giovedì 19 gennaio 2023

Non mi sono mai ritenuto, nè mai lo sarò, uno scrittore.

Per essere tali occorre essere davvero bravi, nello scrivere. Creare contenuti che appassionino il lettore e lo facciano viaggiare, con la mente, in un altro luogo e immedesimarsi con personaggi immaginari. In questo sono un completo dilettante. Preferisco di gran lunga essere il lettore.

Tuttavia scrivere mi è sempre piaciuto. Internet oggi dà la possibilità di esprimere idee in modo gratuito. Chiunque può aprire un blog, una pagina come questa, e buttare giù due righe. Non costa niente. Per me rappresenta un passatempo piacevole.

Ogni tanto però, giusto per, partecipo a qualche concorso letterario. Di solito il trofeo Rill, dove le mie creazioni sono puntualmente cassate. Ma basta leggersi i racconti finalisti per capire il perchè: sono assolutamente migliori dei miei. Di gran lunga.

E tuttavia scrivo lo stesso. Probabilmente provo un piacere perverso, nell'essere eliminato -dev'essere anche per la squadra di cui sono tifoso- ma uno ci prova sempre. Così mi sono deciso a raccogliere un pò di questi raccontini e autopubblicarmeli. Per il piacere di avere un volume con i miei deliri, nonchè nome e cognome, sullo scaffale.

Non è un'operazione fatta per guadagnarci soldi, ma a me piace così. C'è chi il proprio denaro lo spende in abbonamenti treno Napoli-Milano, oppure in orologi, che siano Rolex o Casio. Io mi autopubblico libri. Regalerò alcune copie a parenti e amici cari, altre le venderò, a chi le vorrà. Probabilmente tramite stratagemma, se sono favorevoli.

Ringrazio Marina Cappelli di Libriamo per aver superbamente corretto i miei deliri e curato la pubblicazione, e Roberto Gigli di Roberto Rog Gigli per la mitica copertina, io e la grafica siamo totalmente incompatibili, come gli attuali attaccanti della Fiorentina per il senso del gol.

ps. In un primo momento ero tentato di mettere la mia faccia, in copertina, ma poi il duca di Sussex mi ha preceduto. Malvagio Henry, mi vendicherò!




lunedì 16 gennaio 2023

Quando cominciai a lavorare in albergo pensavo che, prima o poi, avrei potuto incontrare i cosidetti vip. Oggi sono molto più scafato e li considero persone come le altre, ma a quei tempi, giovane e immaturo, ero elettrizzato a questo possibile evento. Lei fu la mia prima "vip".

Sono passati 24 anni, quindi posso anche mettere il nome dell'albergo, un gran bel luogo dove lavorare: hotel Villa Carlotta, vicino a Porta Romana, Firenze sud. A parte due ex colleghe, è cambiata sia la gestione che l'hotel stesso, molto ristrutturato. All'epoca ci lavoravo una singola notte alla settimana, il lunedì, gli altri giorni ero in un'altra struttura. Quel lunedì del 1999 mi presentai quindi puntalissimo, come sempre, per iniziare il turno e il collega del pomeriggio mi informò: stanotte viene a dormire Gina Lollobrigida. Mi raccomando l'accoglienza adeguata, la gentilezza e, soprattutto, accompagnala in camera. Sei da solo, quindi le valigie devi portargliele tu. Quando viene a Firenze alloggia sempre da noi.

Così ebbi l'onore di fare il check-in alla grande attrice, che si dimostrò molto cordiale, molto truccata e molto chiacchierona, le piaceva parlare. In quel periodo era candidata per le elezioni europee, quindi girava il collegio del centro Italia per la campagna elettorale, e cominciò a dirmi tutte le fatiche di muoversi quà e là tutti i giorni. Il suo collaboratore se ne andò in camera per conto proprio, io chiusi a chiave l'ingresso e portai su le valigie, che non mi pesavano affatto. Riuscii a fare una battuta sul suo ruolo di Fata Turchina nell'epica serie su Pinocchio di Comencini, lei apparve molto colpita e ringraziò sentitamente. O forse recitava perchè chissà quante volte le avevano fatto complimenti sui suoi ruoli cinematografici. Ma comunque, in quel momento, volevo dirglielo.

In ogni caso, portati i bagagli, discesi al ricevimento per continuare il turno. La mattina si alzò presto e scese a pagare le due camere perchè, questo particolare lo ricordo bene, voleva saldare prima possibile e non pensarci più. Sempre truccatissima ma con quel bellissimo sorriso impresso. In quel momento arrivò anche la collega, e la grande diva ebbe modo di esprimere ancora la gentilezza e l'accoglienza del personale dell'albergo. Il che mi fece sentire veramente professionale, un vero portiere d'albergo.

Se quella era la sua intenzione, ci riuscì benissimo.

Addio, Fata Turchina.

sabato 14 gennaio 2023

E’ una vecchia storia, ma una di quelle più incredibili.

Non avrei mai creduto di dirlo, ma stavolta si, è proprio così.

Scontato, banale, ma vero.

Questa la batte tutti.

Esiste una cosa fondamentale, per gli alberghi e non solo, che ormai viene anche prima dell’acqua calda: il wifi.

Il wifi oggi è, perdonatemi il termine angolofono, un “must”. Un obbligo, un dovere, un servizio essenziale. Ancor di più: deve essere “free”. Gratuito.

Ora, il problema, per noi portieri, è che i clienti non riescono a configurare i loro apparecchi con il wifi, e quindi vengono da noi. Perchè ci si aspetta che si sia tecnici iper - ultra - super specializzati, ci si aspetta Alan Turing a Betchley Park che decifra Enigma, ci si aspetta che si abbia la capacità di Scott, Sulu, Uhura e Chekov messi assieme nel far funzionare la macchina al 638 % delle sue capacità.

Coppia giovane americana, lui alto prestante, lei biondina minuta. Rientrano nel tardo pomeriggio dopo la loro giusta e meritata visita ai musei. Sorridono, sono gentili e cordiali. Dicono buongiorno e buonasera, grazie e prego. Che volere di più? Volerne di più, ovviamente.

Poi lui scende con un piccolo computerino, uno di quei notebook o qualcosa di simile. Non riesce a collegarsi con il wifi, chi ha detto che i giovani sono bravi nella tecnologia? Non tutti sono all'altezza di Sheldon. Perché col cellulare si può inquadrare il famoso QR, ma per i portatili no. Acchiappo le istruzioni per la configurazione e mi accingo a digitarvi sopra, ma lui non vuole che lo tocchi. Può farlo solo ed esclusivamente il proprietario. Io sono un impuro, guai a toccare.

Ok, sono abituato alle stravaganze dei clienti. Il pc è tuo, lo comandi tu. Ma devi seguire le istruzioni. Basta aprire il “browser”, poi si aprirà la pagina per mettere la mail e navigherai libero e giulivo. Ma prima, occorre aprire le impostazioni e collegarcisi, a questo benedetto wifi.

Non sono un campione di pc, non riuscirei a collegarmi al norad per scatenare la guerra termonucleare globale, o infiltrarmi nel matrix, o elaborare una macchia fino a fargli apparire l'immagine nitida di Yuri. Ma non è che ci vogliano lauree informatiche od anni di pratica computeristica per sapere che, se clicchi da qualche parte, qualcosa si aprirà.

Ora, io non so che cavolo abbia cliccato il ragazzone yankee, fatto sta che appare un'immagine.

Pochi millisecondi, volto immediatamente la testa dall'altra parte, mentre lui cerca furiosamente di chiuderla. Ma il cervello è sempre più veloce dell'occhio.

Non mi sfugge ciò che ho visto.

Lei, la biondina minuta.

Con la stessa espressione sorridente.

Serena.

Felice.

Costume adamitico.

E mi fermo qui.

Appaiono dei clienti, e ne approfitto per dargli la chiave, poi torno ad occuparmi di colui che, presumo, abbia scattato quella foto: hai aperto le impostazioni?

Si.

Palesemente imbarazzato.

Senti, sarà bene che me ne occupi io, so cosa fare.

Ok, va bene. E stavolta mi smolla l'apparecchio. Potrei chiedergli la carta di credito, o sua sorella, o entrambe. Me le fornirebbe senza fiatare.

Gli configuro il pc. Ora il wifi funziona.

Stavolta non mi ringrazia, non emette un fiato: afferra la macchina e schizza su per le scale.

Appoggio gli occhiali sul bancone.

Mi copro la faccia con entrambe le mani e scuoto la testa.

Qui, ora, Firenze, bancone, un doppio facepalm è obbligatorio.