Ok, d'accordo: noi loro pronipoti non
siamo all'altezza. Lo ammetto. Loro hanno impiegato meno anni a
tirare su monumenti o creare opere artistiche che noi a fare un paio
di linee di tram. E poi a dirla tutta io non sarei neanche fiorentino
al 100%: i miei avi vengono tutti dal Pratomagno, e lassù, più che
creare monumenti, si creavano carbonaie. Ma vabbene, un po' di storia
è passata anche da lì quando, nel 1289, l'esercito fiorentino si
fece il passo della Consuma per andare a suonarle agli aretini a
Campaldino. Qualche stupro ci sarà stato sicuramente. Dopo 8 secoli,
eccomi qua, a decantare l'arte di queste merd... ehm... di questi
Grandi Fiorentini.
Ma purtroppo ci sono anche i turisti
che tali non vogliono essere, e pare che arrivino qui solo per un
motivo: rompere il ca**o al portiere.
L'Incubo (con la i maiuscola) si è
materializzato poco fa: americano 60enne. Esce dall'ascensore a
mezzanotte. Alto, grosso, baffoni biondi, vestito elegante ed
occhiali da sole. Non se li leva mai. Trascina i piedi ed ondeggia da
un lato all'altro. Mi si avvicina e comincia a parlare.
Ora, io mi ritengo uno che parla
abbastanza bene l'inglese, ma questo qui comunica in cardassiano.
Non capisco mezza parola.
Mi guarda (almeno penso, dato che porta
gli occhiali da sole). Ricomincia a parlare.
Niente, non capisco cosa vuole dirmi.
Biascica le parole come solo i texani sanno fare, quindi presumo
venga dalle parti di Houston. Forse dovrei chiamarli: "Houston, abbiamo un problema. Venite a riprendervelo". Continuo a non capire che voglia
dire. Ma lui insiste.
“I need booze”
Vuole bere. Ok, fin qui ci siamo. Ma
non mi sembra ridotto tanto bene, barcolla che sembra stia per cadere
da un momento all'altro. E' già mezzo sbronzo, puzza di alcool e
tabacco, ha la bavetta agli angoli della bocca. Mi guardo bene dal
dirgli che potrei servirgli il booze, non mi pare il caso che ne
ingurgiti dell'altro. Lui insiste, ma non ho punta voglia di
interagire; mi chiede un bar, così gli do una piantina e gli indico
dove sta l'hotel e dove può trovare un pub. Lui prende la mappa e la
rigira di 360°. No, non ci siamo ciccio, l'albergo è qui. Lui
riprende la piantina: nuova rotazione, poi punta il dito su Santa
Croce. Per 3 volte gli indico dove stiamo con l'evidenziatore, e lui
continua a puntare il dito in posti diversi. Alla fine ci rinuncio:
si, siamo dove più ti piace (wherever you wish). Esce. Secondo me
non torna.
Invece rientra dopo mezz'ora. E si
mette a chiacchierare al banco.
Ecco, l'Incubo. Il cliente mezzo matto
che parla ed io non lo comprendo, e c'ho anche da lavorare. Allargo
le braccia. Ma lui insiste, non demorde. Mi racconta ¾ della sua
vita, ed io niente, capisco solo la parola “wife”, e quando la
pronuncia indica in alto. La moglie l'ha portato in vacanza e lui non
ci voleva venire, così ora lei è in camera che dorme mentre lui si
annoia a morte, ma ha trovato lo sfogo: il sottoscritto.
Riesce, fuma un'altra sigaretta,
rientra e biascica ancora in qualche lingua sconosciuta, mi sembra di
essere in un film slovacco con sottotitoli in cirillico. Forse
capirei di più.
Ad un certo punto decido di ignorarlo.
Mi rimetto a lavorare. Lui resta lì e parla, parla, capisco solo
“you know...”. No, ciccio, non nouo un bel niente! Ma te ne vai a
dormire????
Si sposta vero la hall. Ondeggia a
destra e sinistra, sembra che stia per perdere l'equilibrio da un
momento all'altro, sembra una nave con Schettino al timone. Raggiunge
un divano e si siede. Poi si rialza e torna a parlarmi. Poi riesce a
fumare, e mi tocca tornare ad aprirgli la porta. E poi rientra. Così
via una dozzina di volte, costringendomi a continue interruzioni sul
lavoro. Giuro, se non fosse per il mutuo, mi licenzierei all'istante.
Cercate di capirmi: io gli americani
(sopra i 20 anni) li adoro. Sono curiosi, aperti, grandi viaggiatori,
le hanno suonate ai nazi. L'unica vera amicizia che ho fatto tra i
miei clienti è Regina, una simpaticissima ed adorabile signora
americana che viene da noi tutti gli anni (vuole sempre la stessa
camera) e porta i mitici jelly belly per le mie bambine. Ma questo
chi l'ha sciolto? E' lo zio scemo della Palin?
Purtroppo non è la prima volta che mi
capita una cosa del genere. Un anno fa ci fu una russa, che se ne
stette tutta la notte a parlarmi nell'idioma di Stalin senza che io
capissi che voleva. Probabilmente voleva solo sfogarsi dei suoi
problemi familiari, o forse mi diceva quel che mi avrebbe fatto
sessualmente se non avessi dovuto stare alla reception, o forse
sputava (sorridendo) tutto il disprezzo che provava verso noi
italiani. Non lo so e non mi interessa, mi bastava che se ne andasse,
ma lo fece solo quando arrivò la ragazza delle colazioni: le 6 del
mattino. Io lavoravo, testa bassa sul computer, lei blablabla. Un
incubo, appunto. Più carino certo, ma sempre incubo.
Un'altra occasione fu nel 2006, con un
ragazzo giapponese, ma in quel caso ci potevo parlare, oltre al fatto
che voleva discutere solo di calcio, e dopo un paio d'ore non ne
potevo più, così lo piazzai al computer dove scoprì, su wikipedia
giapponese, che la sua squadra del cuore, la juventusse, era in serie
B per il calcio scommesse. Ma come: tifi per la juve e 'un tu sai
neanche che venne retrocessa d'ufficio? Io lì per lì non glielo
volevo dire, mi spiaceva, ma poi dopo due ore di discussione volevo
levarmelo di torno. Ci rimase piuttosto male, ma ci restai peggio io
s'alzo dal computer e venne a chiedermi la distanza da Firenze di
tutte (tutte, proprio tutte!) le città delle squadre di B di quella
stagione, perchè voleva andare a vedere i bianconeri. Raga, posso
assicurarvi che quando un giapponese fanatico di calcio non capisce
che da qui a Crotone sono parecchi chilometri, e non li si può fare
andata-partita e ritorno in un giorno, non importa quanto uno studi
il giapponese e glielo spieghi: non lo capirà. Ma per fortuna dopo
quel turno ero di riposo, e non lo rividi mai più. Ma stracciò i
maroni anche ai miei colleghi.
I migliori di tutti, come sempre, sono
gli spagnoli. Una mezza dozzina di coppie bercianti che mi
coinvolsero a mangiare queso e jamon tra risate sguaiate e “¡joder!”
o “¡coňo!”,
ed ovviamente vino rosso a fiumi. Alla fine del turno avevo la testa
che pregava per provare la ghigliottina, ma almeno mi divertii.
Ne
ho avuti altri di casi di persone che sono state ore a parlare con
me, molto spesso americani soggetti al jet-leg, il cambio di fuso
orario, ma persone simpatiche con inglese comprensibile, e comunque
non tutta la notte. Ma questo...
Portatemelo
via, vi prego!
Nessun commento:
Posta un commento