giovedì 23 maggio 2019

Un piccolo evento leggere leggero, senza particolari problematiche.

Ci sono gli americani belli, quelli solari, che amano scherzare, che adorano l'Italia, che sono curiosi, che passano ore nei musei, che conoscono l'arte, che, soprattutto, l'apprezzano.

Ci sono gli americani brutti, quelli cupi, che "questo posto è disgustoso" (disgusting), che urlano, che rubano gli asciugamani (anche se lo fanno di più gli italiani perchè #primagliitaliani ), che fanno casino la notte, che votano miliardari panzoni e fdp.

Poi ci sono i militari.

Di per sè, i soldati dell'esercito Usa non sono cattive persone. Abbastanza tranquilli, arrivano qui perchè, se sei di stanza a camp Darby, un giro per Firenze non te lo fai? Anche solo per vantartene con i parenti rimasti nel nuovo mondo, anche se poi il massimo delle visita è un fugace giro per il centro prima di fiondarsi in un qualsiasi locale.

E per costoro dovrebbe ancora vigere il proibizionismo.

Entro in turno di notte che la collega sta finendo il check-in di questi soldati, in abiti civili ma che presentano, come documento, l'immancabile tesserino di "forze armate Nato". Un gruppetto di ragazzi giovani: un biondo alto e secco, l'immancabile ragazzone di colore e 4 "latinos"; messicani o comunque dell'America Centrale che si arruolano per avere la cittadinanza. La versione moderna dei mercenari medievali.

Doopo un'oretta, mentre sono intento a finire le chiusure e lanciare, sul gestionale, il passaggio al nuovo giorno con il magico lancio degli addebiti (fatturazione uber alles), scendono dalle camere per la serata Florence by night. Eleganti e ritoccati, uno dei messicani ha pure una camicia piena di fronzoli, una roba che arriva direttamente dal settecento, e un gilet con decorazioni dorate. Una roba pacchianissima, davanti alla quale pure Tony Montana esiterebbe.

Ci mettono un pò, a uscire, perchè non sono mai tutti assieme. Ogni tanto uno di loro risale su di corsa, chiedendomi la chiave, poi torna ma un altro suo amico ha, a sua volta, lasciato qualche fondamentale oggetto in camera, e risale su. E' tutto un dare e restituire chiavi. Ma almeno me lo chiedono con gentilezza. Su questo, devo ammettere che non ho mai trovato soldati yankee maleducati.

Finalmente escono. Gli ricordo di suonare il campanello, al rientro, perchè mi chiudo a chiave. Rispondono tutti ok, e salutano.

Al rientro, non suonano il campanello. E insistono nell'aprire, benchè la porta sia chiaramente serrata.

Accorro e apro. Sono decisamente ebbri di alcool, ma quello messo peggio è proprio il messicano elegantone. Seduto sul gradino d'ingresso, agita la testa e poi rimette, sul marciapiede, il contenuto della serata. Alè.

Gli altri, che hanno bevuto meno, lo aiutano ad alzarsi e lo sorreggono verso l'ascensore. Io rabbrividisco al pensiero che possa vomitare ancora e proprio lì dentro. Afferro un sacchetto di quelli che diamo ai clienti che vogliono mandare i loro vestiti in lavanderia, e lo passo al biondo del gruppo, che capisce al volo. O beve con moderazione o lo regge bene. Ma non succede altro, per fortuna. Se ne vanno tutti a letto, senza fare ulteriori rumori.

Ma rimane il problema del vomito. Benchè sul marciapiede, e proprio di fronte all'ingresso. E occorre che faccia qualcosa, non posso certo fregarmene. Perciò vado nel ripostiglio a prendere un secchio, lo riempio d'acqua e poi lo rovescio sulla chiazza. Anche questo è lavoro di notte. Torno dentro e ripeto l'operazione altre 5-6 volte. Fino a che ogni traccia di vomito non è finita nel tombino.

Non sono uno che giudica. Da certe condizioni ci siamo passati tutti. Chi per un motivo, chi per un altro, anche se bere fino a questo punto non ha mai una vera giustificazione. Ma questo ragazzo ha poco più di vent'anni. Potrebbe aver passato diversi mesi in un paese mediorientale a rischiare la vita tutti i giorni. Ammazzare gente. Potrebbe aver assistito alla morte di uno o più amici. Per proiettili, o fatti a pezzi da una bomba. Non mi sento assolutamente di biasimare. E comunque siamo in un mondo libero, faccia un pò quel che gli pare. L'importante NON dentro dove lavoro.

E poi l'aver pulito il marciapiede non mi cambierà la vita.

Quella fava del suo comandante in capo, quello si.

sabato 11 maggio 2019

Ho un'opinione: la gente è sempre più sfaticata.

Non perchè lavori tanto, perchè si impegni duramente, perchè si stanchi in modo particolare con mansioni difficili.

E' sfaticata perchè non vuole darsi da fare, muovere membra e, soprattutto, materia grigia, per ottenere dei risultati. Anche piccoli ma che, sommati con altri, rendono comunque qualcosa.

Forse, più che sfaticata, è annoiata.

Sempre più clienti, piuttosto che scendere di camera e andare a mangiare qualcosa per cena, si fa portare il cibo direttamente in albergo.

Dato che la stragrande maggioranza delle strutture ricettive in zona non ha ristorante ma solo caffetteria, pur di non vestirsi, scendere e uscire, usa il telefono per scegliere, ordinare, e pagare, pietanze.

Non so, io sono diverso. Io scendo. Sento la necessità di muovermi. Un pò perchè mi scoccia farmi recapitare il cibo a casa. E poi, avendo la fortuna di avere, in prossimità, due ottime pizzerie, non mi faccio remore a infilare giacca e scarpe per andare io stesso a prendere la succulenta pietanza direttamente dove la fanno. Da asporto. Diamine, non sono neanche 100 metri.

I clienti degli alberghi invece, sempre meno. E capita spesso di vedersi arrivare, alla reception, una persona con l'immancabile zaino a forma cubica di uno dei tanti servizi di recapito a domicilio. Magari di posti che sono praticamente di fronte all'albergo. Ormai il cliente neanche ci avverte, a noi portieri. Il tipo col cubo si presenta e riferisce il nome del cliente. Lo chiamiamo in camera e costui scende (almeno quello) a prenderselo. Qualcuno ci prova anche a farselo portare su, ma noi non facciamo salire proprio nessuno che non sia cliente e non ci dia un documento (e io non lascio certo il bancone). Così capita pure di veder uscire dall'ascensore, sbuffando, un bolso cinquantenne -ma spesso pure ventenne- in pigiama. E scalzo. Che magari è in una camera al primo piano.

Superfluo dirlo, i residui di tali pasti sono lasciati direttamente in stanza.

Qualche giorno fa la cameriera, in procinto di rifare una stanza, trova delle confezioni di cibo nel frigo bar.

Normalmente è roba che va direttamente nella spazzatura.

Questi, invece, erano perfettamente sigillati nel cellophane.

I clienti, la sera prima, avevano ordinato roba da mangiare via internet. Erano addirittura arrivati in due, di fattorini, a portarla. Da tanta che era.

Molte di queste confezioni le avevano aperte, assaggiato il contenuto e poi gettato. Un monte di roba, ci avrebbero mangiato in 10. Ma ben 3 confezioni, ancora intatte, le avevano messe nel frigo bar. Quando pensavano di consumarle, visto che il giorno dopo partivano presto, non si sa. E non parliamo di una famiglia numerosa: una coppia. Solo due persone. Presi dalla fame, avevano cominciato a mettere spunte su spunte al cibo che vedevano dalle foto sul cellulare.

Gli occhi sono sempre più grandi dello stomaco. Si fossero presi la briga di scendere a una pizzeria nei pressi dell'albergo, avrebbero speso la metà, anche facendosi servire al tavolo.

Le confezioni sono sigillatissime. Come appena uscite dal ristorante. Ce le siamo portate a casa, aperte, messe nel piatto, riscaldate rapidamente al microonde e pappate. Abbiamo forse fatto male?

Come dicono i delfini: "Addio, e grazie di tutto il pesce" (cit.)