Questa mattina Mattia, lo studente dell'Istituto Alberghiero che ha lo stage presso di noi, si è presentato in albergo così, come da foto.
Alla Georgiana è presa una sincope. Manca poco lo strozza. Lo ha maledetto fino alla 15^ generazione.
Vista la nazionalità della Georgiana, se ha anche solo una lontanissima parentela con il conte Vlad, non la vedo bene per Mattia.
Ogni tanto bisogna scherzare un pò, se non si vuole sclerare.
Portiere d'albergo. Vorace lettore. Scrittore a tempo perso. Giocatore da tavolo. Nemico di un gatto. Depresso cronico. Attendo l'arrivo dei Vogon o, in subordine, il ritorno di Vladimir Ilic Ulianov.
sabato 31 ottobre 2015
venerdì 30 ottobre 2015
L’Asia
si divide in due categorie:
-Il
Giappone;
-tutto
il resto.
Superfluo
aggiungere che le note dolenti arrivano quasi sempre da “tutto il
resto”.
1.Due
ragazze cinesi. Sono in partenza ma escono la mattina. E si portano
via la chiave.
Ora,
che si portino via la chiave non va bene. La chiave va sempre
lasciata al bancone. Ma capita. Lavoriamo in un porto di mare, è
tutto un viavai di persone, e qualcuno ci scappa. In ogni caso la
partenza è alle 12.00, e c’è tutto il tempo per farsi un altro
giro in città. Firenze è Firenze, quando mai ricapita di
passeggiare in questo glorioso centro storico?
Solo
che, per le 12, queste due non sono ancora rientrate.
Si
arriva al cambio turno, le 15, ed ancora niente.
Il
facchino viene mandato a controllare la camera. Magari il bagaglio è
stato preparato, cosicchè lui possa almeno portare giù due valigie
che sicuramente hanno il peso complessivo di uno Jagdpanther.
Invece
no. Le loro cose sono tutte sparse per la camera.
Morte
e dannazione!
Si
ricontrolla la pratica: tutto ok, partenza prevista in data odierna.
Tutto pagato tranne la tassa di soggiorno.
Ora,
uno pensa: magari sono così svagate che hanno dimenticato che la
partenza è oggi. Succede più spesso di quanto uno non immagini. I
turisti sono in vacanza. I giorni passano leggiadri tra un museo e
l’altro e non ci si rende più conto delle date. Sono tutte
domeniche. Per chi non lavora di domenica, ovvio. Il problema è che
la camera serve, e va liberata. Perciò il facchino deve portare giù
tutto. Riempie vari sacchetti, chiude le valigie e mette tutto in
deposito. Questa cosa è sempre una scocciatura, perché se il
cliente se ne esce che gli manca qualcosa, viene direttamente da noi,
che nella sua roba ci abbiamo messo le mani. Per questo invitiamo
tutti a preparare il bagaglio.
Maurizio,
collega del pomeriggio, viene adeguatamente istruito alla bisogna.
Occhio a due tipe cinesi che potrebbero voler salire in camera a metà
pomeriggio. Gli va detto che non sono più qui da noi. Devono dare la
chiave, pagare la tassa e fare come i’Baglioni.
Maurizio,
in queste cose, è sempre molto attento. Come un moderno Giovannino
Minoli, il Mauri sta vigile e guardingo, e quando, verso le 19, due
ragazze dagli inconfondibili lineamenti asiatici gli sfilano davanti
al bancone in direzione ascensore, le blocca subito:
-Excuse
me, where are you going?-
E
queste due, con tutta la tranquillità di questo mondo:
-Room.
Check-out-
Ah.
Allora
non eri svagata, ma proprio convinta che la camera fosse tua tutto il
giorno! E l’orario del check-out? Forse che in Cina ci si può
tenere una camera fino alle 24 del giorno della partenza?
E’
chiaro che queste si facevano i comodi loro. Alla faccia delle regole
e del resto del mondo.
Ovviamente
Maurizio nega loro la possibilità di salire su. Anche perché la
camera era rivenduta per quel giorno. Se il cliente arrivava prima
che tu te ne andassi? Lo facevamo aspettare mentre la signorie
vostre, concubine reali, non decidevate, graziosamente, di liberare
la magione?
Il
Mauri si fa dare la chiave, le fa pagare e gli dà il bagaglio. Non
protestano neanche. Prendono la loro roba, la suddividono (perché il
facchino non poteva certo sapere di chi era ogni oggetto presente) e
si piazzano nella hall, con le valigia aperte, a ficcare tutto
dentro. A scambiarsi mutandine da un sacchetto di plastica perchè
queste sono mie e queste sono tue. Poi, finalmente, chiudono e se ne
vanno.
2.Coppia
indiana. All’albergo dove lavora mia moglie.
La
signora scende quando c’è la Viviana, e chiede dell’acqua calda.
La
Vivi riempie una teiera e gliela porge. Se è solo acqua calda, non
la facciamo pagare.
Poi
l’indiana chiede tazzine. Ok tazzine. Poi dello zucchero. E
prenditi anche lo zucchero. Ma poi chiede anche una bustina di tè.
E
la Vivi, ovviamente, le comunica che questa deve pagarla.
E
l’indiana, come altrettanto ovvio, fa l’indiana: Oh! Isn’t
free?
Ma
certo che non è free!
Al
che la signora, anche un po’ risentita, prende solo la teiera,
tazzine e zucchero.
Ma
la Vivi riferisce la cosa alla sua collega Sara, alias mia moglie. La
Sara è furba, non la si frega facilmente. Non ci riesce l’italiano
che l’ha sposata, per quanto sia il tipo che è, figuriamoci
un’indiana.
E
puntualmente la tipa scende quando è in turno lei, lo stesso
pomeriggio. E chiede le stesse cose. E la Sara gliele dà, ma con la
notizia che acqua calda, tazze e zucchero ok, sono free, ma la
bustina di tè no, va pagata.
Chiaramente
la cliente rifiuta la bustina ed afferra tutto il resto.
ps.
mia moglie riferì della furbetta anche alla collega Cecile. Non
sappiamo se l'indiana ha provato il giochetto anche con lei, ma è
probabile di si. Ed altrettanto probabile che la Cecile l'abbia
rimbalzata allo stesso modo.
mercoledì 28 ottobre 2015
venerdì 23 ottobre 2015
Golda
Meir, una volta, disse: “Quello che non ho mai sopportato, in Mosè,
è che ha fatto girare noi ebrei per tutto il Medio Oriente per
portarci nell'unico posto dove non c'è il petrolio”.
Ecco,
il problema di ebrei e/o israeliani non è tanto la loro insistenza
su avere, in albergo, servizi non richiesti precedentemente senza
pagarli, o la guerra con i palestinesi (colpa a mio parere condivisa
50 e 50) o la recente incredibile rivalutazione del fuhrer. Il vero
problema è che sono totalmente privi di senso dell'orientamento.
Soprattutto quando sono alla guida di un mezzo a motore. Che si
tratti di un'auto o di un Merkava.
Diego,
collega dell'altro albergo della ditta, turno di notte.
Poco
prima della mezzanotte, arriva un'auto, da cui escono due coniugi
che, all'apparenza, dovevano essere con Mosè nel passaggio del Mar
Rosso.
E
si presentano al banco, a chiedere di fare il check-in, provocando
una seria ed allarmata preoccupazione nel mio collega, in quanto
l'albergo è già al completo. E paventa un possibile errore con
conseguente “overbooking”. Il terrificante evento in cui si hanno
più prenotazioni che camere disponibili.
Ed
invece, davanti al suo sguardo esterrefatto, i due israeliani gli
porgono un voucher su una prenotazione di un albergo con lo stesso
nome.
Ma
a Chianciano Terme.
Al
di là dell'egoistico pensiero di ogni portiere, e cioè “C**o me
ne frega, non è un errore nostro ma loro, fiu, l'ho scampata da
profondissime scuse e ricerca di un altro posto dove alloggiarli”,
Diego gli spiega che hanno sbagliato città. Sono a diverse centinaia
di chilometri di distanza.
E
questi due, quasi come se la cosa fosse di minimo conto, se ne
vengono fuori con quest'espressione: “And so on?”
Che
evidentemente, nel loro rudimentale inglese, equivale a “E quindi?”
“E
quindi non avete una prenotazione qui”
“E
quindi?”
Uno
rimane spiazzato davanti a queste dichiarazioni. E' brutto dire ad un
cliente “E quindi andatevene un po' dove vi pare, cazzo me ne frega
a me?”. Prova a spiegargli, ad aiutarli, a fornirgli comunque un
minimo di assistenza, ma questi due, a qualsiasi cosa dica,
rispondono con “And so on?” Poi si riprendono, capiscono che
hanno fatto una cappellata di proporzioni galattiche e gli chiedono
una camera. Ma essendo pieni, Diego gli deve dire che non c'è, e non
può accomodarli.
I
due si guardano come se Diego fosse Mosè che gli ha appena detto
“Ora le acque si aprono e passiamo, tranquilli. C'ho il
telecomando, è un Farc, l'ho installato l'altro ieri”
E
poi se ne vengono con la solita domanda: “And so on?”
“And
so on.... you have to go”
“Where?”
E
lì Diego ci ha pensato. E lo stava per dire. Poi ha preso il foglio
della loro prenotazione e gli ha detto:
“To
Chianciano Terme!”
I
due sono usciti, mezzanotte passata.
Di
un mese fa.
Secondo
me sono ancora per strada.
venerdì 16 ottobre 2015
-Te!
Dico a te, unico uomo di questa casa, che sei sempre a cucinare
robaccia immonda! Elemento inutile e dannoso! Accorri al cospetto
della tua signora e padrona!-
Preciso
subito: mia moglie non mi tratta sempre così. E' la donna più dolce
e premurosa del mondo. Semplicemente, spesso si permette di
ricordarmi chi porta i pantaloni in casa.
Mi
rifiuto di muovermi. Cucinare per me richiede concentrazione.
Sentimento. Passione. No rotture di balle. Solo sostanze buone,
naturali, biologiche. Certo, mi pagassero, pubblicizzerei pure io,
come Cracco, immondi prodotti industriali a base di patate per il 3%
e di olio di palma e grasso idrogenato per il restante 97%. Quindi
posso permettermi il lusso di affermare che sono un cuoco autentico,
sincero, che predilige i veri sapori.
'fanculo,
preferirei i quattrini.
-Quello
che sto cucinando sono prodotti dell'orto di di tuo suocero, nello
specifico melanzane e basilico-
-E
formaggio! Quello schifoso troiaio puzzolente! Lo sai che lo odio!
Mio suocero deve portare il fungo porcino, è per quello che ti ho
sposato-
-Spiacente,
ma se non piove, i funghi si ostinano a non crescere. Dalla montagna,
e dal supermercato, sono arrivati altri prodotti; mozzarella e
melanzane si sposano alla perfezione, mentre per le lasagne al pesto,
oltre a basilico e pinoli, ci vuole il parmigiano. E' la morte sua-
-Sarà
la tua, di morte, se non accorri qui e non ti prosti ai miei piedi-
-Come
dice Thomas Milan quando interpreta monnezza: “stoca**....
-Schnell!
Kommen sie! Los, los!-
Conosce
i miei punti deboli. Sa che agli ordini in tedesco, benchè non lo
parli, non riesco a resistere. Accorro.
Come
sempre, la trovo sul divano.
La
posizione sul divano di mia moglie è la seguente:
corpo
totalmente disteso a coprirne la totalità. Al resto della famiglia,
maschi in particolare, qualsiasi porzione del divano è verboten
testa
appoggiata su 3 cuscini (il quarto sta sotto ai piedi)
tazzina
di caffè sul bracciolo
copertina.
Anche in piena estate, lei è distesa sotto la copertina.
Linus
non può competere.
Ed
infine: tv accesa su quel cavolo di Grey's anatomy, che la7d si
ostina a trasmettere ad ogni ora del giorno e della notte, peggio di
peppa pig.
Stronzi.
Ma
accorro perchè:
-Sara,
devi smetterla di parlarmi in tedesco. Il tedesco mi fa lo stesso
effetto dello spagnolo sul personaggio di Jamie Lee Curtis in “Un
pesce di nome Wanda”: ingrifa da morire-
-Meglio
che te la fai passare, “bello”. Ora stai qui e mi ascolti, invece
trastullarti con pesto e melanzane-
-Sono
tutt'orecchi, mia signora- Dopo di che mi volto ed afferro dalla
libreria il mio fumetto preferito, quello dove Calvin urla “Girls
suck!”
-Tanto
lo so che mi ascolti. Dunque, martedì ti ho permesso di andare a
vedere il concerto di coso lì, quel satrapo...-
-SATRIANI!
Joe Satriani. Lo so, e te ne sono grato. Ancora di più se lo
pronunciassi meglio. E comunque la cosa è reciproca. Martedì
prossimo sei tu che vai al concerto del tuo gruppo preferito, su a
Milano-
-Le
mie amiche, con grande e profondo disappunto, mi hanno dato buca-
La
mia mente si illumina, lo sguardo si alza dal fumetto. Moglie a casa
con le bimbe significa serata libera per l'uomo. E non c'è il turno
di notte in albergo. Perciò amici! Perciò giochi! Perciò birra! In
settimana mi aveva chiamato il buon vecchio Copo, per tornare, dopo
anni, a giocare a World in Flames. Mappe! Dadi! Pedine! Una banda di
nerd che muovono corpi corazzati nella steppa russa! Manovrano
possenti flotte nell'immensità del Pacifico! Lanciano la fanteria
all'assalto tra le dune del des...
-Perciò
ho deciso che tu mi accompagnerai-
Crack.
Un mondo che va in frantumi. Il risveglio brutale ed intenso proprio
mentre si sta sognando.
-E
non ti permetto obiezioni! Tu sei nato per servire-
Purtroppo
è proprio così. Come portiere d'albergo, offro un servizio. Cerco
di svolgere al meglio il mio lavoro. Come marito, pure. Sono un bravo
soldatino. In fondo, eseguo solo gli ordini. Ma questo lo dicevano
pure le ss, quindi meglio evitare. Si fa perchè, in fondo, fa
piacere.
Turno
di centrale.
Personalmente
preferisco il contatto con il cliente, ma bisogna fare anche questo.
Stare nel retro a gestire le prenotazioni. Scaricare la posta.
Rispondere alle richieste telefoniche od elettroniche. Sta roba qua.
Sicuramente meno stancante che non stare in piedi al bancone.
Decisamente meno stressante che non avere a che fare con i cinesi che
“HOT UOTAAA!” o “UAIFAI” senza un buongiorno od un per favore
che dimostra come il grande balzo in avanti del signor Tze-tung era
la conquista dell'educazione e della cortesia, altro che quello dei
mercati. Vabbè, è lavoro. Si manda avanti la carretta. Palla avanti
e pedalare.
Come
si dice a Firenze, facciamola poho lunga.
Sto
ricontrollando le prenotazioni del giorno dopo, quando mi cascano gli
occhi su una richiesta, bella evidente su una prenotazione d'agenzia.
No,
dico... aspetta un momento...
Mi
levo gli occhiali per leggere meglio.
Non
ci sono dubbi. La richiesta è esplicita e semplicemente fenomenale.
Potete vederla sulla foto, ma la riscrivo, perchè è troppo mitica:
”Ci
piacerebbe trovare una foto de Julio Iglesias sul tavolino. Grazie
mille”
Afferro
la prenotazione e mi guardo intorno. Sul momento l'unica cosa che
penso è “Ed ora?” Ma poi mi ricordo che nell'altro albergo della
ditta hanno la stampante a colori. Così potrò stampare un'immagine
del cantante da far mettere sul tavolo in camera. Afferro la pratica
e mi fiondo fuori, mentre il collega al banco si chiede dove cacchio
stia andando alla velocità di un missile russo diretto in Siria.
Percorro i venti metri di distanza zigzagando tra i turisti che
riempiono la via ed entro nell'albergo meglio di come faceva Tomba
con i paletti dello slalom. Lì trovo Diego, anche lui di centrale,
che mi ragguaglia su dei clienti capitategli alcuni giorni prima su
un turno di notte (storia che peraltro ho già scritto e che prima o
poi pubblicherò). Poi gli faccio leggere la richiesta del mio
prossimo cliente. Dire che si è ribaltato dal ridere è poco. Ci
fiondiamo al pc per scaricare le immagini di Julio da google:
-Questa!
Prendi questa che indica con il dito. E' m-i-t-i-c-a!-
Stampiamo;
poi, dopo i saluti di rito, torno al mio albergo dove faccio leggere
la richiesta del cliente a tutti i miei colleghi, e far vedere la
foto appena stampata. Ovviamente, suscitando l'ilarità generale. Ma
anche una certo piacere nel soddisfare una legittima richiesta di un
cliente; in fondo, nella sua bizzarria, semplice da realizzare.
Fossero
tutte così, il lavoro sarebbe bellissimo. Ma purtroppo, non lo è.
Spesso e malvolentieri, sono richieste impossibili. Ma oggi, per una
volta che capita, è una facile.
ps.
mia moglie tende a precisare che non è arpia come la dipingo, e che
non è vero che mi ha costretto a seguirla a vedere i Take That a
Milano, e sono lieto di affermare che ha pienamente ragione.
Soprattutto, non è vero che cucino troiai immondi, anche se il
formaggio continua a non piacergli. Semplicemente, non ce la facevo a
vederla triste dopo che le amiche gli avevano dato buca, così mi
sono offerto di accompagnarla, ed ha immediatamente ritrovato il
sorriso. Abbiamo passato due giorni solo io e lei, i giorni liberi
che hanno chi, come noi, lavora in albergo, cioè giorni feriali.
Cantava con passione le canzoni di Gary & co, e comunque, al di
là dello spettacolo patinato con ballerini e coreografia studiata a
tavolino che neanche per un piano militare, era pur sempre un
concerto con una band che suonava. Il che va sempre bene. Mi sarebbe
piaciuta un'espressione di contentezza anche dai clienti che volevano
la foto di Julio, ma non ci hanno detto niente. Da loro,
soddisfazione zero.
Uno
si sbatte, e poi....
pps.
Joe Satriani, per la qualità della musica e del pubblico, era molti
livelli superiore.
ppps.
All'ingresso del palazzetto di Assago: “Prima di entrare,
facciamoci un selfie! Voglio far schiattare d'indivia le mie amiche”
“Ok,
devo tirare fuori il bastone?”
“Marce!
Piantala di fare lo scemo!”
“A
parte il fatto che sono maschio e non posso esimermi dal farlo, se mi
alzi la palla, io schiaccio, è ovvio!”
venerdì 9 ottobre 2015
Spocchiosi,
arroganti, presuntuosi, supponenti, litigiosi, polemici…
Quanti
altri aggettivi si possono trovare per descrivere i fiorentini?
Diciamola
tutta: ‘un si garba punto. Ora poi, che siamo primi in classifica,
in molti ci odiano proprio. Gli garberebbe rivedè l’Arno che se ne
va a giro per il centro (evento che capita solo quando si tratta di
mantenere vergini certe tipe).
Raga,
tranquilli: a fare danni, ci pensiamo noi fiorentini stessi, che ci
odiamo a tal punto da tenere fermi i bus nei depositi, in uno
sciopero che, anche lì per qualche strana congiunzione astrale, cade
sempre e puntualmente di venerdì. Oppure con il fantasmagorico
blocco delle centraline dei taxi; magicamente, vanno in tilt solo ed
esclusivamente quando in comune dichiarano che avrebbero immesso più
licenze taxi, e la cosa più stupefacente è che i tassisti, quando
si arrabbiano, si riuniscono in assemblea in una casa del popolo. Che
è un po’ come se Briatore, invece del Billionaire, decidesse per
una sera di andare alla Festa dell’Unità di Agliana. E venisse
accolto a grandi pacche sulle spalle.
Ci
salvano i turisti, che amano Firenze a tal punto da venire qui costi
quel che, tra scioperi di ogni tipo, disservizi vari, traffico
impazzito, costi altissimi, tasse di soggiorno e chi più ne ha più
ne metta.
Non
tutti, purtroppo.
Turno
pomeridiano.
Benchè
abbia la metà dei miei anni, entra nell’albergo con il fiatone di
Bartali sul Tourmalet, costretto da De Gasperi e Togliatti a spingere
sui pedali per salvare il paese dal disastro. E’ fatta al 90% di
gambe. Il problema è che è alta quanto il trolley che spinge. Che
deve avere un peso approssimativo di 3 tonnellate.
Ed
anche lei, come peso, dobbiamo essere su quella cifra. Tanto per
farvi capire le proporzioni.
“Finally
i’m here!” Urla in inglese con accento castigliano. Poi si
stravacca sul divano della hall, lasciando il trolley nel mezzo, ed
esprime il suo spassionato parere su di noi, condiviso con tanti
fiorentini ed il 90% del resto della penisola:
“I
hate this city”
Non
sono adorabili? Non vorreste lanciargli una Kamehameha, quando fanno
così?
Non
mi va di discutere con costei dei problemi che emergono nel
viaggiare. Uno dovrebbe tenerli in conto. Ci sono, e tanti. Ne ho
patiti anche io, ma il punto focale, lo zenit del viaggio disastrato,
la mia piccola odissea personale, fu il trovarmi in pieno buio fuori
dall’aeroporto di Dublino: l’ultimo volo atterrato, l’ultimo
bagaglio sul nastro trasportatore, l’ultimo ad uscire
dall’aeroporto, con una grassone cinquantenne con capelli rossi ed
un pancione premaman plurigemellare che non aspettava altro che mi
levassi dai tre passi per chiudere il bandone ed andarsi a scolare
una ventina di quelle straca**o di guinness, good for him e
maledettamente bad for me. Una volta fuori, bandone che si abbassa,
luci alle mie spalle che si spengono e, davanti ai miei occhi, un
megaparcheggio completamente vuoto, fermate bus e taxi comprese, ed a
malapena illuminato da pallidissimi lampioni. Oltre, il verde
smeraldo della splendida campagna irlandese: totalmente invisibile
perchè immersa nel buio della notte. Che è ottimo se sei con una
bella ragazza, ma non serve ad un ca**o se hai sulle spalle un
megazaino di 3 quintali.
Ma
me l’ero cercata. Me la sono suonata e cantata da solo. Mi sono
rimboccato le maniche e, come direbbe Gunny: improvvisare, adattarsi
e raggiungere lo scopo. Sono sopravvissuto, sono ancora qui. Tornato
con un amore sconfinato per l'Irlanda, a cui non ho mai dato colpe
alcune. A parte bus e taxi, ovviamente.
La
sorella gemella di Brontolo invece no. Viaggia con un mega trolley e
si lamenta delle difficoltà del caso. Se la prende con la città che
aveva deciso di visitare. Scommetto che se si trovasse a movimentare
quel trolley tra le macerie di Kobane, davanti ad un curdo armato
fino ai denti che quelle rovine le ha strenuamente difese, non
direbbe “i hate this city”.
Ma
io, per mia grande, enorme e sfacciata fortuna, sono l’opposto di
un guerrigliero dotato di ak-47. Sono un impiegato in giacca e
cravatta, con il dovere di trattare tutti i clienti allo stesso modo:
con garbo e gentilezza. E’ entrata esclamando “finally i’m
here” quindi presumo che fossimo proprio noi, l’albergo che ha
prenotato per la vacanza a Firenze. Ok, vediamo chi è costei, in che
modo ha prenotato, quanti notti sta, eccetera eccetera. Così se ne
sale in camera e magari, dico magari, si tranquillizza.
Invece,
quando la tipa decide di alzare le sue chiappone dal divano e venire
al bancone, se ne viene fuori con questa splendida frase:
“I
need a room”.
Io
mi sto chiedendo ancora oggi, a distanza di quasi un mese, perché
mai avesse detto “finally i’m here”, e perché abbia eletto
questo albergo a luogo deputato per le sue follie. Con tutte le
strutture ricettive che ci sono da SMN a qui, lei ha deciso che
questo era il luogo, il posto. Questo e nessun altro.
Li
attiro come i salmoni con gli orsi.
Una
camera ce l'ho. L'ultima. Non una singola, ma una doppia, e come tale
in vendita, che ci siano una o due persone. La informo sul prezzo e,
sorprendentemente, le va bene. E non è un prezzuccio. Ma prima
chiede di vedere la camera. E' giusto, è sempre bene visionare il
prodotto, prima di acquistarlo. Perciò chiamo Turbo Matteo e lo
mando su con lei a visionare la stanza.
Poteva
andar bene? Ovviamente, no.
Scende
dopo pochi minuti che è “horrible”. Oscura, buia, non c'è
neanche la finestra.
Mah.
Veramente la finestra c'è.
“Where?”
Ma
come “where?” Dietro la tenda. C'è un bel tendaggio, a coprire
la finestra. Anche Matteo ribatte il concetto. Era proprio di fronte
all'ingresso, bastava avanzare e scostarla. La tipa non ha fatto
neanche due passi all'interno che è voluta venire via subito.
Alza
le spalle; evidentemente, di scostare una tenda, non le interessa. Mi
chiede se abbiamo una camera più luminosa.
Ora,
avrei potuto sbattermi un po' e vedere cosa potevo combinare, ma
certi atteggiamenti mi scompongono. Mi tocca mettermi a fare il
tetris nelle camere in assegnazione, spostando gli arrivi del giorno
e riassegnando il tutto. Operazione niente affatto semplice. Camere
al quarto e quinto piano sono fuori discussione. Sono prenotate. C'è
chi chiede quel piano per avere la terrazza e la vista. E comunque la
tenda c'è anche lì. Potrei trovarle una al primo piano, ma dà
sulla strada, ed ovviamente, lei se ne viene subito fuori che la
vuole “quiet”: tranquilla.
Più
tranquilla di quella che le ho fatto vedere, peraltro, non ne ho.
“So,
you don't have a room for me?”
Questa
è veramente la frase che indispone il portiere. Ma chi sei? Ma chi
ti conosce? Arrivi qui in un pomeriggio inoltrato, ti lamenti di
problemi che ti sei creata da sola e non avresti avuto se fossi
rimasta a casa tua ed ora pretendi anche che, le 17 passate, in una
delle città più visitate del globo, periodo super affollato, pieno
di gente che attraversa il pianeta per visitarci, che brama,
finalmente, di godere dell'agognata vacanza fiorentina, tu dicevo,
solo e soltanto tu, pretendi di trovare, nel primo albergo in cui
entri, la camera perfetta? Ma sei in vacanza. Rilassati, che non sei
sola al mondo. Non è che ho una camera per te. Ho una camera, punto.
Te la fai andar bene, se vuoi dormire.
“We
did our job: we sold all the rooms. This is the only available today”
e le mostro la chiave. Espressione sempre più scocciata. Diciamo
pure sull'incazzato andante con brio.
“I
suggest you to see the room again, it's a very qu...”
“Who
is him?” ed indica in alto, sopra di me.
Se
c'è una cosa che non sopporto, è quando mi interrompono nelle
spiegazioni. E' chiaro che non le interessano; ha deciso che non
vuole sentire altre ragioni all'infuori della sua, e mi salta di palo
in frasca. Come direbbe Winny the Pooh: oh, rabbia.
Sopra
al ricevimento abbiamo un piccolo busto del Divin Poeta che, sguardo
accigliato e severo, veglia ed osserva. Mira sdegnato l'immane
casino.
Provo
a spiegarglielo. Tento di dirgli che, ben 700 anni fa, questo mio
concittadino scrisse a proposito di un mistico viaggio attraverso
l'Inferno, Purgatorio e Paradiso. “have you ever heard about him?”
“I'm
so tired i don't know even my name. I don't want to stay here any
more. Where is the station?”
Un
paio di secondi della durata approssimativa di due secoli: basito,
bocca aperta come un pesce appena pescato. Poi mi limito ad indicare
con il dito la direzione. Lei si appoggia al trolley neanche fosse
una schiava intenta a spingere una delle pietre della piramide, e se
ne esce con la stessa espressione di un tifoso di
colei-che-non-deve-essere-nominata dopo il 4-2.
La
sua destinazione mi rimarrà sconosciuta (e, detto tra noi, non me ne
può fregare di meno), ma il sottoscritto, Matteo, un busto di pietra
con nasone ed una stanza “senza finestra” è tutto quello che
ricorderà di Firenze. Oltre alla parte più bella secondo Andy
Warhol. Duemila anni di storia buttati nel cesso.
Firenze,
2015, Hotel “ma che ci sei venuta a fa”
ps.
un'ora dopo, camera rivenduta (ed albergo al completo) a coppia
argentina. L'hanno visionata e gli'è garbata subito un monte perchè
“muy tranquila”. E pure con la vasca. E poiché si sono
orgogliosamente presentati come di Rosario, me ne sono uscito con un
“Batistuta, Batistuta!” con accento argentino (ormai mi risulta
più facile che con altri dialetti italiani). Suscitando ulteriori
simpatie.
Poi
sono stati mezz'ora con i gomiti appoggiati al bancone a digitare su
what'up, con una serie di bip-bip a tutto volume e qualche risata
sguaiata di tanto in tanto, e vabbè, ma per lo meno dopo sono usciti
a cena e per fare un giro, e quando sono tornati, poco prima che
staccassi, mi hanno fatto “Que ciudad increible, que tienen. Muuuuy
hermosa. Muuuy linda”.
E
mi ha salvato la giornata.
pps.
Tutto sommato, è stata un'ottima settimana. In effetti, lo è quasi
sempre, quando non si hanno i turni di notte. Ci si sveglia per
accompagnare le bimbe a scuola, e si torna a casa trovando sul tavolo
una lista di 3 chilometri di cose da fare (Stira! Fai la spesa!
Pulisci i pavimenti! Non far entrare in casa nessuna donna
all'infuori di mia madre o mia suocera!) che diventa immancabilmente
una pallina con cui giocare ad imitare Borja Valero in salotto (non
fatelo. Ripeto: non fatelo. A meno che, come me, non sappiate
nascondere adeguatamente i danni). Il risultato è stata una
settimana di scrittura, lettura, cazzeggio vario, concerto di Joe
Satriani (tanta roba!) e sono pure primo in classifica, che è sempre
cosa buona e giusta. E la settimana prossima, altro concerto e
probabile ritorno a giocare a World in Flames.
E'
meglio non ci prenda troppo gusto....
ppps.
Salutate la capolista :p
pppps.
Non succede. Ma se succede....
lunedì 5 ottobre 2015
Piccola
deviazione sulle storie dell'albergo:
Ci
sono molti motivi per cui a chi lavora (o gestisce) in alberghi,
ristoranti, negozi vari ed altro ancora, sta altamente sul gozzo quel
pessimo sito definito amichevolmente “trippa”.
Ad
esempio, che le recensioni sono fatte da utenti totalmente
sconosciuti. Un insieme di numeri e/o lettere che, nel totale
anonimato, possono permettersi di esprimere giudizi su luoghi e posti
con un nome ben definito e riconoscibile. Il contrario, ovviamente, è
totalmente negato (e spero si noti che “l'ovviamente” è
sarcastico. Parecchio).
Oppure,
che molte persone, clienti o potenziali, possano permettersi di
venire a chiedere sconti od altre agevolazioni o servizi aggiuntivi
in cambio di una recensione positiva. O, peggio ancora, minacciando
una recensione negativa. Un ricattino, vero e proprio. Una volta lo
dissi anche, ad un cliente “Ah, it's a bribe!” E questo si
risentì. Ma io glielo dissi tranquillamente: è un ricatto,
semplicemente, e non posso accettarlo. Smise di parlarmi.
Effettivamente, smise di farlo per il resto del soggiorno. E visto il
tipo che era, non mi dispiacque per niente. Diamine, se hai un
problema me lo devi chiedere gentilmente, se vuoi che provi a
risolverlo; non minacciando!
Od
ancora, il fatto che ci siano addirittura persone che si permettono
di dare recensioni senza neanche aver visitato un locale. Sul serio,
ci sono recensioni del genere. Utenti che si permettono di dare un
voto negativo su alberghi o ristoranti semplicemente perchè erano
pieni, e quindi hanno dovuto dirgli di no. Perchè è un colpa essere
pieno, e non avere una camera od un tavolo per il principino/la
principessina (di sto ca**o).
Ma
ci può essere di peggio. Sul serio.
Su
trippa, oltre ai locali, si possono recensire luoghi e/o monumenti.
Si
può dare un voto a posti come Ponte Vecchio e gli Uffizi, Il
Chianti, San Marco a Venezia, il Colosseo, Neuschweinstein, la
campagna irlandese, le spiagge del Portogallo, il Kinkakuji,
L'Imperial War Museum... come se fosse possibile stilare una
classifica generale su luoghi così. Una cosa ridicola.
Perchè
il problema è che un'idea può essere potenzialmente anche buona, ma
sono poi quelli che la mettono in pratica, ad essere totalmente
inadeguati. Come dimostrano, appunto, parecchie recensioni su trippa.
E' nata pure un gruppo fb apposito: “le perle dei pirla su
tripadvisor”. E questa che vi posto, ed ho preso dal gruppo
(complimenti a chi l'ha messo su) è veramente una pirlata fuori
misura. E' un commento riguardante un monumento che a me, che pure
sono fiorentino, piace moltissimo: il Pantheon di Roma.
Non
credo ci sia molto da aggiungere.
Anzi,
si, un vecchio motto:chi
trippa, avvelena anche te, digli di smettere.
venerdì 2 ottobre 2015
Non ce la possiamo fare. Noi banconisti, o portieri, che dir si voglia, spesso e malvolentieri, non ce la possiamo proprio fare.
Tralasciamo il fatto che, dall'età, diresti che questi due, nel loro paese, non ci sono nati; ci sono arrivati migrando su una barca di legno traballante ed insicura dal nome poetico di “Mayflower”. Ed abbiano deciso di spostarsi a giro per l'Europa con la stessa quantità di bagaglio della IV armata.
Tralasciamo il fatto che a signora si lamenti che la camera non è pronta alle 9 del mattino. Alle 9 del mattino nella camera a te assegnata due ragazzi giovani stanno facendo quel che facevate tu e tuo marito un paio di secoli fa, quindi è meglio che ti rassegni a lasciare i bagagli ed attendere pazientemente, visto che il check-out è alle 12.
Tralasciamo il fatto che la signora se ne stia un'ora al bancone a chiedere informazioni a raffica continua. Noi dobbiamo lavorare, com'è che i clienti non capiscono che non ci possono sequestrare a loro uso e consumo? Noi diamo tutte le informazioni che chiedono, ma ci sono altre persone, da servire. Non siete soli al mondo, cari clienti.
Tralasciamo il fatto che la signora chieda di cambiare camera perchè non le piace, e poi ancora perchè in quella nuova ci si arriva facendo uno scalino ed il marito beccheggia a dritta e babordo con un bastone che doveva essere quello del capitano del Mayflower. E poi ancora perchè il bagno è piccolo. E poi ancora. E visiti 4 camere, prima di decidersi. Roba che uno preferirebbe avere in "casa" Scanzi ed il Volo.
Tralasciamo il fatto che lei cerchi in tutti i modi di trovare un tour per le 5 terre. Signora, le riferisce la banconista aka mia moglie, io provo, ma sono tutti già pieni, per partire domani. E poi è sicura che vuole andare laggiù? Certo, è bellissimo, sono posti meravigliosi, ma suo marito, con il bastone e l'andatura caracollante di chi sembra che stia per franare a terra da un momento all'altro, non ci sembra tanto indicato per muoversi in villaggi costruiti in tempi nei quali le leggi sulle barriere architettoniche erano totalmente sconosciute.
Tralasciamo il fatto che si trovi il tour, e la mattina alla partenza costoro scendano dalla camera tardissimo, con quelli del tour che chiamano inferociti in albergo che aspettano solo loro e tengono in ritardo tutto il pullman, prima che la signora, con le mani appoggiate al bancone per avere ulteriori informazioni inutili tipo "ma davvero questo palazzo ha 600 anni?" si decida finalmente a chiedere un taxi che li porti lì. E tralasciamo il fatto che si sia portata dietro la tazza del cappuccino e la lasci sul bancone, e che toccherà alla banconista prenderla e riportarla al luogo d'origine, cioè la sala colazioni.
Tralasciamo tutto questo ed altro ancora.
Il punto è che non si è mai preparati ad un lui che, seduto sul bracciolo di una poltrona della hall, con le braccia ciondoloni e senza vita, distrutto da una fatica atavica e con la pazienza ormai a defcon 1, costui, dicevo, al milionesimo gesto di lei che indica col ditino di seguirlo, decida che ne ha abbastanza di fare il cagnolino al guinzaglio e che quello, proprio quello e nessun altro in precedenza, è il momento della ribellione, di alzare la testa, di lottare per i suoi diritti, novello Che che combatte la dittatura, Von Stauffenberg che tradisce il fuhrer, Bruto che accoltella Cesare, ed attui il suo personale 18 Brumaio uscendosene con queste testuali, incredibili, pazzesche parole:
“Where are you fuckin' going?”
Ripeto: non ce la possiamo fare.
Tralasciamo il fatto che, dall'età, diresti che questi due, nel loro paese, non ci sono nati; ci sono arrivati migrando su una barca di legno traballante ed insicura dal nome poetico di “Mayflower”. Ed abbiano deciso di spostarsi a giro per l'Europa con la stessa quantità di bagaglio della IV armata.
Tralasciamo il fatto che a signora si lamenti che la camera non è pronta alle 9 del mattino. Alle 9 del mattino nella camera a te assegnata due ragazzi giovani stanno facendo quel che facevate tu e tuo marito un paio di secoli fa, quindi è meglio che ti rassegni a lasciare i bagagli ed attendere pazientemente, visto che il check-out è alle 12.
Tralasciamo il fatto che la signora se ne stia un'ora al bancone a chiedere informazioni a raffica continua. Noi dobbiamo lavorare, com'è che i clienti non capiscono che non ci possono sequestrare a loro uso e consumo? Noi diamo tutte le informazioni che chiedono, ma ci sono altre persone, da servire. Non siete soli al mondo, cari clienti.
Tralasciamo il fatto che la signora chieda di cambiare camera perchè non le piace, e poi ancora perchè in quella nuova ci si arriva facendo uno scalino ed il marito beccheggia a dritta e babordo con un bastone che doveva essere quello del capitano del Mayflower. E poi ancora perchè il bagno è piccolo. E poi ancora. E visiti 4 camere, prima di decidersi. Roba che uno preferirebbe avere in "casa" Scanzi ed il Volo.
Tralasciamo il fatto che lei cerchi in tutti i modi di trovare un tour per le 5 terre. Signora, le riferisce la banconista aka mia moglie, io provo, ma sono tutti già pieni, per partire domani. E poi è sicura che vuole andare laggiù? Certo, è bellissimo, sono posti meravigliosi, ma suo marito, con il bastone e l'andatura caracollante di chi sembra che stia per franare a terra da un momento all'altro, non ci sembra tanto indicato per muoversi in villaggi costruiti in tempi nei quali le leggi sulle barriere architettoniche erano totalmente sconosciute.
Tralasciamo il fatto che si trovi il tour, e la mattina alla partenza costoro scendano dalla camera tardissimo, con quelli del tour che chiamano inferociti in albergo che aspettano solo loro e tengono in ritardo tutto il pullman, prima che la signora, con le mani appoggiate al bancone per avere ulteriori informazioni inutili tipo "ma davvero questo palazzo ha 600 anni?" si decida finalmente a chiedere un taxi che li porti lì. E tralasciamo il fatto che si sia portata dietro la tazza del cappuccino e la lasci sul bancone, e che toccherà alla banconista prenderla e riportarla al luogo d'origine, cioè la sala colazioni.
Tralasciamo tutto questo ed altro ancora.
Il punto è che non si è mai preparati ad un lui che, seduto sul bracciolo di una poltrona della hall, con le braccia ciondoloni e senza vita, distrutto da una fatica atavica e con la pazienza ormai a defcon 1, costui, dicevo, al milionesimo gesto di lei che indica col ditino di seguirlo, decida che ne ha abbastanza di fare il cagnolino al guinzaglio e che quello, proprio quello e nessun altro in precedenza, è il momento della ribellione, di alzare la testa, di lottare per i suoi diritti, novello Che che combatte la dittatura, Von Stauffenberg che tradisce il fuhrer, Bruto che accoltella Cesare, ed attui il suo personale 18 Brumaio uscendosene con queste testuali, incredibili, pazzesche parole:
“Where are you fuckin' going?”
Ripeto: non ce la possiamo fare.
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