martedì 11 giugno 2019

E così abbiamo un nuovo presidente.

Comisso, neo acquirente della Fiorentina, mi ricorda una tipologia di cliente che apprezzo abbastanza: l'italo-americano.

Come clienti alberghieri gli italo-americani, quelli che sono già alla seconda o terza generazione di nati in quel continente, sono persone tranquille e simpatiche. Non fanno particolari storie sulle camere o qualche altro piccolo difetto: sanno che in Italia l'aria condizionata, ad esempio, non ha la stessa forza di quella negli Stati Uniti, dove la tengono fissa alla temperatura di una cella frigorifera. Sono consapevoli che la stragrande maggioranza delle strutture ricettive italiane sono in palazzi costruiti prima dell'unificazione. Alcuni edificati addirittura quando eravamo ancora signorie e un mio concittadino affermò che "quel bischero di un genovese pensa d'essere arrivato nelle Indie, ma in realtà ha scoperto un nuovo continente. Gli darò il mio nome, tiè!" E quindi con tutte le difficoltà a ristrutturare con gli standard moderni palazzi così antichi. Perchè non facciamo come da loro, che mettono un pò di dinamite, spianano tutto e poi riedificano da zero.

Lo sanno e, accettano le differenze, che altri clienti considerano invece come problemi insormontabili, e si godono il soggiorno.

Il problema è che si ostinano a voler parlare questa lingua. Ma ne ricordano si e no due parole in croce. Esordiscono, alla reception, con quell'italiano impastato che solo loro hanno, con tutte le difficoltà del caso. E quindi mescolano le due lingue.

Noi portieri dobbiamo rispondere in italiano perchè se gli parli in inglese, si risentono e "tu parl italian. Io parl leng di nonna!"

Perciò usiamo entrambi in questo mischione di ital-english che se mi sentisse una qualsiasi delle mie insegnantimi moriva di crepacuore. Oppure mi saltava alla gola modello Homer sul figlio Bart.

E poi, ogni tanto, capita lui: l'italo-americano tamarrone. Bellissimo. Stupendo. Unico.

Un pomeriggio estivo scende un cliente italo-americano di mezza età: sandalo, pantaloncini avana e canotta fantozziana con tanto di regolamentare macchia d'unto sul panzone prominente.

Ha in braccio un enorme pacco stracolmo di biancheria. Grande si, ma sempre biancheria. Sarà 2 etti. Ma si stravacca sul divano della hall distrutto dalla fatica, neanche avesse portato il masso di Sisifo:

"Lei parla ingles?"

"Si"

"E dimmi... dove stare qui laundry?"

Gli fornisco le informazioni, lui va alla lavanderia automatica e rientra dopo aver lavato la sua roba. Dopo una mezz'oretta esce con la moglie: lei una signora distinta, anche vestita abbastanza elegantemente, americana al 100%. Lui con il braccio sulle sue spalle, la stessa canotta macchiata ed un particolare che mi ha riempito di gioia: sigaretta appoggiata sull'orecchio.

Mi ha salutato con l'occhiolino "Noi andiamo mangiare".

Un mito!

ps. speriamo Comisso ci 'ompri qualcuno bono.

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