Capita che, invece di scrivere storie, preferisca leggere. Se non ho un libro sottomano, vado a curiosare su vari blog, a vedere cosa scrivono le persone. Su una pagina dedicata alla scrittura, un tipo ha elencato i personaggi necessari in una storia:
Il bancone e altre storie.
Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
venerdì 14 febbraio 2025
venerdì 7 febbraio 2025
Ogni anno viene a soggiornare, per quasi due settimane, una signora americana.
Ha un’età che non mi stupirei
se avesse conosciuto direttamente qualcuno dei padri fondatori degli States.
Cammina ingobbita, aiutandosi con un bastone nodoso.
Ogni anno fissa la partenza la
mattina presto e, ogni anno, chiede la sveglia alle 1.30 del mattino.
Si fa portare su un cestino
della colazione, preparato il pomeriggio dai miei colleghi del bar; dopo una
mezz’ora chiama per farsi portare giù i bagagli. E poi resta a sedere in basso
fino all’arrivo del taxi, alle 3.
I tassisti, puntualmente, mi
chiedono «Ma perché parte così presto, se l’aeroporto è ancora chiuso?»
Allargo le braccia. Che ci
posso fare? Si tratta di una persona ansiosa, deve presentarsi con largo
anticipo, agli appuntamenti.
Perciò, la mattina della sua
partenza, la chiamo in camera per darle la sveglia. Poi mando il collega a
portarle il suo cestino colazione e, successivamente, lui torna dabbasso con le
valigie: due gigantesche, una media e una borsa.
Lei arriva dopo qualche minuto
e si mette seduta su una poltroncina ma, lo noto subito, è irrequieta. Fruga in
qualsiasi punto nascosto della sua borsa. Mi avvicino e chiedo se posso
aiutarla.
«Non trovo più il mio dente»
Sul momento non credo di aver
capito. Sta proprio dicendo “tooth”, dente in inglese? Mi viene spontaneo
pensare a un WTF (parolaccia).
Lei apre la bocca e mi mostra
un buchetto dove si dovrebbe trovare un incisivo. Aiuto quindi la signora nella
ricerca. Nello specifico, prendo il trolley, lo deposito ai suoi piedi e lo
apro. Lei inizia quindi a frugare. Mi sento un po' un intruso, un impiccione,
quindi mi allontano leggermente mentre la ricerca prosegue. Apre varie
borsette, fruga dentro ma le richiude sconsolata. Richiede il mio aiuto.
Accorro. Chiudo la valigia
piccola, la scanso e passo a una di quelle grandi, praticamente un mezzo da
sbarco della marina e dal peso simile. Anche lì tiro la zip e lo apro, e lei
riparte per un’altra ricerca tra abiti vari e borsette con trucchi, saponi,
spazzolini. A un certo punto mi mostra un portadentiera, spiegandomi che doveva
trovarsi lì dentro.
La poveretta è sempre più
sconsolata, ma decido di fare un tentativo. Chiamo il collega che rimane
sorpreso, quando arriva, nel vederla ravanare tra le proprie cose. Ma capisce
che lei sta cercando qualcosa. Gli spiego la situazione, così lui sale in camera
e, dopo pochi minuti, ne scende con un fazzoletto di carta contenente
l’apparecchio con attaccato il singolo dente. Era tra le lenzuola.
Percepiamo il sollievo
dell’ottuagenaria alla vista del suo prezioso tesoro, che rimonta
immediatamente nella bocca. Ringrazia sentitamente. All’arrivo del taxi,
l’aiutiamo a caricare i bagagli -solito lamento dell’autista sull’orario e peso
delle valigie- e salutiamo.
Anche per quella notte la
ricerca dell’incisivo perduto andò a buon fine.
Speriamo di non vederne il
sequel l’anno prossimo.
sabato 18 gennaio 2025
I giorni di Pitti, a Firenze, mi ricordano sempre dei clienti che venivano due volte l'anno, in occasione della fiera. Questo episodio però si riferisce a quella estiva. Era il Giugno del 2004. Contemporanea con gli europei di calcio.
Uno dei clienti che veniva assiduamente era un portoghese.
Musone, serio, spesso agitato. Ma cliente fedelissimo, lui, moglie ed un paio
di dipendenti. Fissi da noi tutte le volte che abbiamo questo immancabile
evento modaiolo.
Poi una sera rientrano dalla fiera, vanno nel bar,
prendono da bere e si mettono alla tv, con tanto di poltroncine spostate in
mezzo alla saletta. Il Portogallo incontrava i loro poco amati vicini: le furie
rosse. Gli spagnoli.
Dato che era un turno pomeridiano di Pitti, stavo quasi
sempre al bancone con tanto lavoro da fare, ma ricordo benissimo prima le imprecazioni
sul vantaggio della Spagna, poi le urla belluine al pareggio. Ai calci di
rigore, visto non c'erano clienti in vista, feci qualcosa di irregolare per un
portiere d'albergo serio: mi spostai al bar a vedere la tv. Il richiamo del
mononeurone maschio-italico è fortissimo quando si ha a che fare con elementi
di forma sferica. E non mi riferisco solo al pallone.
Al rigore decisivo venne giù l'albergo.
Mi ritrovai avvolto in un enorme drappo rosso-verde,
letteralmente stritolato da questi 4 lusitani urlanti ed ebbri di gioia di cui
capivo tutto benché il portoghese non l'abbia mai studiato; in particolare si
comprendeva il manifestare le loro emozioni, soprattutto quando apparvero in tv
le facce tristi degli sconfitti, a cui i miei clienti risposero con
l'inequivocabile ed internazionale gesto dell'ombrello. Erano felici come bimbi
sotto Natale, non li avevo mai visti così sorridenti. E pure per i due giorni a
seguire era tutto un arrivare al bancone ed urlare “Portugal!”, e darmi il
cinque, a me o chiunque fosse al bancone. Di colpo, dopo anni di espressioni
serie, divennero super simpatici, pure con chiacchiere varie. Fortunatamente
Pitti finì, e dico per fortuna perché non ebbi modo di vederli tristi dopo la
sconfitta in finale ad opera degli ellenici.
Nota triste: purtroppo questo fedele cliente venne a mancare
dopo poco tempo. Aveva la mia età.
domenica 29 dicembre 2024
Voglio fare gli auguri di buon
anno.
Li
voglio fare a tutti quelli che, come il sottoscritto, lavorano in albergo,
nelle strutture ricettive. I grandi alberghi, i B&B, i motel.
Auguri
alle cameriere, che svolgono un lavoro duro, pesante, faticoso. Con camere
ridotte a immondezzai da gente che l’avrà pure pagata, ma perché imbrattarla o
riempirla di spazzatura o lordare ovunque? E queste colleghe che si danno da
fare a igienizzare bagni e rifare letti per finire il turno distrutte dalla
stanchezza con paghe veramente misere (che poi, da dove viene questa cosa per
cui solo le donne rifanno le camere? Anche noi maschietti siamo capaci)
Auguri
a facchini e manutentori, che devono pulire le zone comuni e buttare chili di
spazzatura, oltre che effettuare le piccole riparazioni, imbiancature, tutte
quelle piccole attenzioni necessarie.
Auguri
al personale di sala. Quelli delle colazioni, che devono alzarsi molto presto
per fare apertura, e poi devono continuamente rifornire il buffet per
soddisfare uno sciame di cavallette. Clienti che spesso afferrano chili di roba
che poi lascia nel piatto, cibo sprecato solo perché si può prendere
liberamente. Auguri a quelli del ristorante, per gli alberghi che lo hanno. E
quindi anche ai cuochi, aiuto-cuochi, lavapiatti e inservienti vari. Che oltre
a preparare pietanze devono anche fare attenzione all’igiene e alla pulizia
della cucina.
Auguri
al personale del ricevimento, che fanno capo a tutto l’albergo e devono gestire
prenotazioni, contare incassi e a volte accogliendo clienti che spesso fanno
richieste strambe o lamentele gratuite, con atteggiamento musone e ostico.
Auguri
a capiricevimento e direttori, che devono coordinare tutti questi reparti.
Stabilire orari, venire incontro alle richieste di ferie o le malattie del
personale, oltre a coprire turni, se necessario. E magari dare un po' di
soddisfazione, se qualcuno fa bene il proprio dovere.
Auguri
a caldaie, macchine dell’aria condizionata, ascensori, frigoriferi, macchine
del caffè. Si, faccio gli auguri ai macchinari. Perché gli vogliamo bene e non
sia mai che non se la prendano a male. Sono aggeggi permalosi, capaci di
guastarsi il sabato alle 19, in un periodo di ponte. Non lo fate, ve ne prego.
Funzionate sempre.
Ma
soprattutto auguri ai miei colleghi pipistrelli, i notturni. Quelli come me
che, essendo in un posto con il ristorante, brinderò con i colleghi, ma non
posso dimenticare che per vent’anni ho lavorato in una struttura dove il
notturno è solo. L’unico dipendente della ditta, l’unico responsabile in turno.
Che neanche fa troppo caso al tempo che scorre e si accorge della mezzanotte
solo quando i botti all’esterno aumentano d’intensità.
Che
si possano sempre trovare clienti simpatici e sorridenti. Quelli per cui vale
la pena di fare questo lavoro.
Oltre
al vile denaro, naturalmente.
domenica 22 dicembre 2024
La scrivo adesso, di getto. Prima che me ne dimentichi. Perché l’ho proprio freddato.
Si tratta del solito, vecchio
classico della portineria alberghiera: lo scherzo telefonico.
Sono le 3 e arriva una
chiamata esterna sul centralino. Guardo il display, che mostra un numero di
cellulare italiano. Sarà qualcuno che chiede una camera? Sono pronto a elencare
tipologia e prezzi per la notte; tariffe scontate per l’ora e il periodo,
abbastanza basso.
Perciò alzo la cornetta e
sciorino la formuletta solita: «Hotel ****** buonasera sono Marcello. Come
posso aiutarla?»
Mi risponde una voce
adolescenziale condita da risatine di sottofondo. Tutto quello che riesco a
capire sono “prenotare” “camere” “5 e 6 gennaio”
Non mi va di perdere tempo con
ragazzetti che, alle 3 di mattina della domenica, si divertono a chiamare un
albergo di Firenze per fare lo scherzo telefonico a uno sconosciuto portiere di
notte. Probabilmente staranno anche registrando la chiamata perché sperano che
lo sconosciuto -io- vada in escandescenze e urli improperi e bestemmie da
mettere su qualche forum sociale. No grazie, non sono il tipo. Semplicemente,
riattacco. Sciò, via dalla mia esistenza.
E invece, il tempo di contare
fino a 3 che richiamano.
Rispondo ma stavolta mi
risparmio la formuletta, dico semplicemente “pronto”.
«È cascata la linea. Avete una
camera per…»
«Senti, giovane Jedi, se
proprio vuoi fare uno scherzo telefonico, ti consiglio di mettere “anonimo” perché
qui, sul display del centralino, mi appare il tuo numero: 328…»
Il centralino mostra la
dicitura “fine chiamata”. L’ho pizzicato e freddato.
Ero quasi tentato di fare il “richiama
numero” ma ho lasciato perdere. Non vale la pena di spendere ulteriore tempo
per ragazzetti che non hanno neanche la furbizia di nascondersi abbastanza e
non riescono a trovare altro divertimento di questo.
Però scriverci una storiella,
quello ci sta.
"Un Jedi usa Forza per saggezza e difesa, mai per attaccare"
giovedì 19 dicembre 2024
Ci sono eventi, momenti, piccoli fatti, che proprio non riesco a descrivere. A ricamarci sopra una storia, magari con qualche metafora particolare, come piace a me. Proprio non ce la faccio.
Sono de Roma, lui qualche anno in più di me, lei quasi venti più giovane. Rientrano alle quattro dopo che lui gli ha dato, parole di lei "na pizza in faccia". Io basito, incapace di proferire verbo. Lei ridacchia, attende che lui salga in ascensore, poi prende la via delle scale e inizia a singhiozzare.
Poco dopo lei scende, con la sua roba e lasciando numerose lacrime dietro di sé, come i sassolini di Pollicino. Si scusa della situazione. Lei, si scusa.
Neanche ora riesco a descrivere i miei sentimenti. Mi sentivo addosso una pena enorme. Cosa posso fare io, portiere notturno, in un caso del genere?
Le ho chiamato un taxi ed è andata. Ma prima ha fatto in tempo a mettermi una mano sul petto, intuendo la mia impotenza di fronte a tale dramma privato. Ha trovato la forza di dare un piccolo segnale di consolazione a uno sconosciuto. Ne avrebbe bisogno lei, invece lo ha dato a me.
Mi dispiace, ragazza. Ti auguro con tutto me stesso di ritrovare la serenità.
Non posso fare altro.
venerdì 13 dicembre 2024
Un portiere d’albergo che si dica tale non può non temere una delle richieste più deleterie. Quella che proprio ti lascia senza parole, incapace di dare una risposta adeguata.
A mezzanotte e mezza entra una
telefonata da un interno. Rispondo, come sempre, con una voce squillante e
decisa (buonasera, qui il ricevimento, come posso aiutarla?) e sento,
dall’altro capo, una voce maschile in inglese stentato.
«Buonasera. Abbiamo un
problema»
«Vediamo se possiamo
risolverlo. Mi dica»
«Non funziona l’aria
condizionata»
…
«L’a—l’aria condizionata?»
«Si, esatto. Non fa»
«Ehm… signore, siamo a
novembre. L’aria condizionata, in questo periodo, è spenta. Abbiamo solo il
riscaldamento»
«Ah… quindi non ce l’avete?»
«Viene riaccesa in Aprile, mi
spiace»
«Capisco. Arrivederci»
Riattacco. Ma ho la forte
impressione che le cose non siano così semplici. Il tempo di far passare pochi
secondi che arriva una seconda telefonata. Sempre dalla stessa camera. E
stavolta la voce, benché sempre in un inglese stentato, è femminile. Che non mi
dà neanche il tempo di rispondere
«Io voglio l’aria
condizionata! PRETENDO l’aria condizionata!»
Ecco, questa è una di quelle
richieste a cui proprio, noi portieri, non sappiamo come rispondere.
«Ehm… signora, capisco il suo
disappunto, ma come stavo dicendo a suo marito, in questo periodo non
l’abbiamo, è spenta in tutto l’albergo»
«Tutto ciò è INACCETTABILE!»
«Posso fare è farle portare su
un ventilatore»
«Non capisco!»
«Un ventilatore, per avere
fresco, un… aspetti un momento» penso che potrei provare a cercare, su un
traduttore in rete, come si chiama un ventilatore nella lingua della signora,
visto che non comprende il termine in inglese “fan”. Poi decido che la cosa
migliore è chiamare il mio collega e farglielo portare su. Comunico alla
cliente che provvediamo a risolvere il problema. Lei grugnisce e riattacca.
Dopo una decina di minuti il
facchino -che io ho soprannominato Massimo Decimo Meridio perché conosce tutte
le battute del film- riscende in portineria. Allarga sconsolato le braccia, ma
ha l’espressione del conte Vlad quando deve impalare i turchi:
«Io no capisco, questa no
capisce un ca**o! Lei dice che ha caldo ma io detto “apri finestra” e suo
ragazzo andato per aprire e lei urlato “no, io voglio aria condizionata”. Ma
vaffan***o! Tu apre e vede che dopo pochi minuti chiude perché freddo!»
«Ci vuole tanta pazienza»
«Pazienza deve avere lui, con
quella»
«Ma alla fine gli hai lasciato
il ventilatore?»
«Si, ma non acceso perché alla
fine lui andato finestra e aperto!»
Alle 7, all’arrivo di Paul
Giamatti, il collega per il cambio turno -io, ai miei colleghi, dò soprannomi
di attori o personaggi di manga- mi dice che «In teoria avrebbe ragione,
dovremmo fornirla, come servizio»
Nella pratica però concordava
che, visto che siamo in un periodo decisamente freddo, basta aprire la finestra
per qualche minuto ed ecco che anche la temperatura delle camere diventa
gradevole.
Però la richiesta dell’aria
condizionata in inverno, solo perché si paga e quindi “si vuole il servizio” la
trovo un tantino insensata.