Il risparmio è un fattore bello, importante, nobile. Risparmiare significa tenere da parte denaro da spendere per momenti, oggetti, cose e svaghi migliori; raccogliere soldini da utilizzare in qualcosa per cui valga davvero la pena di aprire i cordoni della borsa, e dia vera soddisfazione, piacere, godimento.
Sono fattori soggettivi, me ne rendo conto. Per me, ad esempio, risparmiare significa andare a lavoro a piedi per risparmiare sul biglietto dell'Ataf, e fa pure bene alla salute (poi, con il morbo tranviario che imperversa allo Statuto, ci metto lo stesso tempo). Mi sottopongo ad una dieta per cui un vegano mi abbraccerebbe chiamandomi "fratello", ma al solo scopo di gustarmi, minimo una volta a settimana, una bistecca del peso di un tir e del costo di uno di quei blocchi di oro che si appende al collo un trafficante colombiano. Non ho la tv a pagamento perchè preferisco enormemente il piacere di stare seduto in una sala cinematografica e godermi uno schermo vero, gigante ed avvolgente, fosse anche soltanto una volta ogni due mesi. Continuo ad usare t-shirt vecchie di vent'anni, con grande riprovazione da parte di mia moglie, o comprare calzature prodotte dai moderni neo schiavi in squallidi capannoni del Quandong, ma al solo scopo di dare alle mie figlie prodotti di qualità.
Quando viaggiavo da solo, in tempi che oggi verrebbero definiti "archeologia post-moderna", con sulle spalle uno zaino della grandezza (e peso) di un'utilitaria, ero solito soggiornare in strutture che i NAS non bollerebbero con il termine "chiusura" ma bensì "radere al suolo e bonificare con sale ed una colata di cemento": ostelli con materassi dove non avrebbe dormito neanche un rifugiato siriano, un albergo di Seoul dove le pantegane pagavano anche la tassa di soggiorno... non dico altro perchè mia madre legge il blog, e probabilmente sarà sul punto di svenire, quindi meglio non infierire e fermarsi qui. Comunque, devo dire una cosa: ero totalmente, sinceramente e seriamente consapevole dei luoghi dove soggiornavo, e che quei pochi soldi che spendevo valevano il soggiorno in quelle topaie. E' ovvio che ora, con una famiglia completa e ragazze ormai in dirittura preadolescenziale, spendo una cifra consona allo scopo di ottenere pulizia adeguata e numero sufficente di posti letto.
Se poi le ragazze, tra qualche anno, vorranno provare lo stesso brivido del soggiorno in luoghi che farebbero la felicità di un batteriologo, sarà una loro libera scelta. Basta che non lo scrivano su un blog dove abbia libero accesso di lettura, perchè so che ci svenirei. Ma al momento, quando la famiglia si sposta, la spesa è quella giusta: 4 persone = 4 posti letto. Così è; e così deve essere.
Quando trovi i clienti che non considerano minimamente questa semplice e banale equazione, e per i quali il risparmio deve avvenire sempre e comunque, anche sopportando incredibili disagi, rischi e patimenti, per noi portieri d'albergo sono sempre insormontabili problemi e solenni scocciature.
1. Quelli che te lo chiedono spudoratamente.
Mi capitano almeno una volta l'anno.
Entrano in albergo coperti di zaini, davanti e dietro. Abbigliati con indumenti che, a vederli, pensi stiano girando una fiction sui magnifici '70. Viaggiano per l'Europa con l'Europass, sopportando percorsi di ore su espressi lenti come lumache pur di risparmiare anche sui supplementi dei treni veloci.
E si presentano in albergo in alta stagione (perchè poi vogliono pure evitare la brutta stagione, 'sti furboni), e poichè trovano gli ostelli al totale completo, si ripassano tutti gli alberghi della zona a chiedere il costo di una camera doppia.
Io li guardo, con notevole stupore (ma senza tremori) perchè sono in 4. A volte anche in 5.
Provo ad obbiettare: in una doppia si sta in due, quindi chi di voi sta in albergo e chi altrove?
Ed il capofamiglia, nella sua lingua, che può essere inglese yankee, ma anche aussie, così come spagnolo sudamericano, inglese cinesizzato od indianizzato, o romulano o klingoniano, se ne esce fuori con questa stupefacente, pazzesca, assurda affermazione:
"Tutti e 4. Loro (ed indica i figli) possono dormire per terra, abbiamo il sacco a pelo"
E mentre io stubuzzo gli occhi (ed ogni anno strabuzzo gli occhi, perchè mi sembra così assurdo) lui ribatte "Va bene anche una singola".
E' ovvio che con costoro è inutile dire che no, quel che chiedete è assolutamente impossibile perchè in albergo ognuno deve avere il suo posto letto, quindi o vi comprate le camere adeguate e spendete la spesa necessaria o fuori di qui. Insistono e pretendono sia di sapere il prezzo che di stare in una doppia e far dormire i figli per terra. Specialmente gli indiani che si ostinano a non capire che un "no" non significa "trattiamo fino al si": è un no definitivo, punto. E' inutile che state lì a fare domande. Fuori. Andatevene. Sperdetevi a giro per Firenze, l'Italia ed il resto d'Europa.
Quando questo tipo di clienti stanno lì al banco per un'ora intera, come mi è successo, viene davvero da pensare che forse il mutuo non è poi una cosa così importante.
2. Quelli che ti mettono davanti al fatto compiuto.
Prenotano indirettamente. Via internet, chiaramente, perchè un agente di viaggio gli direbbe "Ma sei scemo? Che ti sei fumato?", domanda a cui si finisce per dare risposta affermativa. La preno è sempre di una camera per un numero x di persone. Solo che poi si presentano, immancabilmente, in numero x+1; oppure x+2.
Di solito si tratta di bambini. Con i cinesi è quasi la normalità, ma capitano tutte le nazionalità. Sul serio, tutte. Il che dà molte spiegazioni sulla considerazione che si hanno dei bambini. Tutti pronti a commuoversi per quelli bombardati in Siria, ma poi, quando arrivano in albergo con i loro, si stupiscono che "Eh, ma è solo un bambino, non occupa spazio!" (sul serio, l'ho sentito dire). E gli italiani non si portano mai le carte d'identità dei figli. "La tessera sanitaria va bene uguale? Tanto non dovevamo andare in aereo". Noi alberghi contiamo meno dell'aereo.
Ok, se sono piccoli piccoli, va bene, dormirà con voi nel matrimoniale. La culla è gratuita, bastava che ce lo diceva senza la paura di dover pagare un supplemento. C'è pure scritto, sui siti internet, se si fosse preso la briga di leggere. Ma se il bambino ha ormai dei brufoli grandi quanto un pallone medicinale, a questi bischeri si costringe a pagare un supplemento. Con l'x+1 si dà una camera con un letto in più. Oppure direttamente una nuova camera, ovviamente singola. Ma il punto focale è che devono pagare. Altrimenti la persona in più va fuori dall'albergo. La stessa cosa avviene quando capita l'x+2.
L'altra settimana, ai miei colleghi, è capitato un x+3. Una doppia, ma erano in 5.
Alle obiezioni dei miei colleghi, costoro se ne sono venuti fuori semplicemente che: eh, ma ci stiamo, che problema c'è? Tanto due di noi sono bambini (peraltro due biondini meravigliosi, un maschio ed una femmmina, che saltellavano allegramente da una parte all'altra, godendo di una discreta libertà, a tratti anche un pò eccessiva).
Il mio capo ricevimento, che io chiamo con l'eloquente soprannome di Eva Kant, se ne viene fuori furibonda come quando Ginko cattura Diabolik: ma come vi salta in mente una cosa del genere? Ma alla fine Eva è stata buona: gli ha dato una quadrupla con culla gratuita, e ci sono stati tutti e 5 con solo un supplemento. Discreto ma sempre supplemento. Ma alla fine ho fatto il calcolo, ed hanno pagato proprio come una quadrupla (con culla) prenotata direttamente come tale. Fave.
Ma c'è di peggio. Ci può essere davvero di peggio.
3.Quelli che tentano di farla sporca.
Capitata dove lavora mia moglie.
Prenotazione di due camere doppie, arrivano con auto a noleggio 5 brasiliani, che quando si impegnano sono medaglia d'oro nello stress alberghiero.
Quando la banconista fa notare che le camere sono per un totale di 4 persone e loro sono uno in più, ribattono tranquilli che uno di loro dorme altrove. Dove non si sa, ma non lì.
La banconista, al cambio turno, riferisce della cosa al portiere di notte, Fulvio. Ora, Fulvio, che conosco personalmente, ha il soprannome di "mastino napoletano". E non è affatto immeritato. A mezzanotte tempesta di chiamate la camera e costringe la quinta persona a scendere immediatamente al bancone, dopo di chè gli intima: o te ne vai o ti prendi un'altra camera.
Il brasileiro, intimorito ed ormai umiliato per essere stato colto in fragrante, prima chiede se può dormire in auto ("Sicuro! Apro il garage, esci e dormi. Ma fuori"), poi suggerisce se si possono spostare in tripla con un supplemento. Ma il mastino napoletano, da bravo mastino, ringhia: no, perchè la camera doppia l'avete usata tutto il giorno, ed ora, a mezzanotte, non ho la cameriera che la pulisce. Perciò lo costringe a prendere, e pagare, una camera singola. Che fave. Se costoro prenotavano direttamente una tripla non spendevano tanto di più e si risparmiavano una figuraccia.
Certo, è sempre possibile, se non altamente probabile, che il giochetto gli sia riuscito in strutture dove non c'era un portiere notturno dedito a meticolosa, furiosa, particolareggiata attenzione ai movimenti dei clienti, ma io mi chiedo, disperatamente me lo chiedo: ma perchè ti devi ridurre a questi giochetti e mezzucci per risparmiare qualche euro? Sei in vacanza, ma che problemi ti fai? Dov'è il relax del viaggio, della visita culturale, del trovarsi in un luogo diverso, nuovo eppure così storicamente rilevante, se poi passi quasi tutto il giorno a pensare a fregare il prossimo per pochi banali, miseri spiccioli?
Un ultimo episodio, uno dei più clamorosi, capitato alla Sara ormai da più di un anno, su cui volevo scrivere da tanto, ma poichè sono un cialtrone perditempo, l'avevo sempre rimandato:
camera doppia, spagnoli, si presentano in 3, ove il terzo è un ragazzone distante solo pochi mesi dalla maggiore età. Ma al check-in forniscono solo due passaporti, perchè dicono che il ragazzo dorme altrove, presso amici non ben identificati. La mia signora non ci fa poi tanto caso perchè queste cose possono avvenire, soprattutto in una città come questa dove tante persone aspirano a visitare in soggiorni di lunghezza molto maggiore di quelli riservati al semplice turismo: studenti di ogni età, dalle superiori alle più alte università, accorrono qui a vedere e studiare le glorie del Rinascimento; poi arrivano anche i genitori, per vedere dove si sono stabiliti i figli ed avere un'immaginario quanto futile tentativo di controllo della durata di qualche giorno; una volta ripartiti, i figli torneranno alle abitudini solite: feste e gite notturne nella Firenze by night, bevute esagerate, sballo, ogni tanto qualcuno studia pure.
Quindi, in occasioni come queste, non si fa molto caso se i figli salgono su in camera con i genitori, tanto dopo andranno a cena fuori per poi salutarsi: genitori in hotel, figli nei loro appartamenti fiorentini.
Invece, al turno di mattina del giorno dopo, la mia signora, confabulando con il portiere di notte, si rende conto che questo ragazzo non se ne è andato via, ed ovviamente diventa furente per l'imbrogliuccio da 4 soldi messo su da questi tipi. Quando il capofamiglia scende, si piazza nella hall facendo finta di niente, il che rende la Sara ancora più furibonda: solo a pensarci, mi provoca un leggero disagio.
Ovviamente lei lo mette davanti al problema: non potete stare in 3 in una camera doppia: perchè avete pagato per questo tipo di camera, perchè avete dato solo due documenti e durante la notte inviamo in dati dei presenti in questura -perciò suo figlio ha già creato un problema- e perchè se uno di voi cascava dal letto matrimoniale in cui domrivate in tre l'assicurazione non avrebbe coperto i danni.
E questo qui, come se fosse una cosa normalissima, agita la mano con fare annoiato e se ne viene fuori che "Es solo un chico". Come se non contasse, non esistesse, non avesse diritto -e dovere- ad esistenza e considerazione. Senza contare che era appena sceso al buffet delle colazioni, dove si era lanciato come farebbe un avvoltoio sulla carogna di gnu.
La Sara, infuriata, lo costringe a cambiare camera -una tripla- e pagare un supplemento. Senza avere neanche un ringrazimanto, perchè per queste persone il disagio di dormire in 3 -se non 4- persone in un letto da due è più accettabile che non avere un vero letto comodo, con una stanza delle dimensioni adeguate.
Ed ogni volta che, a me o ad altri colleghi, capitano queste persone, mi chiedo sempre, disperatamente: ma la gente... ma che problemi si fa?
Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
venerdì 26 agosto 2016
venerdì 19 agosto 2016
Scrivo
su due blog. Uno è il mio personale, Le Cronache del Bancone. L’altro è Vorrei
una Camera, acronimizzato in VUC, reclutato a tale scopo dal socio, che mi ha
praticamente catturato modello pokemon (“marce, ho scelto te!” “Piantala di
tirarmi queste pokeball!”). Ora, chi legge questi due blog è, se non proprio un
portiere d’albergo, qualcuno che lavora al pubblico, conscio quindi delle
difficoltà che ne derivano. Per tutti gli altri lettori: sappiate che, nei
gruppi facebook riservati a noi portieri, circolano spesso molte foto delle
camere dopo che vi sono passati clienti unni: il regno del chaos e della
devastazione. Quindi queste foto che seguono non sono poi peggio di altre che ho
visto. C’è solo una piccola particolarità.
Turno di
mattina. Telefonata da un interno. MI trovo al centralino e rispondo:
-Ricevimento,
come poss…-
-TU SALE
QUI VEDE!!-
….
-Betty,
tesoro, adoro quando mi dai questi ordini perentori, mi ricordi mia moglie. E’
bello sapere che, italiana, nigeriana o coreana che sia, qualsiasi donna mi tratta
sempre allo stesso modo-
-TU
PARLA IO NO CAPISCE TU SALE QUI VEDE-
Mi
guardo attorno: i colleghi mi osservano interdetti, chiedendosi il motivo delle
urla della Betty, ben arrivati dalla cornetta. Non ricordo quale delle colleghe
donne fosse con me al bancone (il fatto è di qualche mese fa), se Uragano
Kathrina, la dolce Georgie o We are the Champions. Sicuramente non c’era la
signorina Rottelmeier, perché lei fa solo pomeriggi. Comunque, le dico che la
lascio un attimo sola al banco, e salgo con Ettore nella camera incriminata. La
Betty, quando parte con tono deciso, intimorirebbe anche il leader di boko
haram.
Lei è lì
che ci aspetta, e constatato il disastro, scattiamo due foto, una io ed una
Ettore.
Poi le diamo una mano a buttare tutto quello sporco nel sacco della
spazzatura.
La
particolarità è: questi clienti non erano in partenza. Erano un fermo. Ora, io
capisco che tu cliente, abbia la necessità di buttare dei rifiuti, e può anche
capitare che tu ne abbia tanti che non stanno nel cestino rifiuti del bagno. Ma
perché butti tutto in terra? Perché, il pomeriggio prima, non sei sceso al
bancone a chiedere un sacco dei rifiuti?
Uno
potrebbe dire: beh, il compito della cameriera è pulire, è pagata per quello.
Verissimo. Però, se voi avete dello sporco, immagino non vogliate buttarlo in
terra, visto che in quella stanza ci state e la usate. Insomma, a me, se ho
necessità di andare in bagno, scoccerebbe alquanto alzarmi dal letto e
camminare sul sudicio, anche se sudicio prodotto da me. Questi clienti no.
Hanno gettato ogni cosa in terra (era sparso tutto ovunque) e presumibilmente sono
stati pomeriggio e sera con quella roba. Camminandoci in mezzo. Quando
sarebbero rientrati in albergo, il pomeriggio, la collega gli avrebbe provato a
chiedere il motivo del disastro, ma venne fuori che costoro parlavano solo la
loro lingua, rendendo impossibile qualsiasi comunicazione.
Non è
finita.
La Betty
richiama, qualche minuto dopo. Se possibile, ancora più infuriata.
I
clienti avevano usato il bagno e, per qualche motivo sconosciuto, gettato la
carta igenica usata non nel wc, come fanno tutti, ma nel cestino rifiuti del
bagno.
La Betty
ha vomitato. Aveva un diavolo per capello, ed il suo soprannome è Bob Marley. E non credo ci sia altro da aggiungere.
Solidarietà. Anche a tutte le altre colleghe ai piani.
Solidarietà. Anche a tutte le altre colleghe ai piani.
venerdì 12 agosto 2016
venerdì 5 agosto 2016
Le
opinioni non esistono. La gente è manipolabile ai massimi livelli. Già lo era
prima di internet e facebook, figuriamoci adesso. E’ facile, basta poco. Inventarsi
un blog con un nome accattivante (tipo “la VERITA’ che ci tengono NASCOSTA”) e
sparare un po' di sciocchezze seguite da un CONDIVIDI!!11!!1. Ci cascano in
migliaia. In poche ore si ottengono il triplo dei mi piace che ha il mio
blogghetto. A volte mi domando perché non
l’ho fatto, gli italiani adorano questo sentirsi abbindolati, piace questo
vittimismo universale, vivono nella sensazione di “siamo oppressi dal potente,
e LORO ci libereranno” perché se ci pensano gli altri è meglio (in qualsiasi
campo, se qualcun altro fa il lavoro sporco è meglio. Anzi il lavoro tout-court).
C’è
anche l’altro sistema, l’offesa a tutto spiano. La scimmia, i bastardi, la bambola
gonfiabile, fino a “eliminiamola fisicamente”. Oh, dai, un bel revival degli
anni di piombo è proprio quel che ci mancava, che genialità. Ma per fortuna, per
ora la gente si limita al condividere. E si spera rimanga su questo livello.
C’è
anche il metodo di far sentire in colpa, sistema che può riuscire benissimo con
le persone giuste. Io, ad esempio, come successo una settimana fa, quando andai
a giocare dai miei amici ai nostri amati giochi da tavolo, ed alla cui serata
ludica era presente anche un ragazzo americano, Peter, che al mio arrivo mi
squadra con sguardo accigliato e se ne esce, nel suo accento inglese, con “non
so se posso accettare questo affronto!”. Perché in quel momento avevo indosso
la maglia verde dei Celtics (numero 33, chiaramente). Per uno del New Jersey è,
effettivamente, un atto grave. E non oso immaginare se mi presentavo con quella
gialla dei Lakers: per Peter, dev’essere come a me vedere la maglia di
colei-che-non-deve-essere-nominata.
Io sono
rimasto alla vecchia scuola: ti convinco con la mia espressione simpatica ed
accattivante. Poi a noi toscani riesce bene: pausa ad effetto, sorrisetto
malizioso e ditino a rimprovero. Vi ricordo qualcuno, vero? Noi fiorentini,
quando ci mettiamo d’impegno, siamo discretamente paraculi.
Due
famiglie olandesi: abbastanza caciaroni, entrano nella hall portando un
discreto casino e facendomi per un istante temere al ritorno dei tifosi del
Feyenoord. Ma per fortuna non è così, sono solo tizi in vacanza.
Mi
accingo quindi a fargli il check-in, a cui si prestano con molta educazione:
non mi interrompono, mentre gli spiego l’orario del check-in, chiedendomi come
funziona il wifi. Una cosa che mi dà terribilmente sui nervi. Loro no, ed
infatti gli spiego anche come funziona il wifi. Poi, prendo due piantine per
indicargli dove siamo, tra un giubilo generale e “grazzie” pronunciati con evidente
accento fiammingo.
Ecco,
lì, in ordine:
pausa ad
effetto
sorrisetto
malizioso
ditino a
rimprovero
ditino
che punta uno dei membri del gruppo, un bimbetto di 8 anni con la maglietta a
strisce (soddisfo la vostra curiosità: l’altro colore era il rosso) e me ne
esco fuori così:
-Questa
maglietta però non va mica bene, eh-
Mancava
solo che alle mie spalle apparisse una slide.
I maschi
delle famiglie se ne escono con una risata generale, a cui seguono le richieste
di sapere dove trovare le magliette della nostra squadra, “Fiorentinna!”, con
palese accento dutch. Le donne adulte ridevano, ma probabilmente dentro di sé stavano
pensando: “Maschi, dagli il pallone e diventano matti”
-Qui c’è
il mercato di San Lorenzo. Sulle bancherelle ci sono le magliette tarocche.
Dentro il mercato quelle originali-
-Ma
quelle originale sono più care?-
-Chiaro-
-Allora
tarocche!- E segue risata generale.
La
mattina dopo, alle colazioni, il bambino aveva una maglietta monocolore.
Tarocca, ma comunque di quel colore. Il più bello di tutti.
Come
predicatore non mi batte nessuno. Quasi quasi mi candido anch’io in politica.
Tanto, peggio di come siamo or… ah, non volete più fiorentini al governo?
Mannaggia
Matte, m’hai rovinato la piazza.
lunedì 1 agosto 2016
La nostra idea di vacanza familiare è molto semplice:
campeggio a due passi dalla spiaggia
bungalow con tutti i confort, o quasi ("Sciocco uomo che vive in questa famiglia, cosa credi di stare facendo?" "Beh, avendo appena pranzato, mi appresterei a riprendere la mia lettura quotidiana, visto che sono solo a pagina 257 di un libro di 850 e..." "Inutile essere maschile! Pallida figura di bipede di sesso sbagliato! Tu osi dimenticarti dei tuoi sacri doveri verso la tua signora e padrona?" "Immagino tu non intenda doveri coniugali, visto che le bambine sono di là che giocano" "Ovvio che no, banale esempio di lapalissiano. Ci sono due cose fondamentali da fare: primo, il caffè per me, cosa di importanza unica. Vitale, oserei dire. Vitale per te, chiaro. Poi, rigovernare. Questa non è casa nostra, dove conviviamo con una lavastoviglie! Raus, los los!")
Ok, non divaghiamo
Che altro? Ah, si:
ristorante con doppio menù (carne e pesce) ad un prezzo che, nei locali del lato tirrenico della penisola, sarebbe a malapena sufficiente per il coperto
ma soprattutto, animazione discreta. Molto discreta.
Uno dei motivi per cui, ormai da un decennio, preferiamo questo luogo, non è solo per la posizione (tra il campeggio e la spiaggia c'è solo la pista ciclabile, non ci sono strade e pericolose auto, che a queste latitudini guardano ancora meno ai pedoni -e già a Firenze sono bestie ignoranti, meglio non dica altro-), ma proprio perchè l'animazione è più semplice e meno "urlata" che non nella struttura a fianco, dove già alle 9 del mattino un altoparlante spara, a tutta forza, un buongiorno seguito da qualcosa che assomiglia a "il lavoro rende liberi!", dopo di che una massa informe di bipedi si ritrova sul bagnasciuga e viene messa alla ginnastica forzata, e per 2 ore si sfiancano di fatiche ataviche e distruttive
Una banda di matti
Una roba che pativano solo gli antichi egizi mentre edificavano imponenti strutture funerarie. Probabilmente anche ai tempi dei faraoni c'erano gli altoparlanti che sparavano Alvaro Soler od altro pop latino a tutto volume.
Qui invece non è così. I 3 animatori qui presenti mettono un po' di musica e fanno giocare i bambini soprattutto la sera con la mitica baby dance, che permette a noi genitori di rilassarsi e godersi un gelato mentre i piccoli saltellano sulle note delle banali canzoncine dello zecchino d'oro. Basta. Tutto qui.
Cioè, poveretti, loro ci provano anche, a coinvolgere i grandi a fare qualche attività giornaliera sulla spiaggia che non sia solo la costruzione di castelli di sabbia, ma io e mia moglie, da quell'orecchio, proprio non ci sentiamo.
Relax assoluto, fancazzismo uber alles. 'un ti ci provare neanche, a chiedermi il risveglio muscolare. Non ti passi nemmeno per l'anticamera del cervello di avvicinarti al lettino a chiedermi di non godere di quel che dovrebbe essere lo scopo vero ed ultimo dell'uomo, cioè far passare il tempo senza fare una beata...un bel niente. In quelle due settimane che abbiamo di ferie i muscoli sono in letargo, dormienti assoluti, out of order, ed i giorni li passiamo, appunto, inchiodati sui lettini, io con tomi di 850 pagine sulla guerra mondiale (od in subordine, Bill Bryson. Oppure il regolamento di World in Flames, che sono solo un'ottantina), mia moglie alle prese con il Bartezzaghi & soci.
La prima sera del nostro arrivo, mentre ci godevamo un po' di frescura serale al bar del campeggio, si avvicina uno di questi ragazzi:
-Ciao, io mi chiamo Christian-
-Ciao Christian, io sono Marcello-
-Di dove sei, Marcè?-
Premesso che il ragazzo era simpatico di suo, io non sono il musone scontroso che mette subito muri su chi si avvicina ed attacca bottone. Lui fa il suo mestiere, è giusto abbia un riconoscimento. E poi mi dà del tu. Il che non mi capita spesso, con chi ha quasi 30 anni meno di me.
Però mostra subito ingenuità.
Perchè indosso, oltre ai soliti pantaloncini e sandali color kaki (senza calzini, tengo a precisare, non essendo teutonico), la maglietta dei Sanfrecce Hiroshima. Vincitori dell'ultima J-League e dal colore sociale così splendido, meraviglioso, fantasmagorico
il Viola.
Non posso, a quella banalissima e futile domanda, non agitare il colletto di quella maglietta acquistata anni ed anni orsono in Giappone e dirgli, con un certo tono di rimprovero ma anche sorridendo:
-Guarda il colore. Guarda il colore!-
Ha assunto un'espressione che recitava "che me tocca fa pe' campà". Ma poi abbiamo parlato un po' del calciomercato delle nostre squadre (è milanista), arrivando alla conclusione che, per entrambi, anche quest'anno si vince l'anno prossimo.
E' stata una vacanza rilassante, il che va sempre bene. Ed a parte le figlie che, avendo appreso l'arte dell'immersione, si prendono gioco del babbo (la cui capacità natatoria è pari a quella di un blocco di granito), gli unici altri momenti da ricordare sono stati:
1- Desirée, bionda da filmografia bondiana capace di far ruotare una dozzina di hula-hoop in svariate parti del corpo, e che aveva il magico potere di far tenere, per tutta la durata dello spettacolino, gli occhi fissi su di lei. Sia da parte dei piccoli (per come faceva girare i cerchi) che dei grandi (per come faceva girare.... ehm... parti del corpo), in particolare il sottoscritto e Luca, amico che vive a queste latitudini. A fine dello show, Virginia, moglie di Luca, rideva dell'espressione che avevamo noi due, espressione comune a tutti i maschi italiani alla vista di parti rotonde, sia quando sono attaccate a corpi femminili o quando sono calciati da piedi maschili. Virginia, appunto, rideva di noi.
Mia moglie, invece, non rideva affatto. E non dico altro.
2-Christian che, in pieno pomeriggio, mi fa "Tu sei proprio di Firenze: intellettuale sempre a leggere!" Che vi potrà sembrare banale, ma per uno come me, che non sopporta PIeraccioni e Ceccherini, ha fatto enormemente piacere. Ha fatto godere a palla.
3-La sagra del tartufo di Campovalano, presenti noi ed amici di Verona che frequentano lo stesso campeggio ogni anno. Arrivati alle 10 di sera di un giorno feriale, troviamo una fila che faceva impallidire quella degli Uffizi, o dell'inps quando erogano le pensioni. Proviamo a chiedere alla ragazza della cassa quanto ci vorrà, prima di avere i piatti e mettersi a sedere.
-Poco! 10 minuti, al massimo un quarto d'ora!-
40 minuti. Quaranta minuti di attesa prima di arrivare al bancone, e di badare che ragazzetti del posto più tatuati di un maori cerchino di saltare la fila (e con me, ci riescono benissimo tutti). Ad un certo punto, proprio davanti alla cassa, si pianta, con una decellerazione da 100 a 0 m/s, un pullmann che sembra arrivato direttamente dagli anni '60, e da cui si riversa una massa gigantesca di persone; una quantità che a mio parere riempirebbe tutta la Fiesole. Sopra, il nome di un circolo ricreativo di Teramo.
Una signora, dietro di me, guarda esterefatta quella fiumana di gente che si appresta a fare anch'essa la fila per mangiare e rivolta al marito dice:
-Pure con il pullmann da Teramo, vengono-
Mi guardano, accortisi che anche io ho lo sguardo fisso sul bus. Con la mia classica, solita ed immutabile bocca aperta. Poi mi riprendo:
-Oh, beh, se è per questo, c'è pure chi viene da Firenze- Ed indico il sottoscritto. Ridono. Al che, insisto:
-Ed a questo punto, non mi stupirei se arrivasse pure un pullmann da Dusseldorf-
E poi mi volto in avanti perchè qualcuno sta cercando di saltarmi nella fila, mentre i signori dietro di me ridono ed affermano che come si mangia da loro in Abruzzo, non si mangia da altre parti, visto che ci vengono da questi posti del nord.
Ed anche se, da bravo toscano, posso avanzare parecchie obiezioni, devo ammettere che si, ci si mangia dimorto bene.
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