Le
giustificazioni, nella vita, sono necessarie solo in due casi: sul
lavoro ed a scuola.
Sul
lavoro occorre il certificato di malattia del medico curante. In
certi casi, non c'è neanche bisogno della malattia. Soprattutto se
si è vigili urbani a Roma.
A
scuola, invece, è doveroso che le autorità competenti sappiano la
causa.
Perchè
il giorno x non sei venuto a scuola?
Ed
occorre scriverlo, il motivo.
Uno
dei miei compagni di classe delle superiori, ad esempio, mancò da
scuola venerdì 5 Aprile 1991.
Il
lunedì successivo riferì al prof il motivo della sua assenza: ero
allo stadio a preparare la coreografia della curva Fiesole per la
partita di sabato 6.
Il
prof scrisse letteralmente il motivo dell'assenza sul registro di
classe. Effettivamente, scrisse anche il risultato: 1-0 per noi.
La
più bella partita di sempre. Peraltro, c'ero anch'io, quel giorno,
in curva Fiesole.
Per
tutto il resto, dicevo, le giustificazioni non sono necessarie. Sono
scelte di vita. E molto spesso non occorre proprio darle.
Anzi,
direi che non si devono proprio dare.
Ma
come ho detto spesso, la privacy è una legge completamente inutile,
perchè è così bello spiattellare i fatti propri a perfetti
sconosciuti. Soprattutto se il perfetto sconosciuto è un portiere
d'albergo.
Il
fatto è che ci sono clienti che considerano il portiere come il loro
miglior confidente. Anzi, l'unico. Un perfetto sconosciuto che viene
visto si e no 3-4 volte nel corso del soggiorno. Già al secondo
incontro siamo amici del cuore, persone a cui confidare tutti i
propri segreti più intimi.
Quando
cominciai questo lavoro, venti anni fa, venne in albergo una bella
donna, responsabile per Firenze di un centro vendita commerciale
presente in tutta la penisola. Già alla seconda notte mi confidò i
¾ della sua vita: separata ma in buoni rapporti con l'ex marito, i
problemi di famiglia, il nuovo uomo che era una vera scocciatura
(disse peste e corna) ed un sacco di altre cose che ho prontamente
rimosso dalla testa perchè non mi interessavano. Se ne stava lì
appoggiata con i gomiti sul bancone a parlare per ore.
Io
cercavo di lavorare e lei cianava senza soluzione di continuità.
Poi
cominciò a portare in camera il nuovo tipo: basso, tarchiato,
panzone, riportomunito e con perenne toscano in bocca. Un Tonino
Carino da Ascoli ma con la simpatia del mostro di Milwakee. Non gli
sentii mai dire un buonasera od un ciao. Neanche con lei. Ad un certo
punto cominciò ad arrivare in albergo senza nemmeno che noi portieri
si fosse stati avvertiti preventivamente. Semplicemente, ci chiedeva
la chiave della camera e saliva. Noi lo registravamo (ormai i dati
erano memorizzati nel sistema) ed addebitavamo il supplemento. Che
ovviamente pagava la signora, non certo il gruppo commerciale per cui
lavorava.
Un
giorno venne anche l'ex marito, che restò un paio di giorni. Ottimi
rapporti, direi.
Alto,
massiccio, bel viso sbarbato, non fumatore e soprattutto
sufficientemente gentile.
La
gente ha gusti strani. Neanche poco.
Ogni
tanto, quando era senza uomo o marito, rientrava nottetempo con
altri uomini. Da professionista quale penso di essere, non mi facevo
troppi problemi, mi bastava avere un documento. Solo che poi la notte
dopo lei sentiva il bisogno di scendere a confidarsi. Io decisamente
ne avrei fatto anche a meno, ma ormai ero stato eletto amico del
cuore. A mia insaputa. Con il mio collega notturno di allora, Luca,
era ancora più in confidenza.
Non
voglio pensiate che sia un moralista. Ero anche tentato di dirglielo,
che non doveva giustificarsi con me di avere così numerosi ed
occasionali amanti; era la sua vita e poteva disporne come
desiderava. Semplicemente, io svolgevo il mio lavoro e basta. Certo,
adoro spettegolare (come se ne evince leggendo il blog) ma per il
resto non sono affari miei. Vendo camere, svolgo un servizio, fine
della storia. Qualsiasi cosa, tu cliente, fai in camera, non deve
interessarmi; a meno che non rompi qualcosa. O fai un tale fracasso
che i clienti delle stanze accanto vengono a lamentarsi.
Autunno
scorso.
Arrivo
alle 22.45, e trovo Maurizio che lavora a testa bassa. Sul divano
davanti alla hall, un cliente. Sul bancone, una bottiglia di birra.
Vado
nel retro a timbrare, ed il Mauri, con l'espressione di Rambo in
partenza per il compiere il massacro, mi segue a ruota e, sottovoce
che mi sembra di essere un carbonaro risorgimentale, mi spiega: il
tipo è lì da un'oretta buona, con la birra posata lì sopra (e noi
dobbiamo lavorare, spesso con fogli vari, pratiche o mappette varie
sparsi sul bancone) che ogni tanto gli chiede qualcosa, poi esce a
fumare, poi torna a dare un'altra gozzata alla birra... tutto così,
un vero snervo. Perchè è vero che il nostro lavoro è stare al
pubblico, sotto gli occhi dei clienti, che dobbiamo riceverli
all'arrivo, dargli tutte le informazioni sulla città e fargli la
ricevuta alla partenza, ma avere uno che ti fissa continuamente è
uno stress, un fastidio non indifferente. Se non hai bisogno dei miei
servizi, perchè mi stai ad osservare?
Perciò
mi accingo a cominciare il turno di notte con questo tipo davanti a
guardarmi, sperando che gli effetti dell'alcool facciano presto presa
su di lui e lo portino a salire in camera per abbandonarsi tra le
braccia di Morfeo.
Ma
sono ben altre braccia quelle in cui vuole abbandonarsi.
Andato
via Maurizio, questo tipo, della mia età ma che potrebbe portare
decisamente meglio, viene al banco per parlarmi.
-Lei
è il portiere di notte?-
-Buonasera.
Si, per stanotte sono il notturno-
Ora,
sapete che io non sono un tipo molto sveglio che che impiego un bel
po' di tempo per arrivare a comprendere qualsiasi cosa ed ho serie
difficoltà anche con la logica vulcaniana, proprio non pensavo
assolutamente a quel che cercava costui. Tenete anche conto che in
centro a Firenze queste cose non accadono spesso, perchè qui, come
dozzine di altre volte ho detto, vengono i turisti. Ed i turisti
visitano la città. Non si mettono a fare certe cose dopo aver
passato ore ed ore dentro gli Uffizi. Filano dritti a dormire. E poi
in quei giorni a Firenze c'era un congresso di non-so-cosa ma eravamo
pieni di italiani alloggiati da noi od altrove che si ritrovavano per
discutere di lavoro o solo cazzeggiare. Fatto sta che proprio non
immaginavo le intenzioni di costui, che mi dice:
-Deve
venire una persona a trovarmi-
E
quel bischero del Marcello pensa che sia un collega che alloggia
altrove e deve portargli dei documenti, o parlare di lavoro, o
guardare una partita in tv, o collegare i pc per giocare a COD, o
trincare birra, o qualsiasi altra cosa che possono fare due uomini
fuori casa. Perciò replico:
-Nessun
problema-
E
lui, bello contento e felice della mia frase, butta giù il carico da
11:
-Sa,
è una mia amica-
E
lì, come Jack, ho l'illuminazione; la luce.
Il
tipo vuole portarsi in camera una tipa, al 99% una professionista,
una mercenaria del sesso.
Vorrei
alzare gli occhi al cielo e tirare giù, da bravo toscano fedele alle
tradizioni locali, svariati panthon mitologici. Attuali e
dimenticati.
Una
prostituta, in albergo, può essere una scocciatura profonda. Guido,
un collega milanese, ebbe una disavventura non indifferente quando,
alle 3 di notte, una tipa si mise a litigare con il cliente in
camera, quasi sicuramente per discordanze su tariffe e prestazioni.
Ebbe difficoltà a farli smettere perchè si erano chiusi dentro a
chiave, e quando finalmente la finirono tutto il resto dell'albergo
era lì, in pigiama davanti alla camera, più con curiosità e
divertimento che per il fatto di essere stati svegliati da urla
belluine. E, come sempre in quei casi, la professionista se ne andò
giusto poco prima dell'arrivo dei caramba.
Quindi
il terrore che mi possa accadere una cosa del genere è sempre stato
presente in me, e per questo motivo, i maschi che mi chiedono la
classica “coperta”, li indirizzo altrove: ve la cercate con
internet ed andate da lei. Qui non ce la portate. Come è successo
neanche tanto raramente.
Questo
qui invece ha già fissato con lei in albergo. E non è finita,
perchè lui, rotto ormai il ghiaccio, aggiunge:
-Sa,
è una trans. D'altra parte, noi uomini sentiamo, ogni tanto, queste
esigenze trasgressive-
….
Carissimo
cliente connazionale che, ormai diversi mesi fa, mi sparasti addosso
questa stupefacente affermazione: a me non interessa quali sono le
tue esigenze. E' la tua vita, non la mia. Viviamo, per nostra
grandissima fortuna, in quello spicchio di mondo libero, e quindi
puoi fare ciò che ti pare. Anzi, è giusto che tu faccia ciò che ti
pare. Solo mi chiedo: perchè senti il bisogno di giustificarti con
me? Hai paura di ciò che penso? Che ti giudichi? A parte che non ne
ho nessun diritto e non ci conosciamo neanche, non starò ad alzare
verso di te l'icona di Cristo inchiodato dai militi della XI legio
Pannonia ed urlarti “pentiti!”, anche se potrebbe essere
interessante vedere la tua espressione in tal senso. E' lampante che
soffri di un senso di colpa grande come l'universo visibile da
Hubble, ma non sono affari miei. Non mi interessa sapere se ti senti
in colpa perchè stai tradendo il/la tuo/a compagno/a, o forse perchè
sei single ma stai per compiere atti considerati impuri da qualsiasi
religione ad eccezione del pastafarianesimo (il che fa capire perchè
il pastafarianesimo sia una religione migliore di tutte le altre.
Anzi, l'unica seria).
-L'importante
è che questa persona mi lasci il documento- dico con lo stesso tono
da “S'è beccato 5 go' da' gobbi 'n casa”
-Sisisi,
nessun problema- E detto ciò, bello garzullo e felice, si fionda
fuori ad attendere la sua bella e fumare un'altra sigaretta.
Dopo
una mezz'oretta arriva: una stangona bionda con tette della grandezza
di un pallone originale NBA e labbroni da canotto di salvataggio. Già
a conoscenza delle regole dell'albergo (chissà perchè) mi lascia il
suo documento e sale in camera con il tipo. Che per lo meno si porta
dietro la bottiglia di birra che era appoggiata sul bancone (la
terza, perchè nel frattempo me ne aveva chieste delle altre).
Non
passano neanche 10 minuti che lei scende.
-Ciao,
hai altre cose da bere?-
Perciò
la portai al bar dove le diedi le ultime bottiglie di birra rimaste
in frigo ed una di vino bianco. Al che gli chiedo:
-Addebito
sulla camera, immagino-
E
lei, ridacchiando e facendomi l'occhiolino:
-Certo,
paga lui-
Chissà
perchè, me lo immaginavo, ma una conferma fa sempre piacere. Poi lei
si dimostra tranquilla e sicura, quindi la cosa mi rilassa alquanto.
Ci scambiamo due sorrisi ed alla via così.
Alle
2 scesero entrambi, mi danno la chiave ed io le rendo il documento, e
poi a lui spiego che quando fosse rientrato, avrebbe dovuto suonarmi
il campanello perchè mi chiudevo dentro, come sempre quando sono di
notturno. Ma non ce n'era bisogno. Rientrò qualche minuto prima che
staccassi, alle 7, quando ormai avevo già riaperto il portone del
forte.
Per
fortuna, da solo. Ma testa bassa e, una volta presa la chiave, di
corsa in camera.
La
prossima volta, se torna, glielo dico: oh, fattelo passare 'sto senso
di colpa. E smetti di giustificarti. Non sei al lavoro e tantomeno a
scuola.
E
poi, tranqui, con me, non servono giustificazioni.
Anzi,
non le voglio proprio.