Facebook mi ricorda una storia di alcuni anni fa.
Una cliente bellissima.
Livia.
3 mesi.
Genitori giovani, poco più di vent'anni, molto carini e simpatici, con spiccato accento romanesco.
Scendono dalla camera con le valigie e posano, sul divano davanti al bancone, l'ovetto con dentro la piccola. Mi consegnano le chiavi della camera e accennano ad andare a portare i bagagli in auto.
Ed escono.
Lasciando lì la piccola Livia.
Con le mie non sarebbe mai successo. La mamma sarebbe stata a guardia mentre il babbo (io) portava i bagagli in auto. Il lavoro faticoso sempre all'uomo. Questi due no. Escono entrambi. E smollano lì la figlia.
Non c'è nessuno in albergo, in quel momento. Uno di quegli strani momenti di calma durante i quali non appare nessuno, nè clienti nè colleghi. Nessuna chiamata telefonica. Siamo solo io e lei. Giro attorno al bancone e mi avvicino.
Livia è sveglia, e mi osserva protetta da quel potentissimo scudo magico capace di alzare di migliaia di punti la classe d'armatura, e che passa anche sotto il nome di "ciuccio".
"Ciao piccolina! Ma lo sai che sei bellissima?"
E lei sorride.
Da dietro il ciuccio, che è trasparente, sorride.
Mi sciolgo come Olaf sotto al cocente sole estivo. In una hall alberghiera, la domenica mattina a Firenze, dopo 42 partenze ed il fisico che comincia a dire "Ci si riposa? Ci si mette un pochino a sedere? Che s'abbozza di sta' in piedi?" mi commuovo a vedere questa bellissima creaturina sorridente. Dovrei saperlo, come funziona.
Non è così. Ogni volta è come la prima volta.
I due genitori non tornano.
Passano 10 minuti buoni, e, giuro, non tornano.
"Senti, io, se babbo e mamma non vengono a riprenderti, ti porto a casa. Avrai due sorelle maggiori dolcissime, che ti faranno giocare a tanti bei giochi divertenti. Ti vestiranno da principessina. Ci vieni a casa mia? Ti ci porto, eh"
E lei sorride. E m'immagino già mia moglie che "Ora la riporti dove l'hai trovata!" "ma mi ha seguito fin qui..." "Te lo scordi se pensi che io ricominci con pappette e pannolini!"
Ma io tengo duro, Livia resta con noi.
Invece, anche se dopo ben 10 minuti 10, i genitori tornano a riprendersela. Mi ero ormai convinto di potermela tenere, che costoro se ne fossero tornati a Roma dimenticandosela completamente. La gente, in albergo, dimentica veramente di tutto. Anche se questa sarebbe stata davvero una dimenticanza storica. Per fortuna, Livia era nei loro pensieri. Avevano solo difficoltà nel ripiegare il passeggino e profonda stima a fiducia nel portiere. Fiducia, posso assicurare, assolutamente ben riposta.
Ma per quei 10 minuti è stata tutta mia. Per quei 10 minuti, insieme a Sara, Camilla e Gaia, c'era anche Livia.
"I am your father" anche se per pochi minuti. O come si dice qui a Firenze: "Sono i'tu babbo"
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