure se li conoscevamo tutti, perchè gli arbitri delle associazioni sportive erano sempre quei 3-4, capita sempre la serata che, per motivi a noi completamente sfuggenti, quel bastardissimo ce l'aveva con noi. Che si alzava la mattina già inferocito, afferrava il foglietto delle partite della serata e decideva, seduta stante, che noi eravamo il capro espiatorio della sua giornata storta, e avremmo patito le pene dell'inferno arbitrale.

E non avevamo neanche la maglia Viola che di per sè, queste cose, le attira.

E così fu quella partita, quella sera.

Finchè a un certo punto

Ennesima decisione errata

Capanello dei nostri attorno a lui a protestare per una punizione inesistente

Mi avvicino pure io

e dico, semplicemente "stasera sei proprio pessimo"

Lui non ci pensa due volte

Estrae il cartellino sovietico

E, per la prima volta in tutta la mia carriera calcistica, me lo mostra

Rimaniamo tutti di sasso

Non ricordo il resto: chi prese il mio posto in porta nè come finì.

Quando i miei compagni tornarono negli spogliatoi io, ovviamente, mi ero giò docciato.

Chiesi, quasi più a me stesso che a loro -Ma che gli ho detto, di così strano?-

-Niente di strano, Mugna. Ma glielo hai detto in maniera "cattiva"-

Quindi

al di là del fatto che, da fiorentino, possa anche farmi piacere l'esito di certe partite

Una certa solidarietà, tra noi che giochiamo con i guanti, c'è e ci sarà sempre.

Arbitro pessimo.

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