venerdì 27 marzo 2015

Le giustificazioni, nella vita, sono necessarie solo in due casi: sul lavoro ed a scuola.
Sul lavoro occorre il certificato di malattia del medico curante. In certi casi, non c'è neanche bisogno della malattia. Soprattutto se si è vigili urbani a Roma.
A scuola, invece, è doveroso che le autorità competenti sappiano la causa.
Perchè il giorno x non sei venuto a scuola?
Ed occorre scriverlo, il motivo.
Uno dei miei compagni di classe delle superiori, ad esempio, mancò da scuola venerdì 5 Aprile 1991.
Il lunedì successivo riferì al prof il motivo della sua assenza: ero allo stadio a preparare la coreografia della curva Fiesole per la partita di sabato 6.
Il prof scrisse letteralmente il motivo dell'assenza sul registro di classe. Effettivamente, scrisse anche il risultato: 1-0 per noi.
La più bella partita di sempre. Peraltro, c'ero anch'io, quel giorno, in curva Fiesole.

Per tutto il resto, dicevo, le giustificazioni non sono necessarie. Sono scelte di vita. E molto spesso non occorre proprio darle.
Anzi, direi che non si devono proprio dare.
Ma come ho detto spesso, la privacy è una legge completamente inutile, perchè è così bello spiattellare i fatti propri a perfetti sconosciuti. Soprattutto se il perfetto sconosciuto è un portiere d'albergo.
Il fatto è che ci sono clienti che considerano il portiere come il loro miglior confidente. Anzi, l'unico. Un perfetto sconosciuto che viene visto si e no 3-4 volte nel corso del soggiorno. Già al secondo incontro siamo amici del cuore, persone a cui confidare tutti i propri segreti più intimi.
Quando cominciai questo lavoro, venti anni fa, venne in albergo una bella donna, responsabile per Firenze di un centro vendita commerciale presente in tutta la penisola. Già alla seconda notte mi confidò i ¾ della sua vita: separata ma in buoni rapporti con l'ex marito, i problemi di famiglia, il nuovo uomo che era una vera scocciatura (disse peste e corna) ed un sacco di altre cose che ho prontamente rimosso dalla testa perchè non mi interessavano. Se ne stava lì appoggiata con i gomiti sul bancone a parlare per ore.
Io cercavo di lavorare e lei cianava senza soluzione di continuità.
Poi cominciò a portare in camera il nuovo tipo: basso, tarchiato, panzone, riportomunito e con perenne toscano in bocca. Un Tonino Carino da Ascoli ma con la simpatia del mostro di Milwakee. Non gli sentii mai dire un buonasera od un ciao. Neanche con lei. Ad un certo punto cominciò ad arrivare in albergo senza nemmeno che noi portieri si fosse stati avvertiti preventivamente. Semplicemente, ci chiedeva la chiave della camera e saliva. Noi lo registravamo (ormai i dati erano memorizzati nel sistema) ed addebitavamo il supplemento. Che ovviamente pagava la signora, non certo il gruppo commerciale per cui lavorava.
Un giorno venne anche l'ex marito, che restò un paio di giorni. Ottimi rapporti, direi.
Alto, massiccio, bel viso sbarbato, non fumatore e soprattutto sufficientemente gentile.
La gente ha gusti strani. Neanche poco.
Ogni tanto, quando era senza uomo o marito, rientrava nottetempo con altri uomini. Da professionista quale penso di essere, non mi facevo troppi problemi, mi bastava avere un documento. Solo che poi la notte dopo lei sentiva il bisogno di scendere a confidarsi. Io decisamente ne avrei fatto anche a meno, ma ormai ero stato eletto amico del cuore. A mia insaputa. Con il mio collega notturno di allora, Luca, era ancora più in confidenza.
Non voglio pensiate che sia un moralista. Ero anche tentato di dirglielo, che non doveva giustificarsi con me di avere così numerosi ed occasionali amanti; era la sua vita e poteva disporne come desiderava. Semplicemente, io svolgevo il mio lavoro e basta. Certo, adoro spettegolare (come se ne evince leggendo il blog) ma per il resto non sono affari miei. Vendo camere, svolgo un servizio, fine della storia. Qualsiasi cosa, tu cliente, fai in camera, non deve interessarmi; a meno che non rompi qualcosa. O fai un tale fracasso che i clienti delle stanze accanto vengono a lamentarsi.

Autunno scorso.
Arrivo alle 22.45, e trovo Maurizio che lavora a testa bassa. Sul divano davanti alla hall, un cliente. Sul bancone, una bottiglia di birra.
Vado nel retro a timbrare, ed il Mauri, con l'espressione di Rambo in partenza per il compiere il massacro, mi segue a ruota e, sottovoce che mi sembra di essere un carbonaro risorgimentale, mi spiega: il tipo è lì da un'oretta buona, con la birra posata lì sopra (e noi dobbiamo lavorare, spesso con fogli vari, pratiche o mappette varie sparsi sul bancone) che ogni tanto gli chiede qualcosa, poi esce a fumare, poi torna a dare un'altra gozzata alla birra... tutto così, un vero snervo. Perchè è vero che il nostro lavoro è stare al pubblico, sotto gli occhi dei clienti, che dobbiamo riceverli all'arrivo, dargli tutte le informazioni sulla città e fargli la ricevuta alla partenza, ma avere uno che ti fissa continuamente è uno stress, un fastidio non indifferente. Se non hai bisogno dei miei servizi, perchè mi stai ad osservare?
Perciò mi accingo a cominciare il turno di notte con questo tipo davanti a guardarmi, sperando che gli effetti dell'alcool facciano presto presa su di lui e lo portino a salire in camera per abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
Ma sono ben altre braccia quelle in cui vuole abbandonarsi.
Andato via Maurizio, questo tipo, della mia età ma che potrebbe portare decisamente meglio, viene al banco per parlarmi.
-Lei è il portiere di notte?-
-Buonasera. Si, per stanotte sono il notturno-
Ora, sapete che io non sono un tipo molto sveglio che che impiego un bel po' di tempo per arrivare a comprendere qualsiasi cosa ed ho serie difficoltà anche con la logica vulcaniana, proprio non pensavo assolutamente a quel che cercava costui. Tenete anche conto che in centro a Firenze queste cose non accadono spesso, perchè qui, come dozzine di altre volte ho detto, vengono i turisti. Ed i turisti visitano la città. Non si mettono a fare certe cose dopo aver passato ore ed ore dentro gli Uffizi. Filano dritti a dormire. E poi in quei giorni a Firenze c'era un congresso di non-so-cosa ma eravamo pieni di italiani alloggiati da noi od altrove che si ritrovavano per discutere di lavoro o solo cazzeggiare. Fatto sta che proprio non immaginavo le intenzioni di costui, che mi dice:
-Deve venire una persona a trovarmi-
E quel bischero del Marcello pensa che sia un collega che alloggia altrove e deve portargli dei documenti, o parlare di lavoro, o guardare una partita in tv, o collegare i pc per giocare a COD, o trincare birra, o qualsiasi altra cosa che possono fare due uomini fuori casa. Perciò replico:
-Nessun problema-
E lui, bello contento e felice della mia frase, butta giù il carico da 11:
-Sa, è una mia amica-
E lì, come Jack, ho l'illuminazione; la luce.
Il tipo vuole portarsi in camera una tipa, al 99% una professionista, una mercenaria del sesso.
Vorrei alzare gli occhi al cielo e tirare giù, da bravo toscano fedele alle tradizioni locali, svariati panthon mitologici. Attuali e dimenticati.
Una prostituta, in albergo, può essere una scocciatura profonda. Guido, un collega milanese, ebbe una disavventura non indifferente quando, alle 3 di notte, una tipa si mise a litigare con il cliente in camera, quasi sicuramente per discordanze su tariffe e prestazioni. Ebbe difficoltà a farli smettere perchè si erano chiusi dentro a chiave, e quando finalmente la finirono tutto il resto dell'albergo era lì, in pigiama davanti alla camera, più con curiosità e divertimento che per il fatto di essere stati svegliati da urla belluine. E, come sempre in quei casi, la professionista se ne andò giusto poco prima dell'arrivo dei caramba.
Quindi il terrore che mi possa accadere una cosa del genere è sempre stato presente in me, e per questo motivo, i maschi che mi chiedono la classica “coperta”, li indirizzo altrove: ve la cercate con internet ed andate da lei. Qui non ce la portate. Come è successo neanche tanto raramente.
Questo qui invece ha già fissato con lei in albergo. E non è finita, perchè lui, rotto ormai il ghiaccio, aggiunge:
-Sa, è una trans. D'altra parte, noi uomini sentiamo, ogni tanto, queste esigenze trasgressive-
.
Carissimo cliente connazionale che, ormai diversi mesi fa, mi sparasti addosso questa stupefacente affermazione: a me non interessa quali sono le tue esigenze. E' la tua vita, non la mia. Viviamo, per nostra grandissima fortuna, in quello spicchio di mondo libero, e quindi puoi fare ciò che ti pare. Anzi, è giusto che tu faccia ciò che ti pare. Solo mi chiedo: perchè senti il bisogno di giustificarti con me? Hai paura di ciò che penso? Che ti giudichi? A parte che non ne ho nessun diritto e non ci conosciamo neanche, non starò ad alzare verso di te l'icona di Cristo inchiodato dai militi della XI legio Pannonia ed urlarti “pentiti!”, anche se potrebbe essere interessante vedere la tua espressione in tal senso. E' lampante che soffri di un senso di colpa grande come l'universo visibile da Hubble, ma non sono affari miei. Non mi interessa sapere se ti senti in colpa perchè stai tradendo il/la tuo/a compagno/a, o forse perchè sei single ma stai per compiere atti considerati impuri da qualsiasi religione ad eccezione del pastafarianesimo (il che fa capire perchè il pastafarianesimo sia una religione migliore di tutte le altre. Anzi, l'unica seria).
-L'importante è che questa persona mi lasci il documento- dico con lo stesso tono da “S'è beccato 5 go' da' gobbi 'n casa”
-Sisisi, nessun problema- E detto ciò, bello garzullo e felice, si fionda fuori ad attendere la sua bella e fumare un'altra sigaretta.
Dopo una mezz'oretta arriva: una stangona bionda con tette della grandezza di un pallone originale NBA e labbroni da canotto di salvataggio. Già a conoscenza delle regole dell'albergo (chissà perchè) mi lascia il suo documento e sale in camera con il tipo. Che per lo meno si porta dietro la bottiglia di birra che era appoggiata sul bancone (la terza, perchè nel frattempo me ne aveva chieste delle altre).
Non passano neanche 10 minuti che lei scende.
-Ciao, hai altre cose da bere?-
Perciò la portai al bar dove le diedi le ultime bottiglie di birra rimaste in frigo ed una di vino bianco. Al che gli chiedo:
-Addebito sulla camera, immagino-
E lei, ridacchiando e facendomi l'occhiolino:
-Certo, paga lui-
Chissà perchè, me lo immaginavo, ma una conferma fa sempre piacere. Poi lei si dimostra tranquilla e sicura, quindi la cosa mi rilassa alquanto. Ci scambiamo due sorrisi ed alla via così.
Alle 2 scesero entrambi, mi danno la chiave ed io le rendo il documento, e poi a lui spiego che quando fosse rientrato, avrebbe dovuto suonarmi il campanello perchè mi chiudevo dentro, come sempre quando sono di notturno. Ma non ce n'era bisogno. Rientrò qualche minuto prima che staccassi, alle 7, quando ormai avevo già riaperto il portone del forte.
Per fortuna, da solo. Ma testa bassa e, una volta presa la chiave, di corsa in camera.
La prossima volta, se torna, glielo dico: oh, fattelo passare 'sto senso di colpa. E smetti di giustificarti. Non sei al lavoro e tantomeno a scuola.
E poi, tranqui, con me, non servono giustificazioni.
Anzi, non le voglio proprio.

venerdì 20 marzo 2015

Sono di Firenze, quindi capirete che il sottoscritto non è che sia il massimo, quando si parla di nazionalismo. Immaginatevi noi fiorentini in perfida e malcelata soddisfazione quando Byron Moreno eliminò gli azzurri dal mondiale nippo-coreano. Era tutto un andare dai tifosi di colei-che-non-deve-essere-nominata (ma pure delle altre squadre), mettergli un braccio sulla spalla e dirgli “Brutto essere eliminati così, eh? Visto cosa si prova? Dà fastidio, vero? Benvenuti nel club!”

Solo che noi siamo portieri, ed ogni tanto ci capitano in albergo alcuni elementi di quel popolo (quelli che hanno profumatamente pagato Moreno, intendo), e tutto d'un colpo il nostro amor patrio si risveglia impetuoso, e ci fa sbottare “Ma come min**ia è successo che ci siamo fatti eliminare due volte da questi pirla?”

Poi ultimamente questa squadra vince ovunque e con tutti, quindi in città circola un discreto nazionalismo.

Albergo di mia moglie, arrivano questi due Kim, padre e figlio.

Il cognome è proprio Kim, ve lo posso scrivere perchè tanto, su 50 milioni di coreani, il 30% si chiama Kim.

A prima vista ispirano la stessa simpatia del Kim capo del Nord, quello che fa ammazzare lo zio facendolo sbranare dai cani. Già al check-in hanno un'espressione da Hannibal appena scappato di galera e che necessita urgentemente di un fegato da accompagnare alla sua solita bottiglia di Chianti. Due veri tesorucci. Ma sei in vacanza, perchè non ti rilassi?

Il portiere di notte (arrivarono a mezzanotte) deve ripetere più volte le varie informazioni che vengono fornite di base al momento del check-in, e non solo per le evidenti difficoltà dei due coreani con l'inglese, quanto perchè ripetono le domande più e più volte. Ed ogni portiere odia profondamente dover ripetere anche solo due volte un'informazione. Figuriamoci 3 o 4 come costringono a fare i Kim. Si capisce subito che sarà un soggiorno difficile.

Salgono in camera e ne riscendono subito.

-We want a twin bedroom-

Ma guardi che la camera è a due letti.

-No, it isn't. I want a twin bedroom-

Supponendo che in realtà non gli piaccia ma non lo vogliano ammettere (lo fanno in parecchi), gli mostra un'altra camera, anche questa twin. Ed il tipo se ne esce con la solita frase: -It isn't a twin-

Qual'è il problema? Deficienza congenita acquisita? Follia compulsiva? Hai intenzione di morire ma sei troppo pavido per suicidarti, e speri che ci si pensi noi? Certo, se continui così, ti strangolo sul posto!

Comunque l'arcano si risolve: i letti erano affiancati. Separati, ma uno accanto all'altro. Come si fa in tutti gli alberghi nel pianeta, Corea compresa. Ma loro volevano letti completamente separati, uno in un lato della stanza e l'altro nella parte opposta. Il portiere di notte gli spiega che sono così, punto. Bene, i coreani scelgono una delle due camere, poi il mattino dopo, il più anziano scende al ricevimento.

La Sara li accoglie con il suo solito stupendo sorriso d'ordinanza, quel sorriso che mi ha fatto innamorare di lei e che mi tocca condividere con i clienti dell'albergo.

Una condivisione che molti non si meritano per niente, specialmente questi due.

Il tipo se ne sta lì, davanti al bancone, e non dice niente.

La Sara, già scocciata, abbozza un sorriso a bocca chiusa, poi chiede al tipo cosa desideri. Ma non ottiene nessuna risposta.

Non è possibile giocare alle belle statuine con un minus haben coreano! Ne ho già uno italiano in casa, ora ti ci metti pure te? Io continuo a lavorare, poi fai quel che vuoi.

E così fa.

Ma avete mai provato a lavorare con addosso gli occhi di qualcuno, che vi fissa insistentemente?

Questo coreano se ne sta ad osservare la banconista per un bel po', operazione che fa anche con gli altri portieri, donne od uomini che trova, e chiaramente provoca un discreto nervosismo. E non è finita.

Vanno a fare colazione. Alle 10 ed un quarto. Cioè 15 minuti dopo l'orario di chiusura delle colazioni.

E gli era stato ben spiegato, questo orario.

L'addetto alle colazioni decide di venirgli comunque incontro, ma gli chiede di stare su un tavolino vicino al bar, quindi un angoletto, in quanto deve pulire tutto il resto della sala. I coreani, invece, vogliono andare dove gli pare. Alla fine interviene la Cecile, che gli ordina, letteralmente, dove andare. E la Cecile è una francese tutta d'un pezzo, una tipa che se vi ordinasse di andare a difendere i curdi, partireste seduta stante per Kobane.

Quindi i due coreani si mettono nel tavolino più distante mentre l'addetto alle colazioni può cominciare le pulizie di riordino della sala, salvo, un'ora dopo, chiedergli di levarsi dai 3 passi perchè è arrivata l'ora di pulire anche in quell'angolino. Ed i due erano ancora lì. Non avevano ancora finito la colazione. Ma che ci vieni a fare a Firenze, se non esci neanche a vederla?

Ma il top della Corea arriva alla partenza.

Ovviamente, tanto per aggiungere sfiga su sfiga, al turno di mattina c'è mia moglie. Che si aspetta problemi su problemi.

Scendono al ricevimento alle 11.30, il che già fa sperare bene, perchè la Sara già temeva di doverli chiamare in camera alle 12, orario del check-out, ed insistere di lasciare la camera per un'ora abbondante (capita molto più spesso di quanto uno non immagini). Solo che si mettono a sedere nella hall, e non consegnano la chiave.

E la Sara comincia a schiumare di rabbia. Ma che ca**o aspettate a fare questo check-out? Ma perchè, visto che siete scesi, non mi date 'sta benedetta chiave e non sbrigate le formalità del caso, così posso chiudere la cassa? Volete proprio rompere fino all'ultimo!

Quando si stanno per fare le 13 e mia moglie comincia ad appuntare bene tutte le matite del ricevimento per poi provare sui tipi un'agopuntura molto dolorosa, il coreano più giovane si alza e viene a consegnare questa benedetta chiave.

Ne approfitta per chiedergli se hanno preso qualcosa dal minibar.

Il ragazzo sorride e se ne resta lì come un'ebete.

La Sara reprime l'ira funesta e ripete la domanda. Ovviamente, non arriva nessuna riposta. Perciò chiede al padre se può venire al bancone. Ed intanto manda il facchino a controllarlo in camera, il minibar, per vedere se i koreans non stanno facendo i furbetti per non pagare quel che si sono scolati durante la notte.

A quel punto ricorda al cliente che devono pagare solo la tassa di soggiorno. E mentre inserisce la ricevuta nella stampante, il coreano fa sparire il solito sorrisetto ebete, apre la bocca e lascia uscire una discreta e rumorosa quantità d'aria.

Un ruttone fantozziano da acqua Bertier.

Mia moglie, completamente allibita, si affaccia all'ufficio e fregandosene della presenza di Kim, sfoga la sua rabbia alla collega:

-Non ci posso credere! Questo coreano mi ha ruttato in faccia!-

La Viviana non può fare altro che annuire ed affermare che -Eh, l'ho sentito anche io!-

-Si, ma te non senti gli effluvi!-

Quindi, senza dire una parola ma con una faccia da “ti scateno una guerra che neanche ti immagini”, stampa la ricevuta e riceve il pagamento. In totale apnea. Poi svicola nell'ufficio dalla Viviana a respirare e maledire gli abitanti di Choson, la cui traduzione letterale non è “Il paese del mattino calmo” ma “Il paese del rutto libero e della corruzione di arbitri”.

Poi ci capitano anche le coreane gentili e sorridenti, ma in quel momento la speranza di mia moglie era che il Kim del nord rompesse la tregua del '54 per scatenare i suoi carri contro il sud. Tanto sono uniti solo quando giocano a calcio contro di noi.


venerdì 13 marzo 2015

L'Italia è un paese comunista.

Mettiamo un attimo da parte le diatribe politiche degli ultimi anni. Lungi da me cominciare un pippone politico con i'Matte, Beppe o Silvio redivivo. O questo nuovo tizio che fa le foto nudo con una cravatta verde. Alcuni prendono le lauree a Tirana senza neanche andarci, altri fanno le foto così. Ma uno normale no, eh?

L'Italia è un paese comunista perchè gli abitanti stessi non comprendono il libero mercato. Non ci arrivano, non lo capiscono proprio. Adam Smith, Keynes, Rothbard non sono defunti di morte naturale. Si sono suicidati dopo aver visto come ragionavano gli italiani in fatto di economia.

Telefonate ricevute in questi anni. Tutte vere.


1 -Hotel xxxxxxx buona sera sono Marcello. Come posso aiutarla?

-Avrei bisogno di una camera dal xx Maggio per due notti-

-Certamente signore, controllo subito... dunque, la camera è disponibile e la tariffa è di xx euro a notte, compren..-

-No, un momento, mi scusi, ma non mi torna- Voce alquanto piccata.

-... Mi dica cosa non le torna....-

-Io sono già stato lì da voi, e pagavo ben altro cifra, molto più bassa!-

-... Mi può dire il suo cognome o sotto che nome ha prenotato in precedenza?-

-Io sono yyyyyy!- Voce che ha la stessa tonalità di un ultrà della Fiesole all'indirizzo dell'arbitro dopo l'ennesimo intervento su Pepito non sanzionato.

Inserisco velocemente il cognome sul gestionale del pc.

-Signor yyyyyyy xxxxx?-

-Si, sono io!- Siamo ormai sull'incazzato andante con brio.

-.... eehm... Signor yyyyyyy, lei è stato da noi in Febbraio di due anni fa. In quel periodo è bassa stagione-

-E che significa?- I decibel sono in aumento, l'airbus sta per rollare sulla pista.

-In bassa stagione abbiamo poche prenotazioni e molte camere libere, quindi abbassiamo le tariffe. Ma in maggio abbiamo moltissime richieste, e quindi poche camere disponibili.-

-Io continuo a non capire, è 3 volte tanto di quanto ho pagato a Febbraio!- (di due anni fa, vorrei dire, ma ormai è partito per la tangente. E' come Salah nella la difesa di colei-che-non-può-essere-nominata: incontenibile).

Pazientemente, cercai di spiegargli il concetto tra alta e bassa stagione. Tra il periodo in cui ci sono un sacco di richieste per venire a visitare la mia bellissima città e che, per la legge del mercato, a maggiore domanda si ha un aumento di prezzo del bene richiesto.

Sua, letterale ed urlata risposta:

-NO, NO, NO, NO! VOGLIO LA STESSA TARIFFA, MI FACCIA PARLARE SUBITO CON IL DIRETTORE!-

-Mi spiace, ma è domenica pomeriggio, il direttore ora non c'è-

-NON LE CREDO, MI PASSI SUBITO IL DIRETTORE!-

-Ripeto: è domenica pomeriggio, oltretutto è ora di cena. A quest'ora sono l'unico dipendente. Non c'è nessun altro presente. Chiami domani dopo le 9-

-AH, LO FARO', CI PUO' SCOMMETTERE CHE LO FARO'!-

E riattacca.

Ovviamente, non richiamò.


2 -Hotel xxxxxxxx buonasera sono Marcello, come posso aiutarla?-

-Seeeeenta.... so che per il x avete una camera matrimoniale al prezzo di xyz €, me lo conferma?-

-Un attimo in linea che controllo subito- Rapida occhiata al gestionale e visione della tariffa.

-Si, le confermo che il prezzo è giusto. Sa che la tariffa non comprende la tassa di soggiorno?-

-Si si, vabbeeeè.... ma io nell'albergo yyyyyyy ho trovato una tariffa più bassa-

E stica**i?

Rapidamente vado in rete e controllo l'albergo yyyyyyy. E' una pensioncina a 300 metri da qui.

-Ehm... signore... è una pensione di categoria più bassa. Non posso applicare quella tariffa. Noi siamo una categoria più alta, abbiamo servizi migliori.-

-Ehhhhhh.... che sarà mai..... quella gran differenza.... su, mi faccia lo stesso prezzo...-

-Mi spiace, ma non è possibile, non applichiamo quelle tariffe-

-OOOOOH, QUANTE STORIE! LEI NON E' AFFATTO PROFESSIONALE! FACENDO COSI' PERDE UN CLIENTE!-

-Signore, non c'è bisogno di arrabbiarsi. Quella è la nostra tariffa e quella devo applicarle. Poi, mi scusi, sarà poco professionale, ma se vuole spendere di meno perchè non prenota là?-

..

-Signore?-

-Perchè è distante dal centro congressi-

Se mi alzi la palla, io schiaccio, è ovvio!

-Ehhh, che saranno mai 300 metri in più?-

S'incacchiò come la classica iena a cui viene portata via la carcassa di gnu da sgranocchiare. Urlò che ero un incompetente, indegno di lavorare ad un ricevimento alberghiero perchè lui “aveva girato il mondo e sa come si lavora in hotel” (Caro il mio signor P., anche se non leggerai mai il mio blog, sappi che io ti avrei mandato a lavorare in Siberia. Non ho girato il mondo, ma so come si lavora in Siberia. E' facile. Due giorni di miniera di carbone. Dal terzo giorno riposo. Eterno. Questo ti auguro, di cuore). Pretese di parlare con il direttore all'istante, e poiché costui chiamò verso l'ora ci cena di un mio turno pomeridiano, lo rimbalzai al giorno dopo. Minacciò di parlare malissimo alla direzione perchè pretendeva che gli applicassimo la tariffa di una pensioncina d'infima categoria. Come se io andassi all'Enoteca Pinchiorri e volessi pagare quanto dal kebabbaro di via Faenza.

Anche questo, ovviamente, più sentito.


3 -Hotel xxxxxxxx buonasera sono Marcello, come posso aiutarla?-

-... mmmh... gnam.... si.... glom...-

-Buon appetito-

-...grazie... un attimo, devo bere un bicchiere d'acqua-

-Prego- e penso: faccia pure, mica sono al lavoro. Non sto consegnando nessuna chiave a nessun cliente spagnolo, non fare caso che sto rispondendo -De nada, buenas noches- a due simpatici madrileni sempre sorridenti. Sono qui a tua totale e completa disposizione per le prossime due ere geologiche.

-Come ha detto?-

-De nada, buenas noches-

-Ma io sono italiana!-

-Lo so, ma qui davanti mi sono passati due clienti spagnoli, rispondevo a loro-

-Ah... mhh... dicevo.... una camera matrimoniale dal xx al xx+2?-

-Cerchiamo subito- Anche in questo caso, velocissima occhiata al gestionale. Trovo le tariffe. Plurale, perchè xx era un venerdì, mentre xx+1 un sabato, quindi due prezzi differenti.. Gli comunico queste tariffe. Ed anche a costei la cosa non tornava.

-Perchè xx+1 è così alta?-

-Abbiamo molte richieste per quella data, signora, c'è il fine settimana. Molte persone vogliono venire il sabato, ed essendoci molta domanda, l'offerta è, logicamente, più alta-

-Ma logicamente sarà a lei! Io non capisco!-

Mezz'ora.

Mezz'ora in cui cercai di farle comprendere le dinamiche del mercato. Della domanda e dell'offerta. Junker, Varoufakis e la mia insegnante di economia alle superiori sarebbero stati fiera di me. E tutto inframezzato dai clienti che rientravano in hotel e chiedevano le chiavi. E da lei che, ogni tanto, masticava un boccone di qualcosa che, dai suoi gemiti, pareva molto gustoso, ed alle 8 di sera cominciavo a sentire nello stomaco un branco di lupi che ululava la necessità impellente di partire in caccia per divorarsi un cervo intero.

Alla fine prenotò. “Le mando la mail con la carta ma sappia che non capisco questa differenza”. Un caso perso, ma pagava, perciò lasciai perdere ulteriori spiegazioni. E poi gli avevo comunque fatto il 15% in meno delle nostre tariffe internet, come faccio sempre a chi prenota direttamente, anche per i casi precedenti. Il fine settimana suddetto ero di turno. Una coppia trentenne del nord vestiti in modo elegante ed appariscente. Il marito, la mattina, usci per andare al giornalaio. Tornò con sottobraccio la gazzetta ed un quotidiano conservatore. Il che mi disse molto sull'accoppiata idee politiche-comprensione delle dinamiche dell'economia.

Perciò, ripeto: gli italiani sono comunisti. Avrebbero dovuto votare Togliatti, quando potevano. Ora, è troppo tardi.

Sfigati.

ps. questi ultimi, pur rivelandosi alla fine, cordiali e gentili, mangiavano anche al bancone, mentre sulla piantina della città gli mostravo dove si trovano gli Uffizi.

pps. a pensarci bene, "comuista" e "Togliatti" non coincidono. Noi non ce li abbiamo mai avuti, i comunisti.

mercoledì 11 marzo 2015

Questa storia mi arriva da Alex, come me fiorentino e portiere d'albergo. 



Jim il fenomeno... di turista.

Ed eccolo, il protagonista, il nostro turista che chiamero' Jim, non solo x comodita' ma anche perche' si chiama proprio così. Entra nella trattoria dove io ero andato a comprarmi un pò di cibo da portare via. Entra e chiede ad uno dei proprietari:
"tu conosci Pino? Hai il numero?"
E il proprietario, (che chiamero' Gianni xche' di solito lo chiamo cosi... :P) spiega:
"Lo conosco di vista, non ho il suo numero"
A sto punto Jim si inquieta in quanto ha perso le chiavi e il numero del proprietario dell'appartamento, il suddetto Pino, è nel suo cellulare che per l'appunto è a casa.
Ed e' qui che Jim produce quello che si rivelera' essere il massimo sforzo nella risoluzione del suo chiudersi fuori di casa, la frase che probabilmente per lui appariva come l'apertura del vaso di Pandora ovvero "Me lo puoi cercare sull'elenco?" frase che in realta' ha avuto lo stesso impatto del bambino che cerca di prosciugare l'oceano a colpi di secchiello.
 
Infatti Gianni prova a spiegargli che non esiste un elenco di numeri cellulari e che il numero di casa un lo troverebbe cmq dato che Jim non conosce il cognome del suo padrone di casa... Segue disperazione e forse dentro di sé maledice il momento in cui ha deciso di dar retta a sua moglie e venire in Italia invece di andare nel solito resort all inclusive ai Caraibi. E se cosi' fosse Jim, lasciatelo dire se a febbraio scegli Firenze anziche' che i Caraibi, un po' pirla sei.
Gianni prova a spiegargli di chiedere al falegname di fronte e a quel punto, sapendo bene che io lavoro in hotel, si rivolge a me x aiutarlo nella spiegazione. E li Jim, che ha una 50ina d'anni circa, mi si azzecca addosso come Gentile fece con Maradona nell'82, ed a questo punto mio malgrado, capisco che avrei fatto meglio a stare a casa!
 
Spiego a Jim che alle 13 il falegname è sicuramente mangiare... E li Jim esterna tutta la sua disperazione, un po' come quando Gollum perse il suo "Tesssoro".
Gli dico che farebbe meglio a chiedere ai vicini se hanno il numero di Pino o dell'amministratore di condominio. E li faccio un autogol degno del miglior Riccardo Ferri... Infatti il tipo mi chiede se posso aiutarlo a chiedere ai vicini che probabilmente non parlano inglese e li non posso che complimentarmi con me stesso perche' grazie a questa mia uscita mi rendo conto che non mangero' del cibo caldo.
Dico a Gianni di tenermi da parte il mio ordine e vado verso l'appartamento dello straniero... Jim suona un campanello... Io che sono pratico ma che soprattutto c'ho fame, ne suono 3 in contemporanea. Si affaccia una signora filippina, le spiego la situazione e la reazione è del tipo "niente sacciu, niente vitti" manco le avessi chiesto di testimoniare contro la Cupola! Cominciamo bene...
 
Dopo poco ci apre una vecchietta ma anche lei, anche se più collaborativa, non riesce a darmi un info che sia una... Ad ogni modo, spiego al simpatico Jim che mentre aspetta che il falegname finisca di riempirsi la panza, potrebbe andare ad un internet cafè qualsiasi e provare a guglare "appartamento Pokoto Pokoto, in via di Qui a Firenze" x risalire alla ditta Pokoto Pokoto (nome di fantasia, che rappresenta un nome italiano non esattamente comune) che si trova su diversi campanelli di quel palazzo e vedere se qualcuno può aiutarlo.
 
La reazione è del tipo "e ma chissà quanti Pokoto Pokoto avete a Firenze!" lo guardo e gli dico "Jim, un credo che ci siano poi tanti Pokoto Pokoto che affittano appartamenti in via di Qui", una strada che avrà si e no 10 numeri civici.
Mi guarda come se gli avessi chiesto di costruire l'arca di Noe con dei grissini e io li capisco che voleva che qualcuno lo facesse entrare in casa sua a patto che qualcuno non fosse lui.
A quel punto desisto anche io e torno verso la trattoria dove mi aspetta il mio cibo che io sognavo bollente come il Sahara a mezzogiorno ma che in realta' risultera' tiepido come il sole di gennaio.
 
Mentre mangio penso a questo americano di mezza eta' che chiede a destra e a manca ma senza mai usare per favore o grazie e appena deve fare qualcosa si ritrae nel suo guscio.
E penso, ok la solidarieta', ma perdinci Jim, un so da voi, ma qui si dice "aiutati che il ciel t'aiuta", insomma qualcosina la potresti fare anche tu, no? E mentre penso questo inizio a guglare Pokoto Pokoto e nel giro di 2 minuti trovo tre numeri di cellulare. Unn'era cosi' difficile Jim, vedi?
 
Finisco di mangiare e decido di andare a dare una lezione a Jim, il quale attende ancora davanti alla porta di casa sua forse nella speranza che il senso del ragno di SpiderPino percepisca lo stato di difficoltà di Jim e si palesi in via di Qui.
Chiamo uno dei tre Pokoto il quale dopo un po' di diffidenza mi ringrazia e mi dice che arriva in 30 minuti italiani, quindi ci sta che Jim sia ancora li, ma questa e' un'altra storia... e diciamolo, un po' gli starebbe anche bene!

venerdì 6 marzo 2015

Entrarci dà il senso della storia.
 
Entrarci fa capire cos'è il talento, la forza del genio.
 
Entrarci rende l'idea della grandezza di un popolo, di un gruppo, di un'insieme di persone quando si organizzano per realizzare qualcosa di grandioso.
 
Sto parlando del salone dei Cinquecento di Palazzo della Signoria.
 
Martedì ci sono stato perchè la classe di mia figlia grande, insieme ad altre scuole di Firenze, partecipava ad un incontro per uno scambio culturale con altri istituti europei.
 
Sul palco una piccola orchestra di ragazzi esordì con un pezzo che decisamente, nell'atmosfera rinascimentale del salone, aveva un suo remoto perchè: la colonna sonora di Pirati nei Caraibi.
 
Effettivamente, c'era quasi da aspettarsi che sul palco salisse Depp vestito da bucaniere a declamava qualche stramberia. Diciamolo: ci sarebbe stato più che bene. Invece ci salirono prima alcuni presidi di vari istituti, e poi la vicesindaco (come foss'antani), e per una buona mezz'oretta io ed i numerosi astanti siamo stati seppelliti sotto tonnellate su tonnellate di retorica vertenti la ricchezza degli scambi culturali all'interno dell'Unione Europea. Peraltro in un discreto inglese, cosa che, da queste parti, non si è sentito in modo molto frequente, visto chi è passato dentro questo palazzo. Non a questo livello, almeno.
 
Per carità, erano tutte parole giustissime; è che la retorica mi spinge pericolosamente alla ricerca di un bagno, od all'idea che, dopotutto, scaricare mediaeval wars e giocarci proprio sotto ai dipinti delle battaglie dell'esercito fiorentino, può avere un suo senso. Ma per fortuna la retorica finì lasciando spazio ai giovani orchestrali che continuarono l'esibizione con altre colonne sonore che non definii appieno, per terminare con il Sirtaki, perchè pare che quest'evento, il prossimo anno, si terrà ad Atene. Sempre che, per allora, la Grecia esista ancora.
 
La mattinata terminò all'esterno, sulla Piazza più bella del mondo, con l'esibizione di un gruppo di sbandieratori. Perchè meglio di veder sventolare bandiere fiorentine in Piazza della Signoria, c'è solo il vederle sventolare nel colei-che-non-può-essere-nominata stadium.
 
Dopo di che, salutata la Camilla, i suoi compagni e le maestre, io & moglie, mano nella mano (si, potete prendere i fazzoletti) ci avviammo verso casa, passeggiando per via Calzaiuoli e sotto la maestosità del Duomo.
 
In via Cerretani, di fronte ad una nota libreria, due signore ed un ragazzetto adolescente passeggiano davanti a noi. Una delle signore esclama, con una tonalità che non mi stupirei l'avessero sentita dalla cima del cupolone:
 
-Ao', ce stanno li sconti ar mall! Quanno ce annamo? Sabato?-
 
Ma improvvisamente il ragazzo, un adolescente occhiale-munito, si voltò declamando quel che, dal mio punto di vista, è un enorme, spropositato pregio e rivelando, oltre che un aspetto da vero nerd, un quoziente intellettivo superiore alla media:
 
-Ehi, una libreria, andiamo!-
 
Al che una delle due donne, che ho definito come madre degenere e sconsiderata, se ne uscì con queste scandalose, volgarissime parole indicative di come quel QI sia un'eredità paterna:
 
-No, ora la libreria no! Basta libri, nun c'ho più sordi!-

Agguantando le spalle del figlio e girandolo di 180 gradi, affinchè si allontanasse da quel luogo che per lei, evidentemente, era terra straniera ed ostile.

Noi ci fermiamo, ghiacciati da quelle parole. Io, lentamente, volgo lo sguardo verso la Sara, la quale mi osserva con due occhi sgranati e mi dice la lampante, disarmante logica spockkiana (sigh):

-Ma come, i soldi per il mall ce li ha e per i libri no?-

Turisti. Li becchiamo ovunque, non solo sul lavoro.