Oggi, sabato 16 Novembre, per la XXVII
edizione di giochi senza frontiere, è partita la gara di “facciamo
confusione davanti al bancone e rendiamo sordo il portiere”. Ecco
le nazioni in gara ed i loro partecipanti:
Spagna: 4 signore attempate che
appoggiano 4 mappe aperte su tutto il bancone a mò di lenzuolo con
tanto di briciole degli avanzi delle colazioni e macchie di caffè:
“Estamos acquì? Done hay la plaza Michelangel?
Y esto, que es? Mire, niñas, tenemos que ir a los Uffizi,
coño!” un quarto d’ora di berci tra loro a chi grida più forte
su dove andare e cosa visitare, ed un quarto d’ora a segnare sulle
mappe la posizione dell’albergo e dei monumenti che vogliono
visitare su ogni mappa. Faticavo meno a scrivere a mano l’intera
Divina Commedia. Eccole, le vere “furie rosse”, altro che Iniesta
& co. Ma perdono punti in classifica perché sono cortesi,
ringraziano e sorridono. Meritano la spesa delle camere ed il
sorriso del portiere.
Brasile: “Florencia, muito linda!”
7 persone che fanno casino per 70. Anche per loro, punto di ritrovo
al bancone: manca una persona, in che camera è il signor Joao? Ehm,
signore, mi dovrebbe dire il cognome, la lista clienti è ordinata
per cognomi. Il cognome è Pereira (inventato, nda). Ovviamente non
risulta nessun Pereira nella lista. Si prende la lista e si controlla
tutti i cognomi, su un centinaio di presenti in hotel. Alla fine si
trova, ovviamente era un altro cognome. Uno dei brasiliani chiama in
camera, ma nessuno risponde. Il signore cercato improvvisamente
appare: era fuori a fumare, davanti all’ingresso. Ma nel frattempo
una delle componenti del gruppo è risalita a prendere qualcosa che
aveva dimenticato in camera (la macchina fotografica, un ombrello, un
panzerfaust). La ricerca ricomincia daccapo. Ma anche loro non sono
primi perché sorridono e dicono buongiorno.
Regno Unito: il solitario giocatore
arabo-inglese si piazza davanti al bancone e comincia a parlare in
arabo per mezz’ora. Ora, a me importerebbeunariccasega; è che non
sorride e non dice buongiorno. Quindi si piazza al secondo posto, ma
prima c’è la
Grecia: i greci giocano il “fil
rouge” con la bellezza di 10 camere ed una ventina di opliti/e a
cui non va bene niente: questa camera non mi piace. La cambiano. Il
giorno dopo: neanche questa mi piace. Altro cambio. Stessa cosa il
terzo giorno. Stessa cosa per altre due camere. Ovviamente, anche per
loro vale il punto di ritrovo di cui sopra, con persone che entrano
ed escono in continuazione per uscire a fumare, oltre a dare la
chiave salvo poi riprenderla per tornare in camera, anche loro a
riprendere qualcosa lasciata su (dai la chiave, rendi la chiave). La
gara di urla si fa serrata: “Efkarisos, endaxi, kalimera, parakalo” urla la
madre a 164 decibel in direzione della figlia che sta risalendo in
camera a prendere un discobolo o la torcia olimpica o la chitarra per
suonare il sirtaki, o forse gli sta solo riconrdando che “This is
Sparta!”, tanto non li capisco. Probabilmente mi hanno preso per
Serse. Ma avrei preferito Cosmi, nell’interpretazione che ne dà
Crozza, chiaramente. Anche loro poco educati, perennemente musoni,
casinari incredibili. Forse il fatto che non riescano più a
mantenere l’ordine di quando marciavano per il mondo in falange
serrata spiega perché non siano più la potenza di un tempo. Ma può
esserci di peggio: sono in arrivo 4 camere dei loro perenni nemici: i
turchi.
Ma tanto ho staccato alle 15. Tiè!
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