venerdì 20 novembre 2015

Chiedo scusa se non mi metto a fare tanti preamboli, ma questa settimana non è stata quel che si suol dire “il non plus ultra dell'entusiasmo”. Non arriva una gran voglia di scrivere, quando si sentono notizie su una caterva di morti ammazzati.


Episodio di qualche anno fa.


Coppia francese, sui 40.
Alti, distinti, portamento signorile.
Alain Delon e Catherine Denevue a braccetto. Lavorare ad un bancone di un ricevimento alberghiero, a volte, rende mille volte meglio di un qualsiasi 3D.
Intendiamoci: non somigliavano per niente a loro, ma lo sguardo era uguale spiccicato: quell'espressione severa e passionale al tempo stesso, e che rivedi solo in una Marianne che guida i rivoltosi alla Bastiglia, un Bonaparte alla testa delle sue truppe, un De Gaulle che parla ai suoi concittadini da radio Londra e, appunto, i due attori in uno qualsiasi dei loro film. Ben vestiti e curati, che pensi siano lì per sbaglio, e la loro vera destinazione sia il Savoy in piazza della Repubblica, piuttosto un semplice 3 stelle nei pressi della Stazione. E non avevano neanche una gran camera.
Ma a loro non importava. Si presentarono al bancone con un accuratissimo e dettagliato programma della loro tanto bramata vacanza toscana: un giorno intero dedicato a Siena ed il Chianti, un altro per Fiesole o Pisa, un altro per... oh, beh, non me lo ricordo. Di quel foglio a4 completamente riempito di scritte a penna con un carattere che anche una formica avrebbe faticato a decifrare, un particolare spiccava su tutti: un intero giorno dedicato ai principali musei fiorentini: gli Uffizi e l'Accademia.
Un giorno che noi italiani avevamo completamente dedicato ad uno degli sport nazionali, di cui siamo campioni mondiali.
Lo sciopero.
Come pronuncio la parola “Greve” (e non si riferisce al paesino del Chianti, ma al termine francese per sciopero, che si pronuncia senza la e finale) il francese prima strabuzza gli occhi, poi se ne esce con una serie di “merde” che non si sentiva echeggiare sul pianeta dalla vittoria di Bartali sull'Izoard.
Parte in quarta con una serie di improperi verso di “noi”. Un anno intero a programmare questa tanto desiderata visita e “noi” scioperiamo.
E mentre è lì che si incazza come la classica iena a cui viene portata via la carcassa da sgranocchiare, lei gli tocca la mano.
E lui si blocca.
E lei lo guarda, negli occhi.
Un phaser settato alla massima potenza non riuscirebbe a fondere l'acciaio meglio di quello sguardo.
-Ecoute moi, ascoltami. Siamo in vacanza. Sei qui con me. Ensamble. C'est pas grave, non è poi così importante-
Per qualche secondo magico, irreale, impossibile da descrivere, in quella hall alberghiera non si sentì volare la classica mosca. Il telefono dell'albergo non squillò. Non entrò, o scese dalle scale, nessun cliente. Nessuna auto passò davanti all'ingresso. C'erano solo lui e lei che si fissavano negli occhi, di quegli sguardi che si capiscono senza parlare, per un'intera vita. Un'eternità di silenzi complici, di comprensioni che solo le vere coppie hanno, e la Piaf che canta in sottofondo.
Ed io lì, con le pupille che voltano prima su di lei, poi lui, poi di nuovo lei.
Spettatore unico di un film che mai nessun altro avrà il privilegio di vedere.
Poi il momento magico ha termine, e si passa alla farsa da commediola con Depardieu; lui volta lo sguardo nuovamente verso il portiere e, alzando le spalle, pronuncia un “C'est la vie”. Ma purtroppo rovina tutto cominciando con un “Mais ce n'est pas possible” mentre sbuffa come un mantice, con quella boriosità così antipatica, quel voler a tutti i costi insegnare a noialtri come si vive e ci si comporta, antipatici cugini d'oltralpe, abbozzatela con questa prosopopea, ricordatevi di Berlino e di chi ha alzato la coppa, ed abbassate un po' la cresta di galletti spennati.
Vieni a me a dire che non è possibile? Io ci vivo qui; queste situazioni me le trovo tutti i giorni, bello. E non sono musei: sono scuole, mezzi pubblici, servizi ... Eh, dici bene te “Il faut changer...” a parole, tutti hanno cambiato tutto. Della dozzina di governi che abbiamo avuto negli ultimi vent'anni, il nuovo è già arrivato più e più volte. E non voglio pensare a quello che sta per arrivare.
Allora intervenne nuovamente lei, che con voce dolce e suadente, dice che comunque sono in vacanza e vogliono stare bene, e mi chiese un posto per mangiare. Poi dicono che siamo noi italiani, quelli che si godono la vita.
Quando rientrarono erano mano nella mano, con quel sorriso che hanno solo le coppie serene e felici, e dopo avermi chiesto la chiave, lui mi guarda e mi fa:
Florence est magnifique. Bravò”
Bravò, come se fosse merito mio, di essere nato e cresciuto qui.
E mentre se ne salgono in camera, sempre mano nella mano, e sguardo fisso l'uno nell'altra in ascensore, penso che quando sono così, io li adoro, i francesi.



Nessun commento:

Posta un commento