Tanto
tempo fa, in una galassia lontana lontana, sul terzo pianeta di
classe M di una piccola stella chiamata Sole, il sottoscritto, in
compagnia di quella che sarebbe diventata la futura moglie ed alcuni
amici, decise di andare a cena fuori
Piatto
principale: tagliatelle al fungo porcino.
Esiste
qualcosa di più buono e delizioso del fungo porcino, su questa
galassia?
Non
vi affannate a pensarci. La risposta è no. Senza se e senza ma.
Il
porcino, cucinato con un filo d'olio e qualche spicchio d'aglio, è,
semplicemente, il nettare degli dei. Il suo aroma, il suo gusto, il
suo sapore, non va assolutamente confuso con altri alimenti che non
siano, appunto, tagliatelle fatte in casa ed un po' di prezzemolo
tritato.
Questo
è il motivo per cui, come ebbi l'ardire di domandare del parmigiano
al cameriere, venni prontamente fulminato con lo sguardo.
Letteralmente incenerito. La mia richiesta non venne, giustamente
oserei dire, accontentata. Superfluo aggiungere: aveva ragione lui.
Da
allora decisi di sgrezzarmi, dal punto di vista del cibo. Diciamo
che, pur non essendo un purista, sono sulla buona strada. Ma non
intendo diventarlo. Soprattutto dopo aver visto Cracco e Bastianich
che fanno pubblicità rispettivamente alle patatine confezionate e la
sfoglia pronta.
Posso permettermi qualche sfondone in più.
Ma
senza esagerare.
Tanto,
c'è di peggio.
Alto,
massiccio, biondo, barba corta ben curata, golfino con scollo a V,
una cinquantina d'anni ottimamente portati. Un Reinold Messner un po'
più giovane che mi aspetterei che mi canti il jingle dell'acqua.
Invece no. Ha un altro liquido, ben più nobile.
Esce
dall'ascensore a mezzanotte con un bel bicchierone di rosso in mano.
Da
fedele seguace del movimento 5 litri, non posso che approvare,
perciò, da parte mia, un bel sorriso ed un buonasera.
Lui
risponde semplicemente con un sorriso a bocca chiusa ed un cenno del
capo, ma va bene così. Girella per la hall sorseggiando il vinello,
felice e lieto di essere un nordico in vacanza a Firenze, di bere
vino e di trovare al bancone un portiere che lo saluta come si deve.
La felicità si trova in piccole cose.
Esce
a fumare, poi rientra con il bicchiere mezzo vuoto (i bicchieri sono
sempre mezzi vuoti, quando si tratta di rosso), gira ancora per la
hall e torna al bancone.
E
lì fa quel che non ho fatto io anni fa alla cena: mettere il
formaggio sul fungo porcino.
Prende
una caramella dal cestino sul bancone.
Le
caramelle di cortesia, che tutti i clienti possono gustare.
Zucchero
allo stato puro.
Con
il vino!
Apre
l'incarto con forza, di scatto. E di scatto, come Yuri Chechi quando
molla gli anelli, la caramella salta fuori e cade in terra.
Mi
offro di dargliene un'altra ancora incartata, ma lui mi dice che va
bene così, “it's ok!”, la raccatta dal pavimento e la mette in
bocca!
Poi,
sempre con il suo sorriso a bocca chiusa, riprende il bicchiere che
aveva lasciato sul bancone, mi fa un altro cenno di saluto e continua
a girellare per la hall, degustando il suo vino alla caramella
strascicata.
Sempre
meglio i clienti come lui degli indiani stracciamaroni, ma un
discreto senso del disgusto me lo ha lasciato. Per la combinazione di
sapori e per aver messo in bocca una roba caduta in terra.
Non
ce la posso fare.