Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
venerdì 25 settembre 2015
Ok,
lo so. Ci sono desideri molto più assurdi e decisamente controversi.
Ad esempio quello della novella Miss Italia, che vorrebbe essere nata
nel '42 per vivere la seconda guerra mondiale. A parte che può
sempre giocare a Medal of Honor, o se preferisce il tavolo, a World
in Flames, desiderare di nascere nel '42 è anche una scelta
temporale poco felice, visto che sarebbe difficile ricordarsi quegli
storici eventi ad un'età molto tenera. Mio padre, del '41, non
ricorda molto di quando aveva poco più di 3 anni e mia nonna lo
prese in braccio per scappare, con il resto del paesello, dentro ai
boschi casentinesi perchè, in un torrido giorno di Luglio del '44,
stavano arrivando i crucchi con il preciso e mirato intento di
compiere un ennesimo massacro. Se si salvarono fu perchè in quegli
anni non c'era una strada che portava fin lassù, ed i nazi dovettero
smontare dalle loro kubelwagen typ 82 con motori da euro -67 (gli
stessi motori che usano oggi sulle moderne golf, peraltro, e ti fanno
credere siano euro 4. Quando si dice la tecnologia tedesca) e quindi
farsela a piedi su per la mulattiera. E si trovarono pure davanti
alla strenua resistenza di un pugno di partigiani che si immolarono
pur di dare il tempo agli altri di mettersi in salvo.
Se
proprio devi desiderare di vivere la IIGM, potresti desiderare di
nascere nel '22 a Mosca, così magari ti arruoli nell'aviazione e
diventi eroina dell'Unione Sovietica come Marija Ivanova Dolina, e
poi ti dedicano una medaglia, un monumento in una cittadina kazaka ed
una pagina wiki.
I
desideri che i clienti ci pongono in albergo non sono poi così
pazzeschi. Sono molto più umani e terreni. Qualcuno abbastanza
antipatico, come quello che prenota una camera singola e poi chiede
letti aggiunti, terrazza e vista, e si risente se gli facciamo notare
che deve pagare supplementi vari. O quello che indicò, in fase di
prenotazione, di essere intollerante a glutine e lattosio, e
pretendeva da noi una conoscenza dei prodotti appositi che ha solo
lui ed il suo medico curante. Fino a che non ci portò quei prodotti,
e non ci fece vedere cosa erano, non sapevamo neanche esistessero.
Ma
qualche desiderio e richiesta è decisamente più bizzarro, e molto
più divertente.
Fermatevi
un momento e date un'occhiata alla foto allegata a questo racconto.
Avete
letto?
Quando
mi sono trovato davanti questa richiesta, ho immediatamente
cominciato a far lavorare il cervello per capire come fare a donare
una frase d'amore a questa cliente e soddisfare il suo, in fondo non
impossibile, desiderio. Ho fatto leggere il foglio (ho fatto la
fotocopia) a mia moglie, e lì ci siamo ovviamente sbizzarriti con la
fantasia. La prima idea era di comprare direttamente dei baci
cioccolatosi, quelli con la frase d'amore inclusa nell'incarto, e
metterglieli in camera, così, brutalmente, lasciando il lavoro
sporco ai dipendenti perugina, solo che a) chi li paga i baci? Io no
di certo, e non posso neanche passare lo scontrino
all'amministrazione, e che b) ci sia pure il concreto rischio che i
baci ce li mangeremmo tra colleghi, e metteremmo in camera solo il
fogliettino con la frase.
Così
l'idea si è spostata sullo scrivere la frase su un foglio A4, magari
con un disegnino carino da allegarci, una cornicetta disegnata sui
bordi, e così via. E lì pensavamo a che tipo di frase scrivergli,
forse dovremmo cercare in rete, nello specifico in spagnolo. Ma forse
lei le apprezzerebbe in italiano? Ad un certo punto, mentre eravamo
lì a dissertare, sono partito in quarta con l'idea di stampare
l'immagine di Mae West con lo sguardo ammaliante e la sua famosa
frase “E' una pistola quella che hai in tasca, o sei felice di
vedermi?”. Da lì, è stato solo questione di un attimo passare
all'immagine di Rocco Siffredi. E' stato il via: siamo subito
degenerati a frasi tipo “Ho bisogno di te come la terra ha bisogno
di'concio” o “Amore girati”, od altre frasi prese direttamente
dal Vernacoliere, ed altra roba sul volgarissimo andante.
lunedì 21 settembre 2015
Perchè non ci sono solo i clienti che "i wan' a bigge' room", dopo che ha prenotato una singola e sono in 4.Perchè non ci sono solo i clienti che "wifi doesn't work" e mi ammolla un cellulare che potrebbe ripagarmi il mutuo, e settato con caratteri a me totalmente sconosciuti.Perchè non ci sono solo i clienti che "Soy a Florencia, no encuentro el hotel. Llegen aquì!" A parte che non posso muovermi dal banco, aquì donde està? "No sè, no conosco esta ciudad, tiene que aiudarme".
Basta con questi, dimentichiamoli un momento.
Oggi è il giorno del "sboron mode on".
A tutta manetta.
venerdì 18 settembre 2015
C'è
una nazionalità di clienti, per fortuna particolarmente rara, che
non si gradisce volentieri in albergo. Si tende ad evitare che
soggiornino.
I
nigeriani.
Ora,
prima di muovere accuse di razzismo, vi prego di leggere attentamente
questa storia, capitatami in due giorni agostiani: un 15-23 ed un
7-15. Il classico accoppiamento abbinato di turni in due giorni,
comune in tutte le strutture alberghiere del pianeta. Intenso e
devastante come un concerto del Pistoia Blues, con la folla, la
calura di Luglio e l'assaggio delle sostanze che circolano nella
piazza, ma senza la musica.
Ve
lo scrivo in italiano, ma ovviamente, trattasi di dialoghi in
inglese.
Vero
le 17, entra nell'albergo, munito di trolley e borsone, una copia di
Marsellus Wallace con la statura di Michael Jordan.
Un
doppelganger così perfetto (a parte un pancione alla Ronaldo e
Maradona messi assieme) nel vestito elegante e la testa a palla di
biliardo, che mi aspetto dica che attende gli amici per il lavoretto
medioevale. Basta non mi prenda per Zed.
Invece
mi chiede, logicamente, se ho una camera.
-Che
tipo di camera?- perchè è ovvio che devo sapere in quanti siete,
cicci belli, prima di fare un'adeguata offerta.
-Una
singola-
Ok,
vuole una singola. Magari è davvero così; il suo inglese sembra
buono. Ma tendo a non fidarmi, di chi entra a chiedere.
E
faccio bene. Ormai conosco i miei polli.
Perchè
una volta ricevuta la tariffa dal sottoscritto, smolla trolley e
borsa davanti al bancone (senza chiedermi se può lasciare un attimo
lì. Niente di niente. Butta giù e basta) ed esce. Si affaccia alla
porta a chiamare, ovviamente, lei.
Ora,
a parte il mettermi le mani in faccia (il classico facepalm doppio)
perchè mi chiede una singola e poi sono in due, il modo con cui
chiama la sua lei indica perchè tendiamo ad evitare i nigeriani.
Se
a metà del mese scorso avete sentito un urlaccio venire in direzione
Firenze, era lui che chiamava la moglie dal mezzo della strada.
E
malgrado questo grido, ad una quantità a 3 cifre di decibel, lei
pare non udire, perchè lui replica. Stavolta con un fischio che
avrebbe mostrato l'ammirazione di un pastore della Barbagia quando
chiama il cane pastore. 3 colline più in là.
Una
cacioneria a livelli stratosferici.
Non
sono cattive persone. Oltre ai miliziani islamici, l'unico altro
nigeriano antipatico resta taribo west, che andava radiato dal calcio
immediatamente ma gli dettero solo un giallo perchè protetto da
maglia strisciata, che in italia rende intoccabili i soliti 33
giocatori. Quei pochissimi nigeriani turisti che capitano sono
ovviamente residenti in paesi europei: il problema, appunto, è che
si portano sempre dietro questo livello stratosferico di cialtroneria
e casinismo.
Lei
arriva con il fracasso di una compagnia di panzer in pieno fall blau;
urla al marito qualcosa in Yoroba od altra loro lingua ma che, dal
tono, sembrerebbe una roba tipo “ma in che razza di topaia mi hai
portato?”.
E'
il classico spettacolo di nigeriana nella sua idea di eleganza e
classe.
A
parte un abito-pantalone che lascia scoperte spalle e braccia, e sono
braccia larghe il doppio di quelle del marito (per non parlare del
posteriore, che sembra la poppa della Concordia), le unghie sono un
patchwork colorato che sembra la tavolozza di Kandinsky caduta in
terra, mentre sulla faccia ha un intero negozio Limoni di ombretto
azzurro; e soprattutto, ciglia finte di mezzo metro di lunghezza.
Credevo
che non le avrei mai viste in tutta la mia vita, le ciglia finte.
Lei
continua a gridare fino a che il marito non gli dà una tale manata
sul sedere che lo spostamento d'aria scuote anche il video del
computer. A quel punto lancia una serie di strilli che sembra stia
avvertendo la popolazione di Abuja che stanno arrivando le
avanguardie di boko haram, salvo poi voltarsi, acchiapparlo per le
orecchie e stampargli un bacio sulla bocca.
Appoggio
i gomiti sul bancone ed affondo la faccia dentro i palmi delle mani.
Non ho altre alternative.
Un
“bop” da apertura di bottiglia di prosecco mi avverte che lo
slinguamento è terminato, e posso rialzare la testa.
Gli
spiego che una singola non gliela posso dare. Sono in due, anche
belli massicci, ed è chiaro che una matrimoniale è il minimo. Li
aggiorno sulla tariffa, e li mando su con Matteo a vedere la camera.
Quando scendono, lei non fa una piega: mi passa la carta di credito
(è sempre la parte migliore del lavoro) ed i documenti. Mentre io
addebito e registro, lei si rivolta dal marito per altre esplorazioni
linguistiche. Il tutto sempre condito di urli e risate sguaiate,
ovvio. Poi firma il cedolino pos, prende chiave, codice wifi e vanno
all'ascensore.
Ricordatevi
che chi sta scrivendo è toscano. Fiorentino con ascendenze
casentinesi, per di più. Se mi scandalizzo per il casino di certi
clienti, rendetevi conto di che livelli vi sto parlando.
Non
li rivedo fino a sera, quando escono per cena. Poco prima che
stacchi, rientrano e si piazzano sul divano davanti al bancone,
sempre con le solite urla che sembra si stiano scannando, salvo poi
baciarsi selvaggiamente. Ad un certo punto lui si stacca da lei, mi
guarda e mi fa:
-Sprechen
sie deutsch?-
Ora,
a parte farvi capire che costoro sono arrivati qui da turisti
partendo dall'Africa sub-sahariana per andare nel paese la cui
popolazione si occupa di orologi a cucù (il che è bene, Welles
aveva torto) e custodire i soldi altrui sottratti tramite furto od
evasione (il che è male, urge attuare l'operazione Tannenbaum), è
chiaro che lui vuole fare lo sborone.
Parla
il tedesco, lui.
Non
puoi farcela, giovane jedi. Non hai il mio livello di esperienza e
sboronamento.
-にほんごできる-
-What?-
-Japanese-
Sgrana
gli occhi, neanche gli avessi detto che vengo da Marte, e mi spara
questa meravigliosa quanto incredibile domanda:
-Are
you form Japan?-
A
parte il mio sentirmi onorato da tale questione, direi che no, non ho
proprio l'aspetto a giapponese. E' chiaro che sono italiano, in tutto
e per tutto. Il che può anche essere un profondo svantaggio. Ma il
punto non è quello. E' che lì per lì ci penso anche. Chi invece
capisce subito che il nigeriano ha appena detto una gigantesca
sciocchezza, è la moglie. Che è donna, e quindi essere superiore
intellettivamente.
Non
faccio a tempo a dare la risposta negativa che si sente uno schiaffo
sonorissimo: è lei che ha dato una manata fortissima alla sua
coscia, urlandogli qualcosa che interpreto chiaramente come “Ma che
ca**o dici? E' chiaro che lo ha studiato, no? Ti pare un giapponese,
pirla che non sei altro?”, e poi mi guarda con l'espressione di
Carla Signoris.
Effettivamente,
faticai molto a non esplodere dal ridere. A parte questo modo caciaro
di vivere, mi avevano già dato materiale per una storia, ed erano
simpatici, quindi non mi pentii affatto di averli presi. Ma il meglio
doveva ancora venire.
La
mattina dopo scendono per fare colazione, ma prima passano al banco
per riempirmi di lamentele: l'aria condizionata non fa, c'è poca
acqua calda, la stanza è piccola, il wifi penoso, ecc ecc. Ma ormai
avevano pagato, e poi la camera l'avevano vista, prima di comprarla.
Vanno a fare colazione, quando finiscono tornano al banco e.... mi
chiedono di averla per un'altra notte.Ora,
mi venite a dire che la camera vi fa schifo e poi la volete per
un'altra notte? Vabbè, è il classico modo di cercare di strappare
uno sconto. Il punto è che il pomeriggio di ieri, quando siete
entrati, ve lo avevo detto che oggi ero pieno, e la camera era
disponibile per una sola notte. E' inutile che facciate i delusi.
Perciò
scendono i bagagli per partire. Mi si presentano davanti per darmi la
chiave ed in quell'istante, lui allunga le mani e.... mi sistema la
cravatta. Che effettivamente, dopo 4 ore di turno, era abbastanza
fuori posizione. Un momento di silenzio assoluto, con lui che mi
aggiusta bene al colletto il pezzo di stoffa pendente, e poi mi
stringe la mano tenendo il pollice in alto. E poi me la stringe lei,
che sfoggia un sorriso così splendente che a fissarlo troppo
potrebbero crearsi lesioni alla retina. E mi spiace veramente di
essere pieno e non potergli offrire una camera.Stanno
per uscire, quando lui, sulla soglia, ci pensa un attimo, si blocca
(con lei che gli sbatte la faccia all'altezza del sedere, giusto per
farvi capire le proporzioni della coppia), si volta verso di me e con
un sorrisino sarcastico mi fa:
-Se
non troviamo una camera per stanotte, veniamo a dormire da te. Ci
ospiti a casa tua-
Allora
non hai capito con chi hai a che fare, ragazzo!
-A
casa mia?-
-Si,
a casa tua-
-A
casa mia solo lei. Tu no-
Lei
esplode in una risata che deve aver sentito anche un operaio della
tranvia intento a trivellare in Piazza Viesseux.
Lui
invece non capisce, forse il mononeurone è a vedersi un video di
micetti su youtube.
Ci
pensa.
Sparizione
sorriso tra tre.... due... uno....
Puf,
sorriso sparito.
Lei gli dà una manata sul culo e gli urla di uscire, lui ribatte qualcosa indicandomi. Stavolta molto seriamente. Se aveva ancora la mia cravatta tra le mani, avrebbe stretto molto, molto forte. Ma spinto sulle chiappe da manone grandi quanto un badile, esce.Ed a quel punto lei si volta e, solleticata nella sua profonda vanità femminile, mi fa l'occhiolino e mi manda un bacio con la manona unghiata.
Morale:
al di là delle battute che ho scambiato con questi due, è
consolante sapere che, se mia moglie dovesse stufarsi di me e
sbattermi fuori di casa (perchè purtroppo non è il tipo da “torno
da mia madre”. Lei è quella da calcione nel didietro e cambio di
serratura), per lo meno una nigeriana di 90 kg che mi raccatta,
dovrei avere speranza di trovarla. E senza neanche impegnarmi troppo
l'arte della galanteria.
Basterebbe avere una buona dose di tappi per le orecchie.
martedì 15 settembre 2015
Carissimi colleghi dell'Hotel **** ***** ******* a Roma:
Oggi, da voi, sono arrivati due clienti argentini. E vi avranno massacrato di richieste. In particolare, la prenotazione per l'udienza privata con papa Francesco. Che neanche sapevo possibile. E dopo alcuni giorni di soggiorno a Firenze, hanno avuto l'idea di fare questa prenotazione-richiesta due ore prima del treno per Roma. Quando si dice la tempistica.
Ma non è quello il punto. Il punto è che, dopo aver scaricato e stampato il form della richiesta, averla diligentemente compilata (in mezzo a tutti gli altri check-out, ovviamente, con gli altri clienti che ululavano e schiumavano di rabbia perchè attendevano impazienti di fare il conto) con nome e cognome dei clienti, ho ovviamente inserito indirizzo e numero di fax del VOSTRO albergo. Perchè è ovvio che una risposta non poteva venire a noi, ma a voi, dove andavano ad alloggiare oggi 'sti due.
Ebbene, carissimi colleghi, sappiate che vi sono vicino. Ricordatevi, come facevo io: il cliente è sacro. Lo so, vi terrà almeno due ore due (non scherzo) a parlarvi delle sue parentele in Italia, e delle telefonate che ha fatto a costoro che vivono in provincia di Potenza, Milano e Torino, che tizia è morta ed il marito si è trasferito,l e poi hanno la maglietta del San Lorenzo per il papa, che è tifosissimo della squadra. E poi eccetera eccetera eccetera.
Ripeto, vi sono vicino. Quanto? Un monte. Vi sono vicino un monte. Ma sui'serio.
....
....
....
Tiè, ora ve lo ciucciate tutto!!!! Uahahahahaha. Come sono bastardo!!!! Deep inside!!!! Uahahahah
venerdì 11 settembre 2015
Io
non voglio essere razzista, ma ogni tanto la battutaccia ci sta. Una
volgarissima, zozza, stupidissima, ignorante e leghista battuta
sull'etnia del cliente antipatico. Non me ne vogliano i suoi
connazionali (alcuni sono miei colleghi di lavoro), ma qualcuno se la
merita. Diamine, un po' di politicamente scorretto, ogni tanto, ci
vuole.
Coppia
giovane. Poco più di vent'anni. Abbigliamento sportivo. Disegni
colorati sulla pelle. Paese balcanico.
Lui
è di un'altezza che all'NBA direbbero “E' un buon inizio”.
Lei
d'un biondo che Cameron Diaz direbbe “Ok, è il momento del
ritiro”.
Entrambi
sono d'un musone che sembra abbiano appena sentito dire in tv che
Salvini che andrà in Nigeria con i soldi di Bruxelles. Sorridessero,
sarebbero una coppia splendida.
Scendono
dalla camera in un pomeriggio e chiedono un taxi. Lo chiamo. Arriva.
Salgono e via. Fino a qui, tutto bene. Ma, come recita il film, il
problema è l'atterraggio.
Dopo
una un'ora tornano. Agitatissimi.
-Noi
perso iphone su taxi, tu può chiamare e cercare taxi?-
Perdere
oggetti nei taxi può essere una vera scocciatura. Per noi portieri,
ovviamente. Perchè il cliente si presenta al bancone aspettandosi
che noi si abbia la bacchetta magica da agitare per far magicamente
apparire il bene smarrito.
Non
ci riuscirebbe neanche Silente.
Se
perdi un oggetto su un taxi, non è affatto detto che il tassista se
ne accorga. Non si mette a rovistare dietro, dopo che un cliente è
sceso. Incassa il pagamento del servizio e via. Al massimo gira la
testa e guarda sui sedili, ma non sempre lo fa. Oppure un oggetto può
benissimo cadere e finire sotto uno dei sedili anteriori. Poi sale un
altro cliente, lo nota e, zac, se lo intasca.
I
tassisti non si intascano niente. Conservano tutto. Due mesi fa una
giapponese perse in un taxi un cellulare ultimo modello, di quelli
che per comprarlo non basta il prestito dell'FMI ad Atene. Tra
l'altro uscì la sera a cena con altri colleghi (era qui per un
congresso), ed era in kimono. Meravigliosa, mi sembrava di essere
tornato ad Okazaki vent'anni fa. Comunque: riuscimmo a risalire al
taxi grazie ad una chiamata alla compagnia (li chiamiamo con internet
con un apposito programma che conserva i codici dei taxi), ma essendo
le 23 passate, il tassista aveva staccato ed era andato a dormire, ed
avrebbe ripreso servizio la mattina alle 8.
Due
ore prima era già al bancone, a chiedere notizie del tassista.
Io
e colleghi, a parte chiamare la compagnia dei taxi che tentava di
contattare l'autista di 'sto Bari 7, Parigi 12 o Timbuctu 25, neanche
me lo ricordo, non potevamo fare altro.
Ogni
10 minuti, la nipponica arrivava a chiedere altre informazioni e di
fare un'ennesima chiamata alla centrale.
Uno
snervo senza precedenti.
Addirittura
la signora, che avrebbe un posto prenotato su un freccia rossa,
preferisce perderlo. Non va neanche a cambiare il biglietto alla
stazione pur di stare lì. Alla fine si riesce a contattare il
tassista che conferma che si, il cellulare era rimasto in auto e lui
l'aveva trovato. E l'avrebbe riportato alla cliente, prima di
cominciare il servizio. Così dopo mezz'ora lui arriva e lo ridà
alla giapponese.
Che
a parte dire un grazie, non gli dà un centesimo di mancia.
Come
direbbe il mio collega Ettore, avessimo un euro per ogni grazie,
avremmo già ripianato il debito greco.
Non
voglio fare una difesa spassionata dei tassisti, specialmente dei
miei concittadini. Anche su di loro sarebbe da dirgliene diverse.
Qualcuno sarebbe da sbattere discretamente contro il muro fino allo
sgretolamento dell'intonaco, in quanto sfrutta appieno la letale
combinazione tassista+fiorentino (anche se tassista+romano dev'essere
qualcosa che, in quanto a simpatia, viene appena un pelino prima
della gestapo, l'isis e licthsteiner). Ma sono sufficientemente
onesti e scrupolosi, per quel che riguarda gli oggetti persi dai
clienti nelle macchine. Almeno, è quel che spero.
E
comunque, Milano 25 ce l'abbiamo solo a Firenze.
Ma
torniamo ai due modelli balcanici.
Questi
due, belli come il sole e con l'espressione del mostro di Milwakee,
mi si paventano di fronti, trafelati, che hanno perso questo
telefonino su un taxi.
Avendo
chiamato io il taxi, un'ora fa, tramite l'apposito collegamento sul
pc, riapro lo stesso e risalgo alla sigla. Quindi chiamo la
compagnia, che prova a contattare il tassista. E ci riesce.
Ma
il tassista afferma di non aver trovato niente.
Ovviamente
io non parlo direttamente con costui. E' la compagnia che lo contatta
con il suo sistema, le radioline cb in dotazione ad ogni macchina.
Riattacco,
e comunico la ferale notizia ai due ex possessori di telefonino iper
tecnologico ed ultra costoso. Il tassista non ha trovato niente.
Ammette di non aver controllato, quando loro sono scesi, quindi
qualche altro cliente potrebbe esserselo preso. Lui, una volta
ricevuta la chiamata dalla centrale ha guardato ovunque, anche sotto
i sedili o nella fessura sedile-schienale, ma non c'era niente.
Tutto
ciò, sempre ammesso che il cliente dell'albergo lo abbiano veramente
perso lì. Sottinteso, chiaro.
Questi
due si guardano in faccia, poi mi chiedono di chiamare ancora, che
vogliono parlare con il tassista, ma io ribatto di no. Non posso
stare un'ora dietro alle vostre fisime. Dovete fidarvi. Se vi dice
che non ha trovato niente, vuol dire che non ha trovato niente. Avete
perso un telefono, capita a tutti, è capitato anche a me. Fatevene
una ragione. Oltre al fatto che potreste averlo smarrito altrove ma
vi siete autoconvinti che l'avete perso proprio lì.
Lui
assume uno sguardo, se possibile, ancora più incacchiato, perchè
chiaramente non crede affatto a tutto ciò, ed è ormai pienamente ed
assolutamente convinto di essere stato derubato, e si mette a sedere
sul divano imbronciato come dopo lo 0-5. Lei rimane lì immobile a
bocca aperta per qualche lunghissimo istante, poi se ne viene fuori
con questa incredibile, pazzesca richiesta:
-Ma
no può parlare direttamente con tassista? No può avere suo
indirizzo?-
La
mia doveva essere la stessa incredula e stupefatta espressione che
avevo prima di sbottare in “Ca**o, dai, ma era fuorigioco! Come si
chiama 'st'arbitro norvegese di m****?”.
Carissimi
clienti balcanici che un paio di mesi fa avete perso il telefono e mi
avete rivolto questa domanda: ma vi pare che la compagnia dei taxi
viene a dare a voi, due perfetti sconosciuti, il numero e l'indirizzo
di un suo tassista? La privacy l'abbiamo definitivamente gettata nel
cassonetto?
E
mi viene in mente la battutaccia che si fa sui balcanici quando sono
incacchiati neri con qualcuno:
-Io
spacca bottilia! Io ammazza familia!-
ps.
i due non mi hanno più rivolto la parola durante il resto del
soggiorno.
Ormai
ero stato etichettato come complice.
martedì 8 settembre 2015
venerdì 4 settembre 2015
Tutto
vero.
Ma
è lunga, vi avverto.
Il
punto è ricordarsi sempre: il computer è uno stupido.
Per
quanto noi ci si sforzi nel dirgli quel che fare, ovviamente con le
istruzioni (mi ricordo ancora quando impazzivo con i programmi tipo
“If X=5 then goto 73”), e lui lo faccia, magari pure bene con
programmi ed applicazioni strabilianti, quelle istruzioni gliele
diamo noi. Non serve a niente essere affamati, o folli, od entrambe
le cose. Al mezzo tecnologicamente avanzato non frega niente di come
tu sei. In questo è davvero democratico. Solo, dagli le istruzioni
giuste e lui svolgerà le sue funzioni.
E
se tu, utente impavido e temerario, trovi qualcosa che non ti torna,
un percorso totalmente illogico ed irrazionale, un risultato oltre
ogni previsione e totalmente catastrofico, cosa farai?
Te
la prenderai con il mezzo che non ti ha capito?
Te
la prenderai con te stesso per aver toppato?
Te
la prenderai con i programmatori per i loro umani -ma anche no-
errori?
Macchè.
Chiamerai
l'albergo ed infamerai il portiere, è chiaro.
Pomeriggio
domenicale estivo.
Farsi
una domenica pomeriggio in albergo è come andare nell'aldilà,
trovare le famose 72 vergini, soddisfarle e, 9 mesi dopo, trovarsi
con 72 marmocchi urlanti e piangenti all'unisono. E sono tutti tuoi,
perchè le 72 neomamme ex vergini sono al centro commerciale dove
trovano H&M, Limoni e Sushiko.
E,
quando siamo pieni, qui ci sono pure il doppio, di clienti-marmocchi
che hanno bisogno di assistenza dal portiere.
Senza
contare quelli non ancora clienti che non sanno usare il mezzo
tecnologicamente avanzato.
Verso
le 19 entra una prenotazione. Per il giorno stesso.
Non
me ne accorgo perchè ho un tale continuo di clienti, al bancone, che
anche i 30 secondi che basterebbero per entrare nel sistema,
scaricare le nuove prenotazioni arrivate, stamparle ed inserirle nel
gestionale, sono pura utopia. Non ci sono secondi avanzanti. Esistono
solo i clienti al banco, che pretendono tutti la solita piantina e la
direzione per gli Uffizi od il Duomo. E per molti è la terza o
quarta piantina che prendono. E la terza o quarta spiegazione che
chiedono. E malgrado gli dica che il Duomo è a destra, loro,
puntualmente, escono e vanno a sinistra.
Un
bel giorno esco, faccio un buco nel marciapiede e ci infilo un palo
con la scritta “Ti ha detto a destra!”
In
tutto questo caos primordiale che sembra la curva della Fiesole dopo
gol di Pepito, squilla il telefono.
-Hotel
********* buonasera sono Marcello, come posso aiutarla?-
-Ciao,
io fatto plenotazione.... cioè.... plenotazione albelgo, ma io fatto
ellole, io sbagliato città-
Una
volta, forse 10 anni fa, mi successe. Sempre ad un turno pomeridiano
mi arrivarono due italiani, con un voucher. Che si spazzientirono
subito che non trovavo la loro prenotazione, salvo poi rendersi
conto, voucher alla mano, che il nome dell'albergo era giusto, ma la
città sbagliata. Scoprimmo che in un'altra città di questa penisola
c'è un Hotel ********.
E
non vi dico la faccia di questi clienti quando gli mostrai il
voucher, che neanche avevano letto.
E
parliamo di un voucher, un documento emesso da un'agenzia di viaggio.
Persone specializzate nel campo. Evidentemente, non tutti.
Quindi,
se sbaglia un'agenzia, è normale che lo faccia una persona
qualsiasi, soprattutto se, come nel mio caso, trattasi di immigrato
non con piena padronanza della lingua.
Beh,
a dire il vero, una discreta padronanza l'aveva. Ma ve lo dico dopo.
Il
punto è che in quel momento non ho tempo di stargli dietro. Ho al
bancone una fila di gente che sembra una filiale di una banca greca
il giorno che da Bruxelles arrivano i contanti. Ma il meglio deve
ancora venire.
Ancora
telefono.
-Hotel
blabla marcello bla bla bla-
-Buonasera,
sono Francesca (a caso) di [sito web], avrei bisogno di alcune
informazioni-
-Dica
pure (nel frattempo sto impostando il wifi di una signora argentina
che dall'aspetto deve essere la nonna di Evita Peron, e che ha un
cellulare dal costo presunto di 3 volte il pil greco; e si ostinava a
voler entrare nel wifi dell'albergo inserendo, negli spazi riservati
a login e password, il suo indirizzo di posta elettronica e la
propria password).
-Senta,
abbiamo necessità di rivedere un momento le nostre anagrafiche-
-Magnifico
Franci, è il momento giusto, mi dica tutto. Aquì tiene su
connexcion, ahora el wifi va-
-Come?-
-E'
spagnolo, Franci. Ma te parla, eh, tranquilla, ti sento-
Premetto
che queste libertà me le prendo solo con le telefoniste di [sito
web]. Soprattutto quando mi capitano le mie connazionali.
-Ah...
ok... senta.... la vostra struttura si trova in San Lorenzo?-
-Si,
quartiere di San Lorenzo, a Firenze-
-Ma...
Firenze provincia?-
Eh?
-Città.
Firenze città, non provincia-
-Mi
scusi, non ho capito. Voi state a San Lorenzo, in provincia di
Firenze?-
Ok,
signora nonna di Evita, ora lei aspetta, e non mi importa se ancora
non le arrivano i messaggini uozzappanti. Qui c'è in ballo qualcosa
di grosso.
-Ehm...
Francesca, noi siamo a Firenze. Firenze centro. In un quartiere che
si chiama San Lorenzo, a pochi metri dall'omonima chiesa. Monumento
storico secolare della città. Secondo il comune, ancora incompiuto.
Non a niente a che vedere con San Lorenzo il comune del Mugello-
Francesca
non sembra molto convinta, ribatte che un cliente ha chiamato
affermando che noi non siamo a Firenze. Ma alla fine capisce che se
io, portiere di tale albergo, insisto, si, siamo proprio nel centro
di Firenze.
Solo
che qualcuno meno convinto mi chiama un quarto d'ora dopo.
-Hote....-
-LADLI!
IMBLOGLIONI! MA IO FA DENUNCIA!-
-Ma...
cosa?...-
-IO
FATTO FOTO, IO FA DENUNCIA VOI! ******! LADLI!!! *******!- (vi avevo
detto che aveva una padronanza della nostra lingua. La parte volgare)
-Mi
vuole spiegare che le prende?-
-IO
SO TUTTO! VOI DICE CHE E' FILENZE MA NON E'! IO DENUNCIA!-
-Ma
che dice? Noi siamo a Firenze-
-VOI
NO SIETE FILENZE! VOI SIETE SAN LOLENZO! IO FATTO FOTO!-
-Certo
che siamo a San Lorenzo. Dietro alla Stazione di Santa Maria Novella-
-TU
AMMETTE IMBOLOGLIA! TU NO FILENZE!-
-Si
che siamo a Firenze! Ascolta: vicino alla stazione c'è un quartiere
che si chiama San Lorenzo, come il paese. Ma non ha niente a che
vedere con quello. N-o-i s-i-a-m-o a F-i-r-e-n-z-e!!!-
-TU
NO FILENZE-
-SI
CHE SIAMO A FIRENZE! MI ASCOLTI? SIAMO VICINO ALLA STAZIONE DI
FIRENZE!-
….
(lui)-Ma
quanti chilometli?-
-Non
chilometri. Metri. Siamo a pochi metri dalla stazione di Firenze-
…..
(io)-Pronto?-
-Io
sono via *********-
-E'
la via dell'albergo! Siamo al numero **, vieni qui e ti spiego-
Gli
riattacco e mi metto a dare altre spiegazioni ad altri clienti al
bancone (che mi guardano con occhi spiritati perchè anche io mi sono
messo ad urlare alla cornetta), ma non passano 5 minuti che entra.
Massiccio
ed incazzato come doveva essere quello di Piazza Tien An Men.
Quello
alla guida del carro armato, intendo.
Attende
paziente che abbia finito, poi si mette al bancone. Su cui sembra di
sentire aleggiare in sottofondo la tromba di Morricone.
Ci
appoggia i gomiti ed aggeggia al telefono.
Io
gli tendo la mano, e me la stringe. Cominciamo a calmarlo. Poi,
sempre senza che abbia ancora aperto bocca, prendo una piantina e
gli mostro:
-Vedi,
questa è la chiesa di San Lorenzo, e noi siamo qui-
Lui
continua ad aggeggiare sul cellulare, poi mi mostra [sito web] con
l'indirizzo dell'albergo.
Sull'indirizzo,
anche il quartiere: San Lorenzo.
Poi
pigia sopra, sull'applicazione per le direzioni.
E
l'applicazione lo manda a San Lorenzo, provincia di Firenze.
Tutte
le indicazioni sulle strade (la Faentina, nello specifico) da
prendere. Da Firenze fino in Mugello.
-E
questa che roba è?-
-Dilezione
per allivale-
-Ti
rendi conto che questo coso sta sbagliando, vero?-
Rimane
lì a bocca aperta come un pesce sul banco della pescheria. Poi
diventa serioso e mi spara questa incredibile, testuale frase:
-Se
io non cledo google, chi devo cledele?-
Firenze,
2015. Non avrai altro google all'infuori di me.
ps.
la mattina, alla partenza, è stato lui, dopo avermi chiesto scusa, a
tendermi la mano. Ed a riderci sopra. E ad assicurarmi che “Io no
usa più google”.
A
Mountain View dev'esserci una mia foto appesa al muro.
Piena
di freccette.
ps.
a rischio di passare da razzista, caro il mio amico cinese, te lo
devo dì: sei una fava! (nel senso toscano e buono del termine,
precisiamo)
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