domenica 29 agosto 2021

 Proprio quando penso che il mio più che ventennale lavoro d'albergo, fatto di turni pomeridiani fino alle 23, o turni notturni che iniziano alle 23, o clienti che pagano poco ma pretendono servizi extralusso, o quelli che chiamano per prenotare e poi "ma il garage costa troppo, è uno scandalo, voglio parcheggiare gratis" perchè Firenze venne edificata secoli fa per farci girare il tuo suv, come no, o quelle che arrivano alle 21 e chiedono "una camera con vista, pleaseeee" e quando gli dico che è tardi per chiederla perchè sono già occupate, mi piantano il muso e non salutano per tutto il soggiorno, ecco, quando proprio quando sto pensando tutto ciò, scendono le scale queste 5 bellissime ragazze, provenienti da una regione confinante, che hanno scelto proprio Firenze e l'albergo dove lavoro per l'addio al nubilato. E mi appaiono davanti al bancone in tutto il loro splendore e la loro serenità, rilassatezza, voglia di vivere alla faccia del maledettissimo virus. E non posso non chiedergli una foto (che ho censurato un pò con i cuoricini, anche se le ragazze portavano la mascherina)

Ecco, sono questi momenti che mi convincono che fare il portiere d'albergo non è un semplice lavoro come un altro, con stipendio, ferie, 13esima, tfr, eccetera eccetera. Niente affatto. Fare il portiere d'albergo, quando si hanno queste clienti, è un privilegio.

Grazie ragazze. Mi avete dato tantissima gioia e auguro tantissima felicità agli sposi. E se non fossi stato in turno anche oggi, avrei preso l'auto per imbucarmi al matrimonio (ma soprattutto al rinfresco del matrimonio)



sabato 21 agosto 2021

Quando cominciai a lavorare in albergo mi stupivo degli asiatici (giapponesi, poi sostituiti dai cinesi) che portavano la mascherina. Pensavo che avessero paura di essere contagiati da noi occidentali, e si prevenissero tappandosi naso e bocca.

Poi capii.

Gli asiatici non si mettono la mascherina per proteggere sè stessi, ma per proteggere gli altri. Se hanno paura di avere un qualche virus, si tappano e riducono la possibilità di infettare altre persone e spargere la malattia. Magari hanno solo un raffreddore da aria condizionata (che tengono sparata al massimo) ma per essere sicuri, indossano la protezione. 

100% confucianesimo, la comunità viene prima dell'individuo.

Non si chiudono la vita sociale, ma fanno il massimo per ridurre il rischio. 

E poi, due settimane fa, un gruppo di nostri connazionali rientra in albergo senza nessuna mascherina, uno di loro starnutisce senza neanche preoccuparsi di tapparsi la bocca, estrae un fazzoletto di carta dalla tasca, si soffia il naso e poi smolla il fazzoletto lì sul bancone.

Sono corso sul retro ad archiviare alcune pratiche (cosa che faccio alle 3 di notte, ma in quel caso mi sembrava ben più urgente) e quando questi tipi sono entrati in ascensore, trattenendo il fiato e coperto da due mascherine, sono corso all'ingresso e l'ho spalancato. Ho atteso qualche minuto, poi, con due penne a mò di bacchette, ho afferrato quel fazzoletto al lembo più estremo e l'ho fatto cadere nel cestino, subito seppellito da un quintale di carta. E poi ho disinfettato le penne.

ps. Ho detto asiatici, ma sarebbe meglio dire "asiatici istruiti". Perchè, anche lì, non è che sia tutto rose e fiori.

E' che quando trovo questi miei connazionali mi cascano veramente le braccia.



venerdì 13 agosto 2021

E' un mononeurone. Un unico, singolo, isolato neurone che circola dentro la nostra testa maschile. E ci rende incapaci di ragionare.

Ore 3 del mattino. Entra questa coppia sui trent'anni, ben vestiti per questa estate rovente anche in piena notte, con camicette in lino aperte sul petto di entrambi.

Al di là del mio errore nel non aver chiuso a chiave l'albergo a quell'ora, so già cosa cercano. E so già che dovrò rispondere negativamente perchè siamo al completo. Che è sempre una bella notizia per un albergo dopo più di un anno di chiusura. 

Lei si mette un attimo in disparte. C'è sempre questa cosa, da parte delle ragazze, nel vergognarsi quasi di ciò, come se fosse una cosa brutta quello che andranno a fare. Quando invece è una cosa bellissima, di cui bisognerebbe essere felici. Perciò esordisce lui, con un accento leggermente francese:

-Ciao, ci puoi trovare una camera?

E' sempre un pò buffa, come richiesta. "Trovare", come se dovessi fare una ricerca. Se lavoro in un albergo, devo assolutamente sapere se ho camere libere e la relativa tariffa. Ma tant'è, non credo che sappia come funziona questo lavoro.

-Mi spiace, siamo al completo-

Lo sguardo deluso di chi sa che andrà in bianco. Mi ripete la richiesta -Non c'è proprio niente?- a cui non posso che allargare le braccia, mentre lei è già pronta a scattare di nuovo all'esterno. 

Solo che lui, annebbiato dal mononeurone maschio che pretende solo ed esclusivamente una cosa, nota il divano davanti all'ascensore e se ne viene fuori con una delle richieste più assurde che abbia mai sentito:

-Ma non ha qualcosa tipo questo divano?-

Non so se lui ha notato, nascosta dalla mascherina, la mia bocca aperta dallo stupore. Per un attimo è calato un silenzio irreale, rotto solo da una imperiosa richiesta femminile:

-Andiamo!-

Lei esce, lui abbassa la testa e la segue, i miei occhi spalancati li seguono anch'essi.

Maledetto mononeurone. A volte invidio i monaci medioevali: preghiera, scritture di manoscritti e penitenziagite.

martedì 10 agosto 2021

Gli italiani possono essere buoni, pazienti e comprensivi. Si, esistono anche questi. E sono bellissimi.

Ma toccagli il pallone, e diventano delle iene inferocite.

Famiglia del nord italia in auto. Lui un uomo sportivo, lei asiatica che Michelle Yeoh può andare a nascondersi. E 3 bellissimi figlie/i, allegri, caciaroni ma anche disciplinati al punto giusto.

Arrivano verso mezzogiorno, in un caos automobilistico da urlo. Una cosa così, in 25 anni di lavoro d'albergo, non l'avevo mai vista. Sarà che tutti evitano i mezzi, anche per il piacere di non dipendere dagli orari dei treni (che in Italia sono indicativi), e con l'auto si può scegliere quando partire e dove fermarsi. E sono tutti italiani o europei. Magari c'è pure qualcuno che non ha il famoso "permesso verde" e quindi, nel timore di non essere accettato sui treni, prende la macchina.

Fatto sta che la città è letteralmente invasa di automobili. Il risultato è che ci sono macchine parcheggiate ovunque, e i garagisti sono letteralmente sopraffatti dalla quantità industriale di richieste.

Il cliente quindi arriva in albergo e, con una calma e una tranquillità che mi sorprendono, ci spiega di aver parcheggiato, con la famiglia dentro, sulle strisce; a 100 metri di distanza. la sua calma, come dicevo, mi sorprende perchè la maggioranza dei clienti entra inferocita lamentandosi del traffico, come se fosse colpa dei portieri di questo assembramento automobilistico in una città costuita nel medioevo. Lui invece è tranquillo. Chiamo il garage, ma  l'addetto non fa mostra di sè; perchè questi lavoratori sono tutti continuamente di corsa da un albergo all'altro della via per prendere auto di clienti in arrivo o portare il mezzo di quelli in partenza. Dopo aver aspettato una decina di minuti, decide rassegnato di guidare lui stesso al garage, dopo cheio gli ho spiegato come arrivarci. 

Arrivano dal garage e sono tranquillissimi, malgrado abbiano i loro bagagli, portati sotto un caldo atroce. Li mando di corsa in camera perchè hanno la prenotazione agli Uffizi di lì a pochi minuti, ed è inutile stare a fare tanti convenevoli: il check-in si può fare anche nel pomeriggio, l'ingresso al museo invece è come lo yogurt: scade. Lui mi ringrazia come se gli avessi salvato la vita, ed è appena passato dal girone infernale che è il traffico fiorentino. Gli avrei fatto un monumento lì, alla reception.

Poi arriva il giorno della partenza. Sono in turno di mattina.

Scendono per la colazione e, come mi vede, mi ringrazia calorosamente. Che è felice di essere stato a Firenze, che siamo tutti gentilissimi, che la camera è bella -ovvio, è la più grande- eccetera. 

Solo che poi indico le mascherine dei figli, inequivocabilmente rossoneri. Si sa che a noi italiani piace parlare di calcio. 

E lì esce letteralmente il diavolo. Non solo per la squadra per cui fa il tifo. 

"Quello lì è un ******! Un vero *******!!!"

Si riferisce al portiere della nazionale. Quello che ha parato l'ultimo rigore inglese. Che era della sua squadra e poi è andato via.

Non è che noi fiorentini siamo stati da meno, nell'insultare giocatori che erano Viola e poi, da un giorno all'altro, vanno altrove, specialmente se passano a colei-che-non-deve-essere-nominata. Ma vedere questa rabbia da osservatore esterno devo ammettere che fa un brutto effetto. Ero così anche io, a vent'anni? Evidentemente si. Ecco, mi sono vergognato di me stesso. Si fa presto a dire "avevo vent'anni". Ero fava, questo è il motivo. Ci si può scherzare, ma gli insulti, effettivamente, sono troppo. D'ora in poi, solo ironia. Nella vita ci sono cose peggiori, anche se Chiesa Junior mi ha dato un grande dolore.

Però, al di là di quello sfogo rabbioso, era una persona simpatica con una bella famiglia. Ma devo ammettere che ragiono di parte: ho sempre avuto una forte simpatia per i lombardi, quelli del capoluogo in particolare.

Spero tornino. Di clienti così ne abbiamo un gran bisogno.

Ma non ci parlo di calcio.


lunedì 2 agosto 2021

Il portiere d'albergo, dopo una mattinata di 45 partenze, altrettanti arrivi e 7 ore e mezza di turno, riceve la richiesta di fare una prenotazione per gli Uffizi.

Il portiere, comunque sempre pronto e sorridente a soddisfare le richieste della clientela che, dopotutto, viene a vedere i bellissimi monumenti della sua città, alza la cornetta, chiama l'ufficio prenotazioni, attende un'era geologica che la voce registrata dia le informazioni sulla procedura, i vari numeri da digitare per la lingua e il museo scelto e la musica d'attesa inframezzata da "la sua chiamata è la 341esima in attesa" e, finalmente, parla con la gentile operatrice. 

Il portiere prende il blocchetto prenotazioni, scrive data e ora della visita e il fondamentale numero di prenotazione.  

Ma scrive questo numero nello spazio dove va riportato il nome del cliente.

Il portiere potrebbe lasciar fare, o disegnare delle frecce per indicare dove vanno correttamente numero prenotazione e nome cliente, ma lui, da bravo pir*a, vuole fare il precisino. E non gli va neanche di buttare il foglio del blocchetto e riscriverne un altro. Gli sembra uno spreco di carta e inchiostro, e sente come se una ragazzina svedese lo guardasse, a ragione, con aria di profondo rimprovero. Quindi decide di prendere il bianchetto per correggere.

Ma dopo aver coperto con il bianchetto, il portiere si rende conto che NON aveva trascritto il numero della prenotazione. E ora non se lo ricorda. Anche perchè sono 7 numeri.

Il portiere tenta di recuperare il numero grattando via il bianchetto secco con le unghie, con il risultato che toglie via anche l'inchiostro sotto. Buca pure la carta. Tenta di decifrare il numero mettendo il foglio a due millimetri dall'occhio, come uno Sherlock a caccia di impronte dell'assassino. 

Poi il cliente gli dice che la prenotazione non va bene perchè troppo a ridosso della partenza, ma d'altra parte c'era solo quell'orario -gli Uffizi sono già al completo, nei giorni prima- perciò richiama l'ufficio prenotazioni, attende l'era geologica necessaria per parlare di nuovo con l'operatrice, chiede se può cancellare la prenotazione "basta il nome del cliente?" Si, basta quello. Prenotazione cancellata.

Rassegnato, il portiere strappa e butta via il foglietto.

Greta, perdoname per mi vida loca.