Oltre alle piccole, semplici, anche banali vicende dell'albergo, ho sempre avuto la passione di scrivere storie. Raccontini di fantasia, buttati giù per puro diletto e uso personale. Pochi, in realtà, meno di uno l'anno. Perchè mi risulta più facile leggere. E poi sono pigro.
Questo racconto ha più di vent'anni.
“Oggi mi son dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze. Si ha un bel dire, raccontare, dipingere; ma esse sono al disopra di ogni descrizione.”
Johann Wolfgang von Goethe “Viaggio in Italia”
Hiroshi aprì ancora una volta il libro turistico, e rilesse nuovamente qualcosa della città che si apprestava a lasciare.
"TORRE DEGLI ASINELLI, piazza di Porta Ravegnana.
Questa torre pendente sfida la gravità anno dop anno. Assieme alla più bassa Torre della Garisenda, venne costruita dalla famiglia patrizia dei nel 12° secolo. Nel medioevo, Bologna poteva contare su molte di queste torri, e la vista esterna della città anticipava Manhattan di molti secoli."
Alzò gli occhi e guardò davanti fuori dalla finestra della sua camera d’albergo, cercando di immaginarsi tutte quelle torri. Che spettacolo doveva presentarsi agli occhi del visitatore quella città. Komatta ne, peccato che ora non ve ne fossero rimaste che due. Certo, i tempi cambiano, e adesso aveva davanti una città caotica, con un traffico molto irregolare, ed impazzito, ma anche il centro di Tokyo era così. Come tutte le città moderne.
Riprese la lettura.
"Le torri rappresentavano degli status symbols: più alta era, più potente e ricca era la famiglia".
Un pò come il Giappone di oggi, in fondo. Ogni Zaibutsu, grande compagnia industriale, costruisce il suo grattacielo, e più alto è, più potente è la compagnia. Forse, non sempre i tempi cambiano. O forse sono gli uomini che rimangono sempre uguali.
"La più alta, la Torre degli Asinelli, è alta 97,20 metri, pende verso ovest per 2,23 metri e presenta all'interno una scalinata composta da 498 gradini."
Già, che camminata per arrivare fino in cima, ma ganbare!, ce l’aveva messa tutta, e lo spettacolo era stato emozionante. E poi una torre pendente, lui che conosceva di fama solo quella di Pisa. Ma presto sarebbe andato a visitare anche quella. Non voleva perdersi niente di quel meraviglioso paese.
Ancora affascinato, chiuse il libro e prese la macchina fotografica per scattare ancora una foto, quindi mise tutto in valigia, la chiuse ed uscì dalla stanza. Nella hall pagò il conto e lasciò l’albergo per dirigersi verso la stazione. Faceva un gran caldo, anche se era comunque meno umido che in Giappone: hachigatsu, l’agosto, è il mese più umido, ma anche il più piovoso. Qui in Italia era caldo e basta, e gli piaceva, ci stava bene. Aveva fatto bene a sceglierla come meta, anche i suoi genitori erano stati d’accordo: una grande città come Parigi o Londra poteva contenere dei pericoli, ma non volevano che Hiroshi rimanesse a casa; un bel viaggio per i suoi vent’anni era giusto, anzi, doveroso. Non recita forse il proverbio "kawaiiko niwa tabe wo saseyo", "se i genitori amano i figli li lasciano viaggiare"?
Entrò dentro la stazione, affollatissima. Aveva letto sul libro che gli italiani nei fine settimana estivi hanno l’abitudine di recarsi al mare, per fare il bagno ed abbronzarsi, ed oggi era sabato 2 agosto. In Giappone non c’è questa usanza, non ci si abbronza. Anzi, più la pelle è bianca e più è sinonimo di bellezza. Ricordava di quando era più piccolo ed i genitori lo portarono a Kyoto, e dove aveva visto una Geisha. Gli sembrava così bella, con quella pelle di quel colore candido. Ma chi era lui per giudicare le abitudini degli altri popoli? E questo era un grande popolo; tra poco avrebbe comprato il biglietto per Firenze, la capitale del Rinascimento, e poi Roma, la capitale dell’impero romano. Si affrettò alla biglietteria, impaziente. Erano quasi le dieci ed un quarto; tra pochi minuti sarebbe arrivato il suo treno, e non vedeva l’ora di continuare il suo viaggio in Italia.
Se passate da Bologna, fermatevi a leggere la lapide della stazione. Noterete un nome giapponese.
Quel nome aveva solo 20 anni.