Non voglio sapere niente.
Io nelle camere, ci vado quando solo rifatte, per vederle e memorizzarle. Perchè è importante, fondamentale, conoscere i prodotti che vendiamo.
Ma ci sono casi in cui, mi spiace tanto per le mie colleghe dei piani, ma, ripeto, non ne voglio sapere niente.
Ma niente proprio!
Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
venerdì 29 gennaio 2016
venerdì 22 gennaio 2016
Se
vivi in un altro paese, è normale sbagliare termini linguistici.
Sono stato preso in giro per il mio modo di parlare sbagliato in
Irlanda, Francia e Giappone. Soprattutto in quest'ultimo. Ma vabbè,
ero un esordiente della lingua, e ci ridevo sopra.
In
effetti, ci ridevano in parecchi. Specialmente i nipponici quando
scrivevo あげんきinvece
di おげんき(a
voi può sembrare un errore minimo, ma c'è chi ci ha riso per un
pomeriggio intero).
Poi
c'è chi vive qui da un decennio ed ancora la nostra lingua ha grosse
difficoltà a parlarlo. Ed allora le risate me le faccio io.
Al
lavoro è tornata la Betty, cameriera nigeriana, da noi
soprannominata “scendiluce”.
Le
cameriere, quando entrano in una camera per le pulizie, accendono la
luce infilando una speciale chiave in una piccola ed apposita presa
accanto all'interruttore generale. Solo che in passato alcune di
queste prese davano problemi, e le ragazze dovevano chiamarci al
ricevimento affinchè gli dessimo luce noi, dal basso.
La
Betty, quando entrava in una di queste camere, ci chiamava al
centralino; come noi rispondevamo -Ricevimento, come posso aiutarla?-
lei replicava così:
-Mi
scendi luce?-
-Accendi
la luce, Betty. Si dice “accendi”-
-Si,
tu scendi luce per favore?-
-Ma
certo Betty-
-Grazie-
Dato
che lavora come cameriera da ormai diversi anni, e praticamente da
altrettanti chiamava da quelle 3-4 camere del suo piano che avevano
quel problema di accensione luce, ne abbiamo dedotto che non abbia
una gran voglia di impegnarsi nello studio dell'italiano, e che a
casa si parli solo ed esclusivamente dialetto yoroba. Si spera ci si
impegnino un po' di più le sue figlie. Poco fa ho detto “rientrata”
al lavoro perchè è stata via alcuni mesi per quella condizione
tutta femminile chiamata maternità.
Passò
un paio di giorni prima a trovarci, con la nuova arrivata, che se la
dormiva in una specie di marsupio stile africano: una tunica che
avvolge la piccola e la tiene sulla schiena della mamma. Mi piace
pensare che sia così affinchè la mamma faccia da scudo alla figlia,
nel caso incocciasse in un leone mentre passeggia in mezzo alla
savana.
Abbiate
pazienza, di tanto in tanto spunta fuori il mio lato di italiota
ignorantone gentista, a cui piace immaginarsi tutto ciò che è in
Africa come Hic sunt leonis, ed al massimo, da laggiù, arrivino
centrali difensivi o venditori ambulanti. In questo sono rimasto al
palo come molti concittadini che oggigiorno vanno vestiti con
stravaganti felpe verdi (mi piacerebbe ce ne fosse una con scritto
“Ank-Morpok”. La prenderei pure fosse verde. Ma dubito che chi
indossa certe felpe conosca mondo disco).
Non
divaghiamo inutilmente. Vi basti sapere che la piccola era uno
splendore. Come diceva la Monica, altra collega cameriera, “sembra
di porcellana”. E non potevo trovare termini migliori.
La
Betty, dicevo, è rientrata dalla maternità e tornata al suo lavoro
di pulizia cammere e rifacimento letti, e ci chiama dai telefoni
delle camere quando c'è qualche problema o cose che noi dobbiamo
sapere e/o riferire ai facchini affinchè intervengano. Ad esempio:
-C'è
acqua bagno no va via- Traduzione: “Si è intasato il lavandino e
l'acqua non scende nello scarico”.
-Qui
cliente lascia cose- Traduzione: “Il cliente ha lasciato degli
oggetti (indumenti, caricabatterie, ecc) in camera”
-C'è
cliente ha spesa- Traduzione: “Il cliente ha lasciato cibi e/o
bevande varie nel frigobar della camera”. Nel 90% dei casi sono
prodotti aperti, e seguono la via del cestino, ma se sono ancora
sigillati li dobbiamo conservare nel bar. Almeno fino alla scadenza.
-Qui
tenda giù terra- Traduzione: “Si è staccata la tenda dalla
finestra”. Il facchino sale su a rimetterla.
-Qui
toglie letto bimbo- Traduzione: “C'è da togliere una culla”.
Poi
l'ultima, non molto tempo fa; squilla il centralino e rispondo al
solito modo:
-Ricevimento,
buongiorno-
E
la Betty, dall'altra parte del filo, mi risponde così:
-Qui
cliente lascia agnello-
….
-Co-come
Betty? Non ho capito-
-Qui
cliente lascia agnello. Agnello- Ripete anche un po'
puntigliosamente.
Nel
nostro albergo, oltre alle bestie a due zampe, accettiamo anche
quella a 4. Cani, gatti, ricordo un bellissimo furetto che la padrona
mi lasciò prendere, e che si divertì a salirmi sulle spalle e la
testa, e leccarmi tutto. Ma un agnello, me lo ricorderei, se l'avessi
visto.
-Non...
non riesco a capire, Betty. Come agnello?-
-Si!
Agnello. Tu mette dito-
….
-Anello,
Betty! Anello!-
-Si!
Che detto io? Agnello! Tu manda facchino prendere agnello- Ribadisce
lei prima di riattaccare.
Sono
convinto che la mia risata l'abbia sentita anche lei dalla camera.
ps.
Il facchino mi portò giù l'anello. Prendo la pratica del cliente,
partito un paio d'ore prima, e bingo!, c'è il cellulare. Mi ha
ringraziato calorosamente, affermando che siamo grandi
professionisti. Anche se poi non l'ha scritto su internet come pure
aveva promesso di fare. Pazienza, va bene anche così; una buona
azione non è tale, se poi ci vuole pure la conferma scritta.
venerdì 15 gennaio 2016
Il bancone di un albergo non serve solo per appoggiarci sopra piantine della città, ricevute o fatture varie, documenti dei clienti, fogli di prenotazione o codici wifi od altro.
Sul bancone di un albergo ci si lascia di tutto.
La maggior parte delle volte sono dimenticanze. Bottigliette d'acqua ancora sigillate, occhiali da sole o da vista, cellulari, anche notebook od altro materiale elettronico. Il cliente torna e lo riprende. E vabbè, sono turisti svagati. Capita.
Ma quando ti lasciano volontariamente, appoggiate lì sopra, cose che non gli servono più, cioè veri e propri rifiuti, allora ti rendi conto che i gulag rieducativi sono una delle grandi invenzioni del comunismo, e farci passare dentro l'umanità sarebbe necessario se non particolarmente urgente.
Sul bancone i clienti lasciano:
-le cartacce delle caramelle (quelle nostre, di “cortesia”);
-bottiglie di plastica vuote;
-pacchi di fogli wikipedia su Firenze in cirillico (ma non solo). Ovviamente clienti in partenza. Anche senza parlare la loro lingua capii benissimo che la moglie diceva al consorte che non gli servivano più, dato che andavano a Roma. Lui prese, dalla cartellina, i fogli su Firenze e lì smollò sul bancone. Davanti ai miei occhi. E senza guardarli, quegli occhi, prese la valigia ed uscì;
-tazzine. Vanno in sala colazione a prendersi caffè o cappuccino, e, per qualche misteriosa, oscura ragione, decidono di berselo in piedi nella hall, davanti al ricevimento. Molti lo fanno per essere pronti ad uscire a fumare, neanche fosse una gara di giochi senza frontiere (qualcuno se la porta fuori. Con una mano tiene la tazzina, con l'altra la sigaretta, ed è divertente vederli armeggiare con il pacchetto e l'accendino con una mano sola). Fatto sta che la tazza la smollano lì, sul bancone, e la qual cosa è un po' meno divertente. Tanto, c'è chi la riporta al bar (il portiere od il facchino);
-piantine di Firenze usate. Ne chiedono una nuova perchè la prima è tutta sgualcita e bagnata. Gliela passo. L'afferrano e se ne vanno, spesso senza dire grazie, lasciando quella vecchia sul bancone. La prendo da un piccolo lembo asciutto e la deposito nel cestino, sperando che la parte bagnata sia comunque solo acqua dovuta alla pioggia;
-bicchieri di vino od altri alcolici. Vale il discorso delle tazzine. Solo, questa cosa capita anche quando non è orario di colazione. E spesso il bicchiere è ancora mezzo pieno (il bicchiere è SEMPRE mezzo pieno, questa è la mia filosofia);
-cartoni del latte. Alle 4 del mattino arriva il fornitore di alimenti per le colazioni. Normalmente mette la roba nel carrello e spinge fino alla caffetteria, ma quando ha poca roba, come solo dei cartoni del latte, smolla tutto sul bancone e tanti saluti. Negli alberghi della zona, per questa sua simpatica abitudine, p conosciuto come "il fenomeno";
-sacchetti contenenti oggetti vari, soprattutto residui di pasti. Anche qui occorre fare attenzione nell'afferrare il sacchetto e gettarlo nel cestino, perchè dallo stesso vi possono colare liquidi vari. E non voglio indagare oltre.
-qualsiasi oggetto/utensile/materiale che abbia esaurito la sua funzionalità: pile elettriche, penne, guide e/o romanzi vari letti (fino a qualche giorno fa avevamo un Dan Brown in coreano, il che può essere indicativo di come le disgrazie non viaggino mai da sole);
-gomme. E non sto parlando di quelle da cancellare. Credo che questo faccia capire molto sul cliente medio dei 3 stelle. Anzi, tutto.
Estate.
L'estate fiorentina, l'agosto che rende l'asfalto molle come un marshmellow, l'afa che taglia le gambe e rende la testa pesante come una palla di cannone dell'artiglieria napoleonica, il sudore che cola lungo il corpo come fiumiciattoli in piena. In mezzo a questo delirio, una comitiva di ragazzine spagnole arriva in hotel. Addobbate con quelli che pensi siano coriandoli raccattati al carnevale e gelosamente custoditi per l'occasione, dotate di parti del corpo che provano l'inesistenza della forza di gravità e le gravi mancanze di Isacco Newton, carte d'identità che mostrano come costoro abbiano passato la protezione della legge da pochi giorni ed ora sembra abbiano sulla testa un cartellone pubblicitario che recita “caccia libera!”
Non fraintendetemi: ho due figlie che, tra non molto, mostreranno quei fisici. I miei pensieri non sono più quelli del bracconiere, ma quelli della guardia del parco. Oltretutto le tipe (le spagnole, non Camilla e Gaia) hanno un vocabolario ristretto quanto quello degli scaricatori di porto di Alicante: ogni frase presenta un “coňo” od un “mierda” od un “joder”. O tutte le 3 parole assieme. Dopo un paio di giorni che sono qui, non chiedono più la chiave con un por favor ed un gracias. Non salutano neanche. Porgono la mano e la prendono, tanto ormai anche noi sappiamo in che camera alloggiano. E quando escono, gettano, letteralmente, la chiave sul banco.
Discrete manfane, ecco.
Se sono così a 18, spero di essere già in pensione quando ne avranno 40, se decidessero di tornare proprio qui, per una visita a Firenze.
Mattina, ora di pranzo.
Il mio corpo recita: mangia, deficiente! Ho bisogno di carboidrati, di energia! Non aspettare le 15.30, mangia ora! Ma non si può. In albergo è così, sacrificio e dedizione alla causa. Gli olandesi che mi hanno prestato i soldi del mutuo possono essere fieri di me.
Le ragazzette spagnole si incontrano nella hall, qualcuna scendendo dalle scale, qualcuna arrivando da fuori, evidentemente avevano già previsto che l'ora ed il luogo x per il meeting. Si piazzano nella hall a parlare a voce alta, chi tra loro, chi al cellulare, da cui arrivano gli urletti gioiosi della abuela: “Hoooola, chiquitaaa, comos estaaaaas! Como es Florenciaaaa?”
Che meraviglia, ho studiato le lingue proprio per questi momenti (si nota il sarcasmo?).
In quel momento, due delle loro amiche entrano nella hall, e piazzano, sul banco, proprio davanti a me, una scatola di cartone. Di quelle in cui vengono inseriti i cibi di una delle note paninerie di fronte alla stazione di Santa Maria Novella. Quel tipo di panineria che Andy Warhol definiva “la parte più bella di Firenze”.
Ma in quel momento, con la fame atavica e lo stomaco che brontolava come il Vesuvio nel 79 dc, l'odorino che usciva da quella scatola non mi faceva pensare a quanto erano bischeri gli artisti dandy newyorkesi. La mia speranza, neanche tanto velata, è che queste se ne vadano in fretta.
Invece no.
Le due ragazzette entrate, aprono la scatola e cominciano a mangiarsi i pezzettini di pollo fritto.
Così, davanti a me, sul bancone. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Un bancone dove si appoggia di tutto. Lo stesso ricettacolo batterico dell'Arno subito dopo gli scarichi delle concerie dell'empolese.
Non resisto dal non documentare il momento. Prendo il cellulare e fingo di farmi gli affari miei. Poco professionale? E' vero, ma tanto queste tipe neanche se ne sono accorte. Effettivamente, mi sentivo un fantasma.
Le fotografo mentre mangiano. Effettivamente, erano già a fine (ingurgitavano pollo come se fossero state noccioline)
E poi, una volta finito quel frugale pasto, prendono ed escono tutte quante sono lasciando, sul bancone, la scatola che conteneva il cibo. E' ovvio, c'è chi pulisce per loro: il portiere. Perchè scomodarsi per cercare un cestino dei rifiuti?
Ho buttato via la scatola con cautela, perchè dentro avevano lasciato i contenitori del ketchup; aperti, chiaramente. Infatti il liquido rimasto stava già colando.
Non credo ci sia altro da aggiungere.
Anzi, no ancora una: il latte lasciato dal fenomeno.
Buon fine settimana a tutti.
venerdì 8 gennaio 2016
Elegante
ventiquattrore
l'uomo
d'affari italico che parla infilando una parola d'inglese in mezzo a
3 italiane.
Ma
quando è in giornata, riesce anche nel 50-50.
Si
sofferma davanti alla hall con collega abbigliato di egual divisa ed
eguale valigetta. Gli uomini in nero, versione de noartri. Ed uno di
loro ha pure un accento nordico che mi par di avere di fronte il mai
abbastanza compianto Guido Nicheli. Ma poi si salutano. Il Nicheli
esce, l'altro mi chiede la chiave. La riceve insieme al sorriso del
portiere.
Prende
la chiave, il sorriso lo getta nella sua pattumiera mentale.
Pattumiera
che riempie per intero la sua scatola cranica
Perchè
Si
ferma davanti all'ascensore
Si
gira
Mi
guarda
E
mi rivolge queste stupefacenti parole:
“Il
time limit per il FALL-OUT?-
….
-Mezzogiorno-
risponde la statua di sale che ha appena sostituito il portiere.
Fa
per alzare un dito. Anticipo la domanda:
-Abbiamo
uno stanzino bagagli, qui in basso, se deve partire nel pomeriggio-
-Thank
you my friend-
Si
volta e va all'ascensore.
La
statua di sale continua a fissare un punto lontano come un 8 in
posizione orizzontale.
'unglielapossofà.
venerdì 1 gennaio 2016
L'ho
detto mille volte e non mi stancherò mai di ripeterlo: il cliente
d'albergo è una persona svagata e distratta. Lo è perchè in
vacanza, e quindi felice di trascorrere qualche giorno all'insegna
del relax e della cultura che può offrirgli una città come Firenze;
perchè è lì per un congresso, e quindi preso da trattati medici e
relazioni psicologiche grandi quanto una bibbia del Guttenberg;
perchè è lì per lavoro, e quindi impegnato mentalmente a come
convincere i compratori asiatici che la moda del futuro prevede un
completo con cravatta, cappellino con Swaroski e pantaloni arrotolati
fino alla caviglia; perchè ha un day use con l'amante e deve
ricordarsi il motivo/scusa da riferire al coniuge per cui si trova a
Firenze.
Per
questi, e molti altri, motivi, il cliente d'albergo, spesso, tira gli
sfondoni. Dice ca**ate. Ma non è una cosa grave. Ci si ride, e
spesso lo fa anche lui. Per questo mi piace pensare che io non rido
del cliente, ma CON il cliente.
E
negli anni, in questo lavoro, ho anche riso.
Davanti
alla piantina di Firenze, e sottolineo, la sola città di Firenze, in
varie lingue, mi è stato chiesto di indicare:
1-Dov'è
la casa di Romeo e Giulietta.
2-Dov'è
la Torre di Pisa (una mezza dozzina di volte, e sempre indiani)
3-Dov'è
San Pietro.
4-Dov'è
il mare.
5-Dov'è
il Colosseo (tutte le città italiane hanno il colosseo)
6-Dov'è
la stazione Termini (dozzine di volte)
7-Dov'è
la stazione Tiburtina (in realtà cercava Campo di Marte, ma per
alcuni americani tutte le stazioni principali italiane sono Termini,
e tutte le secondarie sono Tiburtina)
8-Dove
hanno girato “Hannibal”
9-Dov'è
la piazza in cui hanno girato “Sotto il sole della Toscana”
10-Dove
vive il protagonista italiano di “Sotto il sole della Toscana”
(vivesse qui, mia moglie lo saprebbe...)
11-Dov'è
il quartiere a luci rosse (red light discrict)
12-Dove
vivevano: a) Dante, b) Leonardo, c) Michelangelo, d) Machiavelli, e)
i Medici f) Andrea del Sarto g) Batistuta h) Mussolini (giuro!)
13-
ed infine: dov'è l'ingresso della metropolitana; e se questa portava
a Pisa (in realtà è solo il sottopasso della piazza della Stazione,
ma alcuni insistevano che c'era la metropolitana. Se ci sono scale
che scendono verso in basso, ci dev'essere per forza anche il treno)
Poi
ho avuto:
1-signora
italiana che rientra nel pomeriggio:
-Buonasera,
sono passata a lasciare i bagagli la mattina, quando ho fatto
l'ACCETTAZIONE-
Stava
solo una notte, quindi non potevo classificarla come “lungo
degente”.
2-
(dialetto marchigiano) Che me sa di ndò sta la piazza dei Signori?
-Signoria.
Piazza della Signoria.
-E
vabbè, sempre di quelli coi soldi parliamo.
3-Mi
dà il codice Hi-fi? (almeno una dozzina di volte. Sarebbe in
costante aumento, se non fosse che lo forniamo già al check-in.
Difatti spesso è un “Mi RIDA' il codice Hi-Fi, che l'ho perso?”)
4-Dove
sta l'Accademia che i mafiosi fecero saltare, quella... come si
chiama... del grano!
… della
Crusca....
Si
mette una mano sulla faccia -Oddio, che figura de m...-
Ma
la consolai affermando che almeno lei se lo ricordava. Tanti, e
spesso italiani, neanche rammentano ciò che accadde in via dei
Georgofili più di 22 anni fa, Il motivo per cui i terroristi
falliranno sempre, è che tra vent'anni nessuno rammenterà. Eventi
rimossi per sempre dalla memoria, vuoi perchè troppo traumatizzanti,
vuoi perchè non c'è (per fortuna) la memoria visiva come per gli
aerei che s'infilano nelle torri, vuoi perchè il codice “Hi-Fi”
è più importante.
Ed
infine, fresca di pochi giorni fa:
5-
Il 25/12, giorno di Natale, a parte noi degli alberghi, ristoratori,
e gli schiavi delle modernissime cave di guano altrimenti detti
“centri commerciali”, è tutto chiuso. Nel pomeriggio scende, al
bancone dove lavora mia moglie, una “gaya” coppia tedesca (alla facciaccia tua, heinrich himmler!). La
“ragazza” del duo, con un bel fare effeminato e gesti molti
vezzosi, se ne esce con la mia consorte in questa fantastica e
meravigliosa conversazione:
-Oggi
i musei sono tutti chiusi, vero?-
-Si,
oggi è Natale, è tutto chiuso-
-Ma...
anche Pisa è chiusa?-
…..
-Prego?-
-Si,
volevo sapere se Pisa è chiusa o aperta-
-Beh....
si che è aperta... è una città-
-Ah,
bene. E quindi è aperta anche Lucca?-
-Ovviamente-
-E
Siena-
-Certo-
Il
crucco omosex ci pensa attentamente.
Guarda
il suo compagno.
Ed
entrambi si mettono a ridere -E' ovvio che sono aperte: sono città.
Che domanda sciocca che abbiamo posto- E se ne escono, semplicemente
felici di passare assieme il 25/1 a Firenze.
Oh,
buon anno a tutti. :) e se vi capita di dire sfondi, rideteci. Ve lo dice uno esperto.
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