martedì 4 gennaio 2022

 "I toscani hanno devastato questo paese" Piccola rubrica di storie toscane.

Parte sesta.


Quel legame tra Verona e Pistoia.

L'Adige è Fiume forte e indipendente, che non ha assolutamente intenzione di essere un semplice affluente del Po, e dopo la città scaligera, vira tutta a mancina e va a gettarsi direttamente nell'Adriatico.

Questo corso d'acqua di tanto in tanto, come tutti i fiumi, esonda. E scorre impetuoso per le vie della città di Verona. Una di queste piene accade nel 589, proprio quando il re longobardo Autari sta sposando la bella Teodolinda. Ma nella cattedrale avviene il miracolo: le acque si fermano. Un vero e proprio muro verticale. Si può allungare la mano e prendere i pesci. Ci si può pure avvicinare la bocca e berla. Così la popolazione si salva. 

Ovviamente è abbastanza assurdo che delle acque si fermino formando un muro d'acqua e che su questo muro si possano appoggiare le labbra e bere, ma è il "miracolo" della credenza religiosa. Fattore niente affatto sparito anche nella nostra contemporaneità, se si pensa agli italiani che tutt'oggi credono ai prodigi di Padre Pio. Ma in quei secoli, a parte qualche sparuta presenza pagana, la quasi totalità degli abitanti era religiosissima, e andava dietro a queste voci religiose in maniera totale e indefessa, anche credendo nella salvezza del matrimonio del loro re con la bella regina (matrimonio in realtà avvenuto qualche mese prima dell'alluvione). Ci credono così tanto che quel miracolo venne attribuito a uno dei vescovi della città: Zeno. Il vescovo "moro", perchè originario della Mauretania, a quei tempi regione dell'Impero Romano, e che contribuì a evangelizzare Verona nel IV secolo DC. Non a caso è il patrono della città scaligera, nonchè protettore dei pescatori di fiume. Dall'alto dei cieli, San Zeno (ormai santo per acclamazione) aveva fermato le acque. Ne erano tutti pienamente convinti.

La voce di questo miracolo si era sparsa a macchia d'olio su tutto il regno longobardo. Che comprendeva anche la Toscana. Ora, dovete sapere che nella mia regione ci sono due corsi d'acqua chiamati Ombrone. Il più grande nasce nel Chianti e scorre verso sud passando per Grosseto e sfociando poi nel Tirreno. Ma il più piccolo nasce nelle montagne pistoiesi e si getta nell'Arno. E si chiama proprio così: Ombrone Pistoiese. In quei secoli lontani questo torrente -perchè per definirlo fiume ci vuole molto ottimismo- era comunque un piccolo calvario per la cittadina di Pistoia, che in quegli anni, proprio grazie ai longobardi, si stava ampliando forte di un discreto sviluppo commerciale; gli abitanti erano soggetti ai capricci del fiumiciattolo. Nel VI secolo però l'Ombrone smise di invadere le strade di Pistoia. Poco importa se ciò avvenne perchè i longobardi decisero di metterci le mani con qualche opera idraulica, e facendo si che il torrente potesse far defluire meglio le sue acque fino nell'Arno: per i pistoiesi non poteva che essere opera del santo delle acque dolci. Se aveva fermato l'Adige, non poteva che aver fatto lo stesso con l'Ombrone pistoiese. E così gli dedicarono una chiesa.

Il santo patrono di Pistoia in realtà è San Jacopo, che consideravano il loro protettore perchè fece sì che i saraceni non invadessero la città: nell'846 avevano saccheggiato Roma, e il timore che arrivassero fino in Toscana era reale. Almeno, per i pistoiesi di allora lo era, evidentemente i saraceni facevano più paura delle acque dell'Ombrone. Costoro non arrivarono, gli abitanti della cittadina lo considerarono un aiuto dell'apostolo e quindi gli stessi pistoiesi chiesero agli spagnoli di Compostela se potevano avere una reliquia del santo da esporre nella cattedrale di San Zeno, per ringraziare San Jacopo del miracolo ricevuto. La ottennero, e mi piace immaginare questi nobili pistoiesi che si fanno tutto il percorso -il camino di Compostela- per ottenere questo pezzo di corpo del santo da riportare nella loro cittadina toscana. 

Quindi i pistoiesi si donarono a San Jacopo, ma la chiesa principale, oggi la cattedrale della cittadina, venne consacrata al santo patrono di Verona.

Un pezzo di Verona a Pistoia, quindi. Che sono tanto più diverse, ma evidentemente, nel regno longobardo, molto più vicine di quanto immaginiamo.  

Oggi, il veneti, hanno "contaminato" i toscani con lo spritz. E pure quello andrebbe santificato, diciamolo.

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