sabato 29 marzo 2025

1-Sono da poco entrato in turno e noto un cliente che mi si avvicina. Elegante, con un fazzoletto colorato al collo, sbarbato e pochi capelli in testa, magro, sessant’anni portati magnificamente e un sorriso che sembra emettere luminosità; un dandy arrivato direttamente dalla seconda metà del XX secolo.

Ho sempre un certo timore dei clienti che hanno necessità d’interazione. Nella maggior parte dei casi sono persone che parlano soprattutto di loro stessi e hanno bisogno di qualcuno che li ascolti. Cosa che, con noi notturni, riesce meglio che con i colleghi del giorno, impegnati con tutti i clienti presenti, le telefonate, le pratiche da sbrigare. Ma stare sempre ad ascoltare gli altri, a volte, può risultare pesante -e io sono uno che ascolta molto-

Ma per fortuna, costui non vuole parlare solo di sé stesso. Con quel magnifico accento che solo i londinesi hanno mi chiede se sono davvero di Firenze e cosa si prova a vivere qui. Dell'avere il gusto e il piacere di stare con i turisti, desiderosi di conoscere l’arte fiorentina. Lui che non ricordava molto essendoci stato, la prima volta, negli anni settanta con la scuola.

Mi chiede se sono stato nella sua Londra, e non posso non accennare al museo più bello di tutti: l’Imperial War Museum.

«Oh, bene, io ci lavoro»

«Veramente?» Dire che sono stupefatto è poco.

«In realtà io mi occupo delle sale del consiglio di guerra, dove si dirigevano le operazioni militari. Sa, con le vecchie apparecchiature usate durante la battaglia d’Inghilterra»

Da amante della storia militare e soprattutto dei giochi di strategia, sono estasiato ad ascoltare le descrizioni di un luogo storico che ho visto solo nei film.

«Adesso organizziamo gite di scolaresche sulla Belfast, la conosce?»

Come possono non conoscere l’incrociatore oggi ancorato sul Tamigi?

«Proprio l’altra settimana abbiamo avuto dei ragazzi che hanno dormito sulla nave. Lo sa che ci sono quattro metri tra la chiglia dell’incrociatore e il fondo del fiume?»
Insomma, sarei stato a parlarci per ore della storia dei mezzi militari, ma la moglie voleva andare a dormire.

Lo so che il periodo non è l’ideale, per parlare di guerra, ma adoro troppo la storia. È più forte di me.

2-Una coppia americana di mezza età rientra in albergo e saluta calorosamente. Poi rimangono a parlottare tra loro. Penso che vogliano chiedermi qualche informazione, invece si danno un bacetto e lui esce. Prima che sparisca nella notte fiorentina, gli dico che mi chiuderò a chiave dentro e quindi bussare o suonare il campanello quando tornerà.

Dopo tre ore torna e accorro ad aprirgli. Stavolta non sembra molto sorridente, anzi. Rimane un momento fermo nella hall.

«Sono stato a vedere la pallacanestro, in un bar qui vicino»

«NBA?»

«NCAA. Il collage»

«Avete vinto?» mi rendo subito conto che la domanda è stupida. La sua espressione è già una risposta.

«Purtroppo no»

Allargo le braccia. Purtroppo non ho il potere di cambiare le cose.

«Pazienza» continua lui «Ma non importa, oggi è stata comunque una bella giornata. Grazie e buona notte»

Prenderla con filosofia, bravo. In fondo sei in vacanza.

3-Alle due di notte, un cliente chiama da una camera.

«Abbiamo un problema, non riusciamo ad aprire la porta del bagno. Sembra bloccata»

«Mando subito il mio collega»

Chiamo Massimo Decimo Meridio -il soprannome che ho dato al mio collega- il quale si reca alla camera a scoprire l’arcano-

Scende dopo pochi minuti con la stessa espressione incacchiata del gladiatore dentro il Colosseo, in procinto di affrontare l’intero esercito romano.

«Questo no capisce un ca**o! Lui ha porta scorrevole, di bagno! Invece provava a spingere!»

Rido. Ma mi sento anche un po' in colpa per non ricordare che quella camera ha quel tipo di porta e potevo suggerirlo al cliente. Ma chi s’immaginava che costui insistesse a spingere, invece di farla scorrere?

E anche per questa settimana il portiere notturno ha fatto i suoi incontri interessanti.

Dai, poteva andare peggio.

domenica 9 marzo 2025

Qualcuno può pensare che la gratificazione maggiore, per chi lavora al pubblico nel settore dell’accoglienza, siano le mance. E senza dubbio per molti miei colleghi è così. Ecco, per me lo è fino a un certo punto. Perché 5 o financo 10 € non cambiano la vita. Ma certi oggetti sì.

Era un turno di mattina, di molti anni fa. Arriva questa famiglia guatemalteca. Moglie, marito e due figli (maschio e femmina) adolescenti. Sorridenti e felici di stare in vacanza. Camera quadrupla che hanno la fortuna essere già pronta perché gli occupanti erano partiti presto e la cameriera l'aveva rifatta subito, appena entrata in turno. Sono appena le 10 del mattino e li posso mandare su.

Sono sorpresi. Piacevolmente. Mi chiedono come sia possibile, visto che il check-in è alle 14. Controbatto che "se è possibile fare un favore, lo si fa". E volentieri. Ovviamente non è la norma. Chiaramente è questione di fortuna; se i clienti precedenti fossero partiti proprio alle 12, voi avreste dovuto lasciare i bagagli in deposito e tornare dopo. Camere con 4 posti letto -in questo caso matrimoniale più due letti singoli- non ne abbiamo molte. Ma questa è pronta. Perché farvi aspettare? Approfittate.

In fondo era un check-in normale, come tanti altri, con la stessa tecnica, lo stesso stile, lo stesso modus operandi: orario colazione, mappa della città con indicazioni su dove si trovano gli Uffizi e l'Accademia... il mio solito lavoro, insomma. Dove la maggior parte dei clienti ascolta distrattamente, o non ascolta proprio. Loro no. Loro ascoltano. Se ne stanno lì a sentire attentamente quel che dico, tutti e quattro. Genitori della mia età e figli con l'età delle mie -oggi saranno maggiorenni anche loro- assorbono ogni mia informazione su come muoversi nel centro di Firenze. Che può sembrare anche facile ma se non la conosci, rischi di perderti. Specialmente se finisci nei chiassi.

Scendono dopo una mezz'ora e mi fanno questo stupendo regalo: un segnalibro in stoffa. Non un cartoncino che si sgualcisce. Non un oggettino che poi finisce nella pattumiera della carta causa l'usura, come hanno rischiato quelli creati da Camilla e Gaia alla materna (e che infatti conservo gelosamente intatti).  Questo è un vero segnalibro di stoffa con tanto di omino stilizzato e la scritta "Guatemala". Io, che amo la storia e ho studiato le terribili sofferenze patite dai guatemaltechi quando al potere avevano gente che da noi fa il “sovranista” duro e puro, vedo il Guatemala sotto una nuova luce. Un luogo bellissimo dove la gente sorride sempre e si regala segnalibri in stoffa perché, a furia di leggere, gli si consumano pure quelli.

Ecco, quel segnalibro è tutt’ora al lavoro. Che svolge egregiamente. Avrà cambiato un centinaio di libri, in questi anni, ma c’è. E per sempre, nella mia memoria, rimarrà quella bellissima e sorridente famiglia. Ricordi che valgono più delle mance.

Il mondo, quando si impegna, sa essere bellissimo. Anche dietro il banco di una reception.



venerdì 14 febbraio 2025

Capita che, invece di scrivere storie, preferisca leggere. Se non ho un libro sottomano, vado a curiosare su vari blog, a vedere cosa scrivono le persone. Su una pagina dedicata alla scrittura, un tipo ha elencato i personaggi necessari in una storia:

1) l'eroe
2) la bella
3) l'antagonista
4) lo scudiero
5) il mentore
Questa è la mia versione:
1) l'eroe. In realtà non è un eroe, vuole solo i soldi. Solo che, per ottenere il vil denaro, deve far fuori il cattivo e i suoi scagnozzi, di solito in un massacro con fiumi di sangue. E quindi passa da eroe. Ma non gliene può fregare di meno, lui punta ai dollaroni.
2) la bella. Ce la immaginiamo come una leggiadra ragazza vestita di lustrini e con gli occhi sognanti verso i pettorali dell'eroe; invece è abbigliata con una lorica ed è capace di affettarti con uno zweihander. Però ha gli occhi verdi e porta la quarta.
3) l'antagonista. Indossa sempre una divisa impeccabile con tanto di schirnmutze o stahlhelm e può distruggere interi pianeti senza batter ciglio. Ha anche un lato "macchiettistico": quando si arrabbia sbatte fortissimo la mano sul tavolo urlando no in tedesco.
5) lo scudiero: la macchietta della storia, nel vero senso della parola. Cerca di portare allegria suonando un banjo che, all'occorrenza, diventa un'arma contundente. Fa lo stupido, e tutti lo trattano da tale, ma non lo è affatto. A volte, invece di essere un allegrone, è un tipo tetro che gestisce un anonimo bar, ma con una doppietta sotto al bancone. Ha sempre i baffoni e parla con accento spagnolo.
5) il mentore: è sempre un vecchio con la barba. Sempre. Appare a tutti un tipetto innocuo, più un umarel che una minaccia, ma al momento opportuno si rivela un super esperto di arti marziali, capace di massacrare un battaglione di nemici a mani nude. Se è un asiatico ha la faccina allegra e sardonica, un africano è musone e incacchiato, il caucasico ha l'espressione stanca e sfiduciata.

Ok, per stanotte ho scritto la mia dose di assurdità. Da domani torno con le storie dell'albergo. Giurin giuretta.

venerdì 7 febbraio 2025

Ogni anno viene a soggiornare, per quasi due settimane, una signora americana.

Ha un’età che non mi stupirei se avesse conosciuto direttamente qualcuno dei padri fondatori degli States. Cammina ingobbita, aiutandosi con un bastone nodoso.

Ogni anno fissa la partenza la mattina presto e, ogni anno, chiede la sveglia alle 1.30 del mattino.

Si fa portare su un cestino della colazione, preparato il pomeriggio dai miei colleghi del bar; dopo una mezz’ora chiama per farsi portare giù i bagagli. E poi resta a sedere in basso fino all’arrivo del taxi, alle 3.

I tassisti, puntualmente, mi chiedono «Ma perché parte così presto, se l’aeroporto è ancora chiuso?»

Allargo le braccia. Che ci posso fare? Si tratta di una persona ansiosa, deve presentarsi con largo anticipo, agli appuntamenti.

Perciò, la mattina della sua partenza, la chiamo in camera per darle la sveglia. Poi mando il collega a portarle il suo cestino colazione e, successivamente, lui torna dabbasso con le valigie: due gigantesche, una media e una borsa.

Lei arriva dopo qualche minuto e si mette seduta su una poltroncina ma, lo noto subito, è irrequieta. Fruga in qualsiasi punto nascosto della sua borsa. Mi avvicino e chiedo se posso aiutarla.

«Non trovo più il mio dente»

Sul momento non credo di aver capito. Sta proprio dicendo “tooth”, dente in inglese? Mi viene spontaneo pensare a un WTF (parolaccia).

Lei apre la bocca e mi mostra un buchetto dove si dovrebbe trovare un incisivo. Aiuto quindi la signora nella ricerca. Nello specifico, prendo il trolley, lo deposito ai suoi piedi e lo apro. Lei inizia quindi a frugare. Mi sento un po' un intruso, un impiccione, quindi mi allontano leggermente mentre la ricerca prosegue. Apre varie borsette, fruga dentro ma le richiude sconsolata. Richiede il mio aiuto.

Accorro. Chiudo la valigia piccola, la scanso e passo a una di quelle grandi, praticamente un mezzo da sbarco della marina e dal peso simile. Anche lì tiro la zip e lo apro, e lei riparte per un’altra ricerca tra abiti vari e borsette con trucchi, saponi, spazzolini. A un certo punto mi mostra un portadentiera, spiegandomi che doveva trovarsi lì dentro.

La poveretta è sempre più sconsolata, ma decido di fare un tentativo. Chiamo il collega che rimane sorpreso, quando arriva, nel vederla ravanare tra le proprie cose. Ma capisce che lei sta cercando qualcosa. Gli spiego la situazione, così lui sale in camera e, dopo pochi minuti, ne scende con un fazzoletto di carta contenente l’apparecchio con attaccato il singolo dente. Era tra le lenzuola.

Percepiamo il sollievo dell’ottuagenaria alla vista del suo prezioso tesoro, che rimonta immediatamente nella bocca. Ringrazia sentitamente. All’arrivo del taxi, l’aiutiamo a caricare i bagagli -solito lamento dell’autista sull’orario e peso delle valigie- e salutiamo.

Anche per quella notte la ricerca dell’incisivo perduto andò a buon fine.

Speriamo di non vederne il sequel l’anno prossimo.

sabato 18 gennaio 2025

I giorni di Pitti, a Firenze, mi ricordano sempre dei clienti che venivano due volte l'anno, in occasione della fiera. Questo episodio però si riferisce a quella estiva. Era il Giugno del 2004. Contemporanea con gli europei di calcio.

Uno dei clienti che veniva assiduamente era un portoghese. Musone, serio, spesso agitato. Ma cliente fedelissimo, lui, moglie ed un paio di dipendenti. Fissi da noi tutte le volte che abbiamo questo immancabile evento modaiolo.

Poi una sera rientrano dalla fiera, vanno nel bar, prendono da bere e si mettono alla tv, con tanto di poltroncine spostate in mezzo alla saletta. Il Portogallo incontrava i loro poco amati vicini: le furie rosse. Gli spagnoli.

Dato che era un turno pomeridiano di Pitti, stavo quasi sempre al bancone con tanto lavoro da fare, ma ricordo benissimo prima le imprecazioni sul vantaggio della Spagna, poi le urla belluine al pareggio. Ai calci di rigore, visto non c'erano clienti in vista, feci qualcosa di irregolare per un portiere d'albergo serio: mi spostai al bar a vedere la tv. Il richiamo del mononeurone maschio-italico è fortissimo quando si ha a che fare con elementi di forma sferica. E non mi riferisco solo al pallone.

Al rigore decisivo venne giù l'albergo.

Mi ritrovai avvolto in un enorme drappo rosso-verde, letteralmente stritolato da questi 4 lusitani urlanti ed ebbri di gioia di cui capivo tutto benché il portoghese non l'abbia mai studiato; in particolare si comprendeva il manifestare le loro emozioni, soprattutto quando apparvero in tv le facce tristi degli sconfitti, a cui i miei clienti risposero con l'inequivocabile ed internazionale gesto dell'ombrello. Erano felici come bimbi sotto Natale, non li avevo mai visti così sorridenti. E pure per i due giorni a seguire era tutto un arrivare al bancone ed urlare “Portugal!”, e darmi il cinque, a me o chiunque fosse al bancone. Di colpo, dopo anni di espressioni serie, divennero super simpatici, pure con chiacchiere varie. Fortunatamente Pitti finì, e dico per fortuna perché non ebbi modo di vederli tristi dopo la sconfitta in finale ad opera degli ellenici.

Nota triste: purtroppo questo fedele cliente venne a mancare dopo poco tempo. Aveva la mia età.

domenica 29 dicembre 2024

Voglio fare gli auguri di buon anno.

Li voglio fare a tutti quelli che, come il sottoscritto, lavorano in albergo, nelle strutture ricettive. I grandi alberghi, i B&B, i motel.

Auguri alle cameriere, che svolgono un lavoro duro, pesante, faticoso. Con camere ridotte a immondezzai da gente che l’avrà pure pagata, ma perché imbrattarla o riempirla di spazzatura o lordare ovunque? E queste colleghe che si danno da fare a igienizzare bagni e rifare letti per finire il turno distrutte dalla stanchezza con paghe veramente misere (che poi, da dove viene questa cosa per cui solo le donne rifanno le camere? Anche noi maschietti siamo capaci)

Auguri a facchini e manutentori, che devono pulire le zone comuni e buttare chili di spazzatura, oltre che effettuare le piccole riparazioni, imbiancature, tutte quelle piccole attenzioni necessarie.

Auguri al personale di sala. Quelli delle colazioni, che devono alzarsi molto presto per fare apertura, e poi devono continuamente rifornire il buffet per soddisfare uno sciame di cavallette. Clienti che spesso afferrano chili di roba che poi lascia nel piatto, cibo sprecato solo perché si può prendere liberamente. Auguri a quelli del ristorante, per gli alberghi che lo hanno. E quindi anche ai cuochi, aiuto-cuochi, lavapiatti e inservienti vari. Che oltre a preparare pietanze devono anche fare attenzione all’igiene e alla pulizia della cucina.

Auguri al personale del ricevimento, che fanno capo a tutto l’albergo e devono gestire prenotazioni, contare incassi e a volte accogliendo clienti che spesso fanno richieste strambe o lamentele gratuite, con atteggiamento musone e ostico.

Auguri a capiricevimento e direttori, che devono coordinare tutti questi reparti. Stabilire orari, venire incontro alle richieste di ferie o le malattie del personale, oltre a coprire turni, se necessario. E magari dare un po' di soddisfazione, se qualcuno fa bene il proprio dovere.

Auguri a caldaie, macchine dell’aria condizionata, ascensori, frigoriferi, macchine del caffè. Si, faccio gli auguri ai macchinari. Perché gli vogliamo bene e non sia mai che non se la prendano a male. Sono aggeggi permalosi, capaci di guastarsi il sabato alle 19, in un periodo di ponte. Non lo fate, ve ne prego. Funzionate sempre.

Ma soprattutto auguri ai miei colleghi pipistrelli, i notturni. Quelli come me che, essendo in un posto con il ristorante, brinderò con i colleghi, ma non posso dimenticare che per vent’anni ho lavorato in una struttura dove il notturno è solo. L’unico dipendente della ditta, l’unico responsabile in turno. Che neanche fa troppo caso al tempo che scorre e si accorge della mezzanotte solo quando i botti all’esterno aumentano d’intensità.

Che si possano sempre trovare clienti simpatici e sorridenti. Quelli per cui vale la pena di fare questo lavoro.

Oltre al vile denaro, naturalmente.


domenica 22 dicembre 2024

La scrivo adesso, di getto. Prima che me ne dimentichi. Perché l’ho proprio freddato.

Si tratta del solito, vecchio classico della portineria alberghiera: lo scherzo telefonico.

Sono le 3 e arriva una chiamata esterna sul centralino. Guardo il display, che mostra un numero di cellulare italiano. Sarà qualcuno che chiede una camera? Sono pronto a elencare tipologia e prezzi per la notte; tariffe scontate per l’ora e il periodo, abbastanza basso.

Perciò alzo la cornetta e sciorino la formuletta solita: «Hotel ****** buonasera sono Marcello. Come posso aiutarla?»

Mi risponde una voce adolescenziale condita da risatine di sottofondo. Tutto quello che riesco a capire sono “prenotare” “camere” “5 e 6 gennaio”

Non mi va di perdere tempo con ragazzetti che, alle 3 di mattina della domenica, si divertono a chiamare un albergo di Firenze per fare lo scherzo telefonico a uno sconosciuto portiere di notte. Probabilmente staranno anche registrando la chiamata perché sperano che lo sconosciuto -io- vada in escandescenze e urli improperi e bestemmie da mettere su qualche forum sociale. No grazie, non sono il tipo. Semplicemente, riattacco. Sciò, via dalla mia esistenza.

E invece, il tempo di contare fino a 3 che richiamano.

Rispondo ma stavolta mi risparmio la formuletta, dico semplicemente “pronto”.

«È cascata la linea. Avete una camera per…»

«Senti, giovane Jedi, se proprio vuoi fare uno scherzo telefonico, ti consiglio di mettere “anonimo” perché qui, sul display del centralino, mi appare il tuo numero: 328…»

Il centralino mostra la dicitura “fine chiamata”. L’ho pizzicato e freddato.

Ero quasi tentato di fare il “richiama numero” ma ho lasciato perdere. Non vale la pena di spendere ulteriore tempo per ragazzetti che non hanno neanche la furbizia di nascondersi abbastanza e non riescono a trovare altro divertimento di questo.

Però scriverci una storiella, quello ci sta.

"Un Jedi usa Forza per saggezza e difesa, mai per attaccare"