domenica 24 agosto 2025

Due piccoli aneddoti:

1) Due signore francesi anziane che devono aver visto l’arrivo dei tedeschi quando ancora indossavano l’elmo chiodato.

Una di loro inizia a parlare in un inglese stentatissimo, al che gli rispondo in francese.

«Ohhhh, très bien!»

Sono in partenza il giorno dopo ma hanno perso il biglietto aereo. Si affanna sul telefono per trovare i dati e finalmente mi mostra la pagina della prenotazione.

«Me la può stampare?»

«Con piacere, signora. Me la dovrebbe inviare per mail»

«Oh…. E come si fa?»

Al che piazza il telefono sul bancone girato verso di me. Eh, bien, vediamo un po'.

Scorro sulla pagina per vedere se c’è il collegamento con un pdf da scaricare, ma non lo trovo. Provo ad andare un attimo indietro ma ci sono centinaia di mail non lette, impossibile mettersi a guardarle, tantopiù che mi sento un intruso, a frugare nel cellulare di una persona sconosciuta, benché la signora si fidi ciecamente di me -devo proprio dare un’impressione di specchiata onestà e rettitudine-. Peraltro l’apparecchio è leggermente diverso dal mio, con funzioni diverse, quindi livello difficile. Provo a pigiare dove penso ci sia il “cattura immagine” -volgarmente detto screenshot- ma va alla pagina principale. Le icone sono illuminate come palline di natale, con numerini rossi in alto a destra, la signora ha praticamente tutto attivo, ci sono almeno una ventina di pagine chrome aperte. Alla fine riesco a fare l’immagine, condivido, mi appare gmail, clicco, digito la mail dell’albergo e invio. Ricevo la mail, stampo e passo alle signore, che ringraziano felici. Spero che quello gli basti, ci sono sopra i dati del volo e il numero dei biglietti, ma se avevano un pdf con il codice QR forse era meglio. Però di andare a frugare nelle icone per cercare il file non mi andava.

Salutano e mentre si avviano per le scale, mi dicono che il mio francese è buono ma non perfetto.

Ma le perdono, tanto sappiamo bene chi arrivò primo sull’Izoard.

2) coppia americana, lui bianco con barbetta, qualche anno più di me, elegante, magro, distino e molto cordiale; lei una stangona afroamericana poco più giovane con chilometri di gambe e nessuna remora a mostrarle.

Si siedono nella hall a discutere per un po'. Appaiono stanchi -è stata una giornata di un caldo che non si prova neanche nell’Atacama- ma sembra che lui voglia ancora uscire.

Viene al bancone e mi chiede se conosco un locale dove suonino dal vivo, preferibilmente jazz.

Potrei fare una ricerca in rete, ma preferisco essere onesto: allargo le braccia e, scusandomi, gli dico la verità «mi spiace, non ne conosco.»

Lui appare un po' rassegnato mentre lei mostra un’espressione quasi sollevata, probabilmente perché più stanca. Accavalla le gambe provocando perturbazioni nella forza.

Lui fa una ricerca e mi mostra un locale sul cellulare. Posso solo rispondere così:

«Mi dispiace, non so dirle come è. Io lavoro di notte, non esco più per locali da decenni.»

«Allora smetti di lavorare di notte.» replica sorridendo.

Rido. Ma mi veniva da dirgli che se chiedeva ai miei colleghi del pomeriggio, avrebbero potuto dargli ottime indicazioni. Comunque ci ha pensato lei a risolvere la situazione. Si alza dalla sedia e si avvia verso l’ascensore. Lui riflette qualche secondo e poi la segue.

Se restava al bancone qualche attimo in più, lo avrei preceduto e lasciato a finire il turno al posto mio.

giovedì 21 agosto 2025

🤔: Potrei creare un gruppo chiamato "il mio gatto" e mettere foto rubate dei mostriciattoli"

😾: Non ci pensare neanche, bipede senza peli! Ti diffido dal riprendermi in pose imbarazzanti! Posso attivare il mio avvogatto!

😁: Io lo faccio lo stesso, tanto è un gruppo privato.



domenica 17 agosto 2025

L’albergo è un luogo di lavoro strano: ci sono momenti dove non si vedono persone per parecchio tempo poi, di punto in bianco, richieste su richieste.

Entro in turno alle 23. In realtà arrivo sempre mezz’ora prima per prendere le consegne con comodo e dare il tempo ai colleghi di cambiarsi e filare a casa.

La situazione sembra molto tranquilla. Manca un arrivo e c’è una partenza la mattina presto con tanto di cestini colazione per i clienti.

Inizio quindi il mio lavoro con le stampe e i controlli soliti mentre dal bar arriva il chiacchiericcio soffuso delle persone intente a sorseggiare cocktail vari. Ma verso la mezzanotte parte il finimondo:

a) Una camera che telefona e chiede spazzolino e dentifricio. Chiamo quindi il mio collega, fiero cittadino della Valacchia, affinché porti questo oggetto;

b) altra telefonata da un’altra camera, stavolta mi chiedono teli aggiuntivi; ancora una chiamata al facchino, che ormai porta con sé lo stesso sguardo duro e arcigno di un terzino dello Steaua che deve marcare il fuoriclasse del Real;

c) l’ultimo arrivo, coppia russa giovane e simpatica, a cui faccio un check-in abbastanza rapido perché sembrano piuttosto stanchi. Nel frattempo che sono a parlare con loro:

d) altra chiamata interna ma stavolta sul telefono del bar. Poiché i colleghi hanno chiuso -il bar chiude a mezzanotte- e io sono alle prese con il check-in, non posso andare a rispondere. Dopo un po' smettono. La coppia russa sale nell’ascensore e in quel momento, chiamano di nuovo; devo farmi di corsa tutta la hall per correre verso il bar, ma non faccio in tempo: riattaccano. Torno al bancone e, finalmente, chiamano qui:

«Buonasera. Al bar non risponde nessuno!»

«Buonasera a lei. Mi spiace, ma il bar ora è chiuso e non ho fatto in tempo a rispondere. Può chiedere a me.»

«Ah… ecco, vorrei le lasagne. E una birra.»

«…Ehr… ma certo signore, nessun problema. Un quarto d’ora e le portiamo in camera tutto.»

«Grazie mille.»

Tremo già al vedere l’espressione del mio collega, probabilmente la stessa di un membro della Securitade. Ma il servizio h24 va garantito. Vado al bar, entro in cucina, apro il congelatore, afferro una confezione di lasagne e lo metto nel microonde, vai a tutta potenza. Poi preparo anche il vassoio, la birra, posate, piatto e il buono da far firmare al cliente per l’addebito. Quindi chiamo il collega e gli riferisco la notizia. Lui scende, impiatta e porta su.

e) Mentre il facchino sta salendo, arriva una nuova chiamata: è la coppia giovane arrivata poco prima. Loro chiedono: lasagne, melanzane alla parmigiana e zuppa di verdure. Prendo nota ed eseguo la stessa procedura precedente, riempiendo di roba congelata il microonde. Non appena il facchino ridiscende con il buono firmato dal cliente, gli comunico di questa altra comanda. L’espressione? La stessa di un cavaliere del conte Vlad prima di una carica: nessun prigioniero e le teste dei giannizzeri turchi appese alla sella del cavallo.

Però mi ringrazia per il supporto. Deve solo impiattare e portare su.

f) appena finito tutto questo bailamme, rientrano in albergo due signore brasiliane; due nonnine che dovevano essere già nate quando in Brasile non era ancora arrivato nessun pallone da calcio. Tornano con un minivan, sono state accompagnate al concerto di Bocelli; c’è proprio una vera “industria” di questo evento: lui canta, le persone acquistano il “tour”, con tanto di trasporto da e per la struttura ricettiva in cui soggiornano e si guardano il tenore cantare. E vabbè, funziona. A parte questo, una delle signore ha grande difficoltà di movimento quindi, da vero cavaliere, mi offro di porgerle il braccio, aiutarla a scendere dal minivan e accompagnarla dentro l’albergo. Le nonnine ringraziano e si avviano all’ascensore. Pochi minuti e arriva un’altra telefonata al telefono del bar. Mi fiondo nuovamente là e stavolta arrivo in tempo per rispondere: sono proprio le due vecchiette carioca che, malgrado gli si sia detto venti volte che devono fare un altro numero per chiamare il bancone, si ostinano a fare l’altro. Hanno soggiornato per una settimana ma non sono riuscite a capirlo, forse perché parlano solo portoghese. O forse l’età. O forse volevano saggiare le capacità del portiere di correre verso il telefono che suona, magari cronometrano.

Per fortuna la richiesta era semplice: abbassargli l’aria condizionata perché loro non sono capaci a farlo, dal display a muro che c’è in ogni camera. Quindi torno al bancone e, dal gestionale apposito, gli cambio il settaggio.

Poi il resto del turno è filato liscio, ma comunque c’è sempre quella mezz’ora dove sembra che i clienti si accordino tra loro per fare le richieste tutte assieme.

Però il gesto di galanteria si fa sempre con piacere. Anche perché non vorrei dover essere io a richiederlo, prima o poi. C’ho una certa, eh.

Ma il concerto di Bocelli lo eviterei. Spero non me ne voglia, ma preferisco i PTN.

venerdì 15 agosto 2025

Come recita il "sottotitolo" di questo blog, io sono nemico di un gatto 😑

Un quattro zampe peloso antipatico con cui condivido solo la reciproca avversione 😑

Il mostriciattolo, in questi afosi giorni fiorentini, è in campagna dai miei, foreste casentinesi (AR). In questo video inviato da figlia 2.0 si diverte a bullizzare poveri insetti, a riprova della sua innata malvagità 😑

Scommetto che si sta esercitando in previsione di profonde graffiate verso il suo bersaglio preferito: io 😑

Non lo riporto, a Firenze. Ce lo lascio, lassù 😑



domenica 10 agosto 2025

In questa pagina non scrivo solo delle mie vicende con la clientela dell’albergo. Scrivo anche altre storie.

Il qui presente portiere, quando prende un fine settimana libero, cosa fa? Va a giocare ai giochini da tavolo.

Lo scorso fine settimana c’è stata l’edizione trentennale di FirenzeGioca. Si è svolta al Lumen -per i fiorentini che mi seguono: è un via del Guarlone, zona Rovezzano- Superfluo dire che è stata una splendida edizione, il sabato sera avevamo talmente tanta gente che non si trovava un tavolo libero per giocare.

Come divulgatore, accoglievo le persone -un po' come in portineria- alla ludoteca, sceglievano un gioco, lasciavano un documento e andavano a giocare. Se non conoscevano il gioco noi divulgatori lo spiegavamo, a volte giocavamo anche noi.

Beh, c’è stato il torneo dei divulgatori. Siamo arrivati in finale in tre e lì dovevamo prendere ognuno un gioco che non conoscevamo, studiarne le regole in mezz’ora -io avevo Word Wonders, un piazzamento tessere- e poi trovare giocatori novizi per spiegarlo e farli giocare. C’era pure la giuria a seguirci attentamente, a sentire se eravamo bravi.

Il premio? L’ho preso, certo  😅

Ma poi ho dovuto renderlo 😬 No, non ho vinto.

Perciò, cari e fedeli lettori della mia paginetta, vi beccate un po' d’immagini. Si, ci sono pure io, dalla pagina di FirenzeGioca ci hanno fatto la storia -ci sono anche quelle degli altri due finalisti ma non le metto perché sono rancoroso-

“Non si smette di giocare perché l’invecchia. Si diventa vecchi quando si smette di giocare”

























venerdì 8 agosto 2025

Piccola disavventura di una cliente conclusasi bene.

Alle 03.45 il collega sale a prendere i bagagli a una cliente. Costei, americana dell’età di mia madre, è una signora molto sveglia e attiva. Aveva già saldato i conti nel pomeriggio e, mentre aspetta l’autista, chiacchiera amabilmente decantando sia l’albergo che la cortesia e l’efficienza del personale. Prova anche, in maniera tenera, a dire qualche parola in italiano. Il mio collega le chiede come sia il tempo a Philadelphia, la sua città, in questo periodo. Lei risponde con i gradi Fahrenheit. Diciamo che, vista la canicola a cui è sottoposta Firenze -ogni anno peggiora- si deve stare decisamente bene. Si sopporterebbe quasi Tacoman.

L’autista però non dà segno di sé.

La signora ha un numero: si tratta di un fisso di Firenze. Provo a chiamare e una voce registrata fornisce un cellulare per le emergenze. Chiamo quindi questo numero, a cui risponde una voce cavernosa appena svegliata. Lo informo della situazione e lui mi dice che effettua un controllo e attendere in linea. Dopo un paio di minuti se ne esce così:

«Senta, le chiami un taxi»

Meravigliosa efficienza italica.

Provo quindi a chiamare un taxi, sia con l’applicazione che telefonando direttamente, ma non c’è verso di avere una macchina. Al telefono rispondono che cercano, ma poi arriva la voce registrata che “non ci sono auto disponibili”.

La signora comincia a preoccuparsi, benché siano le 04.20 e il volo due ore dopo. Ma ho un piano B: tra poco parte un’altra camera, una coppia di suoi connazionali. Loro hanno chiesto il taxi già nel pomeriggio e i miei colleghi hanno effettuato una prenotazione. I taxi prenotati non vengono cancellati, devono essere sempre garantiti. Posso chiedere a questi clienti se lei può unirsi a loro. La signora si sente rincuorata e si mette a sedere sul sofà accanto al bancone.

Di lì a poco scendono i clienti di questa camera per saldare il conto e prepararsi a prendere il taxi. Gli spiego subito la situazione della loro connazionale e se costei può condividere il taxi con loro.

«Ma certo, nessun problema» rispondono. La signora si alza dal sofà, ringrazia sentitamente e si presenta. Cominciano quindi a chiacchierare e, come tutti gli americani quando s’incontrano, iniziano a chiedere di dove sono. «Philadelphia» dice la signora, e gli altri due «Philly! Nostro figlio vive lì, noi siamo del Delaware» (Philly è il soprannome della città).

Già amiconi. Tanto che, all’arrivo del taxi, le signore si accomodano dietro per chiacchierare meglio, il marito va davanti lato passeggero.

Mi viene da pensare che noi italiani non abbiamo questa facilità di comunicazione, ma probabilmente mi faccio influenzare dalle vis comiche di Aldo, Giovanni e Giacomo: L’inganno della cadrega o le battute sull’origine meridionale di Aldo.

Vedrai che è così.

venerdì 25 luglio 2025

Al bar c’è un’allegra comitiva di statunitensi.

Ridono e urlano sguaiatamente come solo loro sanno fare quando hanno assaggiato il miglior liquido alcolico del mondo, prodotto nelle colline poco più a sud di questa città. Saranno felici di essere in vacanza? Magari festeggiano la fortuna di essersi mossi lontano dal loro presidente #edo#ilo e soprattutto i suoi fanatici tirapiedi? Chissà. Tutto quel che so di certo è che noi dipendenti siamo praticamente assordati da questa ventina di urlatori, in particolare una signora con una voce stridente che, di tanto in tanto, lancia gridolini di approvazione e risata a 300 decibel.

Le mie colleghe del bar sono letteralmente esauste, hanno preparato bevande per ore e addebitato una quantità di conti che basterebbero per finanziare un altro paio di linee del tram o la difesa aerea ucraina per il prossimo anno. Smollano praticamente tutto nel lavello della cucina e filano via senza lavare perché questi entrano pure dentro a chiedere ulteriori liquidi.

Trovatisi improvvisamente con il bar chiuso, l’allegra comitiva decide di uscire per cercare altri locali e proseguire nel supporto all’economia toscana di alcolici. Perciò mi affaccio all’ingresso per avvertirli di suonami il campanello perché il portiere di notte chiude a chiave e isola il mondo esterno. Ma non faccio in tempo a spiegare che una signora americana, appena uscita con gli amici, si gira e mi dice:

«Oh, ma che bell’uomo. Come ti chiami?»

Ecco, ora sono confuso. Ma giusto per un attimo, proprio il tempo di rendermi conto che costei si è appena scolata la produzione annuale di una fattoria di Greve in Chianti e quindi vede come “bell’uomo” qualsiasi essere bipede.

«Ehm, io sono Marcello»

«Oh, Marrrciiieeeellllo!»

Quindi allarga le braccia e punta decisa su di me.

Solito mio piccolo momento di panico, mi fa sempre un certo effetto essere abbracciato da sconosciuti, qualsiasi sia la specie animale. Tengo le braccia allargate per non toccarla, lascio che sia lei sola a stringere. Gli altri amici, attorno, se la ridono. Se uno degli uomini è il marito, o non è affatto geloso oppure anche lui è troppo brillo per capire che la signora stringe uno sconosciuto portiere notturno fiorentino con un’enfasi particolarmente accentuata. Peraltro, è veramente una bella donna: mora con i capelli a caschetto e probabilmente anche lei sulla cinquantina.

Finalmente libero dalla presa dell’allegra sbevazzona, devo rispondere alle classiche domande che un americano medio rivolge a un fiorentino: ma lei è veramente di qui? Respira storia ogni giorno? Noi siamo così nuovi, è mai venuto negli Usa?

Mi verrebbe tanto da fare battutacce sul loro come “paese nuovo” che ricicla vecchie ideologie dittatoriali europee, ma ovviamente lascio perdere. Rispondo solo “Non ancora”, sorrido di circostanza, gli ricordo di suonare il campanello, saluto, rientro e chiudo a chiave.

Dopo circa un quarto d’ora riappare la ‘mbriachella, stavolta accompagnata da una ragazza giovane. La smolla a un tavolino della hall, di fronte al bar ed esce.

La signora mora ride da sola, poi alza le braccia in alto declamando «Vino, per favore!» con quel tipico accento americano. Ho appena richiuso la porta e mi avvicino.

«Vino! Rosso!» insiste lei.

«Mi dispiace, il bar è chiuso»

Osserva, con sorpresa, le luci spente della zona bar, poi si fa tornare il sorriso e tenta la strada lasciva e seducente. Alza la mano e mi accarezza il viso. O almeno tenta, perché dopo il primo contatto, scanso la guancia sul lato opposto.

«Ha bevuto troppo signora, ora basta.»

Stavolta la sua delusione è palese. Indica la sedia e chiede se può aspettare lì la sua amica. Ovviamente rispondo di sì, quindi mi allontano. Se ne sta ferma seduta, la vedo dal bancone del ricevimento ma non so capire se sta al telefono o, come immagino, si sia addormentata. L’importante è che stia al suo posto e soprattutto l’abbia capito.

Dopo una decina di minuti la ragazza giovane torna ed entrambe si avviano verso l’ascensore. Spero le sia piaciuto il tocco con la mia guancia finemente rasata. Ma soprattutto abbia imparato a non fare provocazioni futili per elemosinare un po' di alcool in più.

Comunque, la presenza di certi turisti, per quanto spendano diversi dollaroni per la camera e le bevande, possono rappresentare un discreto problema, per il portiere. Soprattutto quando vogliono toccarlo. Perché le more cinquantenni sono il suo tipo.