Due piccoli aneddoti:
1) Due signore francesi anziane che devono aver visto l’arrivo dei
tedeschi quando ancora indossavano l’elmo chiodato.
Una di loro inizia a parlare in un inglese stentatissimo, al che gli
rispondo in francese.
«Ohhhh, très bien!»
Sono in partenza il giorno dopo ma hanno perso il biglietto aereo. Si
affanna sul telefono per trovare i dati e finalmente mi mostra la pagina della
prenotazione.
«Me la può stampare?»
«Con piacere, signora. Me la dovrebbe inviare per mail»
«Oh…. E come si fa?»
Al che piazza il telefono sul bancone girato verso di me. Eh, bien, vediamo
un po'.
Scorro sulla pagina per vedere se c’è il collegamento con un pdf da
scaricare, ma non lo trovo. Provo ad andare un attimo indietro ma ci sono centinaia
di mail non lette, impossibile mettersi a guardarle, tantopiù che mi sento un
intruso, a frugare nel cellulare di una persona sconosciuta, benché la signora si
fidi ciecamente di me -devo proprio dare un’impressione di specchiata onestà e
rettitudine-. Peraltro l’apparecchio è leggermente diverso dal mio, con funzioni
diverse, quindi livello difficile. Provo a pigiare dove penso ci sia il “cattura
immagine” -volgarmente detto screenshot- ma va alla pagina principale. Le icone
sono illuminate come palline di natale, con numerini rossi in alto a destra, la
signora ha praticamente tutto attivo, ci sono almeno una ventina di pagine
chrome aperte. Alla fine riesco a fare l’immagine, condivido, mi appare gmail,
clicco, digito la mail dell’albergo e invio. Ricevo la mail, stampo e passo
alle signore, che ringraziano felici. Spero che quello gli basti, ci sono sopra
i dati del volo e il numero dei biglietti, ma se avevano un pdf con il codice
QR forse era meglio. Però di andare a frugare nelle icone per cercare il file
non mi andava.
Salutano e mentre si avviano per le scale, mi dicono che il mio francese
è buono ma non perfetto.
Ma le perdono, tanto sappiamo bene chi arrivò primo sull’Izoard.
2) coppia americana, lui bianco con barbetta, qualche anno più di me,
elegante, magro, distino e molto cordiale; lei una stangona afroamericana poco
più giovane con chilometri di gambe e nessuna remora a mostrarle.
Si siedono nella hall a discutere per un po'. Appaiono stanchi -è stata
una giornata di un caldo che non si prova neanche nell’Atacama- ma sembra che
lui voglia ancora uscire.
Viene al bancone e mi chiede se conosco un locale dove suonino dal vivo,
preferibilmente jazz.
Potrei fare una ricerca in rete, ma preferisco essere onesto: allargo le
braccia e, scusandomi, gli dico la verità «mi spiace, non ne conosco.»
Lui appare un po' rassegnato mentre lei mostra un’espressione quasi
sollevata, probabilmente perché più stanca. Accavalla le gambe provocando
perturbazioni nella forza.
Lui fa una ricerca e mi mostra un locale sul cellulare. Posso solo
rispondere così:
«Mi dispiace, non so dirle come è. Io lavoro di notte, non esco più per
locali da decenni.»
«Allora smetti di lavorare di notte.» replica sorridendo.
Rido. Ma mi veniva da dirgli che se chiedeva ai miei colleghi del
pomeriggio, avrebbero potuto dargli ottime indicazioni. Comunque ci ha pensato
lei a risolvere la situazione. Si alza dalla sedia e si avvia verso
l’ascensore. Lui riflette qualche secondo e poi la segue.
Se restava al bancone qualche attimo in più, lo avrei preceduto e
lasciato a finire il turno al posto mio.
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