Premessa: niente a che vedere con il mio lavoro di portiere.
E’ solo che non ce la faccio, molto, troppo spesso, a
sopportare certa mancanza di rispetto nei confronti del lavoro altrui.
Che in questo caso non è, appunto, il mio.
Quando, a me & gentile consorte, capita di avere il
giorno libero (che, aimè, avviene spesso durante la settimana anziché il fine,
quando le figlie sono libere perché la scuola, con mio sommo stupore, chiude
sabato e domenica) ci piace andare a fare la spesa ad uno di quei grandi,
spropositati centri commerciali spuntati come funghi ovunque, Firenze compresa.
Non è solo per il fatto che c’è un grande parcheggio che
permette di avere l’auto al coperto mentre vi si caricano vagonate di prodotti
che devono riempire frigo e dispenda per una settimana (od almeno fino a che l’unico
maschio della famiglia non si scofana tutto in un primo pomeriggio, dopo una
notte di lavoro ed una mattina di sonno profondo); l’enorme, spropositato
vantaggio di tali luoghi è la presenza dell’ormai immancabile ed onnipresente “all
you can eat” di sushi. Io e mia moglie ormai ingurgitiamo wasabi senza sentirne
effetto alcuno, come il personaggio di Jean Reno nell’omonimo film (peraltro,
il personaggio si chiama Fiorentini. Nome omen). Prima o poi ce la dovrò
portare, sia lei che le bimbe, a vedere il Giappone. E poi i SanFrecce
hanno vinto lo scudetto, e non è che capiti molto spesso di vedere una squadra
Viola che vince, su questo pianeta.
Ma sto divagando, come sempre.
Dopo esserci pappati l’equivalente, in riso e pesce crudo,
di 12 risaie e 5 pescherecci, ci spostiamo nel supermercato preparandoci a
riempire il carrello. E lì passiamo anche al reparto delle uova pasquali.
Il reparto stagionale, colmo fino all’inverosimile di
prodotti consumati in uno specifico periodo dell’anno. Ora è il momento del
cioccolato. Con grande gioia di grandi e piccini.
In realtà non abbiamo bisogno di fare acquisti qui dentro,
per il semplice motivo che preferiamo farci fare, a beneficio delle piccole,
(posso scriverlo, tanto non leggono il blog) uova artigianali in una
cioccolateria nei pressi di casa nostra. E’ più caro, ma è vero cioccolato
domori, sublime bontà, roba che, già al primo assaggio, ti sembra di vedere
Zeus che si avvicina sorridente, ti posa la mano sulla spalla e ti dice “Stai
provando il nettare degli dei. Godine appieno, amico mio”
Ma comunque ci piace passare un momento dal reparto, giusto
per dare un’occhiata ai prodotti, tipo leggerne gli ingredienti (tra tutte quelle
uova c’è una quantità di olio di palma sufficiente a farci galleggiare la
Nimitz) e constatare che sono presenti tutti i cartoni animati degli ultimi 10
anni, da Giuseppa Maiala ai surgelati (Elsa, Anna ed Olaf, intendo. Non i
bastoncini di pesce).
E lì, ad un certo punto, ci blocchiamo.
Osserviamo, ipnotizzati, gli oggetti che spuntano,
allegramente e vistosamente, da una scatola su cui sono appoggiate delle uova.
-Lo vedi, si?- Mi dice, indicando, la Sara.
-Eccome!-
-Che fai, documenti l’evento?-
-Non posso non farlo-
E quindi scatto la foto: dei profilattici.
Non è che ci capiti raramente di vedere cose del genere. La
gente è manfana, ignorante, stronza. Prende le cose, poi cambia idea e decide
che non ne ha bisogno, ma non torna al reparto a riportarle dove devono stare
quei prodotti, bensì li smolla dove capita. Fateci caso, se non siete, come
dice mia moglie, tra le tdc che compiono questi atti: non vi è mai successo di
trovare oggetti totalmente fuori reparto? Magari addirittura surgelati (e
stavolta intendo quelli veri, non Frozen) appoggiati sopra gli spaghetti o la
candeggina. E tralascio sulla disavventura che mi capitò alcuni mesi fa, quando
mi accorsi tardi che un barattolo di candeggina che avevo appena preso era già
stato aperto, e riposto sullo scaffale in tal maniera. Per fortuna me ne resi
conto alla cassa, prima di pagare. Ma tutto il resto che era nel sacchetto era da
buttare. In toto.
Le tdc (vi lascio il piacere di scoprire l’acronimo) sono
persone così, che non rispettano il lavoro altrui. Anzi, non rispettano gli
altri e basta. Ma questa volta c’era qualcosa di speciale: l’aver aperto la
confezione del prodotto ed averne tolto il contento, per metterlo lì, in mezzo
alle confezioni delle uova di Pasqua. L’unica spiegazione, su tale
atteggiamento, è che l’autore del gesto non avesse bisogno di una confezione
intera di profilattici. Evidentemente, solo un paio. Od uno solo. Il resto lo
ha appoggiato sul primo posto che gli pareva giusto.
Calcolando che hanno una lunga scadenza, è chiaro che l’autore
non prevede un uso frequente di questi oggetti. Direi molto, molto sporadico.
Il che dice molto. Anzi, tutto.
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