domenica 24 agosto 2025

Due piccoli aneddoti:

1) Due signore francesi anziane che devono aver visto l’arrivo dei tedeschi quando ancora indossavano l’elmo chiodato.

Una di loro inizia a parlare in un inglese stentatissimo, al che gli rispondo in francese.

«Ohhhh, très bien!»

Sono in partenza il giorno dopo ma hanno perso il biglietto aereo. Si affanna sul telefono per trovare i dati e finalmente mi mostra la pagina della prenotazione.

«Me la può stampare?»

«Con piacere, signora. Me la dovrebbe inviare per mail»

«Oh…. E come si fa?»

Al che piazza il telefono sul bancone girato verso di me. Eh, bien, vediamo un po'.

Scorro sulla pagina per vedere se c’è il collegamento con un pdf da scaricare, ma non lo trovo. Provo ad andare un attimo indietro ma ci sono centinaia di mail non lette, impossibile mettersi a guardarle, tantopiù che mi sento un intruso, a frugare nel cellulare di una persona sconosciuta, benché la signora si fidi ciecamente di me -devo proprio dare un’impressione di specchiata onestà e rettitudine-. Peraltro l’apparecchio è leggermente diverso dal mio, con funzioni diverse, quindi livello difficile. Provo a pigiare dove penso ci sia il “cattura immagine” -volgarmente detto screenshot- ma va alla pagina principale. Le icone sono illuminate come palline di natale, con numerini rossi in alto a destra, la signora ha praticamente tutto attivo, ci sono almeno una ventina di pagine chrome aperte. Alla fine riesco a fare l’immagine, condivido, mi appare gmail, clicco, digito la mail dell’albergo e invio. Ricevo la mail, stampo e passo alle signore, che ringraziano felici. Spero che quello gli basti, ci sono sopra i dati del volo e il numero dei biglietti, ma se avevano un pdf con il codice QR forse era meglio. Però di andare a frugare nelle icone per cercare il file non mi andava.

Salutano e mentre si avviano per le scale, mi dicono che il mio francese è buono ma non perfetto.

Ma le perdono, tanto sappiamo bene chi arrivò primo sull’Izoard.

2) coppia americana, lui bianco con barbetta, qualche anno più di me, elegante, magro, distino e molto cordiale; lei una stangona afroamericana poco più giovane con chilometri di gambe e nessuna remora a mostrarle.

Si siedono nella hall a discutere per un po'. Appaiono stanchi -è stata una giornata di un caldo che non si prova neanche nell’Atacama- ma sembra che lui voglia ancora uscire.

Viene al bancone e mi chiede se conosco un locale dove suonino dal vivo, preferibilmente jazz.

Potrei fare una ricerca in rete, ma preferisco essere onesto: allargo le braccia e, scusandomi, gli dico la verità «mi spiace, non ne conosco.»

Lui appare un po' rassegnato mentre lei mostra un’espressione quasi sollevata, probabilmente perché più stanca. Accavalla le gambe provocando perturbazioni nella forza.

Lui fa una ricerca e mi mostra un locale sul cellulare. Posso solo rispondere così:

«Mi dispiace, non so dirle come è. Io lavoro di notte, non esco più per locali da decenni.»

«Allora smetti di lavorare di notte.» replica sorridendo.

Rido. Ma mi veniva da dirgli che se chiedeva ai miei colleghi del pomeriggio, avrebbero potuto dargli ottime indicazioni. Comunque ci ha pensato lei a risolvere la situazione. Si alza dalla sedia e si avvia verso l’ascensore. Lui riflette qualche secondo e poi la segue.

Se restava al bancone qualche attimo in più, lo avrei preceduto e lasciato a finire il turno al posto mio.

giovedì 21 agosto 2025

🤔: Potrei creare un gruppo chiamato "il mio gatto" e mettere foto rubate dei mostriciattoli"

😾: Non ci pensare neanche, bipede senza peli! Ti diffido dal riprendermi in pose imbarazzanti! Posso attivare il mio avvogatto!

😁: Io lo faccio lo stesso, tanto è un gruppo privato.



domenica 17 agosto 2025

L’albergo è un luogo di lavoro strano: ci sono momenti dove non si vedono persone per parecchio tempo poi, di punto in bianco, richieste su richieste.

Entro in turno alle 23. In realtà arrivo sempre mezz’ora prima per prendere le consegne con comodo e dare il tempo ai colleghi di cambiarsi e filare a casa.

La situazione sembra molto tranquilla. Manca un arrivo e c’è una partenza la mattina presto con tanto di cestini colazione per i clienti.

Inizio quindi il mio lavoro con le stampe e i controlli soliti mentre dal bar arriva il chiacchiericcio soffuso delle persone intente a sorseggiare cocktail vari. Ma verso la mezzanotte parte il finimondo:

a) Una camera che telefona e chiede spazzolino e dentifricio. Chiamo quindi il mio collega, fiero cittadino della Valacchia, affinché porti questo oggetto;

b) altra telefonata da un’altra camera, stavolta mi chiedono teli aggiuntivi; ancora una chiamata al facchino, che ormai porta con sé lo stesso sguardo duro e arcigno di un terzino dello Steaua che deve marcare il fuoriclasse del Real;

c) l’ultimo arrivo, coppia russa giovane e simpatica, a cui faccio un check-in abbastanza rapido perché sembrano piuttosto stanchi. Nel frattempo che sono a parlare con loro:

d) altra chiamata interna ma stavolta sul telefono del bar. Poiché i colleghi hanno chiuso -il bar chiude a mezzanotte- e io sono alle prese con il check-in, non posso andare a rispondere. Dopo un po' smettono. La coppia russa sale nell’ascensore e in quel momento, chiamano di nuovo; devo farmi di corsa tutta la hall per correre verso il bar, ma non faccio in tempo: riattaccano. Torno al bancone e, finalmente, chiamano qui:

«Buonasera. Al bar non risponde nessuno!»

«Buonasera a lei. Mi spiace, ma il bar ora è chiuso e non ho fatto in tempo a rispondere. Può chiedere a me.»

«Ah… ecco, vorrei le lasagne. E una birra.»

«…Ehr… ma certo signore, nessun problema. Un quarto d’ora e le portiamo in camera tutto.»

«Grazie mille.»

Tremo già al vedere l’espressione del mio collega, probabilmente la stessa di un membro della Securitade. Ma il servizio h24 va garantito. Vado al bar, entro in cucina, apro il congelatore, afferro una confezione di lasagne e lo metto nel microonde, vai a tutta potenza. Poi preparo anche il vassoio, la birra, posate, piatto e il buono da far firmare al cliente per l’addebito. Quindi chiamo il collega e gli riferisco la notizia. Lui scende, impiatta e porta su.

e) Mentre il facchino sta salendo, arriva una nuova chiamata: è la coppia giovane arrivata poco prima. Loro chiedono: lasagne, melanzane alla parmigiana e zuppa di verdure. Prendo nota ed eseguo la stessa procedura precedente, riempiendo di roba congelata il microonde. Non appena il facchino ridiscende con il buono firmato dal cliente, gli comunico di questa altra comanda. L’espressione? La stessa di un cavaliere del conte Vlad prima di una carica: nessun prigioniero e le teste dei giannizzeri turchi appese alla sella del cavallo.

Però mi ringrazia per il supporto. Deve solo impiattare e portare su.

f) appena finito tutto questo bailamme, rientrano in albergo due signore brasiliane; due nonnine che dovevano essere già nate quando in Brasile non era ancora arrivato nessun pallone da calcio. Tornano con un minivan, sono state accompagnate al concerto di Bocelli; c’è proprio una vera “industria” di questo evento: lui canta, le persone acquistano il “tour”, con tanto di trasporto da e per la struttura ricettiva in cui soggiornano e si guardano il tenore cantare. E vabbè, funziona. A parte questo, una delle signore ha grande difficoltà di movimento quindi, da vero cavaliere, mi offro di porgerle il braccio, aiutarla a scendere dal minivan e accompagnarla dentro l’albergo. Le nonnine ringraziano e si avviano all’ascensore. Pochi minuti e arriva un’altra telefonata al telefono del bar. Mi fiondo nuovamente là e stavolta arrivo in tempo per rispondere: sono proprio le due vecchiette carioca che, malgrado gli si sia detto venti volte che devono fare un altro numero per chiamare il bancone, si ostinano a fare l’altro. Hanno soggiornato per una settimana ma non sono riuscite a capirlo, forse perché parlano solo portoghese. O forse l’età. O forse volevano saggiare le capacità del portiere di correre verso il telefono che suona, magari cronometrano.

Per fortuna la richiesta era semplice: abbassargli l’aria condizionata perché loro non sono capaci a farlo, dal display a muro che c’è in ogni camera. Quindi torno al bancone e, dal gestionale apposito, gli cambio il settaggio.

Poi il resto del turno è filato liscio, ma comunque c’è sempre quella mezz’ora dove sembra che i clienti si accordino tra loro per fare le richieste tutte assieme.

Però il gesto di galanteria si fa sempre con piacere. Anche perché non vorrei dover essere io a richiederlo, prima o poi. C’ho una certa, eh.

Ma il concerto di Bocelli lo eviterei. Spero non me ne voglia, ma preferisco i PTN.

venerdì 15 agosto 2025

Come recita il "sottotitolo" di questo blog, io sono nemico di un gatto 😑

Un quattro zampe peloso antipatico con cui condivido solo la reciproca avversione 😑

Il mostriciattolo, in questi afosi giorni fiorentini, è in campagna dai miei, foreste casentinesi (AR). In questo video inviato da figlia 2.0 si diverte a bullizzare poveri insetti, a riprova della sua innata malvagità 😑

Scommetto che si sta esercitando in previsione di profonde graffiate verso il suo bersaglio preferito: io 😑

Non lo riporto, a Firenze. Ce lo lascio, lassù 😑



domenica 10 agosto 2025

In questa pagina non scrivo solo delle mie vicende con la clientela dell’albergo. Scrivo anche altre storie.

Il qui presente portiere, quando prende un fine settimana libero, cosa fa? Va a giocare ai giochini da tavolo.

Lo scorso fine settimana c’è stata l’edizione trentennale di FirenzeGioca. Si è svolta al Lumen -per i fiorentini che mi seguono: è un via del Guarlone, zona Rovezzano- Superfluo dire che è stata una splendida edizione, il sabato sera avevamo talmente tanta gente che non si trovava un tavolo libero per giocare.

Come divulgatore, accoglievo le persone -un po' come in portineria- alla ludoteca, sceglievano un gioco, lasciavano un documento e andavano a giocare. Se non conoscevano il gioco noi divulgatori lo spiegavamo, a volte giocavamo anche noi.

Beh, c’è stato il torneo dei divulgatori. Siamo arrivati in finale in tre e lì dovevamo prendere ognuno un gioco che non conoscevamo, studiarne le regole in mezz’ora -io avevo Word Wonders, un piazzamento tessere- e poi trovare giocatori novizi per spiegarlo e farli giocare. C’era pure la giuria a seguirci attentamente, a sentire se eravamo bravi.

Il premio? L’ho preso, certo  😅

Ma poi ho dovuto renderlo 😬 No, non ho vinto.

Perciò, cari e fedeli lettori della mia paginetta, vi beccate un po' d’immagini. Si, ci sono pure io, dalla pagina di FirenzeGioca ci hanno fatto la storia -ci sono anche quelle degli altri due finalisti ma non le metto perché sono rancoroso-

“Non si smette di giocare perché l’invecchia. Si diventa vecchi quando si smette di giocare”

























venerdì 8 agosto 2025

Piccola disavventura di una cliente conclusasi bene.

Alle 03.45 il collega sale a prendere i bagagli a una cliente. Costei, americana dell’età di mia madre, è una signora molto sveglia e attiva. Aveva già saldato i conti nel pomeriggio e, mentre aspetta l’autista, chiacchiera amabilmente decantando sia l’albergo che la cortesia e l’efficienza del personale. Prova anche, in maniera tenera, a dire qualche parola in italiano. Il mio collega le chiede come sia il tempo a Philadelphia, la sua città, in questo periodo. Lei risponde con i gradi Fahrenheit. Diciamo che, vista la canicola a cui è sottoposta Firenze -ogni anno peggiora- si deve stare decisamente bene. Si sopporterebbe quasi Tacoman.

L’autista però non dà segno di sé.

La signora ha un numero: si tratta di un fisso di Firenze. Provo a chiamare e una voce registrata fornisce un cellulare per le emergenze. Chiamo quindi questo numero, a cui risponde una voce cavernosa appena svegliata. Lo informo della situazione e lui mi dice che effettua un controllo e attendere in linea. Dopo un paio di minuti se ne esce così:

«Senta, le chiami un taxi»

Meravigliosa efficienza italica.

Provo quindi a chiamare un taxi, sia con l’applicazione che telefonando direttamente, ma non c’è verso di avere una macchina. Al telefono rispondono che cercano, ma poi arriva la voce registrata che “non ci sono auto disponibili”.

La signora comincia a preoccuparsi, benché siano le 04.20 e il volo due ore dopo. Ma ho un piano B: tra poco parte un’altra camera, una coppia di suoi connazionali. Loro hanno chiesto il taxi già nel pomeriggio e i miei colleghi hanno effettuato una prenotazione. I taxi prenotati non vengono cancellati, devono essere sempre garantiti. Posso chiedere a questi clienti se lei può unirsi a loro. La signora si sente rincuorata e si mette a sedere sul sofà accanto al bancone.

Di lì a poco scendono i clienti di questa camera per saldare il conto e prepararsi a prendere il taxi. Gli spiego subito la situazione della loro connazionale e se costei può condividere il taxi con loro.

«Ma certo, nessun problema» rispondono. La signora si alza dal sofà, ringrazia sentitamente e si presenta. Cominciano quindi a chiacchierare e, come tutti gli americani quando s’incontrano, iniziano a chiedere di dove sono. «Philadelphia» dice la signora, e gli altri due «Philly! Nostro figlio vive lì, noi siamo del Delaware» (Philly è il soprannome della città).

Già amiconi. Tanto che, all’arrivo del taxi, le signore si accomodano dietro per chiacchierare meglio, il marito va davanti lato passeggero.

Mi viene da pensare che noi italiani non abbiamo questa facilità di comunicazione, ma probabilmente mi faccio influenzare dalle vis comiche di Aldo, Giovanni e Giacomo: L’inganno della cadrega o le battute sull’origine meridionale di Aldo.

Vedrai che è così.

venerdì 25 luglio 2025

Al bar c’è un’allegra comitiva di statunitensi.

Ridono e urlano sguaiatamente come solo loro sanno fare quando hanno assaggiato il miglior liquido alcolico del mondo, prodotto nelle colline poco più a sud di questa città. Saranno felici di essere in vacanza? Magari festeggiano la fortuna di essersi mossi lontano dal loro presidente #edo#ilo e soprattutto i suoi fanatici tirapiedi? Chissà. Tutto quel che so di certo è che noi dipendenti siamo praticamente assordati da questa ventina di urlatori, in particolare una signora con una voce stridente che, di tanto in tanto, lancia gridolini di approvazione e risata a 300 decibel.

Le mie colleghe del bar sono letteralmente esauste, hanno preparato bevande per ore e addebitato una quantità di conti che basterebbero per finanziare un altro paio di linee del tram o la difesa aerea ucraina per il prossimo anno. Smollano praticamente tutto nel lavello della cucina e filano via senza lavare perché questi entrano pure dentro a chiedere ulteriori liquidi.

Trovatisi improvvisamente con il bar chiuso, l’allegra comitiva decide di uscire per cercare altri locali e proseguire nel supporto all’economia toscana di alcolici. Perciò mi affaccio all’ingresso per avvertirli di suonami il campanello perché il portiere di notte chiude a chiave e isola il mondo esterno. Ma non faccio in tempo a spiegare che una signora americana, appena uscita con gli amici, si gira e mi dice:

«Oh, ma che bell’uomo. Come ti chiami?»

Ecco, ora sono confuso. Ma giusto per un attimo, proprio il tempo di rendermi conto che costei si è appena scolata la produzione annuale di una fattoria di Greve in Chianti e quindi vede come “bell’uomo” qualsiasi essere bipede.

«Ehm, io sono Marcello»

«Oh, Marrrciiieeeellllo!»

Quindi allarga le braccia e punta decisa su di me.

Solito mio piccolo momento di panico, mi fa sempre un certo effetto essere abbracciato da sconosciuti, qualsiasi sia la specie animale. Tengo le braccia allargate per non toccarla, lascio che sia lei sola a stringere. Gli altri amici, attorno, se la ridono. Se uno degli uomini è il marito, o non è affatto geloso oppure anche lui è troppo brillo per capire che la signora stringe uno sconosciuto portiere notturno fiorentino con un’enfasi particolarmente accentuata. Peraltro, è veramente una bella donna: mora con i capelli a caschetto e probabilmente anche lei sulla cinquantina.

Finalmente libero dalla presa dell’allegra sbevazzona, devo rispondere alle classiche domande che un americano medio rivolge a un fiorentino: ma lei è veramente di qui? Respira storia ogni giorno? Noi siamo così nuovi, è mai venuto negli Usa?

Mi verrebbe tanto da fare battutacce sul loro come “paese nuovo” che ricicla vecchie ideologie dittatoriali europee, ma ovviamente lascio perdere. Rispondo solo “Non ancora”, sorrido di circostanza, gli ricordo di suonare il campanello, saluto, rientro e chiudo a chiave.

Dopo circa un quarto d’ora riappare la ‘mbriachella, stavolta accompagnata da una ragazza giovane. La smolla a un tavolino della hall, di fronte al bar ed esce.

La signora mora ride da sola, poi alza le braccia in alto declamando «Vino, per favore!» con quel tipico accento americano. Ho appena richiuso la porta e mi avvicino.

«Vino! Rosso!» insiste lei.

«Mi dispiace, il bar è chiuso»

Osserva, con sorpresa, le luci spente della zona bar, poi si fa tornare il sorriso e tenta la strada lasciva e seducente. Alza la mano e mi accarezza il viso. O almeno tenta, perché dopo il primo contatto, scanso la guancia sul lato opposto.

«Ha bevuto troppo signora, ora basta.»

Stavolta la sua delusione è palese. Indica la sedia e chiede se può aspettare lì la sua amica. Ovviamente rispondo di sì, quindi mi allontano. Se ne sta ferma seduta, la vedo dal bancone del ricevimento ma non so capire se sta al telefono o, come immagino, si sia addormentata. L’importante è che stia al suo posto e soprattutto l’abbia capito.

Dopo una decina di minuti la ragazza giovane torna ed entrambe si avviano verso l’ascensore. Spero le sia piaciuto il tocco con la mia guancia finemente rasata. Ma soprattutto abbia imparato a non fare provocazioni futili per elemosinare un po' di alcool in più.

Comunque, la presenza di certi turisti, per quanto spendano diversi dollaroni per la camera e le bevande, possono rappresentare un discreto problema, per il portiere. Soprattutto quando vogliono toccarlo. Perché le more cinquantenni sono il suo tipo.

sabato 19 luglio 2025

Un giorno una coppia mi chiese se c’era un campo da tennis nelle vicinanze.

Gli indicai i campi del Poggetto, raggiungibili in venti minuti di bus dall’albergo (a queti tempi ci arrivava il 4, da SMN). Offrii la possibilità di chiamare il club per fissargli un campo, ma declinarono. Troppo distante. Speravano, molto ottimisticamente, che ci fossero campi nel centro di Firenze.

Piccola riflessione personale che non ha niente a che fare con l’albergo.

Poco prima che diventassimo maggiorenni io e la Sabri, una carissima amica di famiglia, prese la voglia di provare il tennis.

Ci comprammo delle semplici racchette in un grande magazzino, fissammo un campo e andammo a provare, così, di botto. Come Fantozzi e Filini.

Ovviamente, all’inizio, eravamo un disastro, come i due ragionieri del cinema. Il servizio lo battevamo da “sotto”, le palline compivano ampi cerchi, spesso le mancavamo completamente. Però ci divertivamo.

Cominciai a seguire un po' il tennis, benché io preferisca lo sport dal vivo. C’era Agassi col “mullet” e mi feci allungare i capelli anche io, avevo il codino. Poi mi garbava un monte la Seles.

Ma un giorno la giovane tennista serba venne accoltellata da un fanatico sostenitore di una rivale, la Graf. A quel punto persi ogni voglia di seguire questo sport.

Quindi: mi fa piacere che un “Iannicche” (pronunciato alla fiorentina) sia il numero uno e vinca, ma non mi rimetterò a seguire il tennis per questo.

E poi non sono il tipo che segue le vittorie. Troppo comodo e facile. Pure nel calcio tifo per una squadra che non vince mai.

Tra Sinner e Fantozzi, io parteggerò sempre per il ragioniere.



sabato 12 luglio 2025

Può capitare anche questo, nel lavoro d’albergo.

Ho da poco preso possesso della postazione quando rientra in albergo una coppia giovane. Lei, capelli corvini e corpo sinuoso, potrebbe fare da copertina su wikipedia alla voce “prosperità”, lui un ragazzone possente con una barbetta appena accennata ma due caratteristiche della sua religione: boccoli calanti sul fianco delle guance e la kippah sulla testa.

Lei sorride, lui no.

Si presentano al banco per chiedermi una cosa di cui ero già stato preventivamente informato dai colleghi: la chiave fisica della camera invece della tessera magnetica. Perché è sabato sera e gli è vietato l’utilizzo di qualsivoglia strumento elettronico.

Io sorrido e chiedo conferma del numero della camera. Alla sua risposta, apro il casellario, afferro la chiave metallica e gliela consegno.

E lui, con una voce dura, spara la sua provocazione:

«È un problema?»

Rimango spiazzato. Perché sono un tipo pacifico e ingenuo, quindi non mi aspetto provocazioni futili nonché fini a sé stesse. Non so cosa voglia questo ragazzo, perché abbia deciso che uno sconosciuto portiere notturno di Firenze debba essere il soggetto a cui porre domande con tale enfasi. Sospetto che, a giro per la città, sia stato apostrofato con commenti non proprio benevoli, come se la colpa delle decisioni di una maggioranza di governo dovessero ricadere sull’intero popolo, compresa la minoranza di opposizione. In compenso lui, accecato dalla rabbia, ha deciso che tutti i fiorentini lo odiano e quindi sia giustificato dal prendersela col primo disponibile: il portiere dell’albergo dove alloggia.

Per una volta il mio tempo di reazione è abbastanza breve, pochi istanti per spalancare gli occhi e dire, con tono sorpreso e ingenuo, la sola cosa possibile:

«Dovrebbe?» (should be?)

Perché in certi casi l’unica soluzione è far finta di non capire.

Lei invece, che è decisamente sveglia, capisce subito che sto recitando proprio per evitare qualsivoglia polemica. Prende sottobraccio lui per trascinarlo via ma si volta verso di me, sorride radiosamente e ringrazia. Io continuo a mantenere una faccia ebete -mi riesce pure naturale- e dire solo “prego” (you are welcome). E finisce lì.

Vorrei invece dire a quel ragazzo, anche se non leggerà mai il mio blog -e poi questo episodio risale all’anno scorso, quando ancora le cose non erano così degenerate ma solo ora ho deciso di - che io non lo biasimo per la sua nazionalità o le fisime della tua religione. Non avrai mai il potere di cambiare le cose, qualsiasi modo tu la pensi. E neanche io, d’altra parte.

Ma una cosa la so di sicuro: che tutto l’entourage di governo del tuo paese finirà nel VII cerchio, immersi fino agli occhi nel sangue bollente del Flegetonte.

Poco ma certo.

domenica 6 luglio 2025

 Ciao.

Te che fedelmente leggi il mio blog, saprai già che sono un appassionato di giochi da tavolo, di ruolo e strategia. Sono un volontario di ProGioco Firenze e, limitatamente con gli impegni personali, cerco di partecipare alle iniziative dell’associazione. In particolare, io sono un “dimostratore”. Se volete provare un gioco che non conoscete, potete chiedere a noi che ve lo spieghiamo. E spesso giochiamo insieme.

E l’iniziativa per eccellenza è FirenzeGioca.

Quindi sfrutto il mio blog per questa bieca e gretta pubblicità: il primo fine settimana di Agosto si svolgerà l’evento che peraltro coincide con i trent’anni dalla prima edizione.

E quindi, se sei di Firenze, come puoi non mancare?

Ma anche se sei della provincia, su.

Anche i toscani, che ci vuole? E il resto della penisola? Della UE? Di questo quadrante stellare?

FirenzeGioca si svolge al Lumen, in via del Guarlone. Parcheggio gratuito, spazi aperti, ottimo cibo e soprattutto tanta birra. Occorre fare una tessera (10 €) ma con una bevuta omaggio. Se venite in altre occasioni c’è tanta musica!

Vi aspetto (sperando che la capa ricevimento mi dia il fine settimana libero…)

Ps. non è magnifica la copertina della Lauretta?


 




venerdì 4 luglio 2025

Esempio di un paio d’ore intense di turno notturno in albergo.

Ricevute le consegne e preso possesso della postazione, avvengono queste tre piccoli eventi:

1- Un tipo entra con 4 valigie grandi quanto un mezzo da sbarco: «Abbiamo due camere, io e mio fratello con le nostre famiglie. Le può far portare su, per favore?»

«Certamente. Mi indica quale valigia in quale camera?»

«È indifferente»

Il tipo si avvia agli ascensori, io chiamo il collega, fedele suddito del conte Vlad Tepes, che si avvia agli ascensori con queste valigie e la stessa verve emotiva del principe della Valacchia quando infliggeva la sua pena capitale preferita ai turchi catturati in battaglia.

Dopo un’ora circa ricevo una chiamata esterna. È il cliente delle valigie, che mi chiama con il cellulare invece di usare il telefono della camera e difatti lì per lì non capisco anche perché il suo inglese non è dei migliori. Si lamenta del fatto che le sue valigie non siano ancora state portate:

«Il mio collega le ha portate su subito»

«Ma non sono mai arrivate!»

«Le avrà portate a suo fratello» che è nella camera accanto.

«Ma devo prendere delle cose da una di queste e ora lui sta dormendo»

Meno male che era indifferente, in quale camera le portavamo. Capisce e rinuncia; attenderà al mattino, al risveglio del fratello e della sua famiglia.

2- Arriva un corriere di consegna cibo, con due cartoni delle pizze. Mi riferisce il nome del cliente -che ovviamente non mi aveva avvertito, sia mai!- e io chiamo la camera.

Non risponde nessuno.

Insisto ma alla fine devo desistere. Allargo le braccia sconsolato verso il ragazzo e mi faccio lasciare i cartoni, tanto sono già pagati; li metto su un tavolo accanto al bancone della portineria.

Le pizze emettono un profumino di delizia mediterranea a cui il mio stomaco risponde con chiari ed evidenti inviti ad aprire i cartoni e servirsi, soprattutto perché in questo periodo, a causa del gran caldo, mi tengo molto leggero mangiando pochissimo. Ogni tanto riprovo a chiamare in camera ma niente, questi hanno ordinato e sono spariti, lasciandomi con questa tortura famelica.

Dopo mezz’ora arrivano, una coppia sui trenta; erano usciti e avevano ordinato da fuori l’albergo, con una delle classiche applicazioni per cellulare. Lui vede i cartoni e va subito a prenderli, io gli chiedo il nome ma giusto per formalità, lui risponde gentilmente e ringrazia per aver preso in consegna le pizze. Mentre prende i cartoni non posso fare la battuta classica:

«Ancora un po' e me le mangiavo io»

I due ridono, il mio stomaco no.

3- All’una scende dalle scale un ragazzo italiano, ben vestito.

«Il bar è chiuso?»

«Si, a mezzanotte» informazione che diamo a tutti i clienti al check-in.

«Ma non avete un servizio 24 ore su 24?»

«Certo, deve chiedere a me»

«Vorrei due Cosmopolitan»

«…ehr… i cocktail però non li posso fare» non gli dico che sono capace, sia mai che il cocktail lo pretenda.

«Pensavo che un hotel di questa categoria li offrisse» spara lui con un certo sarcasmo che devo assolutamente ignorare e rispondere invece con professionalità.

«Mi spiace molto, ma questo tipo di prodotto richiede una procedura lunga. Io mi occupo del ricevimento,  se arrivasse una telefonata dovrei fermarmi nella preparazione e rispondere subito al telefono. A quest’ora posso solo darle qualcosa di già pronto, i cocktail vanno chiesti al personale del bar quando è in servizio»

«Una bottiglia di spumante?» con voce molto scocciata.

«Questo si può fare» rispondo con un sorriso totalmente ignorato.

Mi faccio dare il numero di camera, lui sale su e io mi sposto al bar allo scopo di preparare il vassoio con la bottiglia e i bicchieri. Poi chiamo l’uomo della provincia romana della Dacia affinché lo porti in camera. Dovrà farlo altre due volte perché il tipo chiederà altre due bottiglie, durante la notte.

Io segno e addebito, abbiamo venduto e fatturato, l’azienda può dirsi contenta dell’operato dei propri addetti.

Il mio collega invece lancia antiche maledizioni che si odono solo sui Carpazi.