lunedì 13 marzo 2023

Quando ero di servizio civile -parlo di quasi 30 anni fa- svolgevo le mie funzioni in un centro anziani di una chiesa vicino a Ponte alla Vittoria. Eravamo in due: uno la mattina e uno il pomeriggio, con la compresenza durante il pranzo. Stavamo con gli anziani apparecchiavamo nella mensa e poi pulivamo i piatti e la sala, li intrattenevamo giocando a carte e poi c’era preghierina pomeridiana -si, lo so, sono un agnostico che ha svolto il servizio per la Caritas. Una contraddizione in termini, ma siamo anche il paese dove i sedicenti cristiani al governo attuale lasciano morire la gente in mare-

La problematica era la Maria, una signora di quasi 90 anni che, nel pomeriggio, si disperava per il padre infermo, a cui doveva badare. Nella sua testa, costui era ancora vivo e lei non sapeva come fare perché lei camminava solo prendendola a braccetto, quindi si disperava, maledicendo un po' tutti -soprattutto i fascisti, perché questa cosa le capitò negli anni ’30, quando era giovinetta-

Passavamo i pomeriggi seduti accanto a lei a consolarla e assicurarle che l’avremmo aiutata, fino alle 18, quando la figlia veniva a prenderla per riportarla a casa.

Ecco, a volte capitano clienti così, che parlano in continuazione dei loro guai.

Alle 23.30 mi si presenta quindi, al bancone e direttamente dal bar, un cliente anglo-indiano. E parla senza soluzione di continuità.

Non è che fosse molesto, tutt’altro, ma parlava solo lui. Di quanto sia “amazing” Firenze, e qui mi fa piacere, indubbiamente. Di come siano importanti la cultura e l’educazione. Di come abbia votato per la brexit, benchè poi si lamenti che, per venire qui, ha dovuto usare il passaporto. Mi invita varie volte a visitare l’India senza darmi la possibilità di dirgli che lo farei anche volentieri, a condizione di avere soldi e tempo: dà per scontato che io possa. E vabbè. Mi mostra orgoglioso la figlia che canta il karaoke, e devo dire che è una discreta figliuola con una bella voce, poi passa alle foto di lui con molto sportivi -riconosco Steve Gerrard e Gianfranco Zola, gli altri sono campioni di quell’assurdità chiamata cricket- e infine si lamenta del trattamento rude riservatogli all’aeroporto, quando gli hanno chiesto, a lui e la moglie, se avevano con loro chissà cosa, oltre alla quantità di contanti.

Ecco, lì mi dice, una dozzina di volte, che avevano solo 200 € per il taxi e le mance, ma per il resto usavano la carta di credito, e la domanda gli era parsa una vera assurdità: “Chi porterebbe contanti in questo paese?”

Effettivamente non potevo dargli torto.

Simpatico, eh, ma bisogna dica ai colleghi del bar di metterci meno alcool, nei drink, e più bibita.

venerdì 3 marzo 2023

Cose che ho imparato su Padova:

1-Che è carina forte! Un centro caratteristico, con stradine piccole e una serie di negozietti alimentari, sotto il palazzo della Ragione, che mi dicevano "Fermati e assaggia qualcosa, Marce, che sei pelle e ossa! Torna sopra i 70 kg! Sgranati un bel panozzo con il cotechino e salsa verde accompagnato da un bicchiere di Merlot, che aspetti?"

"Lo sai cosa dice Miles Raymond riguardo al Merlot, si?"

"Ma che ti frega? E' buono, bevi!

Ora sono 72 chili. Doppio e triplo accidenti.

2-Mi ero, doverosamente, prenotato la visita alla Cappella degli Scrovegni. Semplicemente epica. Sarà perchè la dipinse un Fiorentino. Però, che magnificienza. Soprattutto la parte dei dannati nel giudizio universale, dove Giotto ci disegna anche un Papa, probabilmente doveva essere stato uno davvero pessimo. Oggi ci metterebbe l'attuale ministro dell'interno.

E poi la Pinacoteca, che bellezza. Mi affascina sempre vedere l'evoluzione artistica nei secoli. Le madonne con i bambini in grembo, bambini sempre bruttini mentre le madri sono bellissime ed eteree. La Maria Maddalena regolarmente a seno nudo, peraltro molto procace, arf! L'immancabile San Tommaso che infila il dito nel costato sanguinante di Gesù, oppure la Giuditta con la testa mozzata di Oloferne, in un crescendo splatter che Tarantino scansati proprio.

Nelle visite dei quadri, adoro passare al settecento, dove dominano i "parrucconi", signorotti veneziani con l'immancabile parrucca incipriata mentre le dame sono dotate di regolare seno a balconcino, arf 2.0. Infine le scene di battaglia, sempre di cavalleria, sciabole e cappelli piumati che il mio amico e progettista di giochi Andrea direbbe subito "Malplaquet. Oppure Cassano d'Adda. Unità di cavalleria 3-5, potremmo farci un gioco" e partirebbe in quarta a buttare giù appunti.

Io ho amici così. Chi si somiglia si piglia, dicono.

3-Io, che lavoro in un albergo stratosferico, ho dormito in una bettola d'infima categoria. Il mio primo capo ricevimento mi insegnò quella che è passata sotto il suo nome: prova Viviana. Scorrere il dito sopra quadri, stipiti, armadi per verificare le tracce di polvere e capire se il personale ha lavorato bene o meno. Beh, non ce n'era bisogno: lo strato di polvere era ben spesso e talmente visibile a occhio nudo che probabilmente gli acari che ci vivono sono lì che tentano di fare il salto di specie ed evolvere a esseri senzienti.

Ma ero assolutamente consapevole che sarebbe stato così, per quel poco che ho pagato.

4-Il mio vero scopo della gita in Veneto era Ideag Padova, il sabato. Mi sono ritrovato con altri aspiranti autori di giochi da tavolo -ma c'erano anche autori ed editori veri- e ho passato il sabato a giocare, dalla mattina fino a mezzanotte, terminando quando dalla biblioteca civica di Abano Terme hanno intimato di andare a nanna, altrimenti ci avrebbero chiuso dentro. E qualcuno di noi, probabilmente, ci sarebbe anche stato, a farsi rinchiudere dentro. Ho provato almeno 7 prototipi -ben 3 miei- e mi sono divertito un monte. E ovviamente non poteva mancare una cena luculliana, tutti assieme.

I veneti sono persone bellissime.

Un grazie a Filippo, organizzatore precisissimo, Piero dello StudioGiochi, Francesca e Andrea della Tana dei Goblin di Verona. E tutti gli altri con cui ho giocato, mi scuso se non li nomino tutti. E grazie Abano Terme. Che è praticamente attaccata a Padova, ma in Toscana bastano un paio di chilometri per scatenare odio feroce verso i vicini; non sapendo come funziona in Veneto, meglio rendere omaggio anche alla cittadina.

Ps. Poi tornerò sulle cronache del portiere d'albergo, ma per una volta che ho preso un fine settimana libero, m'andava di raccontarlo.







venerdì 24 febbraio 2023

Riporto, orgogliosamente, queste parole di Monica, ex compagna delle elementari.

 

Mi dichiaro insegnante inopportuna.

Stamani, mentre andavo a piedi a scuola, avevo già in mente di leggere in classe la lettera della preside Annalisa Savino. Mi sembrava così ben scritta, così priva di retorica, così diretta, così pertinente non solo “ai fatti del Michelangiolo” ma anche a quello che significa stare ogni giorno in mezzo ai ragazzi e alle ragazze di una scuola superiore.

Quindi a me sembrava non solo bello leggerla (e non uso la parola “opportuno” perché quando una cosa mi piace molto, ho voglia di parlare di bellezza) ma soprattutto sentire cosa ne pensassero i ragazzi e le ragazze, di quella lettera.

Mentre ero lì, sulla strada per la scuola, mi sono anche detta: Ma non è che poi qualche genitore...?

Perché ultimamente, nella scuola, pare che ci si debba sempre e solo difendere da un ipotetico genitore pronto a rimproverarci.

E mi sono risposta che, forse, era proprio il caso che la leggessero anche i genitori quella lettera e, anzi, così come ogni giorno scrivo gli argomenti delle mie lezioni, mi è sembrato giusto scrivere, sul registro elettronico, che avevo letto ai ragazzi la lettera della preside del liceo Leonardo da Vinci.

Perché quella lettera, secondo me, ha anche il pregio di aiutarci a capire come la pensiamo noi.

A volte non è così facile capire come la pensiamo. Io non lo do mai per scontato.

Comunque, il tempo di una mattinata di lavoro, torno a casa, accendo la radio, e sento che la lettera che ho letto in classe era stata definita dal ministro dell’Istruzione un “atto improprio” e che “non compete a un preside lanciare messaggi di questo tipo”, e che se l’atteggiamento dovesse persistere “sarà necessario prendere misure”.

Ho pensato: forse ho capito male. Vado a leggere su Internet e le parole erano proprio quelle, riportate da tutti i quotidiani.

Allora, mi sono detta, io non solo oggi ho fatto un atto improprio. Ho letto la lettera. Ma sono più di vent’anni che faccio atti impropri. Perché insegno storia. E anche quella che viene chiamata Educazione Civica. E parlo di fascismo e di Costituzione. E quella lettera è quello che dico quando parlo di fascismo. E’ quello che dico quando parlo di Costituzione. I miei alunni lo sanno il tempo che dedico a parlare di come nasce il fascismo. Nasce in quella maniera lì, quella che dice la preside. Quando ci sono le adunate è già tardi. E’ lì che dobbiamo mettere tutta la nostra attenzione. Non sulla propaganda, non sulle leggi fascistissime, non sul colonialismo, non sulle alleanze internazionali. E’ sui marciapiedi, nelle campagne, nei luoghi di lavoro, nel silenzio, nelle notti stellate, nei giorni normali dell’indifferenza. E’ nella disattenzione che nasce.

E allora adesso io chi sono? Sono quella che fa lezione di storia e parla di cose improprie o sono quella che si fa gli affari suoi? Quando mi guardo allo specchio, cosa mi racconto? Che in classe parlo dei professori che durante il fascismo non potevano più insegnare per le loro idee, o per la loro appartenenza etnica, religiosa e culturale e poi devo aver paura a leggere una lettera in classe? Devo sentirmi inopportuna?

Ho pensato a una cosa. Dostoevskij fu condannato a morte per aver letto in pubblico una lettera ritenuta inopportuna. Dostoevskij è riuscito a salvarsi e ha scritto i suoi capolavori.

Un anno fa è stato impedito, in una università italiana, di svolgere un ciclo di lezioni su Dostoevskij perché, data la situazione internazionale, era ritenuto inopportuno. Quelle lezioni si sono moltiplicate.

Allora, mi sono detta, forse bisogna avere il coraggio di essere inopportuni.

Cosa vuol dire essere inopportuni in questo momento? Vuol dire diventare quella lettera.

Ecco, noi insegnanti diventeremo quella lettera. Più ci sentiremo sbagliati, disorientati, lacerati, e più saremo tutti quella lettera.

[E poi, io dico che forse al ministero dovrebbero un po’ più interessarsi a cosa pensano i ragazzi, di quella lettera, e non a giudicare improprio averla scritta.] 

venerdì 10 febbraio 2023

Noi portieri di notte, normalmente, non vendiamo alcolici durante il turno.

Non lo facciamo perchè spesso i clienti tornano già decisamente ebbri e vogliamo evitare che stiano male. Per lo meno, non a causa nostra. E non lo facciamo anche perchè spesso, chi bussa all'ingresso per chiedere da bere, sono esterni, cioè non clienti dell'albergo, che vagano per la città alla vana ricerca di locali aperti e sperano, molto ottimisticamente, che un portiere gli smolli una birra.

Ma a volte qualche eccezione la facciamo.

Alle 2 di notte qualcuno cerca di entrare.

Accorro, giro la chiave e apro. Mi si presentano davanti due giovani e leggiadre fanciulle che, venti anni fa, avrei pesantemente radiografato dalla testa ai piedi ma che oggi osservo con sguardo quasi paterno.

"Buonasera, scusi il disturbo. So che non siete un bar, ma volevamo comprare una bottiglia di spumante. La nostra amica domani si sposa e volevamo festeggiarla"

Si palesano, da dietro l'angolo, altre 3 ragazze. Una di loro con la tiara e il veletto incorporato.

"Le compriamo la bottiglia e ce ne andiamo"

"E la bevete così, in un sabato notte di Febbraio, con queste temperature polari? Entrate dentro"

Queste 5 ragazze entrano, sorprese e un pò titubanti, dentro la hall. Si guardano attorno stupefatte, esprimendosi in frasi di ammmirazione per la struttura -è veramente un gran bel posto- e ringraziando sentitamente.

"Una bottiglia di spumante costa xy €. Alternativamente c'è lo champagne ma viene quasi il dopp--"

"Spumante!" Esclamano all'unisono con la stessa rapidità con cui Lisa Simpson dice "mamma!"

Appare una carta di credito, che svolge diligentemente il suo lavoro. Poi faccio accomodare le ragazze a un tavolo ("Ma possiamo portare via la bottigl--" "Mettetevi a sedere, ho detto"), porto i calici, stappo lo spumante, lo verso -cominciando dalla festeggiata- e, da vero barman, ci aggiungo dei ciotoli di patatine e salatini.

Sono letteralmente estasiate.

Non la farò lunga. Trascorrono un'ora spensierata bevendo spumante e cui si aggiungerà poi un vino rosè che porteranno via. Ovviamente ci scambio anche due chiacchiere -non sono tutte di Firenze e due di loro sono di origini extraeuropee, come si conviene in un mondo cosmopolita- ma per il resto le lascio al loro relax. Quando decidono che è ora di andare non la smettevano più di dire grazie.

Probabilmente avrebbero preferito un California Man che si esibiva in uno spogliarello, ma in queste fredde sere non si possono pretendere locali aperti che offrono spettacoli esagerati. Spero siano state comunque bene con un vecchio portiere. E poi io non ho più l'età per esibirmi in un Full Monty.

E neanche i pettorali, accidenti.


lunedì 6 febbraio 2023

Lascia che ti spieghi come funziona.

Non starò a fare tante prediche. O lanciarti futili maledizioni. A che servirebbe? Ti scavi già la fossa da solo.

Sarò semplice.

Ti farò un esempio pratico.

5 mesi fa, alta stagione.

Sai com'è l'alta stagione? E' tanto, tantissimo lavoro.

Sono 40 e più arrivi e partenze. Ogni giorno. Sono una cinquantina di prenotazioni da inserire. Sono una dozzina o più di caparre da fare. Sono le spiegazioni da dare ai clienti su dove si trovano gli Uffizi rispetto all'hotel, centinaia di volte a dire la stessa cosa, a fare le stesse x sulle piantine, tutti i giorni, e non mi pesa per niente, perchè so benissimo che al cliente che ho davanti è la prima volta, e non vede l'ora di sapere dov'è il museo per eccellenza del pianeta. Sono mesi che si programma questa visita, si chiami esso Chen, o Smith, o Yamasa, o Gomez.

Con tutto quel che avevo da fare, entrò questa ragazzetta americana. Vent'anni neanche, canotta, pantaloncino corto ed infradito, come solo loro osano vestirsi; ci sono solo due categorie di umani che usano questo abbigliamento su questo quadrante stellare: i maschi mediterranei coatti e le ragazzette americane. Ebbene, lo sai cosa mi disse costei? Queste, testuali parole:

-Hello, bongiorn, i know you are working, i'm so sorry to bother you, and i know i'm not a guest of the hotel, but i really need a restroom- (Ciao, bongiorn, so che sta lavorando, mi spiace tanto di disturbarla, e so che non sono un'ospite dell'albergo, ma ho davvero bisogno di usare il bagno)

Lo so che stai ridendo della pronuncia yankee del nostro buongiorno, ma pensaci un attimo: costei si scusò del disturbo. Si scusò di chiedermi una cosa di cui sapeva di non avere diritto. Soprattutto disse il buongiorno.

A te sembra una sciocchezza?

Ti assicuro che non è così.

Ripetiamo la tua sequenza.

Ti presenti martedì pomeriggio. Febbraio. Giorno di bassa.

Io la odio, la bassa.

Perchè se è vero che in alta finisco le 8 ore di turno distrutto dalla stanchezza, mi sento contento per il lavoro che ho svolto, per i clienti che ho servito, per il dovere che ho compiuto e la pagnotta che mi sono guadagnato. Soprattutto, sono contento quando questi clienti rientrano e mi dicono “Che splendida città, che avete!”

In bassa no. In bassa controllo la posta ogni 3 secondi per vedere se entrano prenotazioni, e poter almeno stampare ed inserire quelle. Perchè una volta svolto il poco lavoro che ho, non c'è altro da fare, e, credimi, fare solo da guardiano, per un portiere, è frustrante.

E mentre attendo che il tempo passi, magari scrivendo un po' di hiragana, o la coniugazione del verbo joder, tanto per non perdere l'abitudine, tu apri la porta.

Ora, a prescindere dal tuo abbigliamento che è, come eufemisticamente direbbero su feudalesimo e libertà, “male in arnese”, tu non entri; te ne rimani lì sul portone, facendo entrare il fresco della Firenze di febbraio perchè stai fumando, e qualcuno potrebbe anche pensare che sei intelligente a non entrare in un locale con la sigaretta nel pieno esercizio delle sue funzioni, cioè bruciare.

Solo che poi te ne esci con questa locuzione:

-Che mi fai usare il bagno? Dai!-

Con quell'abbigliamento devastante e quell'atteggiamento strafottente che saresti perfetto a Las Vegas ed in compagnia di Raoul Duke e del Dottor Gonzo. Peccato che invece siamo a Firenze ed hai beccato me, a cui piace l'educazione ed il rispetto del prossimo.

Ti rendi conto che c'è una profonda differenza tra quel che mi chiese la ragazzetta yankee a Settembre e tu martedì scorso, vero? Lo capisci che se lei ha avuto il permesso di andare nel bagno della hall ad espletare i suoi bisogni corporali e tu no è perchè lei ha mostrato una gentilezza ed una cordialità che tu non hai ancora appreso, benchè abbiate praticamente la stessa età? Ora comprendi il perchè ti inserirei immediatamente nella lista detta “persone da avviare urgentemente alla rieducazione” dell'NKVD, si?

Quindi è perfettamente inutile che ti arrabbi ed insisti “Dai, mi scappa!”, arrogante e maleducato, quando ti dico di no e ti rimbalzo ai bagni pubblici della stazione, dove se sei fortunato trovi pure “lo comodo giaciglio pe lo riposo de le stanche membra”.

Nel medioevo morivano di fame e si scannavano come bestie, ma almeno erano molto più educati di te.

Massì, mandami pure a quel paese, come hai gridato quando te ne sei andato via; tanto di qui non sei passato. Il paese dove ti manderei io, ripeto, si chiama Siberia. In un vagone piombato. Sola andata.

E' così che funziona.

giovedì 19 gennaio 2023

Non mi sono mai ritenuto, nè mai lo sarò, uno scrittore.

Per essere tali occorre essere davvero bravi, nello scrivere. Creare contenuti che appassionino il lettore e lo facciano viaggiare, con la mente, in un altro luogo e immedesimarsi con personaggi immaginari. In questo sono un completo dilettante. Preferisco di gran lunga essere il lettore.

Tuttavia scrivere mi è sempre piaciuto. Internet oggi dà la possibilità di esprimere idee in modo gratuito. Chiunque può aprire un blog, una pagina come questa, e buttare giù due righe. Non costa niente. Per me rappresenta un passatempo piacevole.

Ogni tanto però, giusto per, partecipo a qualche concorso letterario. Di solito il trofeo Rill, dove le mie creazioni sono puntualmente cassate. Ma basta leggersi i racconti finalisti per capire il perchè: sono assolutamente migliori dei miei. Di gran lunga.

E tuttavia scrivo lo stesso. Probabilmente provo un piacere perverso, nell'essere eliminato -dev'essere anche per la squadra di cui sono tifoso- ma uno ci prova sempre. Così mi sono deciso a raccogliere un pò di questi raccontini e autopubblicarmeli. Per il piacere di avere un volume con i miei deliri, nonchè nome e cognome, sullo scaffale.

Non è un'operazione fatta per guadagnarci soldi, ma a me piace così. C'è chi il proprio denaro lo spende in abbonamenti treno Napoli-Milano, oppure in orologi, che siano Rolex o Casio. Io mi autopubblico libri. Regalerò alcune copie a parenti e amici cari, altre le venderò, a chi le vorrà. Probabilmente tramite stratagemma, se sono favorevoli.

Ringrazio Marina Cappelli di Libriamo per aver superbamente corretto i miei deliri e curato la pubblicazione, e Roberto Gigli di Roberto Rog Gigli per la mitica copertina, io e la grafica siamo totalmente incompatibili, come gli attuali attaccanti della Fiorentina per il senso del gol.

ps. In un primo momento ero tentato di mettere la mia faccia, in copertina, ma poi il duca di Sussex mi ha preceduto. Malvagio Henry, mi vendicherò!




lunedì 16 gennaio 2023

Quando cominciai a lavorare in albergo pensavo che, prima o poi, avrei potuto incontrare i cosidetti vip. Oggi sono molto più scafato e li considero persone come le altre, ma a quei tempi, giovane e immaturo, ero elettrizzato a questo possibile evento. Lei fu la mia prima "vip".

Sono passati 24 anni, quindi posso anche mettere il nome dell'albergo, un gran bel luogo dove lavorare: hotel Villa Carlotta, vicino a Porta Romana, Firenze sud. A parte due ex colleghe, è cambiata sia la gestione che l'hotel stesso, molto ristrutturato. All'epoca ci lavoravo una singola notte alla settimana, il lunedì, gli altri giorni ero in un'altra struttura. Quel lunedì del 1999 mi presentai quindi puntalissimo, come sempre, per iniziare il turno e il collega del pomeriggio mi informò: stanotte viene a dormire Gina Lollobrigida. Mi raccomando l'accoglienza adeguata, la gentilezza e, soprattutto, accompagnala in camera. Sei da solo, quindi le valigie devi portargliele tu. Quando viene a Firenze alloggia sempre da noi.

Così ebbi l'onore di fare il check-in alla grande attrice, che si dimostrò molto cordiale, molto truccata e molto chiacchierona, le piaceva parlare. In quel periodo era candidata per le elezioni europee, quindi girava il collegio del centro Italia per la campagna elettorale, e cominciò a dirmi tutte le fatiche di muoversi quà e là tutti i giorni. Il suo collaboratore se ne andò in camera per conto proprio, io chiusi a chiave l'ingresso e portai su le valigie, che non mi pesavano affatto. Riuscii a fare una battuta sul suo ruolo di Fata Turchina nell'epica serie su Pinocchio di Comencini, lei apparve molto colpita e ringraziò sentitamente. O forse recitava perchè chissà quante volte le avevano fatto complimenti sui suoi ruoli cinematografici. Ma comunque, in quel momento, volevo dirglielo.

In ogni caso, portati i bagagli, discesi al ricevimento per continuare il turno. La mattina si alzò presto e scese a pagare le due camere perchè, questo particolare lo ricordo bene, voleva saldare prima possibile e non pensarci più. Sempre truccatissima ma con quel bellissimo sorriso impresso. In quel momento arrivò anche la collega, e la grande diva ebbe modo di esprimere ancora la gentilezza e l'accoglienza del personale dell'albergo. Il che mi fece sentire veramente professionale, un vero portiere d'albergo.

Se quella era la sua intenzione, ci riuscì benissimo.

Addio, Fata Turchina.