Sto
scrivendo di getto, mi tremano ancora le mani. Ma farò un po' di
spoiler: finisce bene.
È
appena passata la mezzanotte quando entra una bella ragazza, elegante
e curata. Sorride e in inglese chiede, rapida e diretta, se c’è
disponibilità.
Rispondo
affermativamente sparando anche una discreta cifra -lì per lì non
ci penso molto, vuole una camera e la vendo alla quantità indicatami
dalla direzione, che mi dà comunque la possibilità di abbassare un
po', senza esagerare, ma preferisco attenermi scrupolosamente agli
ordini- quando improvvisamente si ritrae in un angolo, tra muro e
bancone, iniziando a piagnucolare e dire “No, no!”
Perché
è entrato lui.
Dire
che ero come congelato è poco, neanche un pietrificus lanciato da
Hermione in persona mi avrebbe paralizzato come in quel momento.
Neanche Han Solo nella carbonite. Lei invece è totalmente nel
panico.
Lui,
fortunatamente, non appare violento. Si tiene comunque a distanza e
le parla nella sua lingua, che non capisco. È come se la implorasse,
ma mi appare chiaro che lei, proprio, non ne vuole sapere.
Giustamente.
Prima
che mi riprenda, lei si incammina verso il bar dell’albergo, e lui
la segue. A quel punto decido di fare qualcosa e seguo lui
invitandolo a fermarsi -gli parlo in inglese, ovviamente-
E
qui succede qualcosa che mi manda, letteralmente, ancora più in
confusione.
Lei
gira attorno a un tavolino, tenendosi bene a distanza da lui, e si
piazza dietro di me.
Ancora
adesso non riesco a decifrare i sentimenti che mi pervadevano. Da una
parte mi sento quasi onorato, dall’essere promosso a scudiero,
dall’altra non mi sento affatto pronto a tale responsabilità. Non
sono mai stato un tipo violento. Anche se lui non è affatto lucido,
potrebbe sopraffarmi con un solo dito. Ma per fortuna non lo fa.
Prendo
coraggio e, mostrandomi gentile, lo invito a uscire perché devo
chiudere e qui ci possono stare solo i clienti. Lui tentenna, prende
il telefono affermando che deve telefonare, ma rimango fermo: per
favore, esca.
Per
fortuna la capisce. Si avvia mesto e, una volta uscito, chiudo a
chiave. Anche se mi tocca riaprire perché rientra un gruppo di
nostri connazionali che chiacchiera amabilmente nell’ingresso,
ignari del dramma.
Quando
finalmente costoro se ne salgono su, posso richiudere e avviarmi
dalla ragazza, che ha atteso paziente vicino all’ascensore, in un
punto invisibile dall’ingresso.
Come
gli comunico che lui è chiuso fuori, lei mi smolla il passaporto,
diverse banconote e ben due carte di credito. Accetto solo le
banconote -e non m’importa se l’importo è più basso di quello
che le avevo comunicato il primo momento- e fotocopio il passaporto
per la registrazione. Poi, come le rendo il documento, lei mi si
avvicina, mi mette la testa sul petto e mi abbraccia.
Terzo
momento di congelamento. Si, perché questo gesto d’affetto mi
mette profondamente in imbarazzo e non mi sento affatto un estremo
difensore -a parte quando giocavo a calcetto- ma che lei sente di
dover esprimere. Probabilmente come momento di sfogo, dopo quello di
tensione.
Se
ne va in camera decisamente più serena dopo avermi detto, quasi a
giustificare lui, che beve troppo. Eppure sono di un paese e una
religione che vieta in maniera più assoluta l’alcool. Ma tant'è,
qui possono scegliere. Molto male, come scelta.
La
notte prosegue tranquilla, poi, alle 7, comunico l'episodio ai
colleghi del mattino, prima di staccare. Nel pomeriggio ricevo il
messaggio della collega: il marito è stato tutta la mattina fuori
dall'albergo, palesemente a sorvegliare. Ma lei era riuscita a
sgattaiolare via presto.
Non
so se ci sono mestieri a cui possono capitare episodi del genere,
oltre a questo mio di portiere, in cui ci si trova in queste
situazioni. Credo sia proprio qualcosa di esclusivo di noi
alberghieri.
Comunque,
posso solo sperare che lei ora sia libera e al sicuro.
E
non è che possa fare tanto di più.