venerdì 24 febbraio 2023

Riporto, orgogliosamente, queste parole di Monica, ex compagna delle elementari.

 

Mi dichiaro insegnante inopportuna.

Stamani, mentre andavo a piedi a scuola, avevo già in mente di leggere in classe la lettera della preside Annalisa Savino. Mi sembrava così ben scritta, così priva di retorica, così diretta, così pertinente non solo “ai fatti del Michelangiolo” ma anche a quello che significa stare ogni giorno in mezzo ai ragazzi e alle ragazze di una scuola superiore.

Quindi a me sembrava non solo bello leggerla (e non uso la parola “opportuno” perché quando una cosa mi piace molto, ho voglia di parlare di bellezza) ma soprattutto sentire cosa ne pensassero i ragazzi e le ragazze, di quella lettera.

Mentre ero lì, sulla strada per la scuola, mi sono anche detta: Ma non è che poi qualche genitore...?

Perché ultimamente, nella scuola, pare che ci si debba sempre e solo difendere da un ipotetico genitore pronto a rimproverarci.

E mi sono risposta che, forse, era proprio il caso che la leggessero anche i genitori quella lettera e, anzi, così come ogni giorno scrivo gli argomenti delle mie lezioni, mi è sembrato giusto scrivere, sul registro elettronico, che avevo letto ai ragazzi la lettera della preside del liceo Leonardo da Vinci.

Perché quella lettera, secondo me, ha anche il pregio di aiutarci a capire come la pensiamo noi.

A volte non è così facile capire come la pensiamo. Io non lo do mai per scontato.

Comunque, il tempo di una mattinata di lavoro, torno a casa, accendo la radio, e sento che la lettera che ho letto in classe era stata definita dal ministro dell’Istruzione un “atto improprio” e che “non compete a un preside lanciare messaggi di questo tipo”, e che se l’atteggiamento dovesse persistere “sarà necessario prendere misure”.

Ho pensato: forse ho capito male. Vado a leggere su Internet e le parole erano proprio quelle, riportate da tutti i quotidiani.

Allora, mi sono detta, io non solo oggi ho fatto un atto improprio. Ho letto la lettera. Ma sono più di vent’anni che faccio atti impropri. Perché insegno storia. E anche quella che viene chiamata Educazione Civica. E parlo di fascismo e di Costituzione. E quella lettera è quello che dico quando parlo di fascismo. E’ quello che dico quando parlo di Costituzione. I miei alunni lo sanno il tempo che dedico a parlare di come nasce il fascismo. Nasce in quella maniera lì, quella che dice la preside. Quando ci sono le adunate è già tardi. E’ lì che dobbiamo mettere tutta la nostra attenzione. Non sulla propaganda, non sulle leggi fascistissime, non sul colonialismo, non sulle alleanze internazionali. E’ sui marciapiedi, nelle campagne, nei luoghi di lavoro, nel silenzio, nelle notti stellate, nei giorni normali dell’indifferenza. E’ nella disattenzione che nasce.

E allora adesso io chi sono? Sono quella che fa lezione di storia e parla di cose improprie o sono quella che si fa gli affari suoi? Quando mi guardo allo specchio, cosa mi racconto? Che in classe parlo dei professori che durante il fascismo non potevano più insegnare per le loro idee, o per la loro appartenenza etnica, religiosa e culturale e poi devo aver paura a leggere una lettera in classe? Devo sentirmi inopportuna?

Ho pensato a una cosa. Dostoevskij fu condannato a morte per aver letto in pubblico una lettera ritenuta inopportuna. Dostoevskij è riuscito a salvarsi e ha scritto i suoi capolavori.

Un anno fa è stato impedito, in una università italiana, di svolgere un ciclo di lezioni su Dostoevskij perché, data la situazione internazionale, era ritenuto inopportuno. Quelle lezioni si sono moltiplicate.

Allora, mi sono detta, forse bisogna avere il coraggio di essere inopportuni.

Cosa vuol dire essere inopportuni in questo momento? Vuol dire diventare quella lettera.

Ecco, noi insegnanti diventeremo quella lettera. Più ci sentiremo sbagliati, disorientati, lacerati, e più saremo tutti quella lettera.

[E poi, io dico che forse al ministero dovrebbero un po’ più interessarsi a cosa pensano i ragazzi, di quella lettera, e non a giudicare improprio averla scritta.] 

venerdì 10 febbraio 2023

Noi portieri di notte, normalmente, non vendiamo alcolici durante il turno.

Non lo facciamo perchè spesso i clienti tornano già decisamente ebbri e vogliamo evitare che stiano male. Per lo meno, non a causa nostra. E non lo facciamo anche perchè spesso, chi bussa all'ingresso per chiedere da bere, sono esterni, cioè non clienti dell'albergo, che vagano per la città alla vana ricerca di locali aperti e sperano, molto ottimisticamente, che un portiere gli smolli una birra.

Ma a volte qualche eccezione la facciamo.

Alle 2 di notte qualcuno cerca di entrare.

Accorro, giro la chiave e apro. Mi si presentano davanti due giovani e leggiadre fanciulle che, venti anni fa, avrei pesantemente radiografato dalla testa ai piedi ma che oggi osservo con sguardo quasi paterno.

"Buonasera, scusi il disturbo. So che non siete un bar, ma volevamo comprare una bottiglia di spumante. La nostra amica domani si sposa e volevamo festeggiarla"

Si palesano, da dietro l'angolo, altre 3 ragazze. Una di loro con la tiara e il veletto incorporato.

"Le compriamo la bottiglia e ce ne andiamo"

"E la bevete così, in un sabato notte di Febbraio, con queste temperature polari? Entrate dentro"

Queste 5 ragazze entrano, sorprese e un pò titubanti, dentro la hall. Si guardano attorno stupefatte, esprimendosi in frasi di ammmirazione per la struttura -è veramente un gran bel posto- e ringraziando sentitamente.

"Una bottiglia di spumante costa xy €. Alternativamente c'è lo champagne ma viene quasi il dopp--"

"Spumante!" Esclamano all'unisono con la stessa rapidità con cui Lisa Simpson dice "mamma!"

Appare una carta di credito, che svolge diligentemente il suo lavoro. Poi faccio accomodare le ragazze a un tavolo ("Ma possiamo portare via la bottigl--" "Mettetevi a sedere, ho detto"), porto i calici, stappo lo spumante, lo verso -cominciando dalla festeggiata- e, da vero barman, ci aggiungo dei ciotoli di patatine e salatini.

Sono letteralmente estasiate.

Non la farò lunga. Trascorrono un'ora spensierata bevendo spumante e cui si aggiungerà poi un vino rosè che porteranno via. Ovviamente ci scambio anche due chiacchiere -non sono tutte di Firenze e due di loro sono di origini extraeuropee, come si conviene in un mondo cosmopolita- ma per il resto le lascio al loro relax. Quando decidono che è ora di andare non la smettevano più di dire grazie.

Probabilmente avrebbero preferito un California Man che si esibiva in uno spogliarello, ma in queste fredde sere non si possono pretendere locali aperti che offrono spettacoli esagerati. Spero siano state comunque bene con un vecchio portiere. E poi io non ho più l'età per esibirmi in un Full Monty.

E neanche i pettorali, accidenti.


lunedì 6 febbraio 2023

Lascia che ti spieghi come funziona.

Non starò a fare tante prediche. O lanciarti futili maledizioni. A che servirebbe? Ti scavi già la fossa da solo.

Sarò semplice.

Ti farò un esempio pratico.

5 mesi fa, alta stagione.

Sai com'è l'alta stagione? E' tanto, tantissimo lavoro.

Sono 40 e più arrivi e partenze. Ogni giorno. Sono una cinquantina di prenotazioni da inserire. Sono una dozzina o più di caparre da fare. Sono le spiegazioni da dare ai clienti su dove si trovano gli Uffizi rispetto all'hotel, centinaia di volte a dire la stessa cosa, a fare le stesse x sulle piantine, tutti i giorni, e non mi pesa per niente, perchè so benissimo che al cliente che ho davanti è la prima volta, e non vede l'ora di sapere dov'è il museo per eccellenza del pianeta. Sono mesi che si programma questa visita, si chiami esso Chen, o Smith, o Yamasa, o Gomez.

Con tutto quel che avevo da fare, entrò questa ragazzetta americana. Vent'anni neanche, canotta, pantaloncino corto ed infradito, come solo loro osano vestirsi; ci sono solo due categorie di umani che usano questo abbigliamento su questo quadrante stellare: i maschi mediterranei coatti e le ragazzette americane. Ebbene, lo sai cosa mi disse costei? Queste, testuali parole:

-Hello, bongiorn, i know you are working, i'm so sorry to bother you, and i know i'm not a guest of the hotel, but i really need a restroom- (Ciao, bongiorn, so che sta lavorando, mi spiace tanto di disturbarla, e so che non sono un'ospite dell'albergo, ma ho davvero bisogno di usare il bagno)

Lo so che stai ridendo della pronuncia yankee del nostro buongiorno, ma pensaci un attimo: costei si scusò del disturbo. Si scusò di chiedermi una cosa di cui sapeva di non avere diritto. Soprattutto disse il buongiorno.

A te sembra una sciocchezza?

Ti assicuro che non è così.

Ripetiamo la tua sequenza.

Ti presenti martedì pomeriggio. Febbraio. Giorno di bassa.

Io la odio, la bassa.

Perchè se è vero che in alta finisco le 8 ore di turno distrutto dalla stanchezza, mi sento contento per il lavoro che ho svolto, per i clienti che ho servito, per il dovere che ho compiuto e la pagnotta che mi sono guadagnato. Soprattutto, sono contento quando questi clienti rientrano e mi dicono “Che splendida città, che avete!”

In bassa no. In bassa controllo la posta ogni 3 secondi per vedere se entrano prenotazioni, e poter almeno stampare ed inserire quelle. Perchè una volta svolto il poco lavoro che ho, non c'è altro da fare, e, credimi, fare solo da guardiano, per un portiere, è frustrante.

E mentre attendo che il tempo passi, magari scrivendo un po' di hiragana, o la coniugazione del verbo joder, tanto per non perdere l'abitudine, tu apri la porta.

Ora, a prescindere dal tuo abbigliamento che è, come eufemisticamente direbbero su feudalesimo e libertà, “male in arnese”, tu non entri; te ne rimani lì sul portone, facendo entrare il fresco della Firenze di febbraio perchè stai fumando, e qualcuno potrebbe anche pensare che sei intelligente a non entrare in un locale con la sigaretta nel pieno esercizio delle sue funzioni, cioè bruciare.

Solo che poi te ne esci con questa locuzione:

-Che mi fai usare il bagno? Dai!-

Con quell'abbigliamento devastante e quell'atteggiamento strafottente che saresti perfetto a Las Vegas ed in compagnia di Raoul Duke e del Dottor Gonzo. Peccato che invece siamo a Firenze ed hai beccato me, a cui piace l'educazione ed il rispetto del prossimo.

Ti rendi conto che c'è una profonda differenza tra quel che mi chiese la ragazzetta yankee a Settembre e tu martedì scorso, vero? Lo capisci che se lei ha avuto il permesso di andare nel bagno della hall ad espletare i suoi bisogni corporali e tu no è perchè lei ha mostrato una gentilezza ed una cordialità che tu non hai ancora appreso, benchè abbiate praticamente la stessa età? Ora comprendi il perchè ti inserirei immediatamente nella lista detta “persone da avviare urgentemente alla rieducazione” dell'NKVD, si?

Quindi è perfettamente inutile che ti arrabbi ed insisti “Dai, mi scappa!”, arrogante e maleducato, quando ti dico di no e ti rimbalzo ai bagni pubblici della stazione, dove se sei fortunato trovi pure “lo comodo giaciglio pe lo riposo de le stanche membra”.

Nel medioevo morivano di fame e si scannavano come bestie, ma almeno erano molto più educati di te.

Massì, mandami pure a quel paese, come hai gridato quando te ne sei andato via; tanto di qui non sei passato. Il paese dove ti manderei io, ripeto, si chiama Siberia. In un vagone piombato. Sola andata.

E' così che funziona.