martedì 13 agosto 2019

I turisti americani, quelli belli.

Grandi, grossi e paciocconi. Sovralimentati a quantità abnormi di proteine animali e bibite zuccherate, ma con una simpatia e una carica umana forte, unica. Quegli americani che sono simpatici e divertenti. Con battute folgoranti, e che spesso noi non capiamo perchè, anche se abbiamo studiato inglese da una vita, lo abbiamo fatto dalla penisola, e quindi tante cose le perdiamo. Non riusciamo ad afferrarle. Ed è un peccato.

Quegli americani a cui, ammettiamolo, dobbiamo la nostra cultura attuale. Perchè la settima arte ha raggiunto il massimo, sia come qualità alta che anche come qualità scadente -il trash- solo negli States. E dobbiamo molto, a loro. La nostra vita stessa è permeata dal cinema americano.

Un pomeriggio rientra in albergo questa coppia americana. Grande e grossa.

La signora prende la chiave e va in camera. Il marito si ferma un attimo a riposare su uno dei divani della hall. Perchè è una calda giornata estiva, di quelle afose come solo a Firenze può essere. E dopo la camminata dai musei all'albergo, ha necessità di riposo. Non riesce neanche a fare l'ultimo sforzo per andare su in camera.

Ha una maglietta con una scritta inconfondibile.

Faccio una cosa che, sul lavoro, non andrebbe mai fatta, ma in questo caso più che giustificata: prendo il cellulare. Lui capisce subito, neanche ho bisogno di chiederglielo. Stira la maglietta bene, affinchè si legga. Scatto.

Bisogna me la procuri anch'io, una maglia così. Ma con la scritta in toscano: "io sono i'tu babbo"

 

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