mercoledì 25 novembre 2020

Ricordo che una volta, tanti e tanti anni fa, ancora non lavoravo neanche, ero un semplice studentello e non sono neanche sicuro che fossero le superiori, una volta, dicevo, morì una persona che i miei conoscevano.

"Bene che è schiattato! Ha fatto passare una vita d'inferno, a quella povera donna"

Questa era la frase che sentii dire. Che mi colpì. Oltre a tutta una serie di epiteti nei confronti del deceduto. Credo che sia l'unica forma di vera rivalsa che possiamo permetterci nei confronti dei violenti, delle persone cattive, degli autori di insopportabili soprusi: parlarne malissimo quando sono morti.

Non giudicai allora e non lo farò adesso. Ma devo ammettere che sono un pò anch'io, in quel modo.

Episodio di diversi anni fa, tornatomi alla mente proprio oggi.

Ero di notte quando vidi piompare giù dalle scale, come una furia, una ragazza abbastanza giovane. Era letteralmente sconvolta. Fece praticamente volare giù la valigia dalla rampa. Ma quel che mi colpì fu un ben altro particolare: un forte rossore su una delle guancie.

Mi disse che doveva andare via subito. 

Io le proposi di chiamare la polizia, ma lei disse subito di no. Voleva solo scappare, fuggire lontano.

Le proposi la stazione, dove avrebbe potuto prendere un treno, benchè al momento ancora fosse notte fonda e il primo treno del giorno non ci sarebbe stato per almeno un'ora. Lei disse di no: se lui esce e mi cerca?

Gli dico che è andata all'aeroporto.

No, la stazione centrale è troppo vicina all'albergo, voglio andare più lontano.

Aveva una paura folle. Il terrore puro.

Allora vada alla stazione di Campo di Marte. Dalle 5 in poi ci sono treni che vanno a Roma. O Arezzo. O comunque a sud. E' lontana, le chiamo il taxi.

Mi chiese la conferma, un pò titubante e sospettosa, e non potevo darle torto. Si, è una stazione lontana. Lui non la raggiungerà.

Lei uscì e aspettò, un pò tranquillizzata. Chiami subito il taxi sperando che lui non scendesse proprio in quel momento. Mi preparai anche a un eventuale scontro fisico, non avevo intenzione di farlo avvicinare a lei. Ma il taxi arrivò prima. Usciì e spiegai la destinazione al tassista -la ragazza parlava solo la sua lingua- poi le augurai buona fortuna. Lei ringraziò. E non potei non notare le lacrime che le scorrevanoo, solo in quel momento, lungo le guancie.

Pochi minuti, e scese lui. Con la valigia.

Non ricordo neanche la faccia, poteva avere l'espressione e i tratti delicati di Jake Gyllenhaal in Brokeback Mountain, gli avrei comunque offerto la mia accoglienza più gelida. Non mi alzai neanche in piedi, stavo seduto sul panchetto con il ginocchio appoggiato al bancone, digitando distrattamente sul computer e dandogli la minima attenzione. Stavo tentando di resistere alla tentazione di saltare il bancone e dargliene tante. Ma tante.

Chiese se una ragazza era passata di lì, come se io, in portineria, ci stessi per caso. Risposi di si, senza neanche guardarlo in faccia. Alla stazione, 5 minuti a piedi, poco più avanti dell'hotel. 

Mi dette la chiave e stava per andare via, al che lo bloccai e, piuttosto rudemente, gli chiesi se aveva intenzione di restare ancora, visto che aveva comunque un'altra notte già pagata. Lui mi confermò che non sarebbe tornato. Io neanche risposi; presi la chiave e stavo per rimetterla a posto, al che lui mi chiese una conferma: questa stazione qui?

Gli risposi che Firenze è piccola, e non ci sono altre stazioni. E lei aveva detto che voleva andare a Milano, c'è un treno alle 6.

Se ne andò definitivamente, quasi di corsa, per una ricerca inutile. Addebitai una notte ulteriore, feci uscire il conto -non c'era ancora la tassa di soggiorno, erano davvero tanti anni fa- e lasciai la nota ai colleghi del giorno che la camera era partita in anticipo. Nel frattempo speravo che, mentre correva da una piattaforma all'altra cercando lei, cascasse sul binario proprio quando stava sopraggiungendo il regionale da Empoli. 

Perchè se lo meritava tutto, di essere tagliato in vari pezzi dalle rotaie.

domenica 15 novembre 2020


Pensavo che la mia regione fosse già rossa, per quanto il partito al potere non sia proprio dello scarlatto inteso in senso politico. Da oggi comunque noi toscani lo siamo in senso di pericolo epidemico.


Non ho assolutamente voglia di ragionare su cosa è giusto e sbagliato, lo fanno in tanti, troppi. Qualcuno si è preso la responsabilità di questa decisione, e come è costume italico, chi non ha la responsabilità si dà alla critica. Personalmente so che una malattia potenzialmente mortale circola tra noi. E che bisogna averne paura e proteggerci. E che molti nostri concittadini la combattono negli ospedali. Rischiando tantissimo. Anzi, rischiando tutto.


Però non sono neanche il tipo che si fascia la testa. Ho voglia di un ultimo giro in centro città, prima che scatti il rosso. Protetto da mascherina e gel, evitando mezzi pubblici, usando le mie gambe e scansando tutti, arrivo sotto al Cupolone.


I miei sentimenti sono sempre stati contrastanti, in questi miei giri per il centro; intanto, lo ammetto, non posso non apprezzare la facilità di passeggio. Una volta era praticamente impossibile, c'era una folla continua di persone ovunque, anche nelle viuzze più minuscole. Si ascoltavano le lingue più diverse. Oggi sento solo il dialetto fiorentino e si cammina senza scansarsi continuamente. 


Tuttavia non posso non considerare che l'assenza di turisti ha demolito il mio mestiere. Gli alberghi sono chiusi e noi portieri siamo a casa. Lo stato ci paga la cassa integrazione, e tant'è. Si tira la cinghia e si risparmia il più possibile, anche se non riesco a non farmi mancare, almeno una volta al mese, l'acquisto di un bel libro e/o di un nuovo gioco da tavolo. Più spesso e che o.


Ma quel che mi manca veramente è il contatto con il turista. Con le persone che vengono a visitare la mia città, i monumenti, i suoi musei e le opere contenute all'interno. I sorrisi e la serenità, su visi di qualsiasi età, sesso, etnia, di chi vuole godersi una vacanza culturale. E, perchè no, anche i musi lunghi, le richieste arroganti, certa antipatia gratuita. Perchè, anche se questi clienti sono una minoranza rispetto agli altri, anche loro mi ricordano di quanto mi manca questo lavoro.


Ho bisogno di tornare dietro a un bancone. Di sorridere e dire buongiorno/buonasera. Di mostrare una mappa della città agli avidi di conoscenza. Poi dicono che sono i brasiliani, quelli che soffrono di nostalgia. Ho più saudade addosso di tutta Rio.


ps. ho fatto la foto senza occhiali perchè, con la mascherina, mi si appannano. Se proprio devo camminare a tentoni, tanto vale lo faccia senza. 

Sono più figo. 

Per un cinquantenne.