sabato 12 luglio 2014

Ci sono momenti durante i quali il destino ci si accanisce contro, e si sente il forte bisogno di fuggire via.

Ad esempio, quando si prende gol su gol da colei-che-non-deve-essere-nominata.
Quando pensi che più di 4 non saranno mai, si prende pure il quinto.
E da uno che avrebbe difficoltà a stare nella panchina del Chievo.

Oppure: sono lì a giocare a World in Flames in quel di Hofgeismar. Io contro Jose e Dominic. E non mi va un lancio di dado che sia uno. Ondate su ondate di bombardieri e panzer divisionen brutalmente respinte con forti perdite. Presi Parigi solo nel '41, Guderian mi avrebbe spedito nel battaglione di disciplina.

Oppure, peggio ancora, quando mi capitò questo evento, un 18 anni fa:

Telefono.

La tipa con cui stavo allora. 6 mesi di storia.

-Ciao. Noi storia finita-

Bocca aperta modello Fantozzi sul banco del pesce.

-Ma... perchè?-

-Perchè venuto trovarmi mio ragazzo, da Seoul. Lui fatto me sorpresa. Io no voglio che lui scopre che io ho ragazzo italiano-

-Ma... tu mi avevi detto che la storia con lui era finita proprio perchè venivi a studiare l'italiano a Firenze...-

-Io mentito. Scusa. Addio-


E' quel senso di frustrazione ed impotenza davanti ai quali non si sa come reagire, come una madre che si accorge di aver fallito quando entra in camera del figlio e gli trova un cd di Gigi D'Alessio.

Io, da toscano e proveniente da famiglia comunista, sparo quei termini che mi condanneranno da subito ad un'eternità tra le fiamme. Ma tant'è, io sono un caso a parte.

Il punto è che in quei momenti occorre staccare completamente la spina. Rilassarsi, spegnere la mente per un po', cercare pensieri felici.

L'altra domenica ho avuto un cliente che l'ha fatto.

Coppia australiana, mezza età. Sorridono felici della vacanza come solo gli australiani sanno fare. E parlano pure un buon inglese, non quell'assurdità masticata che si comprende solo a Sidney.

Hanno perso i bagagli. Non loro, la compagnia aerea, ovviamente. A me per fortuna non è mai successo, ma immaginate l'incacchiatura di chi arriva all'aeroporto di destinazione e scopre che la sua valigia, con mutande e calzini di ricambio, è stata spedita per sbaglio sul volo per Buenos Aires. E non arriverà prima di 3 giorni.

Qui capita abbastanza spesso. Almeno ogni settimana un caso c'è sempre.

Ora, a parte il fatto che c'è un'assicurazione su questi spiacevoli eventi, e che i clienti potrebbero nel frattempo comprare abiti di ricambio, conservare gli scontrini e farsi rimborsare, questi se ne restano 3 giorni 3 con gli stessi abiti. Perchè come tali io li vedo. Presumibilmente pure le mutande. E siamo in estate. Caldo torrido.

State vomitando?

Lo so, è disgustorama.

Perchè per quante docce uno possa fare, se si usano gli stessi abiti, non c'è verso, non ci si salva. Anche invertendo i fattori il risultato non cambia: si resta sudici. Si puzza.
Ovviamente, i clienti, dopo l'amara sorpresa che il loro bagaglio non appare sul nastro trasportatore dell'aeroporto, aver fatto la regolare denuncia all'ufficio smarrimenti, ed essersi poi recati nel centro di Firenze per prendere possesso della camera prenotata qui dove lavoro, devono sorbirsi la frustrazione di chiamare via telefono lo stesso ufficio. Ed è una frustrazione perchè non c'è nessuno che risponde. C'è una segreteria telefonica che ti dà solo due informazioni due:

-che il bagaglio è ancora smarrito o che

-il bagaglio è stato trovato.

Ed in quest'ultimo caso non c'è verso di sapere nient'altro. Perchè il bagaglio potrebbe essere stato rintracciato a Fiumicino, e nel qual caso potrebbe arrivare a Firenze il giorno stesso, ma potrebbe anche essere stato trovato a Narita, o Kinshasa, od Omicron Persei 8, e quindi sarà difficile che arrivi in giornata.

Perchè invece il cliente pensa: il bagaglio è stato trovato, adesso arriva. Dove adesso è un tempo che varia dai 3 ai 5. Nanosecondi. Si aspetta che da un momento all'altro arrivi in hotel un addetto dell'aeroporto con pettorina arancio fosforescente che gli porta le sue amatissime valigie con le mutande di ricambio. Mentre invece quelle valigie, in quel momento, fungono da appoggio per le chiappe di due annoiatissimi tizi che, in attesa di ficcare quelle stesse su un aereo per Firenze, discutono se la loro squadra ci mollerà 50 milioni di euri per Cuadrado. O di quant'è bona la commessa del bar.

Ed i clienti mi chiedono di chiamare il numero bagagli smarriti dell'aeroporto di Peretola. Ogni ora. Per 3 giorni. E la segreteria telefonica dall'altra parte ripete sempre e solo il suo messaggio “Your baggage has been found”. Ed il cliente, qualsiasi cliente, mi pone la stessa, banale, scontata, fottutissima domanda:

-So... where is my baggage?-

Non lo so. Non ne ho la più pallida idea. Ti posso seccare sul posto con un avada kedrava, ma non posseggo incantesimi per il bagaglius trovatus, e comunque ho lasciato a casa la bacchetta magica fatta con i peli del culo della fenice. Significa solo che ora gli addetti sanno dov'è il tuo bagaglio, ma non ti dicono dov'è. Io posso anche accontentarti e telefonare un'altra dozzina di volte, ma ci sarà sempre la solita macchinetta a risponderti. Nessun addetto ti risponderà mai per dirti a che ora esatta arriveranno le tue valigie.

-Shall i have to go to the airport?-

Per farci che, all'aeroporto? Se il bagaglio è in volo per Firenze non è ancora in aeroporto. Se il bagaglio è già sul corriere non è più all'aeroporto. Dovresti beccare il momento preciso per cui il bagaglio viene scaricato dall'aereo ma prima di essere messo su un furgone con tutti gli altri bagagli smarriti di turisti arrivati a Firenze. Carpe diem. Quindi faresti un viaggio a vuoto. Sicuro che faresti un viaggio a vuoto. Tanto vale che pazienti ed aspetti. Vai a giro per la città. Goditi il Rinascimento. Goditi la vacanza. Lo capisco che è frustrante, ma sei in Italia.

Posso leggere la loro rabbia, la loro frustrazione negli occhi. Quella che descrivevo all'inizio: un senso profondo di impotenza. Li capisco, ci siamo passati tutti, in un modo o nell'altro. Sentimenti che tutti i clienti sfogano nel solito ed unico metodo che non sia lanciarsi dalla finestra della loro camera: prendendosela con il portiere. Perchè tutti mi guardano e mi pongono la stessa inutile ed assurda domanda:

-Can you do something?-

No, non posso fare anything. E' inutile che ti intristisci per farmi compassione, o che ti inca**i, per spaventarmi. Io non so niente, cerca di capirmi.

E nessuno che si rassegni o lo comprenda.

Tranne l'australiano. Che anche se usa gli stessi vestiti da 3 giorni, si dimostra un grande.
Perchè lui se ne resta lì a sedere sul divano davanti al bancone per un 30 secondi, ascolta dal sottoscritto che chiamare non serve a niente e deve solo pazientare, e poi se ne esce con questa fantastica frase:

-Well, there's only one thing to do: let's get a beer-

Si alza, mi strizza l'occhiolino ed esce.

E lì ho pensato:

Onore!


ps. i bagagli sarebbero arrivati da lì ad un paio d'ore. Firmo la bolla di consegna del corriere. Li faccio portare su in camera. E quando gli australiani rientrano e gli comunico la lieta novella, l'australiano se ne esce con questa altra frase:

-Great! Perfect time for another beer”

E lì l'ho invidiato profondamente.

Perchè lui è in vacanza e può farlo.

Io no. Sono al lavoro.

E lì ho pensato:

Bastardo!


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