Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
sabato 29 marzo 2025
domenica 9 marzo 2025
Qualcuno può pensare che la gratificazione maggiore, per chi lavora al pubblico nel settore dell’accoglienza, siano le mance. E senza dubbio per molti miei colleghi è così. Ecco, per me lo è fino a un certo punto. Perché 5 o financo 10 € non cambiano la vita. Ma certi oggetti sì.
Era un turno di mattina, di molti anni fa. Arriva
questa famiglia guatemalteca. Moglie, marito e due figli (maschio e femmina)
adolescenti. Sorridenti e felici di stare in vacanza. Camera quadrupla che
hanno la fortuna essere già pronta perché gli occupanti erano partiti presto e
la cameriera l'aveva rifatta subito, appena entrata in turno. Sono appena le 10
del mattino e li posso mandare su.
Sono sorpresi. Piacevolmente. Mi chiedono come sia
possibile, visto che il check-in è alle 14. Controbatto che "se è
possibile fare un favore, lo si fa". E volentieri. Ovviamente non è la
norma. Chiaramente è questione di fortuna; se i clienti precedenti fossero
partiti proprio alle 12, voi avreste dovuto lasciare i bagagli in deposito e
tornare dopo. Camere con 4 posti letto -in questo caso matrimoniale più due
letti singoli- non ne abbiamo molte. Ma questa è pronta. Perché farvi
aspettare? Approfittate.
In fondo era un check-in normale, come tanti altri,
con la stessa tecnica, lo stesso stile, lo stesso modus operandi: orario
colazione, mappa della città con indicazioni su dove si trovano gli Uffizi e
l'Accademia... il mio solito lavoro, insomma. Dove la maggior parte dei clienti
ascolta distrattamente, o non ascolta proprio. Loro no. Loro ascoltano. Se ne
stanno lì a sentire attentamente quel che dico, tutti e quattro. Genitori della
mia età e figli con l'età delle mie -oggi saranno maggiorenni anche loro-
assorbono ogni mia informazione su come muoversi nel centro di Firenze. Che può
sembrare anche facile ma se non la conosci, rischi di perderti. Specialmente se
finisci nei chiassi.
Scendono dopo una mezz'ora e mi fanno questo
stupendo regalo: un segnalibro in stoffa. Non un cartoncino che si sgualcisce.
Non un oggettino che poi finisce nella pattumiera della carta causa l'usura,
come hanno rischiato quelli creati da Camilla e Gaia alla materna (e che
infatti conservo gelosamente intatti). Questo è un vero segnalibro di
stoffa con tanto di omino stilizzato e la scritta "Guatemala". Io,
che amo la storia e ho studiato le terribili sofferenze patite dai
guatemaltechi quando al potere avevano gente che da noi fa il “sovranista” duro
e puro, vedo il Guatemala sotto una nuova luce. Un luogo bellissimo dove la
gente sorride sempre e si regala segnalibri in stoffa perché, a furia di
leggere, gli si consumano pure quelli.
Ecco, quel segnalibro è tutt’ora al lavoro. Che
svolge egregiamente. Avrà cambiato un centinaio di libri, in questi anni, ma
c’è. E per sempre, nella mia memoria, rimarrà quella bellissima e sorridente
famiglia. Ricordi che valgono più delle mance.
Il mondo, quando si impegna, sa essere bellissimo.
Anche dietro il banco di una reception.
venerdì 14 febbraio 2025
Capita che, invece di scrivere storie, preferisca leggere. Se non ho un libro sottomano, vado a curiosare su vari blog, a vedere cosa scrivono le persone. Su una pagina dedicata alla scrittura, un tipo ha elencato i personaggi necessari in una storia:
venerdì 7 febbraio 2025
Ogni anno viene a soggiornare, per quasi due settimane, una signora americana.
Ha un’età che non mi stupirei
se avesse conosciuto direttamente qualcuno dei padri fondatori degli States.
Cammina ingobbita, aiutandosi con un bastone nodoso.
Ogni anno fissa la partenza la
mattina presto e, ogni anno, chiede la sveglia alle 1.30 del mattino.
Si fa portare su un cestino
della colazione, preparato il pomeriggio dai miei colleghi del bar; dopo una
mezz’ora chiama per farsi portare giù i bagagli. E poi resta a sedere in basso
fino all’arrivo del taxi, alle 3.
I tassisti, puntualmente, mi
chiedono «Ma perché parte così presto, se l’aeroporto è ancora chiuso?»
Allargo le braccia. Che ci
posso fare? Si tratta di una persona ansiosa, deve presentarsi con largo
anticipo, agli appuntamenti.
Perciò, la mattina della sua
partenza, la chiamo in camera per darle la sveglia. Poi mando il collega a
portarle il suo cestino colazione e, successivamente, lui torna dabbasso con le
valigie: due gigantesche, una media e una borsa.
Lei arriva dopo qualche minuto
e si mette seduta su una poltroncina ma, lo noto subito, è irrequieta. Fruga in
qualsiasi punto nascosto della sua borsa. Mi avvicino e chiedo se posso
aiutarla.
«Non trovo più il mio dente»
Sul momento non credo di aver
capito. Sta proprio dicendo “tooth”, dente in inglese? Mi viene spontaneo
pensare a un WTF (parolaccia).
Lei apre la bocca e mi mostra
un buchetto dove si dovrebbe trovare un incisivo. Aiuto quindi la signora nella
ricerca. Nello specifico, prendo il trolley, lo deposito ai suoi piedi e lo
apro. Lei inizia quindi a frugare. Mi sento un po' un intruso, un impiccione,
quindi mi allontano leggermente mentre la ricerca prosegue. Apre varie
borsette, fruga dentro ma le richiude sconsolata. Richiede il mio aiuto.
Accorro. Chiudo la valigia
piccola, la scanso e passo a una di quelle grandi, praticamente un mezzo da
sbarco della marina e dal peso simile. Anche lì tiro la zip e lo apro, e lei
riparte per un’altra ricerca tra abiti vari e borsette con trucchi, saponi,
spazzolini. A un certo punto mi mostra un portadentiera, spiegandomi che doveva
trovarsi lì dentro.
La poveretta è sempre più
sconsolata, ma decido di fare un tentativo. Chiamo il collega che rimane
sorpreso, quando arriva, nel vederla ravanare tra le proprie cose. Ma capisce
che lei sta cercando qualcosa. Gli spiego la situazione, così lui sale in camera
e, dopo pochi minuti, ne scende con un fazzoletto di carta contenente
l’apparecchio con attaccato il singolo dente. Era tra le lenzuola.
Percepiamo il sollievo
dell’ottuagenaria alla vista del suo prezioso tesoro, che rimonta
immediatamente nella bocca. Ringrazia sentitamente. All’arrivo del taxi,
l’aiutiamo a caricare i bagagli -solito lamento dell’autista sull’orario e peso
delle valigie- e salutiamo.
Anche per quella notte la
ricerca dell’incisivo perduto andò a buon fine.
Speriamo di non vederne il
sequel l’anno prossimo.
sabato 18 gennaio 2025
I giorni di Pitti, a Firenze, mi ricordano sempre dei clienti che venivano due volte l'anno, in occasione della fiera. Questo episodio però si riferisce a quella estiva. Era il Giugno del 2004. Contemporanea con gli europei di calcio.
Uno dei clienti che veniva assiduamente era un portoghese.
Musone, serio, spesso agitato. Ma cliente fedelissimo, lui, moglie ed un paio
di dipendenti. Fissi da noi tutte le volte che abbiamo questo immancabile
evento modaiolo.
Poi una sera rientrano dalla fiera, vanno nel bar,
prendono da bere e si mettono alla tv, con tanto di poltroncine spostate in
mezzo alla saletta. Il Portogallo incontrava i loro poco amati vicini: le furie
rosse. Gli spagnoli.
Dato che era un turno pomeridiano di Pitti, stavo quasi
sempre al bancone con tanto lavoro da fare, ma ricordo benissimo prima le imprecazioni
sul vantaggio della Spagna, poi le urla belluine al pareggio. Ai calci di
rigore, visto non c'erano clienti in vista, feci qualcosa di irregolare per un
portiere d'albergo serio: mi spostai al bar a vedere la tv. Il richiamo del
mononeurone maschio-italico è fortissimo quando si ha a che fare con elementi
di forma sferica. E non mi riferisco solo al pallone.
Al rigore decisivo venne giù l'albergo.
Mi ritrovai avvolto in un enorme drappo rosso-verde,
letteralmente stritolato da questi 4 lusitani urlanti ed ebbri di gioia di cui
capivo tutto benché il portoghese non l'abbia mai studiato; in particolare si
comprendeva il manifestare le loro emozioni, soprattutto quando apparvero in tv
le facce tristi degli sconfitti, a cui i miei clienti risposero con
l'inequivocabile ed internazionale gesto dell'ombrello. Erano felici come bimbi
sotto Natale, non li avevo mai visti così sorridenti. E pure per i due giorni a
seguire era tutto un arrivare al bancone ed urlare “Portugal!”, e darmi il
cinque, a me o chiunque fosse al bancone. Di colpo, dopo anni di espressioni
serie, divennero super simpatici, pure con chiacchiere varie. Fortunatamente
Pitti finì, e dico per fortuna perché non ebbi modo di vederli tristi dopo la
sconfitta in finale ad opera degli ellenici.
Nota triste: purtroppo questo fedele cliente venne a mancare
dopo poco tempo. Aveva la mia età.