giovedì 24 marzo 2022

C'è un gioco, che mi piace fare con i clienti dell'albergo. Una cosa che riesce bene quando ho il turno pomeridiano e finisco alle 23.

Premessa: molti clienti non escono per cenare. Lo fanno principalmente per risparmiare un pò di soldi, oppure per stare più leggeri che non mettersi a una tavola e sbaffarsi le pietanze scelte dal menù. Si limitano a ordinare il cibo da uno dei tanti servizi di consegna a domicilio, cosa che io, personalmente, non comprendo. Poco fuori dall'albergo ci sono un sacco di locali, e qui faccio un ragionamento personalistico: io non mi pongo problemi a indossare qualcosa, mettermi le scarpe e scendere a prendermi il mangiare da portare via direttamente sul posto. Sarà che anche a casa ho la fortuna di avere due buone pizzerie poco lontano, però mi sembra un'assurdità farmelo portare quando posso fare due passi, pure se piove, e andare direttamente dove lo cucinano.

Molti ragionano come me: c'è la pizzeria a 20 metri dall'albergo? Scendiamo e prendiamola, invece di fare i pelandroni e ordinare on line. E rientrano con il classico cartone. Ecco, il gioco è allungare le mani sul bancone, come a fare il gesto di prendere il cartone, e dire "Oh, la pizza, grazie!"

Ridono tutti. Immancabilmente. Qualcuno, seriamente, me ne vuole pure offrire un pezzo, ma declino perchè non mi permetterei mai di fare lo scroccone così, oltre al fatto che sono al lavoro e nel toccare chiavi e tutto ciò che è sul banco, malgrado l'igenizzante, ho le mani che sono un ricettacolo di microbi peggio del bancone da lavoro del dottor Pasteur, o dei laboratori di Wuhan. Il gioco piace e anche clienti seriosi si lasciano scappare una risata.

Famiglia americana che rientra in albergo quando ho il turno di notte, poco prima delle 24: padre, madre e figlio grande. Il padre, omone grande e grosso, ha con sè il cartone, quindi parto subito con la mia battuta.

Beh, mi lascia il cartone. Spiega: "So che può sembrare strano, ma ne abbiamo ordinata troppa. La pizzeria ci ha messo gli avanzi nel cartone, ma siamo pieni. Se avete fame la potete mangiare voi". La moglie rincara la dose: "Non l'abbiamo toccata, non ci abbiamo messo le mani".

Ho ringraziato, ma ovviamente non l'ho toccata. Perchè non ci ho messo le mani io oltre al fatto che è fredda e sono già sazio dalla cena che ho mangiato a casa prima di entrare in turno, per la notte. Però devo ammettere che ho apprezzato il gesto, per quanto forse discutibile.

Preso dalla curiosità, ho dato un'occhiata: funghi e salamino piccante! Argh!

Domani sera vado in pizzeria e me la ordino.

sabato 19 marzo 2022

Scusate, ora arriva un pippone moralista. Lo so, ogni tanto mi prende e devo scriverlo.

Una delle mie grandi passioni, nel blog l'ho scritto ogni tanto, sono i giochi. E in particolare i wargame, i giochi di guerra. Sono un wargamista da decenni.

Ho giocato a giochi di grande strategia, dove le pedine sono corpi d'armata, e ho giocato a quelli di livello tattico, dove le unità sono plotoni di fanteria o un singolo carro armato.

Ho giocato alle guerre dell'antichità -Grecia, Roma- del medioevo, del rinascimento, le guerre napoleoniche, la guerra di secessione, la guerra civile spagnola, le due guerre mondiali, scontri navali tra flotte moderne.

Giochi con quadrati di cartone da muovere esagono per esagono, oppure miniature accuratamente dipinte da manovrare su un ipotetico campo di battaglia verde, con alberi e casette.

Regolamenti molto complessi su movimento, rifornimento e combattimento, con innumerevoli tabelle dei risultati e dadi da lanciare.

In tutto questo, una guerra vera mi lascia sempre una strana sensazione. Un gusto molto amaro in bocca. E mi ritrovo a domandarmi se questa mia passione sia giusta o profondamente sbagliata.

C'è qualcosa di perverso a giocare ad un gioco di guerra. Perchè il gioco riguarda solo ed esclusivamente la parte militare, ma ignora le sofferenze di chi quegli scontri li ha vissuti dal vivo, militari o civili che siano. E però ci sono, noi giocatori lo sappiamo benissimo. Che si stia manovrando una legione romana, un corpo di ussari o un bombardiere medio, ci saranno sicuramente stati tanti morti.

Solo che poi mi sono detto: perchè non mi sono posto gli stessi problemi anche nelle altre guerre più lontane, geograficamente o nel tempo? Solo perchè questa la sento più vicina, ecco perchè. 

A noi occidentali non c'è mai importato delle guerre lontane e/o dei popoli etnicamente diversi. Non ci interessano le persone che scappano da paesi con conflitti, o con persecuzioni politiche, religiosi o sessuali, fino a che non avviene a quelli affini -e vicini- a noi. Il che fa schifo. Ora che la guerra è in Europa, ecco che diventa notizia importante. Perchè i profughi hanno il colore della pelle come il nostro e perchè si sono alzati tutti i prezzi: gas, benzina, grano. E in fondo ci è sempre importato solo di quello: del nostro benessere. Non riusciamo a vedere oltre al listino prezzi. L'idea di fare qualche piccolo sacrificio non ci sfiora. Ci è sempre bastato andare al centro commerciale e, come canta J-Ax, "il mio problema è solo dove parcheggiare". 

Lo so, non serve a niente ragionarci. E' così. Domenica giocherò comunque, dadi alla mano e tabelle di combattimento sott'occhio. 

Domenica si combatte.




domenica 13 marzo 2022

L'amicizia è particolare, a volte.

Prenotazione di due camere singole, sono due amiche che non potrebbero essere più diverse:

Una ha una settantina d'anni portati benissimo: distinta, vestita elegante con un nero berretto sbarazzino su un cappotto color Avana, un filo di trucco, senza esagerare. Arrivata direttamente dagli anni '50, la sera si prende sempre una camomilla.

L'altra ne ha trenta di meno, veste di pelle nera, gonna al ginocchio, tatuaggi sulle gambe e stivali col tacco, birra in bottiglia. quando scende per fumare davanti all'ingresso è in vestaglia, e fuori è un freddo che uno si aspetta di veder passare Amudsen diretto verso la conquista del polo sud.

E però, malgrado questo, trascorrono tutto il tempo insieme in giro per la città.

Di giorno, entrano e escono sempre insieme. La sera le vedo camminare in una via vicino all'albergo, poco prima di entrare in turno di notte. Ero intabarrato per il freddo pungente, quindi non mi hanno riconosciuto. Le sento chiacchierare nella loro lingua -il teutonico- quindi non mi sento neanche un intruso che spia, dato che non lo parlo e non lo capisco. Chissà se discutono delle bellezze artistiche che hanno visitato oggi a Firenze, o della bistecca che hanno divorato, del Chianti che hanno bevuto, della loro ex prima ministra e di come avrebbe risolto certi problemi.

Partono la mattina alle 5, sono in turno. La più giovane paga entrambe le camere perchè ha prenotato con la sua carta, la più grande sta estraendo i contanti dal borsello ma la più giovane le mette la mano sopra e le dice "Non ora, me li rendi a Francoforte" (Ho capito solo "Non ora" e "Francoforte", ma era chiarissimo); al che la settantenne mi guarda e in inglese mi dice "Lei è l'organizzatrice, il cervello. Io non riuscirei a fare niente" mentre l'altra sbatte la mano in aria come a schernire il complimento ed è impegnata, nello stesso momento, a rimettere a posto la carta e ricevuta nel borsello, estrarre una sigaretta e consegnarmi le cartoline da imbucare quando staccherò dal turno. Non potevo non aiutarle a portare fuori i bagagli, all'arrivo del taxi. Si, lo ammetto, lo faccio con tutti i clienti che partono alle 5 del mattino, ma con loro c'era un gusto diverso.

Ma la cosa più bella rimane il fatto che, nel mondo dei social e delle foto pubblicate on line, c'è ancora qualcuno che scrive le cartoline; e pazienza se la scelta del soggetto è quantomeno discutibile. Sono tedesche, glielo perdono.

Ma -lo ammetto- le ho imbucate facendo attenzione che non mi notasse nessuno.



domenica 6 marzo 2022

-I clienti che non rispondono al buongiorno/buonasera quando entrano in hotel, e hanno sempre l'espressione seria e compunta, che la riconosci anche dietro la mascherina;

-I clienti che sorridono e lo vedi bene perchè la mascherina non ce l'hanno. Mai. E starnutiscono.

-I clienti che scendono al ricevimento per il check-out, dicono che hanno bisogno della fattura, si immaginano, chissà perchè, che noi portieri si conosca la loro ditta e sbuffano perchè devono cercare il LORO codice univoco nel LORO telefono;

-I clienti che chiamano per cercare una camera e si stupiscono perchè costa il doppio di quanto l'avevano pagata mesi fa. E si risentono perchè non possiamo fargli la stessa tariffa; 

-I clienti che ti riempiono di domande a raffica a cui noi portieri non riusciamo a rispondere perchè sono in quattro e pongono 4 domande DIVERSE in CONTEMPORANEA;

-I cienti che mi rimproverano che "l'anno scorso c'avete fatto perdere o' scudetto". E che ti devo dire? Anch'io baratterei quella vittoria contro il Napoli dell'anno scorso per una vittoria mercoledì scorso, ma 'un si pole fa;

Ma anche:

-Il tifoso del Grifone Rossoblu che esprime la sua solidarietà per la partita di mercoledì (i genovesi sono clienti bellissimi);

-Le signore che ci riempiono di complimenti per come le abbiamo accolte dandogli perfino la piantina di Firenze. Come se non fosse una cosa così scontata. La diamo a tutti, ma questi apprezzamenti fanno così piacere che io e la collega eravamo davvero commossi;

-La ragazza che, avendo ancora un giorno di soggiorno a Firenze e non sapendo che altro vedere, mi prendo qualche minuto per selezionare musei e chiese varie: Santa Croce? Vista. Palazzo Pitti? Visto. Palazzo Vecchio? No... Ah-ha, non lo conosce? E allora vai di immagini per cercare il salone dei cinquecento. Il giorno dopo non la vedo -ero di pomeriggio- stacco dal turno, esco e la incrocio quasi all'ingresso. Mi riconosce malgrado abbia la mascherina e un'intabarratura che sempre uno dei membri della spedizione di Amudsen al Polo e mi dice "sono stata a Palazzo Vecchio, è bellissimo". 

E niente, Firenze è sempre meglio di tutto il resto.

mercoledì 2 marzo 2022

Turno di notte. 

Come sempre, mi chiudo dentro. Come sempre, arriva qualcuno che trova chiuso e non è che suona il campanello o bussa, no, ma quando mai! Tenta di aprire con la forza!

Giro di corsa dietro il bancone e accorro all'ingresso dicendo "Arrivo, arrivo!", ma è tutto inutile, lui continua a insistere.

Apro. E' un ragazzo giovane ci baffi con in mano un bicchiere enorme di birra e, in bocca, un panino gigantesco, che riprende con la mano con la quale stava tentando di aprire. Ovviamente senza mascherina.

Entra barcollando e bofonchiando un "thank you", e avviandosi all'ascensore, al che gli chiedo se ha con sè la chiave, che dovrebbe lasciare al bancone ma, come troppo spesso succede, non l'ha fatto. Lui lì per lì non capisce, poi ridacchia e canticchia "key, key", anche quando l'ascensore si è richiuso. 

Vabbè, non sei la prima fa*a che incontro. 

Solo che un'ora dopo esce dall'ascensore in abbigliamento decisamente diverso: canotta, asciugamano a coprire dalla vita in giù e nient'altro. 

Si avvicina al sottoscritto e se ne esce con queste incredibili, stupefacenti, testuali -tradotte- parole:

"Perchè non sono in camera?"

Cosa avrei mai potuto dirgli, a questo bischero?

"Lei è alla reception, quindi è uscito"

"Ma non so perchè"

La mia mente gli sta chiedendo se i suoi genitori hanno anche figli normali, ma la mia voce gli chiede semplicemente nome e cognome, così da ritrovarlo sul gestione alberghiero.

"Ok, ora saliamo e ti apro la porta. La chiave l'hai lasciata in camera"

"No, non l'ho lasciata lì"

Non gli rispondo. E' chiaro che la chiave non l'ha con sè, perchè altrimenti potrebbe trovarsi in un solo posto del suo corpo -e la chiave è allegata a un discreto blocco metallico con il logo dell'albergo-

Gli dico di prendere l'ascensore perchè io vado su a piedi, ma lui preferisce seguirmi. Come Ray, il mio gatto, quando vuole giocare o avere i croccantini. Arrivati, gli apro la porta, lui vede la luce filtrare dal bagno e se ne esce che "Ah, si, volevo farmi la doccia"

Avrei voluto dirgli di non usare l'acqua calda. Solo quella gelata.